laur3nt1us1983
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mercoledì 10 aprile 2013
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un sublime viaggio tra psicologia e criminalità
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Per introdurre con efficacia un tema delle più complicate ed elaborate teorie sullo sviluppo di una mente criminale bisogna subito vedere questa pellicola. L'intreccio tra la solitudine, il desiderio di affetto, l'inettitudine, la follia del
genio, unita alla sua fragile e giovanissima età fanno del protagonista una persona che riesce per alcuni tratti a suscitare compassione, nonostante le efferatezze che commette. L'empatia scivola tra questi sentimenti di vicinanza
ad allontamenti finali con contrastanti e terribili emozioni. La donna vittima a cui hanno ucciso la figlia si trasforma nella più fredda e cinica vendicatrice che non si sporca nemmeno le mani.
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Per introdurre con efficacia un tema delle più complicate ed elaborate teorie sullo sviluppo di una mente criminale bisogna subito vedere questa pellicola. L'intreccio tra la solitudine, il desiderio di affetto, l'inettitudine, la follia del
genio, unita alla sua fragile e giovanissima età fanno del protagonista una persona che riesce per alcuni tratti a suscitare compassione, nonostante le efferatezze che commette. L'empatia scivola tra questi sentimenti di vicinanza
ad allontamenti finali con contrastanti e terribili emozioni. La donna vittima a cui hanno ucciso la figlia si trasforma nella più fredda e cinica vendicatrice che non si sporca nemmeno le mani. Infatti il tremendo lavoro da lei svolto è di tipo psicologico, incastra il protagonista nelle sue stesse ossessioni facendole implodere al loro interno, devastando il suo loop megalomane e apparentemene senza via d'uscita. un male che sradica la sua stessa radice. Una raffinatezza psicologica senza limiti, un gusto estetico particolare, in grado di generare pathos sobbalzando i sentimenti dei protagonisti. Le immagini sono tanto potenti, "mentali", da descrivere ciò che provano le persone mentre infieriscono brutalmente sulla vittima. Un arte da dieci e lode.
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donni romani
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lunedì 6 maggio 2013
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agghiaccianti universi di grande cinema
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Cinematograficamente potentissimo, visionario ed ipnotico, estetico ma non estetizzante, capace di raggelare e inorridire senza mai strappare il velo alle emozioni "Confessions" ha forse una scarsa verosimiglianza, ma se si abbandona il giudizio razionale sui comportamenti deviati di adolescenti ed adulti strappati all'empatia umana da un dolore sordo che corrode la ragione e si segue il percorso tortuoso e perverso dei protagonisti si rimane incantati dalla facilità con cui Nakashima sa distribuire colpe e nevrosi, deliri e dogni infranti, ribaltando ruoli e costringendo i personaggi entro pericolosi labirinti mentali.
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Cinematograficamente potentissimo, visionario ed ipnotico, estetico ma non estetizzante, capace di raggelare e inorridire senza mai strappare il velo alle emozioni "Confessions" ha forse una scarsa verosimiglianza, ma se si abbandona il giudizio razionale sui comportamenti deviati di adolescenti ed adulti strappati all'empatia umana da un dolore sordo che corrode la ragione e si segue il percorso tortuoso e perverso dei protagonisti si rimane incantati dalla facilità con cui Nakashima sa distribuire colpe e nevrosi, deliri e dogni infranti, ribaltando ruoli e costringendo i personaggi entro pericolosi labirinti mentali. Una scuola media giapponese, una scolaresca distratta, la signora Moriguchi è un'insegnate che sta per abbandonare il suo ruolo e prima di lasciare i suoi alunni racconta una storia, la sua storia, di madre cui è stata uccisa la figlioletta di pochi anni, proprio da due ragazzi della sua classe. Archiviato come incidente dalla polizia l'omicidio della bambina è diventato per la madre un fatto privato, e la sua vendetta sarà altrettanto mostruosa del gesto criminale che l'ha generata, anche se non sarà una punizione fisica, ma una tortura psicologica lenta ed inesorabile, che sconvolgerà l'intera scolaresca e farà uscire allo scoperto fragilità, rabbie e desideri di protagonismo dei giovani alunni. Non anticipiamo altro della trama perchè i tanti flashback, e forward, vanno assaporati e scoperti man mano, con lo sgomento, lo sconcerto, e l'incanto dello spettatore finalmente sorpreso da un film originale, teso e violento, ma estremamente poetico nello svolgimento e nella realizzazione. Le tante voci narranti, che a volte quasi si sovrappongono sono una melodia dissonante che magicamente compone una sinfonia agghiacciante che intrappola vittime e carnefici. La solitudine di un bambino abbandonato si trasforma in rabbia e violenza assoluta, l'amore dolente di una madre trasforma una donna in nemesi algida e scarnificata, la voglia di protagonismo - vera tragedia dell'adolescenza contemporanea - diventa movente lucido e pianificato, privato di ogni passione ed emozione, magistralmente risolto da Nakashima con l'esplosione finale - fisica, metaforica ed emotiva - che ci restituisce un ragazzo umano, privato del suo futuro e smascherato nella sua fragilità di figlio. Protagonisti abilissimi nell'attenersi alle stravaganze registiche - anche acustiche con echi e voci ovattate - volute da un regista coraggioso e visionario, geniale inventore di un universo sociopatico pericolosamente tangente a quello contemporaneo.
