peer gynt
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venerdì 5 settembre 2014
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ultime ore e ultima arte di un poeta
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Un film su Pasolini è una scommessa difficile da vincere: troppo complesso, sfaccettato, contraddittorio il personaggio, che fu poeta, romanziere, saggista e di certo uno dei più grandi cineasti italiani di sempre. Il regista americano Abel Ferrara ci prova e fallisce in parte il suo obiettivo. E non perché il film sia inguardabile, brutto, disastroso (come qualcuno ha sostenuto). Non è affatto così. Spunti interessanti ce ne sono. Per esempio, è interessante (ma anche coraggioso e soprattutto incosciente) il tentativo di Ferrara di girare frammenti del film che Pasolini stava cominciando ad abbozzare negli ultimi giorni di vita, quel "Porno-Teo-Kolossal" che avrebbe dovuto essere interpretato da Eduardo De Filippo e Ninetto Davoli.
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Un film su Pasolini è una scommessa difficile da vincere: troppo complesso, sfaccettato, contraddittorio il personaggio, che fu poeta, romanziere, saggista e di certo uno dei più grandi cineasti italiani di sempre. Il regista americano Abel Ferrara ci prova e fallisce in parte il suo obiettivo. E non perché il film sia inguardabile, brutto, disastroso (come qualcuno ha sostenuto). Non è affatto così. Spunti interessanti ce ne sono. Per esempio, è interessante (ma anche coraggioso e soprattutto incosciente) il tentativo di Ferrara di girare frammenti del film che Pasolini stava cominciando ad abbozzare negli ultimi giorni di vita, quel "Porno-Teo-Kolossal" che avrebbe dovuto essere interpretato da Eduardo De Filippo e Ninetto Davoli. Ferrara gira queste scene a modo suo, senza voler rifare lo stile di Pasolini, e il risultato fa pensare, e in qualche momento convince. Come pure la scelta linguistica sembra ancora una volta coraggiosa e incosciente: i personaggi alternano, senza nessuna precisa ragione, in maniera un po' anarchica, l'inglese e l'italiano, effetto totalmente straniante, che ottiene il risultato (crediamo interessante) di distanziare lo spettatore dall'attore che presta voce e volto al personaggio Pasolini (un po' come aveva fatto Ermanno Olmi girando un film su papa Govanni XXIII e facendolo interpretare da un attore, Rod Steiger, sempre vestito in giacca e cravatta). E infine è sicuramente non errato far parlare molto Pasolini con le proprie parole (tratte soprattutto dalle due ultime interviste e dal romanzo incompiuto "Petrolio").
Eppure il film non convince, forse perché non è chiara la motivazione che porta Ferrara ad impegnarsi in questo progetto. E perché è sempre in bilico fra il tentativo di restituire il pensiero e il tormento che muoveva Pasolini ad esprimere se stesso e la ricostruzione, cronistico-televisiva, delle ultime ore e della morte violenta del poeta friulano.
In questa indecisione ci sembra di trovare il maggior limite di questo film.
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[+] un artista scomodo, un intellettuale lucido…
(di antonio montefalcone)
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patric
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lunedì 29 settembre 2014
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la figura di pasolini
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Le aspettative comuni erano di vedere un film che narrasse sì degli ultimi tempi della vita terrena dell’artista ma soprattutto della sua poesia, della sua arte e della sua visione del mondo, del suo esistenzialismo storico ed ateo, della sua grande vena artistica che faceva presagire a un non so che di mistico, quasi di accostamento alla fede in qualcosa che potrebbe chiamarsi Dio. Mi aspettavo anche dei riferimenti espliciti sull’aspetto più profano ed umano della sua vita, della sua diciamo ‘diversità’ se per noi definire diverso chi si discosta da un comportamento sociale comune e ‘normale’ ci fa sentire più sicuri e convinti della nostra ‘diversità’ dalla normalità intesa invece dai ‘diversi’ come un tipo di normalità ben diversa dalle altre normalità per esempio come la nostra.
