eugen
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venerdì 5 maggio 2023
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redford is redford, but i like more "the old man .
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Alcuni elementi caratterizzano questo"All is lost"(J.C.Chandor, anche autore di soggetto e sceneggiatura, 2013)che racconta di un uomo che vede che la sua barca a vela imbarca acqua e cerca, disperatamnette, di porre in ogni modo rimedio alla cosa, ma e'perso-dis/perso nell'Oceano Indiano, senza possibilita' di farcela, nonsotante degli SOS disperati, anche se alla fine sembra che una mano lo soccorra... : AIl ragno che corrode il gommone su cui si e'rifugiato, altri segni "apicali"della disastro.dlela"defaite"sono molto ben individuati e caratterizzati, con intelligenza filmic aindubbia; B)La scelta di ridurre al minimo il testo parlato(solo 51 parole nell'originale in american english)sono segno dlela volonta'chiara di ridurre al minomo quanto sarebbe pleonastico, di mantenere dunque l'essenziale, senza che si arrivi proopriamente al cinema muto, ma quasi, dato che anhce il commneto musiclae e'ridotto decisamente al minimo), TUttavia un film totalmnente muto oggi sarebbe assolutanebte imoensabile, salvo qualche film di imoronta ma anche ambientazione palesemente mistica; C)c'e'un precdente indubbio di questo film, a livello letterario, che, come rileva qualcuno, e'chairamenter"The old man and the sea"di Hemingway, dove peroil confronto del testo letteriario e quello fimico, che non e'in alcun moido la trasposizione, risulta certamente a favore totale del classico di Hemingay, di cui non avevo capito la grandezza, quando mi fu"imposto"quale lettura anche d'esame per ka terza ckasse di scuola media inferiore, salvo coglierla quasi subito dopo.
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Alcuni elementi caratterizzano questo"All is lost"(J.C.Chandor, anche autore di soggetto e sceneggiatura, 2013)che racconta di un uomo che vede che la sua barca a vela imbarca acqua e cerca, disperatamnette, di porre in ogni modo rimedio alla cosa, ma e'perso-dis/perso nell'Oceano Indiano, senza possibilita' di farcela, nonsotante degli SOS disperati, anche se alla fine sembra che una mano lo soccorra... : AIl ragno che corrode il gommone su cui si e'rifugiato, altri segni "apicali"della disastro.dlela"defaite"sono molto ben individuati e caratterizzati, con intelligenza filmic aindubbia; B)La scelta di ridurre al minimo il testo parlato(solo 51 parole nell'originale in american english)sono segno dlela volonta'chiara di ridurre al minomo quanto sarebbe pleonastico, di mantenere dunque l'essenziale, senza che si arrivi proopriamente al cinema muto, ma quasi, dato che anhce il commneto musiclae e'ridotto decisamente al minimo), TUttavia un film totalmnente muto oggi sarebbe assolutanebte imoensabile, salvo qualche film di imoronta ma anche ambientazione palesemente mistica; C)c'e'un precdente indubbio di questo film, a livello letterario, che, come rileva qualcuno, e'chairamenter"The old man and the sea"di Hemingway, dove peroil confronto del testo letteriario e quello fimico, che non e'in alcun moido la trasposizione, risulta certamente a favore totale del classico di Hemingay, di cui non avevo capito la grandezza, quando mi fu"imposto"quale lettura anche d'esame per ka terza ckasse di scuola media inferiore, salvo coglierla quasi subito dopo... ; D) Robert Redford e'protagnonista efficace, con la sua gestualita'contenuta, che"eslode"solo durante i disperati SOS.... Eugen
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laurence316
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martedì 31 gennaio 2017
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il vecchio e l'oceano
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Il secondo lungometraggio di Chandor dopo l'esordio con Margin Call, è un film-scommessa. Praticamente privo di dialoghi (ad eccezione del monologo iniziale e di una rapida raffica di esclamazioni da parte dell’uomo senza nome) e ambientato interamente in pieno Oceano Indiano (in realtà girato in un enorme cisterna d’acqua da centinaia di migliaia di galloni, la stessa usata per Titanic di James Cameron, mentre appena tre giorni sono stati spesi a girare realmente nell’oceano), All Is Lost è dunque ad alto rischio monotonia, ma riesce ad evitarla per gran parte della sua durata grazie ad alcune, buone trovate e, soprattutto, grazie all’eccellente prova di Redford, che a 76 anni dimostra ancora una straordinaria capacità di reggere l’intero peso di un film sulle proprie spalle, stavolta addirittura interpretando l’unico personaggio di un lungometraggio di oltre 100’.