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fabrizio dividi
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lunedì 13 maggio 2013
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adolescenze perdute
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I cappi di un'algida Lady Vendetta si stringono fino a strozzare i carnefici della figlioletta. Il plot, non nuovo per il cinema orientale, vedi Park Chan-Wook, e topico della letteratura di ogni tempo, in “Confessions” si evolve con stile e audacia narrativa di livello assoluto. A partire dalla triplice fotografia funzionale al racconto di volta in volta fredda, satura o polarizzata, utilizzata per raccontare, ricordare e commentare la complessa vicenda.
Il montaggio spiazza e confonde, per risolversi in un finale struggente e catartico al tempo stesso, e anche in questo caso lo stile si connota al rispettivo livello narrativo: del presente, con ralenty ipnotici (fin troppo prolungati) e 'discorsivi', accelerazioni da videoclip nei frequenti flashback chiarificatori e in inquadrature fisse o talvolta iperrealiste (anche riprese all'indietro) utilizzate per descrivere attimi rivelatori e sfumature fondamentali alla comprensione della storia.
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I cappi di un'algida Lady Vendetta si stringono fino a strozzare i carnefici della figlioletta. Il plot, non nuovo per il cinema orientale, vedi Park Chan-Wook, e topico della letteratura di ogni tempo, in “Confessions” si evolve con stile e audacia narrativa di livello assoluto. A partire dalla triplice fotografia funzionale al racconto di volta in volta fredda, satura o polarizzata, utilizzata per raccontare, ricordare e commentare la complessa vicenda.
Il montaggio spiazza e confonde, per risolversi in un finale struggente e catartico al tempo stesso, e anche in questo caso lo stile si connota al rispettivo livello narrativo: del presente, con ralenty ipnotici (fin troppo prolungati) e 'discorsivi', accelerazioni da videoclip nei frequenti flashback chiarificatori e in inquadrature fisse o talvolta iperrealiste (anche riprese all'indietro) utilizzate per descrivere attimi rivelatori e sfumature fondamentali alla comprensione della storia.
La storia, dicevamo, è la vera protagonista del film di Nakashima, un intenso giallo psicanalitico che affonda le sue radici nel Giappone "sociale" contemporaneo fatto di legami familiari assenti o a dir poco problematici, come tutta la storia del cinema del Sol Levante ci ha abituato a raccontare (da Ozu ai contemporanei Siono e Takashi).
L'altro grande tema è quello della scuola e delle sue problematiche fatte di mondi paralleli di adulti e adolescenti che non hanno più basi comunicative comuni e che producono mostri pronti –forse- al carrierismo cannibalistico proprio del Giappone contemporaneo ma che lasciano per strada morti e feriti sia tra gli allievi che tra gli insegnanti.
Un altro punto di forza di un film che fa della ricercatezza dell'immagine come puro piacere visivo la sua peculiarità, sono le molteplici inquadrature simboliche, anch'esse, utili a comprendere la dinamica dei personaggi, all'interno di codici il più delle volte rivelatori a livello inconscio e subliminale. Riprese geometriche (spesso dall'alto), solo in apparenza precostruite ed estetizzanti, rappresentano di volta in volta ordine e disordine, isolamento e confusione, nascondimento e rivelazione proprio come perfette tavole di un manga tetro e malinconico, sublime e melo. Insomma, un'opera complessa, avvolgente, a tratti estatica nella più classica delle tradizioni nipponiche dell'ultimo decennio. @fabdividi
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laurence316
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martedì 6 settembre 2016
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le confessioni di quattro menti pericolose
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Scritto e diretto da un regista famoso per i suoi film pop e coloratissimi (vedi Kamikaze Girls), Confessions è un film agghiacciante e allucinante, un film diametralmente opposto ai precedenti diretti dallo stesso autore: procede a colpi di ralenti (fin troppo ostentati, talvolta), inquadrature geometriche e vertiginose e colori desaturati.