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Le aspettative comuni erano di vedere un film che narrasse sì degli ultimi tempi della vita terrena dell’artista ma soprattutto della sua poesia, della sua arte e della sua visione del mondo, del suo esistenzialismo storico ed ateo, della sua grande vena artistica che faceva presagire a un non so che di mistico, quasi di accostamento alla fede in qualcosa che potrebbe chiamarsi Dio. Mi aspettavo anche dei riferimenti espliciti sull’aspetto più profano ed umano della sua vita, della sua diciamo ‘diversità’ se per noi definire diverso chi si discosta da un comportamento sociale comune e ‘normale’ ci fa sentire più sicuri e convinti della nostra ‘diversità’ dalla normalità intesa invece dai ‘diversi’ come un tipo di normalità ben diversa dalle altre normalità per esempio come la nostra. Il biglietto da visita del regista è subito servito sul piatto: il film apre con scene che parlano esplicitamente del vizio dell’artista in un modo nudo e crudo, no c’è alcun rispetto per quello che fu della privacy dello scrittore in questione e della sua famiglia, né per le sensibilità degli spettatori che potrebbero essere offese nel vedersi violentare per minuti interminabili da scene di sesso gratuite tra persone dello stesso sesso. Il film si sofferma molto su pratiche di sesso orale e molto gratuitamente senza rispettare la sensibilità questa volta dello stesso scrittore facendolo, a mio avviso, sobbalzare più volte nella tomba. E’ come se un regista volesse narrare la vita di Garibaldi mettendo più volte in evidenza e filmando tutto ciò che il grande personaggio storico faceva in toilette ogni mattina descrivendone i minimi particolari e con interminabili piani sequenza. Il film è in gran parte una grande violenza verso lo spettatore che ha conosciuto l’arte di Pasolini (‘Il Vangelo secondo Matteo’ per tutte le altre opere) o letto le sue poesie screditando l’immagine di artista e scrittore, demolendo ciò che aveva costruito e anche fatto di buono nella sua vita di artista. E’ anche violenza gratuita verso chi non conosce alcuna sua opera, verso il ragazzo che per la prima volta ne sente parlare ed esce dal cinema inebetito e giura che non leggerà mai un libro dell’autore in oggetto o non ne vedrà mai più un film. E’ ancora violenza verso chi, ancora bambino, è stato portato al cinema dal proprio genitore che non si sarebbe mai aspettato una così alta crudeltà di immagini, anche perché non era stato affisso alcuno avviso circa la visione vietata ai minori. Consiglierei ad Abel Ferrara di riscrivere il film utilizzando gli stessi attori (grandi W.De Foe, Adriana Asti soprattutto) parlando anche della visione politica di Pasolini, della sua emarginazione dal PCI dell’epoca per indegnità morale, della sua poesia in vernacolo friulano, della sua crisi esistenziale in atto, del suo rapporto con i suoi genitori, della sua passione per il cinema e per il realismo che ne può esprimere in quanto arte più congeniale alla sua descrizione. Direi al regista in oggetto che non è professionale fare un film per demolire il mito di Pasolini, per abbattere la sua figura storica facendo leva sulle sue debolezze o se vogliamo sulla sua normale debolezza. E’ come se avesse voluto dirmi ‘ecco uno dei vostri miti della vostra bella Italia, ecco cosa era veramente…’. Anche per rispetto della grande figura di scrittore e regista che fu Pasolini consiglierei ad A. Ferrara di rifare il film ma con più un occhio di riguardo alle sensibilità delle persone che non vanno al cinema per essere violentate nella loro interiorità, queste persone rispettano la ‘diversità’ o la ‘diversa normalità’ o chiamiamola come ci pare e rispettano ancora di più anche la privacy di chi vive la sua libertà di professare la propria sessualità nel modo in cui la sua natura ritiene più opportuna e consona senza essere tale modalità, pur di scrivere un film e vendere il prodotto, sbandierata ai sette venti creando equivoci interpretativi sulla vita di un grande scrittore e di una grande cultura come lo fu Pier Paolo Pasolini.
