raffaella
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domenica 24 gennaio 2010
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modesto omaggio alla nostra (passata) dolce vita
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Nine di Rob Marshall è un film ambizioso per una serie di motivi: riunisce un cast stellare che è stato premiato in passato con il premio Oscar (Daniel Day-Lewis, Nicole Kidman, Marion Cotillard, Penelope Cruz, Judi Dench, Sophia Loren); introduce il personaggio di Kate Hudson, ovvero la giornalista Stephanie, sebbene la sua presenza non sia indispensabile; fa brillare su tutti i numeri musicali la straordinaria performace canora di Fergie che, nei panni di Saraghina, offre al pubblico la memorabile "Be Italian", che gode anche della migliore coreografia. Inoltre vuole omaggiare il capolavoro 8 1/2 e il Maestro Fellini, rifacendosi però al musical di Broadway da cui prende il nome.
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Nine di Rob Marshall è un film ambizioso per una serie di motivi: riunisce un cast stellare che è stato premiato in passato con il premio Oscar (Daniel Day-Lewis, Nicole Kidman, Marion Cotillard, Penelope Cruz, Judi Dench, Sophia Loren); introduce il personaggio di Kate Hudson, ovvero la giornalista Stephanie, sebbene la sua presenza non sia indispensabile; fa brillare su tutti i numeri musicali la straordinaria performace canora di Fergie che, nei panni di Saraghina, offre al pubblico la memorabile "Be Italian", che gode anche della migliore coreografia. Inoltre vuole omaggiare il capolavoro 8 1/2 e il Maestro Fellini, rifacendosi però al musical di Broadway da cui prende il nome.
Difficile soddisfare completamente le aspettative sulla carta. Perché Nine è un film corale in cui brilla però la figura di Guido Contini, al centro di un momento di crisi esistenziale della sua carriera di regista e della sua vicenda umana quando le donne della sua vita iniziano a tormentarlo. Day-Lewis è infatti protagonista indiscusso, mentre le figure femminili, reali o frutto di ricordi, si alternano sulla scena molto rapidamente, salvo poi comparire tutte insieme in momenti che si susseguono nella mente del regista. Le performance canore avvengono infatti nella sua immaginazione e fra queste, oltre all'insuperabile "Be Italian", spiccano le doti di Marion Cotillard, nei panni della disillusa Luisa, moglie di Contini. Le doti canore della Kidman sono sempre state indiscutibili, mentre si fanno apprezzare le inedite Judi Dench, Cruz e Hudson, oltre alla dolce ninna nanna cantata da Sophia Loren, protagonista poi di una memorabile inquadratura che la pone al centro di tutte le attrici, ricordandoci il suo status di impareggiabile diva. A proposito di dive, la Claudia della Kidman ricorda forse volontariamente la splendida Anita Ekberg (guarda caso, canta vicino a una fontana che riporta alla mente la Fontana di Trevi), e rivela una fragilità nascosta nella sua fama di superdiva. La sceneggiatura avrebbe potuto approfondire quest'ultimo aspetto, ma dare rilevanza a un personaggio femminile avrebbe minato la coralità muliebre del mondo di Contini. Quanto alla doppia esibizione canora di Day-Lewis, se non spiccasse per qualità tecnica, risulta certamente notevole la sua tormentata interpretazione.
Tra gli aspetti tecnici maggiormente curati in Nine vi è indubbiamente la fotografia: il gioco di luci e ombre si rifà all'illuminazione di un palcoscenico teatrale e contribuisce a rendere suggestivi i numeri musicali. Se poi la rappresentazione della nostra Italia anni '60 potrebbe apparire patinata, bisognerebbe ricordare che il film ci propone un'Italia circoscritta al mondo del cinema, al Teatro 5 di Cinecittà, e alla dolce vita di chi la animava.
Ciò che infine colpisce maggiormente l'immaginario dello spettatore è la presenza (non soltanto in varie sequenze in bianco e nero) del Guido bambino che caratterizza lo spirito del protagonista, il quale ammette di sentirsi ancora un bimbo di dieci anni: ecco dunque il fanciullino che, dopotutto, consente la rinascita artistica e umana.