E’ un film cupo e violento (sicuramente memore della lezione del coreano Chan-wook Park), un thriller angoscioso e inquietante, che non mancherà di far riflettere gli spettatori.
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Scritto e diretto da un regista famoso per i suoi film pop e coloratissimi (vedi Kamikaze Girls), Confessions è un film agghiacciante e allucinante, un film diametralmente opposto ai precedenti diretti dallo stesso autore: procede a colpi di ralenti (fin troppo ostentati, talvolta), inquadrature geometriche e vertiginose e colori desaturati.
E’ un film cupo e violento (sicuramente memore della lezione del coreano Chan-wook Park), un thriller angoscioso e inquietante, che non mancherà di far riflettere gli spettatori. Molteplici sono, infatti, i temi affrontati: dall’incapacità di comunicazione tra due generazioni (sia tra studenti e professori che tra genitori e figli), all’analisi lucida e spietata del mondo degli adolescenti, guastato da smanie di protagonismo e da fenomeni di bullismo (che, comunque, sono frutto dell’inattenzione degli educatori), alla questione della difficoltà dei legami familiari o, meglio in questo caso, della loro assenza, alle problematiche legate alla scuola, una istituzione in sfacelo, che incita alla competizione e al carrierismo più spietati, di fatto restituendo un’immagine desolante della società nipponica odierna (tema, questo, affrontato da molto cinema giapponese contemporaneo), ma forse anche di quella occidentale.
Confessions è tutto questo e molto altro ancora: un thriller ricco di colpi di scena (fin dallo scioccante prologo), visivamente eccezionale (anche se spesso estetizzante), un film dallo sviluppo narrativo interessante e incalzante, anche se piuttosto lontano dalla consuetudini della cinematografia occidentale. Buone la colonna sonora (che passa con disinvoltura da Bach ai Radiohead) e le interpretazioni degli attori. Terribile e spiazzante, ma visivamente notevole (con reminiscenze del Memento di Nolan), il finale. Grande successo di pubblico in patria, da noi arriva solo a tre anni di distanza, grazie alla Tucker Film.
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tiamaster
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venerdì 3 maggio 2013
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tetsuya nakashima, un maestro nascente?
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Confessions, opera seconda del talentuosissimo regista giapponese Tetsuya Nakashima è uno dei film più sorprendenti usciti nelle sale da molto tempo a questa parte. È un film dal procedere lento e dilatato, che grazie ad una sceneggiatura in stato di grazia e la delicatezza con cui il regista l'affronta, riesce ad addentrarsi in modo di stupefacente nelle psicologie dei personaggi, in modo da rendere la storia più emozionante e struggente. Certo, il film deve molto alle opere del sommo regista Chan-Wook Park (Oldboy è uno dei miei film preferiti) ma è anche vero che il regista, se non lo eguaglia in delicatezza e intelligenza registica, ci và vicino.
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Confessions, opera seconda del talentuosissimo regista giapponese Tetsuya Nakashima è uno dei film più sorprendenti usciti nelle sale da molto tempo a questa parte. È un film dal procedere lento e dilatato, che grazie ad una sceneggiatura in stato di grazia e la delicatezza con cui il regista l'affronta, riesce ad addentrarsi in modo di stupefacente nelle psicologie dei personaggi, in modo da rendere la storia più emozionante e struggente. Certo, il film deve molto alle opere del sommo regista Chan-Wook Park (Oldboy è uno dei miei film preferiti) ma è anche vero che il regista, se non lo eguaglia in delicatezza e intelligenza registica, ci và vicino. La storia non solo lascia allo spettatore tanto, tantissimo su cui riflettere, ma lo tiene anche continuamente in attesa grazie ad una scenggiatura piena di sorprese e colpi di scena, il che, volendo, lo rende accessibile anche ad un pubblico "medio". Interessante anche come il film cambi spesso il protagonista per far vedere la storia sotto più punti di vista (prima l'insegnante, poi una studente, poi il ragazzo assassino e poi di nuovo l'insegnante).Il finale e la colonna sonora fanno venire la pelle d'oca. Promosso a pieni voti, ma temo che passerà un pò in sordina.