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parsifal
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lunedì 5 novembre 2018
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gli ultimi giorni
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Abel Ferrara si cimenta con un film di stampo prettamente biografico, con alcune incursioni nell'immaginario del Poeta P.P.Pasolini, raccontando, a modo suo, gli ultimi giorni di vita di uno degli intellettuali italiani più discussi ed amati del '900. Il protagonista è interpretato da un ottimo Defoe, che si cala nei panni del Poeta in maniera assai verosimile, riproponedone le movenze, i tic e le peculiarità comportamentali in modo quasi pedissequo. Il doppiaggio è affidato a F. Giffuni,a ttore di grande talento e versatilità. La narrazione oscilla tra la vita quotidiana di Pasolini, attorniato dalle donne a cui era molto affezionato, in primis la madre Susanna, interpretata da una encomiabile A.
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Abel Ferrara si cimenta con un film di stampo prettamente biografico, con alcune incursioni nell'immaginario del Poeta P.P.Pasolini, raccontando, a modo suo, gli ultimi giorni di vita di uno degli intellettuali italiani più discussi ed amati del '900. Il protagonista è interpretato da un ottimo Defoe, che si cala nei panni del Poeta in maniera assai verosimile, riproponedone le movenze, i tic e le peculiarità comportamentali in modo quasi pedissequo. Il doppiaggio è affidato a F. Giffuni,a ttore di grande talento e versatilità. La narrazione oscilla tra la vita quotidiana di Pasolini, attorniato dalle donne a cui era molto affezionato, in primis la madre Susanna, interpretata da una encomiabile A.Asti ed i suoi pensieri estrinsecati nelle interviste, prima fra tutte quella rilasciata a Furio Colombo ( F. Siciliano) in cui avvisa i lettori " Fate Attenzione, perchè l'Inferno sta arrivando tra di voi" riferendosi alla macabra escalation a cui il Paese andava incontro ed al degrado socio- culturale degli anni a venire. Vengono affrontati anche i suoi progetti rimasti a metà oppure non realizzati come illromanzo " Petrolio" ed un film di sapore allegorico-onirico , in cui il ruolo di protagonista sarebbe stato affidato a E. De Filippo. E tra sprazzi di pura fantasia, sequenze di cruda realtà come quella ambientata in un prato della periferia romana in cui Guido, protagonista del suo romanzo ( personaggio che riteneva ripugnante come ebbe a dire in una lettera al suo amico Moravia) si incontra con dei ragazzi di vita a scopo essenzialmente lubrico, il film scorre come un macabro calendario che segna gli ultimi attimi di vita di una delle personalità più eminenti della cultura italiana, con tutti i suoi limiti edi suoi difetti. Essenzialmente di sapore antologico, restituisce allo spettatore , anche se in maniera parziale, il punto di vista di un uomo tormentato e di grande statura intellettuale. Da vedere in ogni caso.
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camarillo
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domenica 5 ottobre 2014
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paradisi impossibili
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Il film di Ferrara ovviamente elude ogni rischio di agiografia e santificazione di Pasolini; ma questo, per chi conosce il regista, non sorprende. Più interessante mi pare il modo in cui il film sviluppa su più piani il suo percorso: la necessità di percorrere l'inferno per tentare di raggiungere un paradiso che però, alla fine, resta misteriosamente lontano. L'unica consolazione (umana, troppo umana) è nel constatare che quel viaggio, a cui la meta viene sottratta, serve però a vedere meglio la Terra. Questa antropologia del dolore fu dell'intellettuale Pasolini che, soprattutto negli ultimi anni, ne fece l'oggetto privilegiato delle sue riflessioni (con almeno uno scarto interno traumatico: l'abiura alla Trilogia della vita) .
