Loin des Hommes

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Un western etico che sarebbe piaciuto a John Ford Valutazione 4 stelle su cinque

di Peer Gynt


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mercoledì 3 settembre 2014

 Il francese David Oelhoffen, al suo secondo lungometraggio, ci presenta un film che pesca elementi da diversi generi (il western, il film di guerra, il road movie, l'adattamento letterario), ma che riesce a delinearsi come una personale riflessione sull'uomo e sui valori più classici che lo riguardano: la giustizia, il senso dell'onore, l'amicizia, il rispetto. E in questo la definizione di western (di ambientazione algerina) gli si adatta particolarmente. Tratto dal racconto "L'ospite" di Albert Camus, il film segue le vicende di Daru, un insegnante di lingua francese nato in Algeria e di origini spagnole: praticamente un uomo senza patria, ritenuto arabo dai francesi e francese dagli arabi. Siamo nel 1954, quando è da poco scoppiata la guerra di indipendenza algerina dalla Francia. A Daru viene affidato forzosamente un compito sgradevole: portare nella gendarmeria della vicina Tilguit un detenuto, il pastore algerino Mohamed, accusato di omicidio. Lui, che si occupa di istruire i poveri figli dei contadini dei dintorni, non vorrebbe avere a che fare con questo compito di polizia, ma è costretto ad accettare. Anche per salvare quell'uomo, a lui affidato, dal desiderio di vendetta ingiusta e sommaria di alcuni coloni della zona. Il viaggio, lungo e difficile, verso la città dove Mohamed verrà processato e condannato a morte è un processo di avvicinamento di due uomini e di due culture e l'occasione per entrambi per riflettere su valori come l'amicizia e il sacrificio. L'incontro poi con i soldati della resistenza algerina e con i soldati francesi in lotta contro i ribelli permette a Daru di confrontare l'etica di questi uomini, in lotta fra loro, e le motivazioni che li scagliano l'uno contro l'altro.
Film affidato più ai silenzi che ai dialoghi, film che fa parlare il paesaggio desertico e roccioso e la musica di Nick Cave al posto dei suoi personaggi, film che si conclude con un esplicito invito religioso, molto aderente alla cultura dei personaggi e all'epoca in cui si sono svolti i fatti: è compito di ognuno di noi rispettare la vita e Dio che te l'ha donata. Con questo invito e con la chiusura della sua scuola Daru termina la sua esperienza, segnata da una progressiva e pessimistica consapevolezza: che solo lontano dagli uomini si può preservare la propria umanità e la propria integrità morale.
Un film suggestivo, che sarebbe piaciuto a John Ford.

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