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sergio longo
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nine
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Pochi secondi prima che il "Ciak! Silenzio!!...Si gira!" dia il via al suo nono film, Guido Contini si vede raggiunto e affiancato nella postazione di regia da un se stesso ragazzino. Solo adesso, ritrovata l'ispirazione ("il Fanciullino che c'è in ognuno di noi", si direbbe pascolianamente), la lavorazione del film può finalmente avere inizio. Mentre i due Guidi carrellano la macchina da presa verso l'alto con il dolly, la scena lentamente si 'spegne' fino al buio più profondo. Sul fondo nero dello schermo... solo il ronzìo della ripresa cinematografica... E' il suggestivo finale di Nine, firmato da Rob Marshall (Chicago, 2002) e tratto dall'omonimo musical di Arthur Kopit del 1982, libero rifacimento del felliniano 8 1/2 (1963).
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Pochi secondi prima che il "Ciak! Silenzio!!...Si gira!" dia il via al suo nono film, Guido Contini si vede raggiunto e affiancato nella postazione di regia da un se stesso ragazzino. Solo adesso, ritrovata l'ispirazione ("il Fanciullino che c'è in ognuno di noi", si direbbe pascolianamente), la lavorazione del film può finalmente avere inizio. Mentre i due Guidi carrellano la macchina da presa verso l'alto con il dolly, la scena lentamente si 'spegne' fino al buio più profondo. Sul fondo nero dello schermo... solo il ronzìo della ripresa cinematografica... E' il suggestivo finale di Nine, firmato da Rob Marshall (Chicago, 2002) e tratto dall'omonimo musical di Arthur Kopit del 1982, libero rifacimento del felliniano 8 1/2 (1963). Ma di momenti altamente suggestivi è costellata gran parte delle due ore di questa nuova gemma del rinato musical americano. L'aver privilegiato come chiave di lettura caratteriale del regista (interpretato con partecipe sobrietà da Daniel Day-Lewis) il suo lato fanciullesco, ha permesso a Marshall di trovare terreno fertile per liberare la sua di ispirazione in una progressione di 'eventi' coreografici che 'bucano' lo schermo sfidando l'applauso della sala. Canzoni e balletti senza "se" e senza "ma": semplicemente il "top" del musical americano, oggi, con tutto il rispetto dovuto al capolavoro di partenza ma non disdegnando la reinvenzione di alcuni personaggi, laddove necessario, per meglio 'illuminare' la creatività di questo Guido, o, viceversa, espungere parti oniriche che avrebbero reso impervia la 'fluidità' ritmica e narrativa dalla quale, di regola, questo genere di spettacolo non può prescindere per il suo buon esito. E' essenziale, dunque, accostarsi alla visione di Nine senza pre-giudizi di sorta, derivanti da poco opportuni raffronti con l'inarrivabile capolavoro felliniano, per poterne godere appieno. Le fantasie, le paure e gli stupori fanciulleschi, le ansie, gli incubi, le insicurezze, gli amori e le infatuazioni di questo regista alla disperante ricerca di un'idea che salvi il suo film, trovano qui nuova luce; s'inverano nelle sontuose scenografie in cui prendono corpo i personaggi della sua vita, protagonisti di numeri coreografici da antologia. Forte di un cast stellare, Marshall muove sapientemente le sue pregiate pedine su una virtuale scacchiera dei sogni, assicurando a ciascuna di esse il prestigio e la gloria del grande assolo. Ed è, a partire da qui, un susseguirsi di perle: dalla corale possanza coreografica di "Be Italian" della sorprendente Saraghina di Stacy Ferguson alle sinuosità feline di un'inedita Penelope Cruz (Carla, l'amante) in versione Marilyn; dalla straripante Kate Hudson di "Cinema italiano" all'intensa Marion Cotillard (già camaleontica interprete della Piaf in La vie en rose del 2007) nei panni della frustrata moglie di Guido. Nicole Kidman -icona del musical d'inizio millennio- ritrova nel brano "Unusual Way" quelle tremule tonalità umbratili che l'hanno resa indimenticabile in Moulin Rouge! (2001). Last but not least, la settantacinquenne Judi Dench -davvero strepitosa a 360 gradi nel ruolo della costumista/confidente (non perdetevi il suo "Folies Bergère")- e la nostra Sophia Loren, che lascia il segno con la delicata "Guarda la luna", scritta appositamente per lei che, forse, mentre la canta a Guido, non può non sentirla dedicata alla memoria di Marcello.. E', questo, uno di quei rari momenti in cui il cinema sembra parlare di sé in terza persona, scrutandosi nello specchio magico di un intricato giuoco metalinguistico, struggente e paradossale ad un tempo. Non ci si può esimere, per concludere, dal sottolineare l'estrema cura di Rob Marshall nella scelta degli attori italiani (Remotti, Mastandrea e Ricky Tognazzi su tutti), nella ricostruzione ambientale della Roma de La dolce vita , nella qualità degli apporti musicali 'esterni' (scopriamo nei lunghissimi titoli di coda la presenza del jazzista romano Roberto Gatto). Tutt'altro che casuale anche la selezione di brani musicali italiani cantati dai Murolo, Mina e Celentano dell'epoca.