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anonimo milanese
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domenica 12 maggio 2013
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il bisogno di affetto di un figlio dimenticato
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"Confessions", un film del regista Tetsuya Nakashima, è la storia di Yuko Moriguchi, una maestra che vuole vendicare l'omicidio della figlia, di Shuya Watanabe, un ragazzo che vuole recuperare l'affetto di una madre che l'ha abbandonato, e di Naoki Shimomura, un suo coetaneo che è inevitabilmente attratto dal carisma del suo compagno di classe.
Yuko è una maestra non rispettata dai suoi alunni, che in classe la ignorano facendo baldoria, mandando sms dai loro cellulari e chiacchierando tra di loro. Un giorno, comunica ai suoi allievi che sta per lasciare l'insegnamento, suscitando la loro gioia. Confessa loro l'omicidio della figlia di appena quattro anni di nome Manami, uccisa da due suoi alunni, Shuya e Naoki, che non possono essere perseguiti dalla legge in quanto minorenni.
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"Confessions", un film del regista Tetsuya Nakashima, è la storia di Yuko Moriguchi, una maestra che vuole vendicare l'omicidio della figlia, di Shuya Watanabe, un ragazzo che vuole recuperare l'affetto di una madre che l'ha abbandonato, e di Naoki Shimomura, un suo coetaneo che è inevitabilmente attratto dal carisma del suo compagno di classe.
Yuko è una maestra non rispettata dai suoi alunni, che in classe la ignorano facendo baldoria, mandando sms dai loro cellulari e chiacchierando tra di loro. Un giorno, comunica ai suoi allievi che sta per lasciare l'insegnamento, suscitando la loro gioia. Confessa loro l'omicidio della figlia di appena quattro anni di nome Manami, uccisa da due suoi alunni, Shuya e Naoki, che non possono essere perseguiti dalla legge in quanto minorenni.
Yuko è una ragazza madre: il padre di Manami, infatti, avendo contratto il virus dell'HIV, ha deciso di non riconoscere la figlia per evitare che fosse oggetto di scherno dei suoi compagni.
Per spaventare i due assassini, Yuko dice loro di aver messo gocce del sangue infetto del marito nei brick di latte che la classe beve quotidianemente durante l'intervallo, facendoli andare completamente fuori di senno per la paura.
Shuya è un bambino prodigio, un piccolo genio che ha ereditato un'intelligenza fuori dal comune dalla madre ricercatrice che l'ha abbandonato per poter proseguire i suoi studi. Per poter farsi notare, Shuya costruisce ordigni e macchine mortali per uccidere e torturare animali. Partecipa ad un concorso in cui presenta la sua creazione: un borsellino con all'interno un dispositivo che fa prendere la scossa quando lo si apre. Il bambino usa la sua maestra Yuko come cavia; poi, su suggerimento del compagno Naoki, decide di provarlo, dopo averlo perfezionato, sulla figlia Manami.
Naoki è un bambino senza amici, che vede in Shuya un modello, un leader carismatico da emulare, ed è entusiasta della loro amicizia.
Ma Shuya vuole solo servirsi di Naoki per far sapere a tutti di cosa è stato capace di fare, del tentato omicidio che ha commesso, dicendogli addirittura che è un fallito perché non sarebbe mai capace di uccidere qualcuno.
Ed è così che dopo la bambina Manami sviene per lo spavento dovuto alla scossa, Naoki la solleva e la butta nella piscina dove annega e muore.
Naoki diventa un hikokomori, cioè si chiude nella sua camera, evita qualunque tipo di rapporto sociale, decide di non andare più a scuola. Comincia a non lavarsi più, perché puzzare lo fa sentire vivo, e a pulire compulsivamente tutto ciò che tocca temendo che la madre potrebbe contrarre il virus dell'HIV, dopo che aveva bevuto il latte infettato.
Attraverso le confessioni dei vari personaggi, la storia si va chiarendo tenendo lo sospettatore incollato allo schermo e con il fiato sospeso fino al finale, tragico e sbalorditivo.