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Il film di Ferrara ovviamente elude ogni rischio di agiografia e santificazione di Pasolini; ma questo, per chi conosce il regista, non sorprende. Più interessante mi pare il modo in cui il film sviluppa su più piani il suo percorso: la necessità di percorrere l'inferno per tentare di raggiungere un paradiso che però, alla fine, resta misteriosamente lontano. L'unica consolazione (umana, troppo umana) è nel constatare che quel viaggio, a cui la meta viene sottratta, serve però a vedere meglio la Terra. Questa antropologia del dolore fu dell'intellettuale Pasolini che, soprattutto negli ultimi anni, ne fece l'oggetto privilegiato delle sue riflessioni (con almeno uno scarto interno traumatico: l'abiura alla Trilogia della vita) . Il film, conseguentemente, mostra questa strada nel giorno della fine: mentre la morte dilaga (nell'intervista a Colombo, nel racconto fatto dal ristoratore dei ragazzini di sedici anni che si ammazzano tra loro), un uomo dal buio ricrea e celebra la vita (la festa della fertilità, il bambino di Davoli/Scamarcio); ma è uno sforzo sempre più faticoso e improbo, che apre tagli e ferite (sul volto di Defoe come su quello della città, tagliata da carrelli e da lame di luce malata). Uno sforzo che trova la sua sconfitta, storica e umana, quando gli angeli innocenti, i ragazzi di vita, si mostrano trasformati (dallo sviluppo senza progresso?) in diavoli assassini.
E però, se il paradiso resta un mito irraggiungibile (<<la cometa era 'na stronzata>>, commenta con divertita amarezza DeFilippo/Davoli), quel viaggio è almeno servito a vedere ed imparare la Terra, l'uomo e la loro abissale terribile meraviglia.
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emylio spataro
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lunedì 20 ottobre 2014
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bell'omaggio filmico allo scrittore
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Questo PASOLINI di Abel Ferrara è un bell'omaggio filmico allo scrittore. Così aveva scritto sul suo passaporto: non regista, cineasta, letterato, intellettuale, giornalista, poeta, sceneggiatore, drammaturgo, e altro ancora, ma semplicemente scrittore. "Abolire i mezzi di controllo di massa del potere, come la televisione, perchè a causa di essa non ci sono piú esseri umani, ma solo macchine che si scontrano l'una contro l'altra, omologandosi, per volere tutti le stesse cose, comportarsi tutti nello stesso modo, manovrati come marionette dal potere".
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Questo PASOLINI di Abel Ferrara è un bell'omaggio filmico allo scrittore. Così aveva scritto sul suo passaporto: non regista, cineasta, letterato, intellettuale, giornalista, poeta, sceneggiatore, drammaturgo, e altro ancora, ma semplicemente scrittore. "Abolire i mezzi di controllo di massa del potere, come la televisione, perchè a causa di essa non ci sono piú esseri umani, ma solo macchine che si scontrano l'una contro l'altra, omologandosi, per volere tutti le stesse cose, comportarsi tutti nello stesso modo, manovrati come marionette dal potere". Questa la sintesi del rivoluzionario pensiero Pasoliniano, che emerge dall'ultima intervista rilasciata al giornalista Furio Colombo, poche ore prima della sua flagellazione all'idroscalo di Ostia. Il bel film del regista americano ci mostra proprio l'ultima giornata di Pasolini, che sembra lunga una vita, sapientemente montata in meno di 90 minuti. Intensa la maschera tragica di Adriana Asti nelle vesti della madre. A Ninetto Davoli, l'unico ex ragazzo di vita che ha continuato a fare film con il maestro, è affidato un intarsio visionario e poetico tra suggestive annunciazioni del messia e rituali orgiastici on the road. L'erotismo dei "corpi senz'anima" pervade la pellicola. Una sublime fotografia nel riprendere scorci di Roma confeziona il buon prodotto. Dimenticavo Willem Dafoe, perché è un neo del film, non ricordando a mio avviso quasi per nulla Pasolini (anche se affermano il contrario), ma non dico fisicamente a parte le pieghe labiali e l'aria cupa, proprio nell'essenza interpretativa, sembra piuttosto uno stilizzato avatar. Questa estraneazione dal personaggio avviene forse perchè l'attore é troppo hollywoodiano, mentre forse sarebbe stato piú credibile uno de nostri bravi attori italiani. Il film comunque é abbastanza riuscito e non delude le aspettative.