C'è chi ha liquidato Nine come "una baracconata ridicola". Noi vi diciamo: That's Entertainment, ragazzi!
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lisbeth.s
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giovedì 22 luglio 2010
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pubblicità troppo esplosiva illude gli spettatori.
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Nine lo descriverei come una sorta di film vuoto, che però riesce a lasciarti qualcosa. Ambientato nella metà degli anni '60, il film non racconta la storia del protagonista (Guido Contini), ma ciò che gli passa per la testa. Ci descrive quello che vede coi suoi occhi da regista. Si può dunque affermare che il film non presenta una vera e propria trama: è un punto fermo, nel quale più donne girano attorno al protagonista senza poterlo conquistare. Attraverso canzoni e danze mozzafiato, il film ci presenta la personalità dei personaggi e l'amore che le donne provano per Guido. Guido Contini viene presentato come un personaggio ambiguo, abilmente bugiardo, sognatore e amato da tutti. Strettamente legato alla madre (S.
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Nine lo descriverei come una sorta di film vuoto, che però riesce a lasciarti qualcosa. Ambientato nella metà degli anni '60, il film non racconta la storia del protagonista (Guido Contini), ma ciò che gli passa per la testa. Ci descrive quello che vede coi suoi occhi da regista. Si può dunque affermare che il film non presenta una vera e propria trama: è un punto fermo, nel quale più donne girano attorno al protagonista senza poterlo conquistare. Attraverso canzoni e danze mozzafiato, il film ci presenta la personalità dei personaggi e l'amore che le donne provano per Guido. Guido Contini viene presentato come un personaggio ambiguo, abilmente bugiardo, sognatore e amato da tutti. Strettamente legato alla madre (S. Loren), Guido ha intenzione di girare un film intitolato "Italia" senza sapere però da dove iniziare. Il regista Contini vede nel suo film le donne che lo hanno accompagnato nella sua vita: la moglie(Luisa), l'amante(Carla), la giornalista americana(Stephanie), la sua "donna d'infanzia"(Saraghina), la sua attrice preferita(Claudia), la sua costumista(Lilly) e la madre. Inoltre, si ha la doppia personalità del protagonista, data dalla presenza di Guido bambino, senza il quale il Guido adulto non può fare a meno per far fruttare la sua fantasia da regista: infatti Contini si definisce un adulto con la mente di un bambino di 10 anni.
Il film è, a mio parere, ben fatto e soddisfacente, ma il pubblico può non ritenersi soddisfatto per una serie di fattori: 1) il trailer italiano è stato talmente emozionante e esplosivo che non si è soffermato a descrivere quello che il film vuole realmente affrontare; questo ha aumentato le aspettative del pubblico, che però non sono state soddisfatte nella durata del film. 2) il doppiaggio è stato volutamente "italianizzato" e il pubblico non si aspettava qualcosa del genere in un film americano: chi si aspettava di vedere una Penelope Cruz parlare con un accento così italiano? 3) il cast esplosivo ha lasciato a desiderare le aspettative del pubblico, il quale evidentemente sperava in più "azione" e meno "pensieri".
Penso che ciò che ha reso difficile il gradimento di NINE non sia stato il film in sè per sè, ma ciò che è venuto prima: la pubblicità.
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redrose
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giovedì 18 marzo 2010
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9 - -
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Il film-musical di Rob Marshall (il regista di Chicago per intenderci), ispirato alla leggendaria figura del regista Federico Fellini, racconta la storia di Guido Contini, un regista di fama mondiale che si sta preparando alle riprese del suo ultimo film (ma è in piena crisi creativa) ed è circondato da conturbanti figure femminili che influenzano fortemente la sua vita professionale e personale. Lontano dal set l’uomo si riconcilierà con l’artista e con tutte le sue donne. Fine del film e della storia. Si ma quale storia? E' vero è un musical! Ma allora le immagini non dovrebbero lasciare molto più spazio alla fantasia e descrivere il vissuto non raccontato dei personaggi, la rappresentazione dei sogni, l'illusione?O bastano una parata di star di Hollywood e pizzi merletti a risollevare le sorti di una modesta sceneggiatura??Che peccato per il nostro ultimo dei Mohicani, prestato a cotanta banale causa!!