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mikitr
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venerdì 18 aprile 2014
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la potenza visiva del cinema e la psiche umana
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Una classe, una maestra, degli alunni distratti dai loro messaggini sul cellulare, come ogni giorno, persi nella loro esistenza al limite dell'inutilità. Ma oggi l'insegnante ha da dire una cosa seria: sua figlia è stata uccisa, benchè la polizia abba archiviato il caso come "incidente" e gli assassini sono all'interno proprio di questa classe: sgomento - ma non troppo - fra questi ragazzini di terza media. La vicenda non deve essere presa come reale, nonostante parta da premesse - il vuoto esistenziale contemporaneo - fin troppo reali. Il racconto della maestra procede per piccoli passi, mandando sullo schermo una sequenza di immagini forti e visivamente potenti, che già presagiscono le immagini di quella che è la seconda parte del film: il meglio, insomma deve ancora venire.
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Una classe, una maestra, degli alunni distratti dai loro messaggini sul cellulare, come ogni giorno, persi nella loro esistenza al limite dell'inutilità. Ma oggi l'insegnante ha da dire una cosa seria: sua figlia è stata uccisa, benchè la polizia abba archiviato il caso come "incidente" e gli assassini sono all'interno proprio di questa classe: sgomento - ma non troppo - fra questi ragazzini di terza media. La vicenda non deve essere presa come reale, nonostante parta da premesse - il vuoto esistenziale contemporaneo - fin troppo reali. Il racconto della maestra procede per piccoli passi, mandando sullo schermo una sequenza di immagini forti e visivamente potenti, che già presagiscono le immagini di quella che è la seconda parte del film: il meglio, insomma deve ancora venire. L'insegnante ha, col suo racconto, ideato una incredibile vendetta ai danni di questi due alunni, tutta psicologica, anche se poi si ritorcerà in fatti, crudeli e violenti, ma presentati allo spettatore quasi come ovattati, tramite flashback e sequenze quasi oniriche. Si susseguono nella narrazione le "confessioni" di alcuni dei protagonisti, la loro "versione dei fatti", tutto ciò passando sullo schermo in modo mirabile. Il film è un perfetto esempio di cinema che usa tutto il suo potenziale per esprimersi.
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renato volpone
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lunedì 20 maggio 2013
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il sapore della vendetta
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Un quadro freddo e violento sugli adolescenti di oggi e sui danni che possono fare società e genitori nei loro intenti educativi inquinati dalle aspettative e dagli obiettivi personali. Attraverso la vendetta ordita da una professoressa alla quale due studenti hanno ucciso la piccola figlia, si snoda una lunga serie di confessioni, forse un pochino troppo lunga, che ci svela tutti i retroscena della storia e il male di vivere dei giovani d'oggi, ma non solo il loro, anche quello degli adulti persi in un destino segnato e irrecuperabile. L'essere umano è un potenziale assassino, a volte cosciente, a volte inconsapevole, come ben descritto anche in recenti film come il polacco "baby blues" o il britannico "e ora parliamo di kevin" a cui il ricordo scivola facilmente.
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Un quadro freddo e violento sugli adolescenti di oggi e sui danni che possono fare società e genitori nei loro intenti educativi inquinati dalle aspettative e dagli obiettivi personali. Attraverso la vendetta ordita da una professoressa alla quale due studenti hanno ucciso la piccola figlia, si snoda una lunga serie di confessioni, forse un pochino troppo lunga, che ci svela tutti i retroscena della storia e il male di vivere dei giovani d'oggi, ma non solo il loro, anche quello degli adulti persi in un destino segnato e irrecuperabile. L'essere umano è un potenziale assassino, a volte cosciente, a volte inconsapevole, come ben descritto anche in recenti film come il polacco "baby blues" o il britannico "e ora parliamo di kevin" a cui il ricordo scivola facilmente. Ma la potenza espressiva di Tetsuya Nakashima travalica ogni pragmatismo e con immagini a volte surreali, ma bellissime e cariche di potere emotivo, riesce ad avvincere lo spettatore che difficilmente riuscirà a non parteggiare sia per le vittime che per i carnefici: il delitto ordito è un piatto di gusto sottile condito dalla vendetta. A tratti visionario, a tratti marcato da una lucida follia, il film avvince e raggela marcando il disgusto della morale comune per gli orrendi delitti commessi da chi è stato vittima proprio della morale stessa.