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bruno venturi
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giovedì 27 novembre 2014
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abel ferrara/pasolini: un capolavoro
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"Tu te ne porti di costui l'etterno / per una lagrimetta che 'l mi toglie; / ma io farò de l'altro altro governo!" pesante come la luce del b.n che Tonino Delli Colli, 'inventò' per Accattone, mi torna alla memoria questa epigrafe dantesca già usata da Pasolini, vedendo questo 'Pasolini' di Abel Ferrara; perché uscendo dalla visione folgorante di questo film si ha la certezza che questo film-capolavoro non potrà essere capito e compreso da tutti -e in questo senso P. sarà ancora martoriato, seviziato, ucciso. Perché "...la solitudine non sta nel non poter più comunicare, ma nel non poter più essere compresi", amava ricordare Pier Paolo nei suoi ultimi anni di vita.
Chi non conosce quella vita disperatamente intensa, quelle vicende artistiche che, di questi tempi, basterebbero a farne una decina di vite.
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"Tu te ne porti di costui l'etterno / per una lagrimetta che 'l mi toglie; / ma io farò de l'altro altro governo!" pesante come la luce del b.n che Tonino Delli Colli, 'inventò' per Accattone, mi torna alla memoria questa epigrafe dantesca già usata da Pasolini, vedendo questo 'Pasolini' di Abel Ferrara; perché uscendo dalla visione folgorante di questo film si ha la certezza che questo film-capolavoro non potrà essere capito e compreso da tutti -e in questo senso P. sarà ancora martoriato, seviziato, ucciso. Perché "...la solitudine non sta nel non poter più comunicare, ma nel non poter più essere compresi", amava ricordare Pier Paolo nei suoi ultimi anni di vita.
Chi non conosce quella vita disperatamente intensa, quelle vicende artistiche che, di questi tempi, basterebbero a farne una decina di vite...; insomma, chi non è entrato in Pasolini come Ferrara ha fatto -con quel rigore austero inimmaginabile, con quella ricchezza filologica, e soprattutto con quell'umiltà (cosa che sembra erroneamente impossibile 'imputare' ad un regista americano) non può entrare in questo film. E ne resta fuori. E farà del nostro poeta 'altro governo' ancora.
E' stupefacente la somiglianza non solo fisica che Dafoe è riuscito a mettere in quest'opera. Sono stupefacenti gli occhi di Adriana Asti nell'anima della madre. E' giusto aver messo Francesco Siciliano (figlio del grande Enzo, amico di Pier Paolo) nei panni dell'ultimo intervistatore. Impressiona la mano leggera di Ferrara nell'impegno d'essersi cercato i luoghi, le luci, i figli che interpretano i padri. E, mi ripeto, è impressionante il rigore registico, che non indugia mai, che riesce sempre a stare un passo indietro -tanto da far dire a qualcuno che il Pasolini di Dafoe sembra un 'avatar', senza comprendere che Pier Paolo non avrebbe mai potuto accettare questo mondo, se non come un 'avatar', e ne sarebbe uscito prima, se non ne fosse stato tratto fuori con quella violenza.
Chi non conosce le vicende relative a 'Petrolio', al soggetto di 'Porno Teo Kolossal', al montaggio finale di 'Salò', e non ha mai letto l'intervista intitolata 'Siamo tutti in pericolo', non può capire che tutto ciò poteva accadere in una sola giornata di un uomo che era 'diverso' -ma per forza di pensiero, per coraggio, per capacità di sorriso. Chi non ha mai pianto sentendo Laura Betti (che era tutto l'amore non corrisposto di quella sua grande vita) recitare 'Supplica a mia madre', probabilmente resterà fuori da questo film, e non ne sentirà dolore, non ne patirà la mancanza.
