no_data
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domenica 19 maggio 2013
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il cinema orientale ha la febbre
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Il film è stato presentato al Far East Film Festival come uno dei film più degni di nota. Purtroppo, oltre a questo, non c'è molto altro di importante da sottolineare: se questo è uno dei migliori prodotti della cinematografia orientale, allora quest'ultima ha la febbre e anche molto alta.
A mio parere, la pellicola è un misto tra un video musicale ed uno psycho thriller, dove la parte estetico formale del video musicale (scene al rallenty, alta definizione delle immagini, buona scelta delle musiche), può essere apprezzabile tecnicamente, ma risulta essere la parte più importante del film, mettendo in secondo piano la sceneggiatura e l'intreccio che risultano a tratti scontati e non sviluppati a dovere (persino il tema della vendetta, uno dei più gettonati dal cinema orientali risulta poco coinvolgente) sacrificando punti sul fronte dei contenuti emotivi e simbolici (grandi assenti).
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Il film è stato presentato al Far East Film Festival come uno dei film più degni di nota. Purtroppo, oltre a questo, non c'è molto altro di importante da sottolineare: se questo è uno dei migliori prodotti della cinematografia orientale, allora quest'ultima ha la febbre e anche molto alta.
A mio parere, la pellicola è un misto tra un video musicale ed uno psycho thriller, dove la parte estetico formale del video musicale (scene al rallenty, alta definizione delle immagini, buona scelta delle musiche), può essere apprezzabile tecnicamente, ma risulta essere la parte più importante del film, mettendo in secondo piano la sceneggiatura e l'intreccio che risultano a tratti scontati e non sviluppati a dovere (persino il tema della vendetta, uno dei più gettonati dal cinema orientali risulta poco coinvolgente) sacrificando punti sul fronte dei contenuti emotivi e simbolici (grandi assenti). Tutto è spiegato, allungato forzosamente, nulla è lasciato alla fantasia dello spettatore: il fatto o l'azione vengono mostrati, spiegati, giustificati da più punti di vista, fin dalla prima scena (a mio giudizio la migliore del film). Anche la tecnica dei flash forward, non aggiungono nulla al la storia, piuttosto la rallentano, non andando nemmeno a sfiorare la perfezione raggiunta in questa tecnica da Gus Van Sant in film come "Elephant" o "Last Days". Tutto già visto. Manca infatti l'originalità, il punto di vista nuovo che stupisce, l'invenzione artistica, che in questo caso può essere confusa con gli effetti (seppur magistrali) di regia sopracitati.
La sensazione (brutta) è che, per una mera questione di mercato, il cinema orientale stia sacrificando la sua originalità e le sue peculiarità, scimmiottando con risultati altalenanti, ma spesso deludenti, il cinema occidentale e Hollywoodiano e Confessions purtroppo ha tutta l'aria di essere uno di questi.
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pensierocivile
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sabato 18 maggio 2013
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senza perdono
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Abbagliante, travolgente (nonostante la lentezza del suo incedere), impetuoso. CONFESSIONS è un film senza limiti, senza equilibrio, eppure affascinante e straordinario: Nakashima non contempla la vicenda ne è parte integrante in un flusso continuo di creazione e anticipazione senza argini, rallenta continuamente, distorce una realtà che non vuole raccontare come quotidianità, ma come follia di massa, non perdona nessuno, ogni racconto sembrerebbe un alibi per i protagonisti ma è una nuova condanna per l'egoismo e la superficialità del tempo. La storia rincorre i racconti dei personaggi centrali, vola alto, a volte barcolla, a volte precipita e sembra non potersi risollevare, invece una nuova svolta fornisce la vitalità necessaria per volare ancora più in alto, non solo raccontando e illustrando, ma analizzando le storie, i rapporti contrastanti di figli con le proprie madri, senza padri, condannati da fughe o malattie.
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Abbagliante, travolgente (nonostante la lentezza del suo incedere), impetuoso. CONFESSIONS è un film senza limiti, senza equilibrio, eppure affascinante e straordinario: Nakashima non contempla la vicenda ne è parte integrante in un flusso continuo di creazione e anticipazione senza argini, rallenta continuamente, distorce una realtà che non vuole raccontare come quotidianità, ma come follia di massa, non perdona nessuno, ogni racconto sembrerebbe un alibi per i protagonisti ma è una nuova condanna per l'egoismo e la superficialità del tempo. La storia rincorre i racconti dei personaggi centrali, vola alto, a volte barcolla, a volte precipita e sembra non potersi risollevare, invece una nuova svolta fornisce la vitalità necessaria per volare ancora più in alto, non solo raccontando e illustrando, ma analizzando le storie, i rapporti contrastanti di figli con le proprie madri, senza padri, condannati da fughe o malattie. Una ricchezza di temi sorprendente, da godere fino all' ultima scena, summa di perfidia e cinismo.