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Il secondo lungometraggio di Chandor dopo l'esordio con Margin Call, è un film-scommessa. Praticamente privo di dialoghi (ad eccezione del monologo iniziale e di una rapida raffica di esclamazioni da parte dell’uomo senza nome) e ambientato interamente in pieno Oceano Indiano (in realtà girato in un enorme cisterna d’acqua da centinaia di migliaia di galloni, la stessa usata per Titanic di James Cameron, mentre appena tre giorni sono stati spesi a girare realmente nell’oceano), All Is Lost è dunque ad alto rischio monotonia, ma riesce ad evitarla per gran parte della sua durata grazie ad alcune, buone trovate e, soprattutto, grazie all’eccellente prova di Redford, che a 76 anni dimostra ancora una straordinaria capacità di reggere l’intero peso di un film sulle proprie spalle, stavolta addirittura interpretando l’unico personaggio di un lungometraggio di oltre 100’. A breve distanza da Vita di Pi (grandissimo successo di pubblico a livello mondiale), ecco dunque un altro film in cui l’uomo tenta di fronteggiare la potenza della natura e, nello specifico, dell’acqua, e di sopravvivere per mezzo del proprio ingegno e dei più svariati strumenti (in questo caso, carte geografiche, un sestante, un canotto di salvataggio). Chandor, anche sceneggiatore, evita deliberatamente di offrire alcuna spiegazione circa gli antefatti della vicenda narrata e circa le origini del protagonista, e si concentra pertanto semplicemente su di una struttura da “survival film” abbastanza classica. Il risultato è di buona qualità, ma tirato troppo per le lunghe e con un finale consolatorio ben poco credibile. Un “Il vecchio e il mare” ambientato ai giorni nostri che, se più stringato e con un finale meglio costruito, avrebbe potuto essere decisamente migliore. Interessante notare infine che, data la quasi totale assenza di dialoghi, la sceneggiatura del film (caso più unico che raro), è lunga appena 31 pagine.
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giorpost
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martedì 26 aprile 2016
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non tutto è perduto,specie la bravura di redford
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Un uomo è intento alla navigazione in solitaria dell'Oceano Indiano a bordo di uno yacht a vela; una mattina, appena sveglio, si accorge che sta imbarcano acqua a causa di un impatto fortuito con un container alla deriva. Attraverso una serie di escamotage riesce prima a disincagliare i due corpi venuti a contatto, dunque a riparare la falla creatasi sullo scafo; siamo a cospetto di un esperto marinaio e non è difficile intuirlo vista la duttilità mentale che lo porta, previa riflessione, a fare sempre la scelta giusta.
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Un uomo è intento alla navigazione in solitaria dell'Oceano Indiano a bordo di uno yacht a vela; una mattina, appena sveglio, si accorge che sta imbarcano acqua a causa di un impatto fortuito con un container alla deriva. Attraverso una serie di escamotage riesce prima a disincagliare i due corpi venuti a contatto, dunque a riparare la falla creatasi sullo scafo; siamo a cospetto di un esperto marinaio e non è difficile intuirlo vista la duttilità mentale che lo porta, previa riflessione, a fare sempre la scelta giusta. Quel container, tuttavia, sarà soltanto la punta dell'iceberg (gioco di parole involontario) di tutta la vicenda in quanto ben presto il protagonista dovrà affrontare una -prima- immane tempesta tropicale senza la possibilità di cambiare rotta in quanto il vascello è fuori uso a causa del sale entrato ovunque, comprese strumentazioni di bordo, navigatore e radio. Gli scarsi viveri ed una serie di sfortunate circostanze renderanno la lotta per la sopravvivenza, che ben presto si sposterà dal panfilo al canotto di salvataggio, più ardua che mai...
