Shame |
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Un film di Steve McQueen (II).
Con Michael Fassbender, Carey Mulligan, James Badge Dale, Nicole Beharie, Hannah Ware.
continua»
Drammatico,
durata 99 min.
- Gran Bretagna 2011.
- Bim Distribuzione
uscita venerdì 13 gennaio 2012.
- VM 14 -
MYMONETRO
Shame ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
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Il sesso come dolore e assuefazione
di osteriacinematografoFeedback: 4575 | altri commenti e recensioni di osteriacinematografo |
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mercoledì 18 luglio 2012 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
“Shame”, opera seconda del regista inglese Steve McQueen, è l’impietosa e glaciale rappresentazione cinematografica della vita di Brandon, un controverso single newyorkese: da un lato è un brillante e disinvolto uomo d’affari, dall’altro una persona arida e solitaria, incapace di coinvolgimenti emotivi, dedita al sesso in modo compulsivo e incontrollabile. Brandon conduce un’esistenza asettica e squallida, in cui il sesso viene vissuto e “utilizzato”come valvola di sfogo, come unico linguaggio possibile, come via di fuga da un tempo che diviene schiavitù, come frenesia di colmare un vuoto costante e impossibilità di affrontare affettivamente una relazione. L’uomo riduce ogni cosa all’atto sessuale, atto nel quale inizia e termina ogni suo rapporto con il prossimo (e forse con se stesso). Brandon posa il suo sguardo languido su ogni donna, e, nella “maledizione” che lo condanna, l’impersonale universo femminile cui si rivolge capta inevitabilmente quel suo contorto e irresistibile magnetismo di segno negativo. Le prostitute rappresentano la spezia ideale, che concede di vivere rapidamente e intensamente la carnalità senza il boomerang di un rapporto umano che lui non potrebbe sostenere. Egli tollera a stento perfino il torbido rapporto con la sorella (Carey Mulligan), una giovane e fragile donna, il cui bisogno estremo di affettività la spinge a concedersi a uomini cui vorrebbe affidare la vita stessa. Anche lei utilizza il sesso in modo istintivo, ma le sue motivazioni sono opposte rispetto al fratello: per Sissy, questo tipo di approccio rappresenta uno strumento di accesso facilitato alle persone cui vorrebbe legarsi, in un procedimento illusorio che diviene l’anticamera dell’autolesionismo. Michael Fassbender interpreta magistralmente il protagonista del film, prestando ogni singola piega espressiva del viso e del corpo a un personaggio complicato, fastidioso, irrisolto. Il sesso, in “Shame”, diventa dolore e assuefazione, impedisce di sentire, amare, corrispondere, costringendo ai gesti più estremi, agli ambienti più infimi, all’evidenza del rischio, alle prove più assurde, a visi sconosciuti e inconoscibili, in una città come New York che tutto permette e nasconde, che non pone limiti di coscienza, che muta ad ogni angolo, che consente di agire senza pause, di non smettere mai, di indossare ogni giorno una nuova maschera senza complicazioni di sorta. McQueen mostra Brandon e Sissy come le due facce arrugginite della stessa medaglia, che nasconde a fatica i segni di un’usura profonda e remota, legata forse all’infanzia, che s’intravede appena, come un’ombra pallida e indefinibile. Il finale resta sospeso nello sguardo tentennante e metropolitano di Fassbender e in un corpo femminile che vacilla e freme, prima che la vicenda sprofondi nel tetro abisso della solitudine da cui era emerso.
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