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fabrizio dividi
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lunedì 13 maggio 2013
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adolescenze perdute
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I cappi di un'algida Lady Vendetta si stringono fino a strozzare i carnefici della figlioletta. Il plot, non nuovo per il cinema orientale, vedi Park Chan-Wook, e topico della letteratura di ogni tempo, in “Confessions” si evolve con stile e audacia narrativa di livello assoluto. A partire dalla triplice fotografia funzionale al racconto di volta in volta fredda, satura o polarizzata, utilizzata per raccontare, ricordare e commentare la complessa vicenda.
Il montaggio spiazza e confonde, per risolversi in un finale struggente e catartico al tempo stesso, e anche in questo caso lo stile si connota al rispettivo livello narrativo: del presente, con ralenty ipnotici (fin troppo prolungati) e 'discorsivi', accelerazioni da videoclip nei frequenti flashback chiarificatori e in inquadrature fisse o talvolta iperrealiste (anche riprese all'indietro) utilizzate per descrivere attimi rivelatori e sfumature fondamentali alla comprensione della storia.
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I cappi di un'algida Lady Vendetta si stringono fino a strozzare i carnefici della figlioletta. Il plot, non nuovo per il cinema orientale, vedi Park Chan-Wook, e topico della letteratura di ogni tempo, in “Confessions” si evolve con stile e audacia narrativa di livello assoluto. A partire dalla triplice fotografia funzionale al racconto di volta in volta fredda, satura o polarizzata, utilizzata per raccontare, ricordare e commentare la complessa vicenda.
Il montaggio spiazza e confonde, per risolversi in un finale struggente e catartico al tempo stesso, e anche in questo caso lo stile si connota al rispettivo livello narrativo: del presente, con ralenty ipnotici (fin troppo prolungati) e 'discorsivi', accelerazioni da videoclip nei frequenti flashback chiarificatori e in inquadrature fisse o talvolta iperrealiste (anche riprese all'indietro) utilizzate per descrivere attimi rivelatori e sfumature fondamentali alla comprensione della storia.
La storia, dicevamo, è la vera protagonista del film di Nakashima, un intenso giallo psicanalitico che affonda le sue radici nel Giappone "sociale" contemporaneo fatto di legami familiari assenti o a dir poco problematici, come tutta la storia del cinema del Sol Levante ci ha abituato a raccontare (da Ozu ai contemporanei Siono e Takashi).
L'altro grande tema è quello della scuola e delle sue problematiche fatte di mondi paralleli di adulti e adolescenti che non hanno più basi comunicative comuni e che producono mostri pronti –forse- al carrierismo cannibalistico proprio del Giappone contemporaneo ma che lasciano per strada morti e feriti sia tra gli allievi che tra gli insegnanti.
Un altro punto di forza di un film che fa della ricercatezza dell'immagine come puro piacere visivo la sua peculiarità, sono le molteplici inquadrature simboliche, anch'esse, utili a comprendere la dinamica dei personaggi, all'interno di codici il più delle volte rivelatori a livello inconscio e subliminale. Riprese geometriche (spesso dall'alto), solo in apparenza precostruite ed estetizzanti, rappresentano di volta in volta ordine e disordine, isolamento e confusione, nascondimento e rivelazione proprio come perfette tavole di un manga tetro e malinconico, sublime e melo. Insomma, un'opera complessa, avvolgente, a tratti estatica nella più classica delle tradizioni nipponiche dell'ultimo decennio. @fabdividi
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anonimo milanese
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domenica 12 maggio 2013
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il bisogno di affetto di un figlio dimenticato
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"Confessions", un film del regista Tetsuya Nakashima, è la storia di Yuko Moriguchi, una maestra che vuole vendicare l'omicidio della figlia, di Shuya Watanabe, un ragazzo che vuole recuperare l'affetto di una madre che l'ha abbandonato, e di Naoki Shimomura, un suo coetaneo che è inevitabilmente attratto dal carisma del suo compagno di classe.
Yuko è una maestra non rispettata dai suoi alunni, che in classe la ignorano facendo baldoria, mandando sms dai loro cellulari e chiacchierando tra di loro. Un giorno, comunica ai suoi allievi che sta per lasciare l'insegnamento, suscitando la loro gioia. Confessa loro l'omicidio della figlia di appena quattro anni di nome Manami, uccisa da due suoi alunni, Shuya e Naoki, che non possono essere perseguiti dalla legge in quanto minorenni.
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"Confessions", un film del regista Tetsuya Nakashima, è la storia di Yuko Moriguchi, una maestra che vuole vendicare l'omicidio della figlia, di Shuya Watanabe, un ragazzo che vuole recuperare l'affetto di una madre che l'ha abbandonato, e di Naoki Shimomura, un suo coetaneo che è inevitabilmente attratto dal carisma del suo compagno di classe.