Robert Redford è uno di quegli attori che ama mettersi in discussione, nonostante porti sulle spalle una carriera luminosa e preziosa lungo la quale, la star di Havana, ha sempre condiviso il palcoscenico; in quest'opera, invece, l'interprete e regista californiano si cimenta in un assolo che rappresenta un unicum nella storia recente del Cinema: totalmente solo dall'inizio alla fine, senza un nome, senza dialoghi (le parole pronunciate saranno al massimo trenta), senza riferimenti se non mare ovunque, sale sulla faccia, vento e solitudine. Nemmeno due mercantili che gli passano a 10 metri di distanza notano la sua presenza tanto da far pensare che sia in realtà già morto, un fantasma; il regista J.C. Chandor (che esordì due anni prima con il bellissimo Margin Call) sfoggia bravura e fermezza specialmente in quelle sequenze che richiedevano realismo. Una delle chiavi di lettura è da ricercare nei tanti (forse troppi) risvegli del marinaio dopo i quali viene ben trasmessa l'inquietudine di un uomo che deve ogni volta inventarsi qualcosa, facendo parallelamente i conti sia con la stanchezza (gli sforzi fisici sono enormi considerando la sua non giovane età) che con un deficitario nutrimento; egli sa bene che potrà uscire da quest'incubo solo attraverso un gigantesco sforzo mentale, come quello fatto per procurarsi acqua potabile. Altre nuvole minacciose all'orizzonte, squali famelici sotto il canotto ed il crollo psico-fisico sono aspetti duri da affrontare e il lupo di mare, resosi conto che difficilmente riuscirà a salvarsi, affida poche righe al destino, mettendole in un barattolo di vetro consegnato al nulla dell'immenso mare.
Nonostante alcuni -perdonabili- errori di sceneggiatura (come si può dimenticare il salvagente?), All is lost (USA, 2013) è un lavoro energico e teso, povero di parole ma ricchissimo di contenuti; Robert Redford è verace e convincente come sempre, naufrago in una Hollywood che lo avrebbe voluto bello e dannato ma a cui continua a preferirgli talento genuino ed attivismo ideologico. Un dramma possente ed asciutto (a dispetto della collocazione) in cui il finale, che a mio avviso lascia spazio ad interpretazioni non così scontate, risulta talmente poco “americano” da farmi credere, per un attimo, si potesse trattare di una produzione europea (quasi contemporaneamente usciva, in Francia, In solitario con Cluset). Pur con un'idea non originalissima, questo lungometraggio non va perduto.
Voto: 7.
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g_andrini
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lunedì 18 aprile 2016
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la solitudine della vita
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E' una pellicola piuttosto originale, con l'attore protagonista che restituisce un buon pathos. Bello l'ambiente marino, che restituisce una buona fotografia. Sicuramente consigliato a chi vuole meditare un po'.
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epassp
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giovedì 19 febbraio 2015
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non dominato dai dialoghi
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Con poche parole mette in risalto la solitudine e le crescenti difficoltà che deve affrontare un uomo solo nell'oceano, alle prese con problemi, alla fine, insormontabili. Il lieto fine arriva solo negli ultimi minuti. Grande interpretazione del protagonista, ma dalla trama non eccessivamente coinvolgente.
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no_data
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giovedì 15 gennaio 2015
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un attore, tanti protagonisti nei titoli di coda.
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Trovate la trama completa dappertutto in rete. Trovate commenti sull'unico attore e su cosa vuol rappresentare, lo stesso. Nessuno però si sorprende che per UN ATTORE siano sate necessarie tante competenze e RISORSE UMANE. Trovate l'elenco completo nei titoli di coda insieme alla commemorazione tenerissima per le TRE barche che sono state sacrificate in oceano. Robert si conferma uno dei grandi attori capaci di CONDIVIDERE il proprio successo con il gruppo dei collaboratori. Di questi tempi, non è poco ..
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rampante
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mercoledì 26 novembre 2014
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un uomo
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Film durissimo
inizia con un uomo, una barca e l'Oceano;
segue con un uomo, un canotto e l'Oceano;
poi un uomo e l'Oceano;
ed infine solo l'Oceano
Il regista e sceneggiatore americano Chandor ci proietta brutalmente in una situazione estrema e ci racconta la terribile avventura di un navitatore solitario che, a bordo di uno yacht gravemente danneggiato, in lotta con una tempesta, tenta con forza di sopravvivere tra i flutti
che minacciano di farlo naufragare, purtroppo finisce che annaspa nell'Oceano Indiano.
Attorno a lui tutto è acqua e tutto è perduto in acqua.
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Film durissimo
inizia con un uomo, una barca e l'Oceano;
segue con un uomo, un canotto e l'Oceano;
poi un uomo e l'Oceano;
ed infine solo l'Oceano
Il regista e sceneggiatore americano Chandor ci proietta brutalmente in una situazione estrema e ci racconta la terribile avventura di un navitatore solitario che, a bordo di uno yacht gravemente danneggiato, in lotta con una tempesta, tenta con forza di sopravvivere tra i flutti
che minacciano di farlo naufragare, purtroppo finisce che annaspa nell'Oceano Indiano.