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onufrio
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sabato 31 ottobre 2015
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pasolini, l'ultimo atto
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Impresa ardua quella di raccontare la vita di Pier Paolo Pasolini, ed è forse per tale motivo che il regista Abel Ferrara si limita nella descrizione minuziosa dell'ultima giornata di vita di Pasolini, ovvero il Primo Novembre del 1975, la sua morte è infatti avvenuta quella tragica notte (2 novembre). Willem Dafoe supera la prova, veste gli scomodi panni dello scrittore sfoderando un ottima recitazione ed immedesimazione nel'ambiguo e controverso personaggio.
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veritasxxx
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lunedì 6 ottobre 2014
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dafoe e il default pasoliniano
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Abel Ferrara si imbatte nell'ardua impresa di realizzare un film su uno dei personaggi più controversi della storia del secondo dopoguerra e approfitta della straordinaria somiglianza di Willem Dafoe con Pasolini e le capacità recitative del bravo attore americano per affidare ad uno dei più poliedrici attori del momento la responsabilità della riuscita del film, incentrando sui suoi sguardi, i suoi atteggiamenti e le sue parole la maggior parte delle inquadrature.
Già, perche la sceneggiatura di "Pasolini" è piuttosto asciutta se non propriamente scarna, e consiste nella rappresentazione dell'ultimo giorno di vita del regista, scrittore, poeta e intellettuale italiano, mostrandone anche il lato più umano meno conosciuto (il rapporto affettivo con la madre, l'amicizia che lo legava a Ninetto Davoli e altri aspetti meno noti), e presentando la febbrile creatività del protagonista attraverso brevi cameo di racconti di lavori sui quali PierPaolo stava lavorando prima della sua prematura morte.
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Abel Ferrara si imbatte nell'ardua impresa di realizzare un film su uno dei personaggi più controversi della storia del secondo dopoguerra e approfitta della straordinaria somiglianza di Willem Dafoe con Pasolini e le capacità recitative del bravo attore americano per affidare ad uno dei più poliedrici attori del momento la responsabilità della riuscita del film, incentrando sui suoi sguardi, i suoi atteggiamenti e le sue parole la maggior parte delle inquadrature.
Già, perche la sceneggiatura di "Pasolini" è piuttosto asciutta se non propriamente scarna, e consiste nella rappresentazione dell'ultimo giorno di vita del regista, scrittore, poeta e intellettuale italiano, mostrandone anche il lato più umano meno conosciuto (il rapporto affettivo con la madre, l'amicizia che lo legava a Ninetto Davoli e altri aspetti meno noti), e presentando la febbrile creatività del protagonista attraverso brevi cameo di racconti di lavori sui quali PierPaolo stava lavorando prima della sua prematura morte. Due interviste con un giornale francese e con la Stampa ci forniscono un panorama del pensiero dell'autore e la sua accesa critica alla società borghese del tempo, al ruolo dei media e dell'educazione scolastica (Pasolini era stato insegnante in una prima fase della sua carriera) e al consumismo sfrenato e distruttivo che avrebbe creato mostri ben più spaventosi con il ventennio berlusconiano, di cui Pasolini aveva fiutato in qualche modo il contesto sociale qualunquista che ne avrebbe permesso l'ascesa.
Nel film sono presenti Ninetto Davoli, che interpreta uno dei personaggi di un progetto per un nuovo film su cui Pasolini stava lavorando, Maria de Medeiros nella parte di Laura Betti, fraterna amica di PierPaolo, e Adriana Asti che impersona la madre Susanna con grande sensibilità. Purtroppo le presenze di Riccardo Scamarcio nelle vesti di Ninetto Davoli da giovane e di Valerio Mastandrea nel ruolo del cugino Nico Naldini sono assolutamente prive di nota e quasi imbarazzanti, per chi conosce i due attori abituati ad essere protagonisti di una certa (discutibile) produzione italiana che commette l'errore di affidarsi ad attori specializzati esclusivamente in certi ruoli. E come volevasi dimostrare, in questo frangente i due risultano fuori luogo come due pesci fuor d'acqua e totalmente anonimi.