Molti esperti di cinema hanno parlato di remake di "Otto e mezzo" di Fellini, ma ho letto che non è esattamente così o almeno non lo è direttamente: Nine è infatti la versione cinematografica dell’omonimo musical di Broadway, "ispirato" all’analisi dei sogni di Federico Fellini.
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Il film-musical di Rob Marshall (il regista di Chicago per intenderci), ispirato alla leggendaria figura del regista Federico Fellini, racconta la storia di Guido Contini, un regista di fama mondiale che si sta preparando alle riprese del suo ultimo film (ma è in piena crisi creativa) ed è circondato da conturbanti figure femminili che influenzano fortemente la sua vita professionale e personale. Lontano dal set l’uomo si riconcilierà con l’artista e con tutte le sue donne. Fine del film e della storia. Si ma quale storia? E' vero è un musical! Ma allora le immagini non dovrebbero lasciare molto più spazio alla fantasia e descrivere il vissuto non raccontato dei personaggi, la rappresentazione dei sogni, l'illusione?O bastano una parata di star di Hollywood e pizzi merletti a risollevare le sorti di una modesta sceneggiatura??Che peccato per il nostro ultimo dei Mohicani, prestato a cotanta banale causa!!
Molti esperti di cinema hanno parlato di remake di "Otto e mezzo" di Fellini, ma ho letto che non è esattamente così o almeno non lo è direttamente: Nine è infatti la versione cinematografica dell’omonimo musical di Broadway, "ispirato" all’analisi dei sogni di Federico Fellini. Il regista americano traduce per lo schermo il musical a cui Fellini rifiutò il consenso pensate un po'!
Così, diversi anni dopo, tentare di trasformare l’analisi autoriflessiva sulla creatività cinematografica del 'Maestro'mi sembra un'ardua impresa che si materializza in una scadente soap opera, con un Daniel Day Lewis ingobbito su stesso e sul mondo, che viaggia su binari piuttosto piatti e che ci lascia un'assoluta estraneità.
E' un film molto ambizioso dunque che tradisce le aspettative di chi forse si aspettava una trasposizione in chiave moderna di 'Otto e mezzo', ma non di chi, magari ama il genere musical spettacolare, fatto di coreografie caleidoscopiche, fotografia suggestiva, musiche orecchiabilissime e parata di star super performanti...senza aspettarsi altro. Sonnecchiante direi, nonostante le grazie esplosive dell'amabilissima Fergie.
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noia1
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mercoledì 16 aprile 2014
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tributo non all'altezza dell'originale
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Un regista si trova ad un passo dal dover presentare la sceneggiatura per il suo ultimo film, il solo problema sta nel fatto che di quella sceneggiatura non ha scritto nemmeno una parola trovandosi in una profonda crisi creativa. Fugge da tutti mentre intorno a lui si ripresentano, in forma reale o solo fantasiosa, tutte le donne più importanti della sua vita pronte a fargli tornare quell’ispirazione che la gloria e i soldi gli hanno rubato. Un elogio a otto e mezzo, il più importante film di Fellini, e all’Italia in generale con un cast che, esclusi gli attori principali, è dissipato di attori italiani. Un film però che non fa il botto, le musiche non sono travolgenti, la trama non raggiunge mai quell’esagerazione che ispira dall’inizio alla fine e non si esce mai dagli schemi che il film stesso pare voglia rompere.
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Un regista si trova ad un passo dal dover presentare la sceneggiatura per il suo ultimo film, il solo problema sta nel fatto che di quella sceneggiatura non ha scritto nemmeno una parola trovandosi in una profonda crisi creativa. Fugge da tutti mentre intorno a lui si ripresentano, in forma reale o solo fantasiosa, tutte le donne più importanti della sua vita pronte a fargli tornare quell’ispirazione che la gloria e i soldi gli hanno rubato. Un elogio a otto e mezzo, il più importante film di Fellini, e all’Italia in generale con un cast che, esclusi gli attori principali, è dissipato di attori italiani. Un film però che non fa il botto, le musiche non sono travolgenti, la trama non raggiunge mai quell’esagerazione che ispira dall’inizio alla fine e non si esce mai dagli schemi che il film stesso pare voglia rompere. Tutto il carisma di Daniel Day - Lewis non basta per far fare quel salto di qualità che ci si aspetterebbe da film come questi, resta comunque un buon modo per non buttare completamente nel cesso due ore della propria vita.