Attorno a lui tutto è acqua e tutto è perduto in acqua.
Film concentrato sull'istante del crollo ma lui vuole vivere e ci ha provato davvero a resistere e a cercare di riuscire a farcela, con coraggio continua a battersi anche quando tutto sembra perso e sta per essere inghiottito ma finalmente una mano lo afferra saldamente.
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(di alexlaby)
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samar
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domenica 28 settembre 2014
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redford, un anziano in mezzo ai flutti.
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Di incongruenze questo film ne ha molte, ma una prevale da subito su tutte quelle che seguono: cosa ci fa un anziano signore, palesemente marinaio dilettante, apparentemente nemmeno appassionato del mare, tutto solo in mezzo all'oceano?
Confesso di aver pensato che volesse uccidersi, che essendo prossimo alla fine avesse deciso di affidare al mare il suo destino. Ho pensato questo perché Redford dimostra tutta la sua età con gesti lenti, faticosi, legati. e usa la sua barca come fosse un taxi senza autista. Schiaccia pisolini sottocoperta lasciando che la barca vada da sé.
E la barca, evento oggettivamente assai improbabile, mentre il marinaio solitario dorme si scontra con un container alla deriva che apre una falla nello scafo.
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Di incongruenze questo film ne ha molte, ma una prevale da subito su tutte quelle che seguono: cosa ci fa un anziano signore, palesemente marinaio dilettante, apparentemente nemmeno appassionato del mare, tutto solo in mezzo all'oceano?
Confesso di aver pensato che volesse uccidersi, che essendo prossimo alla fine avesse deciso di affidare al mare il suo destino. Ho pensato questo perché Redford dimostra tutta la sua età con gesti lenti, faticosi, legati. e usa la sua barca come fosse un taxi senza autista. Schiaccia pisolini sottocoperta lasciando che la barca vada da sé.
E la barca, evento oggettivamente assai improbabile, mentre il marinaio solitario dorme si scontra con un container alla deriva che apre una falla nello scafo. A questo punto ci si aspetta che la straordinarietà del caso giustifichi eventi altrettanto straordinari. Invece no, serve solo a mettere fuori uso la radio: unico legame della barca col mondo.
La falla viene riparata e, benché senza radio, barca e marinaio potrebbero proseguire la navigazione normalmente, tra un pisolino e una bevuta. Ma ad avviare l'azione ci pensa la tempesta, alla quale l'anziano marinaio incredibilmente risponde con brevi permanenze al timone e riposi sottocoperta. La barca, priva di motore ausiliario, e di vele acconce, lasciata a se stessa, si ribalta, imbarca acqua, l'albero si spezza, e l'anziano Redford, faticosamente, si prepara al naufragio. Mette in mare la zattera di salvataggio, carica viveri, acqua, attrezzature, e a metà circa della proiezione arriva il vero inizio del film.
Le riprese, che da sotto la superficie del mare inquadrano in alto la zattera dove il naufrago vive il suo travaglio, rivelano un mondo di creature eleganti che vivono la loro vita indifferenti a ciò che avviene nel mondo dell'aria. Solo il sottile e semitrasparente fondo della zattera separa i due mondi tra loro alieni e sconosciuti. E le meravigliose creature del mare sembrano chiamare il naufrago tra loro, come a voler alludere ad una allegoria del trapasso da un mondo all'altro.
Il resto del film, quello che accade sulla superficie del mare, dentro la zattera, è sostanzialmente privo di pathos. Il tratto di mare dove l'anziano marinaio cerca di sopravvivere è straordinariamente trafficato, e questo lascia intuire il finale, che però si conclude con un'ultima azione sorprendente. Ma per sapere quale sia occorre vedere il film.
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cinebura
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giovedì 11 settembre 2014
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il silenzio della vita
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Uno dei miglior thriller di soppravvivenza!! Un film quasi muto cullato dalle fantastiche colonne sonore e dalla scenografia dell' oceano immenso e dispersivo, insieme a questi
fattori [+]
Uno dei miglior thriller di soppravvivenza!! Un film quasi muto cullato dalle fantastiche colonne sonore e dalla scenografia dell' oceano immenso e dispersivo, insieme a questi
fattori si unisce angoscia e molta suspance che rendono il film unico.
Una trama semplice ma forte ricca di significati che si celano dietro le onde di quell' oceano.
Il finale abbastanza "americanizzato" ma che sorprende e lascia perplessi gli spettatori ormai immersi nella scena.
Assolutamente consigliato per gli amanti di questo genere!
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