Altri film dedicati a Pasolini avevano mostrato in maggiore dettaglio altri aspetti della vita dell'autore. In particolare "Un mondo d'amore" di Aurelio Grimaldi era incentrato sui primi problemi con la giustizia del PierPaolo insegnante agli inizi della sua carriera di scrittore, mentre "Pasolini, un delitto italiano" di Marco Tullio Giordana mostrava le indagini della polizia successive al suo omicidio nel tentativo di individuare i veri mandanti del delitto. Numerosi documentari hanno fornito ritratti più o meno complessi della figura di uno degli artisti più completi del nostro paese e più riconosciuti all'estero in tempi recenti, per cui rimane da chiedersi cosa offra di più il Pasolini di Ferrara a quanto già è stato scritto, detto o filmato su di lui. Non molto a dire il vero, a parte l'ottima interpretrazione di Dafoe. La scena della morte del protagonista, pur se ben realizzata e molto vicina agli elementi noti dell'inchiesta, elude ogni ipotesi complottista e viene descritta come una banale giustizia privata di un gruppo di ragazzotti locali a cui non andavano troppo a genio le effusioni tra persone dello stesso sesso in quel del lungomare di Ostia. Se solo Pasolini fosse sopravvissuto al gay pride magari avrebbe trovato qualche altre forma di sessualità alternativa, visto il suo rifiuto per tutte le convenzioni sociali.
Devo purtroppo ammettere che il momento topico del film è stato fornito da un evento estraneo alla proiezione. In sala sedevano due giovani donne nella fila dietro alla mia, forse attratte da una critica esageratamente positiva letta su qualche giornale. Nella prima scena del film il protagonista di un romanzo in progress di Pasolini, assiduo frequentatore dei salotti del potere in compagnia di militari e alti prelati, si ritrova in un prato di notte a soddisfare oralmente un gruppo di ragazzi di strada che approfittano a turno della sua disponibilità. Alla visione pur censurata dell'atto sessuale, le ignare e perbeniste fanciulle hanno commentato: "...Ma che davero?"
Pasolini colpisce ancora.
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luca scial�
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martedì 30 settembre 2014
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l'ultimo giorno di vita di pasolini
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Il controverso regista newyorchese Abel Ferrara ci descrive l'ultimo giorno di vita di Pier Paolo Pasolini, scegliendo una metodologia narrativa particolare. Che non si limita ai soli fatti di cronaca, ma intervalla l'intenso vissuto dello scrittore-giornalista (impegnato tra interviste per il suo discusso film Salò, l'intimità familiare, gli incontri professionali e le uscite private), con i suoi progetti mai portati a termine: il Romanzo Petrolio, critica indiretta ai poteri forti italiani, e la sceneggiatura del film Porno-Teo-Kolossal. Quest'alternanza di sequenze, ora verbose, ora basate sulla potenza espressiva delle immagini, ora silenziose, fa sì che il film sia interessante, scorrevole, mai banale.
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Il controverso regista newyorchese Abel Ferrara ci descrive l'ultimo giorno di vita di Pier Paolo Pasolini, scegliendo una metodologia narrativa particolare. Che non si limita ai soli fatti di cronaca, ma intervalla l'intenso vissuto dello scrittore-giornalista (impegnato tra interviste per il suo discusso film Salò, l'intimità familiare, gli incontri professionali e le uscite private), con i suoi progetti mai portati a termine: il Romanzo Petrolio, critica indiretta ai poteri forti italiani, e la sceneggiatura del film Porno-Teo-Kolossal. Quest'alternanza di sequenze, ora verbose, ora basate sulla potenza espressiva delle immagini, ora silenziose, fa sì che il film sia interessante, scorrevole, mai banale. Ci restituisce un Pasolini fragile, intimo, fustigatore dei costumi; ora tenero, ora trasgressivo. Ottima l'interpretazione di Williem Dafoe, fortemente somigliante con il nostro. Nel cast figura anche Ninetto Davoli, all'epoca giovane attore spesso presente nelle sue pellicole (nel film invece interpretato da Riccardo Scamarcio).
