Vedere un film tratto da un libro mai aperto, ma di cui parlano un gran bene, comporta il rischio di rovinare tutto. Tuttavia, se il film ha avuto un certo successo, il rischio diventa una scorciatoia accettabile: chissà che non riesca ad invogliare alla lettura dell'opera originale. Nel caso di "Profumo", no.
Uno stile fortemente narrativo caratterizza i primi momenti della pellicola: l'incipit è da fiaba aulica, con una voce fuori campo (Omero Antonutti) che introduce un Settecento parigino increspato da arie fantasy. Fin dall'inizio l'identikit di Jean Baptiste Grenouille, nemmeno a farlo apposta, "profuma" di messianico, come se si stesse parlando della bella favola di un predestinato, che tanto bene farà al genere umano.
Ma la regia sembra interessata unicamente all'estetica.
E benché la qualità visiva sia elevatissima, con una fotografia che da sola riassume un calderone sensoriale di grande pregio, questo non basta. Non basta perché è la smania omicida di Grenouille ad esser presentata come l'esercizio estetico più grande, con una presunzione di fondo: non si ha a che fare con un criminale, ma con un artista dell'olfatto i cui delitti sono giustificati da una nobile ossessione. E pazienza se negli occhi di Grenouille non balena mai un senso di pietà per le sue vittime. Tutte donne. Magari anche fiere di aver contibuito alla metafisica creazione dell'essenza perfetta. Che l'abbiano fatto con la morte è secondario: questo e altro in nome dell'arte.
La morale? Roba da matusa.
Quasi al patibolo, però, il nostro Grenouille viene (illogicamente) folgorato da una riconversione ai buoni sentimenti: in uno scenario dionisiaco-woodstockiano un'orgia inattesa introduce simbologie di altissimo livello, la cui connessione con il resto della storia rimane però misteriosa. Non avendo letto il libro però, è difficile dire se questi salti patafisici siano demerito di Tykwer o di Suskind. Poco pungente Ben Whishaw, ingabbiato da una regia celebrativa che obbliga il suo personaggio ad essere spietato e tenero nello stesso tempo. Tra i due litiganti vince l'inespressività.
Troppe pretese. A doppia superbia, doppia caduta.
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uffaaaa
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giovedì 22 maggio 2014
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l'importanza di parlare di ciò che si conosce
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Aver letto il libro avrebbe permesso di dare maggior spessore alla recensione di fabal.Letta così sembra più che altro un esercizio di stile, ovviamente "critico". Il film in realtà rispecchia fedelmente il libro nelle sue intenzioni di racconto asettico della storia di un personaggio "senza odore", e quindi privo di quelle caratteristiche umane che gli avrebbero permesso di vivere in maniera più viscerale il suo orrido tentativo di diventare "normale" appropriandosi dell'odore degli altri.Non è una mancanza del film e del suo regista, bensì la fedele trasposizione di un'intenzione dello scrittore, che agghiaccia il lettore e allo stesso tempo lo avvince, nella speranza che alla fine Grenuille dia nel bene o nel male un segnale di appartenenza al genere umano.
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Aver letto il libro avrebbe permesso di dare maggior spessore alla recensione di fabal.Letta così sembra più che altro un esercizio di stile, ovviamente "critico". Il film in realtà rispecchia fedelmente il libro nelle sue intenzioni di racconto asettico della storia di un personaggio "senza odore", e quindi privo di quelle caratteristiche umane che gli avrebbero permesso di vivere in maniera più viscerale il suo orrido tentativo di diventare "normale" appropriandosi dell'odore degli altri.Non è una mancanza del film e del suo regista, bensì la fedele trasposizione di un'intenzione dello scrittore, che agghiaccia il lettore e allo stesso tempo lo avvince, nella speranza che alla fine Grenuille dia nel bene o nel male un segnale di appartenenza al genere umano. Invano, perchè neanche la fine lo riporta fra noi.Tutto quello che di negativo ho letto sul film fa parte del libro da cui è tratto. Piaccia o no, è un film riuscito, pochi film riescono a rendere in pieno il libro da cui sono tratti come questo.
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