Valzer con Bashir

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Un film di Ari Folman. Con Ari Folman, Mickey Leon, Ori Sivan, Yehezkel Lazarov, Ronny Dayag.
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Titolo originale Waltz With Bashir. Animazione, durata 87 min. - Israele, Germania, Francia 2008. - Lucky Red uscita venerdì 9 gennaio 2009. MYMONETRO Valzer con Bashir * * * 1/2 - valutazione media: 3,55 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

La Memoria danzante e l’oblio delle responsabilità Valutazione 4 stelle su cinque

di hanna


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martedì 6 luglio 2010

Quando la memoria non vuole ricordare, comincia a danzare con l’oblio sulle musiche della negazione. “La parte più difficile: Sapere o no se fai del bene”. Ognuno fa ombra all’altro. Denti che ringhiano in una corsa nera, in un magma indistinto come di trepida angoscia. Com’è l’atmosfera di una guerra civile? E quella di un miscuglio di gente che iniziano a farsi la guerra o ne sono semplicemente vittime, o ancora devono eseguire semplicemente degli ordini, non riconoscendo più distintamente di chi, e in realtà perché. Identità scomparse, giravolte di alleanze, incoerenze di propositi, improvvisano con raziocinante allucinazione giri di valzer con partner rivali, come il civettare di donne mondane in un moulin rouge di desideri di potenza e sopraffazione. La sabbia ricopre silenziosamente i fatti della memoria, rea della sua rinuncia alla responsabilità, la schiuma dell’oblio comincia a raschiare i ricordi di tutti gli interlocutori reduci della sanguinosa esperienza. Ciò che colpisce è l’immagine di tutte quelle persone carnefici e vittime che non ancora raggiunta la maturità delle proprie identità, si ritrovano coinvolte nelle piroette di lotta con un fucile troppo grande in mano ad improvvisare ritmi di piombo frenetici e senza una meta chiara e distinta. Mescolanza è una delle parole prncipi in tutta la trama narrativa non solo del film, ma dei fatti storici di allora. È quasi sempre l’inconscio che in differita ci racconta la storia della verità. La memoria è dinamica, essa inventa, fabbrica, finge. Nel film essa viene presentata solo come disegni, niente video, a quelli ci pensa l’immaginazione. Quali sono gli elementi che entrano in ballo in una guerra nelle persone che ne prendono parte? Per poter compiere ciò che compie, l’uomo deve dimenticare, in modo da perpetrare ciò che ha appena dimenticato. Ma ecco si insinua l’incertezza del ricordo che riaffiora come monito “Il massacro non l’ho registrato” asserisce uno dei compagni del regista israeliano. É l’unico modo per poter sopravvivere facendoci la guerra. Ed in mezzo a tutte queste rievocazioni, sprazzi di schizofrenica quotidianità a ricoprire il pavimento sporco di sangue. Come può essere sorprendente il modo in cui l’umano si ritaglia un pezzetto di sopravvivenza in mezzo l’infernale azione della morte che scorre lenta nel pianto delle immagini che ci si propongono alla fine. La percezione della coscienza dura un batter d’ali di colibrì, la presa d’atto la rappresenta solo la morte. I civili guardano con altri occhi. “Ripuliti i campi” è una delle affermazioni usate dai falangisti, un punto chiave per il senso del messaggio di Ari Folman. Si usano le parole che affermano il rovescio di ciò che è, ribaltando le storie e i destini sinanche di un popolo. È quasi se il popolo di Israele, oltre a tutti gli altri eserciti protagonisti, si macchiasse dello stesso peccato di cui è stato terribilmente vittima,senza una azione diretta, ma proprio nel senso di immobilità delle parole di Sharon ad un certo punto del film, mentre si sta consumando il massacro di Sabra e Chatila che colloca tutti, indistintamente nel cerchio infernale dell’inconsapevolezza dei propri doveri etici nei confronti dell’altro. “Il massacro non c’entra, non ne sei responsabile” dichiara un amico psicologo del regista, ma se fosse realmente così perché si insinua quel senso d’angoscia per le azioni commesse e di cui si è stati e si sarà per sempre vittime? Eterni prigionieri delle domande chi? Cosa? Perché?

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