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francesco2
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domenica 2 gennaio 2011
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perché ritornare sui luoghi dei delitti?
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Sarà anche vero che non si voleva fare un remake del capolavoro di Fellini; che questo innocuo ed un pò fastidioso filmetto si ispira piuttosto ad un musical del 1982; ma secondo me, chi abbia visto e ammirato ) o forse anche disprezzato) l'opera del maestro di Rimini non può non avvertire in quest'opera una sesazione sgradevole,, della "Violazione di un capolavoro", anche se ovviamente gli anti-felliniani non la penseranno così. Al di là dell'osservazione (Peraltro penso intelligente) che le sigarette di day-Lewis valgono quelle di Mastroianni, il prim(issim)o accostamento è ad un livello superficiale (?) la galleria femminile di corpi che affollano (Spesso mi è parso così, mi spiace usare questo linguaggio) la dimensione metacinematografica di questo uomo/artista (?) in crisi di identità.
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Sarà anche vero che non si voleva fare un remake del capolavoro di Fellini; che questo innocuo ed un pò fastidioso filmetto si ispira piuttosto ad un musical del 1982; ma secondo me, chi abbia visto e ammirato ) o forse anche disprezzato) l'opera del maestro di Rimini non può non avvertire in quest'opera una sesazione sgradevole,, della "Violazione di un capolavoro", anche se ovviamente gli anti-felliniani non la penseranno così. Al di là dell'osservazione (Peraltro penso intelligente) che le sigarette di day-Lewis valgono quelle di Mastroianni, il prim(issim)o accostamento è ad un livello superficiale (?) la galleria femminile di corpi che affollano (Spesso mi è parso così, mi spiace usare questo linguaggio) la dimensione metacinematografica di questo uomo/artista (?) in crisi di identità. Ma questo si ricollega al livello più profondo, il tentativo di ricreare quella commistione tra vita e cinema di "Otto e mezzo". Per approdare a questo, Marshall propone una sceneggiatura assurda di produttori- di mea età-barbuti e giornalisti vuoti, non nella sfumatura coroniana del termine ma in quanto figurine, e sono generoso, prive di spessore; questa sì è una rappresentaione di quel mondo che annoia, altro che "Somewhere" della Coppola. Ma a parte queste figure femminili raramente esplorate sottopelle, tranne, soprattutto nell'ultima parte, qualche eccezione come la frase della moglie
"TU ti assolvi nel cinema per farlo anche nella realtà "(Anzi non è una citazione precisa, credo che la sto banalizzando, anche se pure per questo motivo qualcuno ha parlato di una dimensione religiosa del film), ci sono altre cose che girano a vuoto. Sappiamo che questo personaggio era un (Vero?Presunto?) amatore, ma quanta differenza con Fellini, per cui un omaggio al cinema era anche dimostrazione di affetto per la donna, e viceversa). A questi amori e amoretti bozzettistici Marshall unisce dei siparietti musicali che, come in altri musical (appunto) avrebbero il senso di chiarire ed illustrare meglio il senso (?) di questo film. Ma spesso le canzoni funzionano poco e male, e in certi punti hanno addirittura la (Dis) funzione di consolidare certi stereotipi in cui il film cade di suo( LA scena di Sofia Loren madre, che dovrebbe proteggere il protagonista dal mondo ,ricorda il peggior Tornatore). Una serie di iparietti slegati tra di loro, come quello col cardinale o quello con la gornalista interpretata da Kate Hudson). Solo, mi ripeto, l'ultima parte funziona un pò di più, perché si approfondisce meglio il disagio del protagonista e della moglie, e le canzoni svolgono meglio la loro funzione. A chi obietti che questo film ha un significato più profondo di Chicago, ben(?) esplicitato alla fine, cioé che il protagonista ammette di non avere un copione per il film quando si accorge che la sua vita è un fallìimento ( E decide di regolarsi di conseguenza), si potrebbe obiettare che il punto è proprio questo. Il regista ha preteso troppo da sé stesso, anzi volendo essere un pò cattivi si potrebbe ricordare che questo Guido è fin troppo un suo alter-ego, tanto il risultato tangibile è sostanzialmente arraffazzonato e pretenzioso.
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