Una rapina e qualcosa che va storto. Alcuni flashback chiariscono quali ragioni abbiano spinto i fratelli Andy (Philip Seymour Hoffman) e Hank (Ethan Hawke) ad organizzare il colpo nella gioielleria dei propri genitori. Sidney Lumet, classe 1924, dirige uno dei più bei film della stagione, con tecnica maestra ed uno stile perfettamente calibrato sul cinema del 2000. Una delle più ricorrenti pecche delle vecchie glorie della settima arte è, infatti, quella di non riuscire a stare al passo con i tempi, e pur trasfondendo grande professionalità e spessore nei loro film, lasciano trasparire quel gusto un po’ demodé che rimanda agli antichi schemi. Non è il caso del grande Lumet, che fedele allo stile che gli è proprio (una delle costanti della sua filmografia è l’unità spazio-temporale del racconto, il fatto che la vicenda narrata si svolga nello spazio di poche ore, ed i luoghi impegnati siano pochissimi) dirige un noir molto moderno, che si pone quale il contemporaneo “Quel pomeriggio di un giorno da cani”; la sceneggiatura è scarna ed efficace, la regia ripercorre le stesse situazioni, nel continuo rimando di flashback, adottando inquadrature ed angolazioni sempre differenti. Eccellenti gli interpreti tutti, tanto i protagonisti quanto i comprimari, e tra questi spicca Marisa Tomei, che con questa prova d’attore ha riscattato l’Oscar immeritatamente vinto nel 1992 per “Mio cugino Vincenzo”.
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