Yuko è una maestra non rispettata dai suoi alunni, che in classe la ignorano facendo baldoria, mandando sms dai loro cellulari e chiacchierando tra di loro. Un giorno, comunica ai suoi allievi che sta per lasciare l'insegnamento, suscitando la loro gioia. Confessa loro l'omicidio della figlia di appena quattro anni di nome Manami, uccisa da due suoi alunni, Shuya e Naoki, che non possono essere perseguiti dalla legge in quanto minorenni.
Yuko è una ragazza madre: il padre di Manami, infatti, avendo contratto il virus dell'HIV, ha deciso di non riconoscere la figlia per evitare che fosse oggetto di scherno dei suoi compagni.
Per spaventare i due assassini, Yuko dice loro di aver messo gocce del sangue infetto del marito nei brick di latte che la classe beve quotidianemente durante l'intervallo, facendoli andare completamente fuori di senno per la paura.
Shuya è un bambino prodigio, un piccolo genio che ha ereditato un'intelligenza fuori dal comune dalla madre ricercatrice che l'ha abbandonato per poter proseguire i suoi studi. Per poter farsi notare, Shuya costruisce ordigni e macchine mortali per uccidere e torturare animali. Partecipa ad un concorso in cui presenta la sua creazione: un borsellino con all'interno un dispositivo che fa prendere la scossa quando lo si apre. Il bambino usa la sua maestra Yuko come cavia; poi, su suggerimento del compagno Naoki, decide di provarlo, dopo averlo perfezionato, sulla figlia Manami.
Naoki è un bambino senza amici, che vede in Shuya un modello, un leader carismatico da emulare, ed è entusiasta della loro amicizia.
Ma Shuya vuole solo servirsi di Naoki per far sapere a tutti di cosa è stato capace di fare, del tentato omicidio che ha commesso, dicendogli addirittura che è un fallito perché non sarebbe mai capace di uccidere qualcuno.
Ed è così che dopo la bambina Manami sviene per lo spavento dovuto alla scossa, Naoki la solleva e la butta nella piscina dove annega e muore.
Naoki diventa un hikokomori, cioè si chiude nella sua camera, evita qualunque tipo di rapporto sociale, decide di non andare più a scuola. Comincia a non lavarsi più, perché puzzare lo fa sentire vivo, e a pulire compulsivamente tutto ciò che tocca temendo che la madre potrebbe contrarre il virus dell'HIV, dopo che aveva bevuto il latte infettato.
Attraverso le confessioni dei vari personaggi, la storia si va chiarendo tenendo lo sospettatore incollato allo schermo e con il fiato sospeso fino al finale, tragico e sbalorditivo.
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themove
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domenica 12 maggio 2013
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deludente
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molto fumetto giapponese e per questo può anche piacere agli estimatori del genere... per il resto fiacco lento banale e involontariamente ridicolo: ma quanto si prendono sul serio poi! qualcuno ha scomodato Rashomon... per favore lasciamo riposare in pace i grandi del cinema giapponese, da tempo tramontato.
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donni romani
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lunedì 6 maggio 2013
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agghiaccianti universi di grande cinema
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Cinematograficamente potentissimo, visionario ed ipnotico, estetico ma non estetizzante, capace di raggelare e inorridire senza mai strappare il velo alle emozioni "Confessions" ha forse una scarsa verosimiglianza, ma se si abbandona il giudizio razionale sui comportamenti deviati di adolescenti ed adulti strappati all'empatia umana da un dolore sordo che corrode la ragione e si segue il percorso tortuoso e perverso dei protagonisti si rimane incantati dalla facilità con cui Nakashima sa distribuire colpe e nevrosi, deliri e dogni infranti, ribaltando ruoli e costringendo i personaggi entro pericolosi labirinti mentali.
