Il figlio

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Un film di Luc Dardenne, Jean-Pierre Dardenne. Con Olivier Gourmet, Morgan Marinne, Isabella Soupart Titolo originale Le fils. Drammatico, Ratings: Kids+16, durata 103 min. - Belgio, Francia 2002. MYMONETRO Il figlio * * * - - valutazione media: 3,42 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

La tragica ricerca di un segno Valutazione 5 stelle su cinque

di Guidobaldo Maria Riccardelli


Feedback: 6918 | altri commenti e recensioni di Guidobaldo Maria Riccardelli
martedì 10 maggio 2016

Magnifica pellicola splendidamente essenziale, ennesimo pezzo di bravura dei fratelli Dardenne. Dal soggetto interessante, disvela i suoi cardini con lentezza, invita esplicitamente all'ipotizzare, riversando le risposte con inaudita violenza, improvvise come fendenti alle spalle, dolorose al pari degli eventi tragici di cui tratta. I rumori di fondo, il baccano degli attrezzi da lavoro, si insinuano nella mente, divengono abituali dopo un po', vengono ignorati, è un fenomeno di normale assuefazione cerebrale; è il silenzio a divenire insostenibile, ed è proprio in quei momenti di calma ansiosa che gli ingranaggi della narrazione si incastrano, è allora che la stretta della morsa si fa più serrata e dolorosa. Olivier ci ha fatto il callo, alla situazione: è un esperto falegname, pienamente in grado di scozzonare le giovani leve; mestiere di occhio e misure, di precisione e ripetizione, con attenzione e distacco prova ad inculcare il credo a giovani problematici, bisognosi di una guida. Ha interiorizzato le regole del proprio lavoro, facendone le linee guida del suo vivere, cercando di riempirne i momenti vuoti, provando a scansare i ricordi dolorosi, sempre però dietro l'angolo pronti a riaffiorare. Uomo oramai senza pulsioni, vive senza passione, consumato dal dolore, anche fisico, usurato nella schiena come nell'anima. Ma si contiene, come il rigido busto contiene le sue vertebre doloranti: è necessario rinfonzarlo, sostinurne i ribattini oramai laschi, perché occorre controllo, occorre non lasciarsi prendere dalle sensazioni contrastanti, è d'uopo un distacco dagli eventi della vita, della sua seconda vita. L'ex moglie pare essere stata capace, più di lui, di darsi una seconda opportunità, almeno superficialmente. I fatti però dimostreranno come sarà proprio Olivier il più pronto ad elaborare gli eventi, evitando di trincerarsi dietro ad un rifiuto che non può essere una risposta credibile. Egli desidera capire, o meglio: anela ad un segno di rimorso di chi gli ha cambiato la vita. Lo vuole analizzare, vuole scrutare il suo sguardo per trovarne il senso, per convincersi della presenza di un seme di umanità. Fissa i suoi occhi quando sa di non essere visto, fa bene attenzione al fatto che le traiettorie dei loro sguardi non si incontrino, non potrebbe reggere un evento di tale intimità. Lo interroga sì, cerca di capirne le intenzioni esplicite, ma è ancor più concentrato sull'involontario, sui momenti nei quali le difese sono abbassate, per ricercarne il buono, un qualcosa che lo convinca a ripensare il passato, ad abbozzare un perdono impossibile. Cerca di starne distante, impedendogli di prendersi spazio nel percorso della confidenza reciproca. La macchina da presa, mobilissima, è sempre su di lui, Olivier, perché è solo in lui che potremmo vedere, nel caso, un segno di vita in Francis. Sale la tensione, le cataste di legna a farne da sfondo, in un confronto che non può non essere in un luogo di questo tipo, lontano da terze parti, ma immerso in quel contesto che li ha avvicinati. Un inseguimento necessario, un primo contatto vero e proprio, tra estranei che tali più non sono oramai, un incrocio di sguardi non più procrastinabile, sempre alla ricerca di quella scintilla, di un riflesso di quel trauma che li ha uniti. Immenso Olivier Gourmet, per un lungometraggio imperdibile.

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