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shanks
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venerdì 31 maggio 2013
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nella migliore tradizione giapponese
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Aula di una scuola giapponese; un gruppo di alunni scalmanati, tutt'altro che studenti modello, assistono al discorso di commiato della propria insegnante. Quest'ultima infatti, rivela di essere alla fine del suo lavoro. Ma non solo: un agghiacciante mistero verrà svelato.
Crudele ma raffinato, raggelante per alcuni versi (come nella migliore tradizione giapponese), la pellicola procede, a passi lenti, lentissimi (come nella migliore tradizione giapponese), verso la scoperta di questo mistero, mistero che genererà una vendetta (come nella migliore tradizione giapponese). Appassionante, l'opera di Nakashima si fa desiderare; la bramosità di Moriguchi nel compiere la propria vendetta va di pari passo con l'attesa dello spettatore di veder il quadro completo in tutte le sue sfumature.
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Aula di una scuola giapponese; un gruppo di alunni scalmanati, tutt'altro che studenti modello, assistono al discorso di commiato della propria insegnante. Quest'ultima infatti, rivela di essere alla fine del suo lavoro. Ma non solo: un agghiacciante mistero verrà svelato.
Crudele ma raffinato, raggelante per alcuni versi (come nella migliore tradizione giapponese), la pellicola procede, a passi lenti, lentissimi (come nella migliore tradizione giapponese), verso la scoperta di questo mistero, mistero che genererà una vendetta (come nella migliore tradizione giapponese). Appassionante, l'opera di Nakashima si fa desiderare; la bramosità di Moriguchi nel compiere la propria vendetta va di pari passo con l'attesa dello spettatore di veder il quadro completo in tutte le sue sfumature. Ma è volutamente complesso, distorto, punteggiato di sorprese, come i personaggi, tratteggiati forse un po gratuitamente freddi e meschini ma per questo colmi di emozioni. I temi del film sono quelli gia visti in altre pellicole del "fear east"; come non citare per esempio la trilogia della vendetta di Chan-wook. C'è una grande attenzione al dettaglio, il piano della maestra infatti è estremamente pianificato ed è tipico l'atteggiamento di grande freddezza, a fronte di un immenso dolore, che riesce a mantenere nel corso della vicenda. Anche la visione della propria società sa di gia visto, c'è un minimo comune denominatore che accumuna molti registi orientali (ne è esempio il manga Death note) dove la morte è una presenza fondamentale nella vita delle persone. Una denuncia sociale forse, oppure la spettacolarizzazione tanto cara made in Usa per incollare alla poltrona. E poi i flashback continui ed ossessivi come anche quel montaggio tipicamente da luogo comune lento.
Da vedere.
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giugy3000
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lunedì 28 ottobre 2013
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solo dio perdona
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In una classe a cavallo fra la seconda e la terza media, l'insegnante Yuko Moriguchi facendo stridere il gessetto scrive sulla lavagna la parola "Vita"; la sua ultima lezione della carriera travalicherà di molto i confini della sua materia e si farà promotrice di un enorme risveglio di coscienza: ricordarci il valore inestimabile della vita umana, affinchè nessuno parli più a vanvera del desiderio opposto di morte. Il suo pubblico?Un branco di ragazzini insolenti, vigliacchi e parecchio ignoranti...fra loro si nascondono i responsabili della tragica morte di sua figlia, nominati "Studente A e B" solo per gioco, in quanto si sa fin dalla prima scena volti e attitudini dei colpevoli.