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Cinematograficamente potentissimo, visionario ed ipnotico, estetico ma non estetizzante, capace di raggelare e inorridire senza mai strappare il velo alle emozioni "Confessions" ha forse una scarsa verosimiglianza, ma se si abbandona il giudizio razionale sui comportamenti deviati di adolescenti ed adulti strappati all'empatia umana da un dolore sordo che corrode la ragione e si segue il percorso tortuoso e perverso dei protagonisti si rimane incantati dalla facilità con cui Nakashima sa distribuire colpe e nevrosi, deliri e dogni infranti, ribaltando ruoli e costringendo i personaggi entro pericolosi labirinti mentali. Una scuola media giapponese, una scolaresca distratta, la signora Moriguchi è un'insegnate che sta per abbandonare il suo ruolo e prima di lasciare i suoi alunni racconta una storia, la sua storia, di madre cui è stata uccisa la figlioletta di pochi anni, proprio da due ragazzi della sua classe. Archiviato come incidente dalla polizia l'omicidio della bambina è diventato per la madre un fatto privato, e la sua vendetta sarà altrettanto mostruosa del gesto criminale che l'ha generata, anche se non sarà una punizione fisica, ma una tortura psicologica lenta ed inesorabile, che sconvolgerà l'intera scolaresca e farà uscire allo scoperto fragilità, rabbie e desideri di protagonismo dei giovani alunni. Non anticipiamo altro della trama perchè i tanti flashback, e forward, vanno assaporati e scoperti man mano, con lo sgomento, lo sconcerto, e l'incanto dello spettatore finalmente sorpreso da un film originale, teso e violento, ma estremamente poetico nello svolgimento e nella realizzazione. Le tante voci narranti, che a volte quasi si sovrappongono sono una melodia dissonante che magicamente compone una sinfonia agghiacciante che intrappola vittime e carnefici. La solitudine di un bambino abbandonato si trasforma in rabbia e violenza assoluta, l'amore dolente di una madre trasforma una donna in nemesi algida e scarnificata, la voglia di protagonismo - vera tragedia dell'adolescenza contemporanea - diventa movente lucido e pianificato, privato di ogni passione ed emozione, magistralmente risolto da Nakashima con l'esplosione finale - fisica, metaforica ed emotiva - che ci restituisce un ragazzo umano, privato del suo futuro e smascherato nella sua fragilità di figlio. Protagonisti abilissimi nell'attenersi alle stravaganze registiche - anche acustiche con echi e voci ovattate - volute da un regista coraggioso e visionario, geniale inventore di un universo sociopatico pericolosamente tangente a quello contemporaneo.
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tiamaster
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venerdì 3 maggio 2013
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tetsuya nakashima, un maestro nascente?
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Confessions, opera seconda del talentuosissimo regista giapponese Tetsuya Nakashima è uno dei film più sorprendenti usciti nelle sale da molto tempo a questa parte. È un film dal procedere lento e dilatato, che grazie ad una sceneggiatura in stato di grazia e la delicatezza con cui il regista l'affronta, riesce ad addentrarsi in modo di stupefacente nelle psicologie dei personaggi, in modo da rendere la storia più emozionante e struggente. Certo, il film deve molto alle opere del sommo regista Chan-Wook Park (Oldboy è uno dei miei film preferiti) ma è anche vero che il regista, se non lo eguaglia in delicatezza e intelligenza registica, ci và vicino.
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Confessions, opera seconda del talentuosissimo regista giapponese Tetsuya Nakashima è uno dei film più sorprendenti usciti nelle sale da molto tempo a questa parte. È un film dal procedere lento e dilatato, che grazie ad una sceneggiatura in stato di grazia e la delicatezza con cui il regista l'affronta, riesce ad addentrarsi in modo di stupefacente nelle psicologie dei personaggi, in modo da rendere la storia più emozionante e struggente. Certo, il film deve molto alle opere del sommo regista Chan-Wook Park (Oldboy è uno dei miei film preferiti) ma è anche vero che il regista, se non lo eguaglia in delicatezza e intelligenza registica, ci và vicino. La storia non solo lascia allo spettatore tanto, tantissimo su cui riflettere, ma lo tiene anche continuamente in attesa grazie ad una scenggiatura piena di sorprese e colpi di scena, il che, volendo, lo rende accessibile anche ad un pubblico "medio". Interessante anche come il film cambi spesso il protagonista per far vedere la storia sotto più punti di vista (prima l'insegnante, poi una studente, poi il ragazzo assassino e poi di nuovo l'insegnante).Il finale e la colonna sonora fanno venire la pelle d'oca. Promosso a pieni voti, ma temo che passerà un pò in sordina.
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effe82
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venerdì 26 aprile 2013
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mai stato un film nominato all'oscar
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In quale realtà parallela questo film è stato nominato all'Oscar?
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(di brian77)
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no_data
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lunedì 22 aprile 2013
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confessioni gridate
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le confessioni gridate fanno più rumore ma meno effetto di quelle sussurrate. il caleidoscopio delle tante CONFESSIONI, ricorda alla lontana il grande RASHOMON, ma nel nuovo millennio la tecnologia fa da padrona dei nostri destini, mentre nell'altro secolo, molti ma moltissimi secoli fa, era ancora la natura, gli alberi, le ombre, l'acqua, il sole ad accarezzare le vicende umane. Nel nuovo millennio restano solo le nuvole a guardare dall'alto le miserie dell'anima e a bucare ogni tanto il sole che, indifferente, occhieggia dall'alto dei cieli.
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johseph
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martedì 16 aprile 2013
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puzzle perfetto
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Sceneggiatura di classe, la storia, ricca di sorprese, si incastra a meraviglia. Da vedere assolutamente.
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