Quando una certa idea di giornalismo si incrocia con un certo modo di fare cinema, il risultato è pressocchè scontato. La conferma viene da "Spotlight", superlativa prova autoriale e attoriale. Un eccellente film inchiesta candidato a sei Oscar, ognuno dei quali parrebbe meritato, che replica e amplifica tematiche trattate nel 1976 da "Tutti gli uomini del presidente".
Si parte da una storia vera. Nel mondo degli umani la realtà supera spesso la fantasia. Nel 2001 un gruppo di giornalisti investigativi del Boston Globe, conosciuto come "spotlight", denunciò lo scandalo dei preti pedofili e la collusione della alte sfere ecclesiastiche. Ci riuscì portando in fondo l'inchiesta a ogni costo, nonostante l'oscuramento mediatico dell'attentato alle torri gemelle.
Si ingaggia un gruppo di attori da brivido, ciascuno dei quali decide di essere parte dell'idea e rinuncia a al ruolo di prima stella del cast. Michael Keaton (Robby Robinson), Mark Ruffalo (Michael Rezendes), Rachel McAdams (Sacha Pfeiffer), Brian d'Arcy James (Matty Carroll) e Liev Schreiber (Marty Baron, che diede il via all'inchiesta) riescono a trasmettere l'alta valenza emotiva vissuta in quei mesi dai veri protagonisti.
Si affida la sceneggiatura (di ferro) e la regia (di altissima classe) a Thomas McCarthy, già noto ai cinefili per due gioielli come "L'ospite inatteso" e "Mosse vincenti". La sua direzione conferisce al prodotto finale una compattezza e un rigore stilistico degni del grande cinema che fu.
A questo punto il gioco è fatto. Ne scaturisce un film da non perdere, presentato fuori concorso a Venezia, servito al pubblico in una confezione impeccabile. Grande cinema. Il suo assioma è il gioco di squadra coniugato al coinvolgimento totale dello spettatore. Nessuno dei protagonisti, ma proprio nessuno, prova a gigioneggiare. Tutti, indistintamente, si pongono al servizio di un'idea di giornalimo e di fare film dei quali si sente oggi la mancanza.
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antonio montefalcone
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sabato 27 febbraio 2016
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“È la stampa, bellezza, e non puoi farci niente!”
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"Spotlight" riporta oggi un tipo di cinema di denuncia sociale e impegno civile in voga negli ultimi 30/40 anni. E questo cinema d’inchiesta e di grande qualità non è diverso da ciò che racconta, dal team di giornalisti investigativi impegnati con tenacia, onestà e moralità a scoprire e diffondere verità occultate e tenute nascoste all’opinione pubblica. Notevole la sceneggiatura originale: una scrittura essenziale, chiara, precisa, oggettiva, che evita sensazionalismi o facili giudizi, per far parlare solo la realtà. Il film è un’accurata e nobile prova autoriale, ma anche una superlativa prova attoriale, con personaggi ben interpretati dall’ottimo cast. Opera interessante e appassionata fatta di inquadrature strette sui volti e di campo/controcampo, dalla messinscena diretta e trasparente che cerca l’immagine e il dialogo più giusto non quello più bello esteticamente.
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"Spotlight" riporta oggi un tipo di cinema di denuncia sociale e impegno civile in voga negli ultimi 30/40 anni. E questo cinema d’inchiesta e di grande qualità non è diverso da ciò che racconta, dal team di giornalisti investigativi impegnati con tenacia, onestà e moralità a scoprire e diffondere verità occultate e tenute nascoste all’opinione pubblica. Notevole la sceneggiatura originale: una scrittura essenziale, chiara, precisa, oggettiva, che evita sensazionalismi o facili giudizi, per far parlare solo la realtà. Il film è un’accurata e nobile prova autoriale, ma anche una superlativa prova attoriale, con personaggi ben interpretati dall’ottimo cast. Opera interessante e appassionata fatta di inquadrature strette sui volti e di campo/controcampo, dalla messinscena diretta e trasparente che cerca l’immagine e il dialogo più giusto non quello più bello esteticamente. Una pellicola importante sulla forza etica e drammaturgica dell’informazione nei suoi approcci e nei suoi effetti.
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