Il finale poi ci racconta come andarono le cose quella maledetta sera del primo novembre, senza dietrologie o lanciare sospetti. Perchè come ha dichiarato Ferrara: non mi importa niente di chi l'ha ucciso. A lui interessava solo fare un film sull'ultimo giorno di uno dei pensatori italiani più lungimiranti e controversi, portatoci via brutalmente: Pier Paolo Pasolini. E possiamo dire che, tutto sommato, ci è riuscito.
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bruno venturi
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giovedì 27 novembre 2014
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pasolini di abel ferrara: un capolavoro
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A parte 'Pasolini. Un delitto italiano' di Marco Tullio Giordana -importante per il tipo di indagine documentatissima che avanza-la cinematografia italiana non si è mai arrischiata sul terreno impervio di provare a raccontare in un film una vita complessa, apparentemente contradittoria e scandalosa come quella di Pier Paolo Pasolini. Ci doveva riuscire un regista americano -e già prima c'era riuscita, su tempi molto più lunghi, la biografia 'Pasolini Requiem' di Barth David Schwarz, la miglior biografia scritta finora, sempre d'autore americano. Ferrara decide di partire dall'ultima giornata della vita del grande poeta italiano. Diverse biografie sullo stesso autore, partono dalla sua morte, dai suoi ultimi giorni, dal suo ultimo grido.
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A parte 'Pasolini. Un delitto italiano' di Marco Tullio Giordana -importante per il tipo di indagine documentatissima che avanza-la cinematografia italiana non si è mai arrischiata sul terreno impervio di provare a raccontare in un film una vita complessa, apparentemente contradittoria e scandalosa come quella di Pier Paolo Pasolini. Ci doveva riuscire un regista americano -e già prima c'era riuscita, su tempi molto più lunghi, la biografia 'Pasolini Requiem' di Barth David Schwarz, la miglior biografia scritta finora, sempre d'autore americano. Ferrara decide di partire dall'ultima giornata della vita del grande poeta italiano. Diverse biografie sullo stesso autore, partono dalla sua morte, dai suoi ultimi giorni, dal suo ultimo grido. 'La morte, compie sulla vita di un uomo, un lavoro di montaggio definitivo', amava ripetere Pasolini. Ed ecco allora che tornano gli amici, i suoi cari -la madre Susanna, meravigliosamente interpretata da Adriana Asti- Laura Betti, Nico Naldini, e Ninetto Davoli che impersona quell'Eduardo De Filippo che Pier Paolo avrebbe voluto protagonista di un suo soggetto intitolato 'Porno Teo Kolossal'. Torna il figlio del grande amico -e importantissimo biografo- Enzo Siciliano, nei panni dell'ultimo intervistatore Furio Colombo. Torna Roberto, l'attuale proprietario della Trattoria 'Al Biondo Tevere', nei panni di suo padre. E torna anche quel senso di elegante sobrietà che doveva essere di Pier Paolo, senza quella 'forza di vivere' e quel sorriso che solo noi, da qui, dal suo Paese avremmo potuto riconoscergli. La morte, l'esecuzione a morte, è raccontata senza retorica -e senza nemmeno quella retorica che vorrebbe l'omicidio maturato inumanamente nell'ambiente omosessuale. Il pianto, il grido di Susanna (Adriana Asti), tra le braccia di Laura Betti, è quello che si sentì in Via Eufrate, quella domenica 2 novembre. Chi viveva in quei tempi, ricorda dov'era e cosa faceva quando si apprese la notizia. Chi conosce Pasolini sa che non se ne può parlare come di un classico, di un autore incasellabile in un bignami di vita e opere. La vicenda umana e poetica di Pier Paolo Pasolini richiede un grande impegno, richiede conoscenza e rischio. L'ignoranza -davanti a questo film, e nella vita tutta- è una colpa. Ferrara ha capito tutto ciò ed ha capito Pasolini.
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