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In una classe a cavallo fra la seconda e la terza media, l'insegnante Yuko Moriguchi facendo stridere il gessetto scrive sulla lavagna la parola "Vita"; la sua ultima lezione della carriera travalicherà di molto i confini della sua materia e si farà promotrice di un enorme risveglio di coscienza: ricordarci il valore inestimabile della vita umana, affinchè nessuno parli più a vanvera del desiderio opposto di morte. Il suo pubblico?Un branco di ragazzini insolenti, vigliacchi e parecchio ignoranti...fra loro si nascondono i responsabili della tragica morte di sua figlia, nominati "Studente A e B" solo per gioco, in quanto si sa fin dalla prima scena volti e attitudini dei colpevoli. Ma quella di Yuko non è una confessione fine a se stessa, se davvero una maestra si vuole considerare tale dovrà essere sicura che gli allievi abbiano appreso qualcosa da lei, ed ecco che la sete di vendetta prende atto nel diabolico gesto di mettere nel latte bevuto dai due ragazzi assassini del sangue infestato dal virus HIV. La pena?Una vita di sofferenza, proprio come quella che d'ora in poi condurrà lei, come da secoli dichiara legittima la legge del taglione, visto che quella del XXI secolo prevede che un minore, secondo il codice penale, non possa venir arrestato. Shuya e Naoki non sono due pazzi, sono intelligenti e consci del loro agire, perchè mai dovrebbero avere delle attenuanti ad un gesto così diabolico?Si può prevenire un omicidio o chiunque (anche il più puro di noi) è in grado di macchiarsi le mani? Ad un delitto segue sempre un castigo?E' lodevole farsi giustizia da soli?In un mondo violento come quello di oggi è ancora meritevole vedere negli occhi dei ragazzi giovani la scintilla dell'innocenza? A questi e altri mille interrogativi ci sottopone "Confessions", tratto dal romanzo omonimo di Kanae Minato, un thriller-giallo psicotico senza respiro, imprevedibile, cattivo. Come fu già per Haneke nel suo "Funny Games", anche qui per Nakashima (ex regista di spot pubblicitari) la forma e il contenuto sono un insieme indissolubile per spiegare questa folla violenza non-sense; se il regista tedesco aveva scelto di violare i principi del cinema classico, quello giapponese decide di frantumare il piano espressivo da quello più profondo di comprensione e si avvale di scelte cromatiche paradossali, ralenti portati all'estremo, scene ridondanti da videoclip alla MTV...perchè forse è tutto uno scherzo, forse no. Al centro di tutto, come un vulcano in eruzione, la rabbia di una donna adulta, che si piega alle regole perverse di un gioco da bambini, ma che finisce per toccare le corde dell'ostracismo, del complesso di Edipo, dell'Hikikomori (termine giapponese usato per riferirsi a coloro che hanno scelto di ritirarsi dalla vita sociale, spesso cercando livelli estremi di isolamento). Se la spirale della violenza non viene stroncata sul nascere, si possono avere conseguenze inenarrabili; si finirà col confondere le intenzioni con le azioni, la credenza con la realtà e il potere mimetico del male si diffonderà come una macchia d'olio, istigando anche gli animi innocenti al contagio della cattiveria, sino a che tramite un bullismo senza precedenti non si troverà un capro espiatorio su cui sfogarsi, per poter ristabilire l'ordine e fare come mai nulla sia avvenuto. L'autrice del libro ha dichiarato di essersi ispirato ad un fatto davvero preoccupante nelle scuole giapponesi degli anni Duemila, ossia un bullismo dilagante divenuto vera e propria piaga del Paese, sino ad indurre al suicidio nei casi più gravi La storia di "Confessions" non è (fortunatamente)tratta una storia vera di cronaca, ma nel suo estremismo è incredibilmente toccante e malgrado la sua imperseverante drammaticità, si tocca il dolore con mano senza perdere di vista nemmeno un tema su cui è voluto porre l'attenzione. Attraverso un montaggio pop e frenetico, il regista dirige la bravissima protagonista in un vortice di avvenimenti senza controllo, un po' come ci ricorda la trama di "Oldboy" o "Lady Vendetta" del celebre regista coreano. Ci si domanda sul ruolo che debbano avere peccato e perdono in un momento in cui non si pensa a null'altro che ad uccidere i responsabili della nostra sofferenza quando degli appeni tredicenni ci uccidono la figlia o quando compiono stragi di innocenti per colmare il loro bisogno d'amore inespresso. La pellicola è superba in quanto dettagliamente ci mostra le visioni antitetiche di ogni questione...proprio quando siamo ormai convinti di patteggiare per un personaggio, ecco che un'ennesima confessione cambia le sorti di una storia che pareva già scritta. Esiste la redenzione?Possiamo sostituirci a Dio nel giorno del giudizio e dire da noi cosa dovrebbe avvenire a chi effettua cattive azioni?Un po' come per pena di morte, siamo sicuri di non macchiarci la coscienza reprimendo una vita pur facendolo in "buona fede"? "Only god forgives" direbbe Refn e "Se Dio esiste speriamo abbia scusa" direbbe Allen.
Da vedere assolutamente, ce ne fossero più spesso di film così!
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