Il cerchio

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Un film di Jafar Panahi. Con Fereshteh Sadre Orafaiy, Maryiam Parvin Almani, Nargess Mamizadeh, Elham Saboktakin Titolo originale Dayereh. Drammatico, durata 91 min. - Iran 2000. MYMONETRO Il cerchio * * * - - valutazione media: 3,34 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Acquista »
   
   
   

Irene Bignardi

La Repubblica

Fino a ieri, nonostante la notoria piacevolezza della vita di giurato (ti coccolano, vedi solo due film al giorno, dividi la giornata con persone solitamente intelligenti) non avrei voluto trovarmi nella prestigiosa giuria veneziana presieduta da Milos Forman: perché l'incubo del giurato è non avere un film che ti fa battere il cuore senza riserve. E se di buoni film ne sono passati sullo schermo della 57esima Mostra del Cinema - Da I cento passi a Before Night Falls, da La comédie de l'innocence a Platform - il Leone non si era ancora affacciato. E in zona Cesarini ecco invece spuntare da Est, come capita sempre più spesso, un candidato: forte, toccante, denso, eloquente, sconvolgente. Ieri, dalla parte della realtà, i giornali annunciavano che in Sudan, per una rigida interpretazione della legge coranica, le donne non potranno più lavorare nei luoghi pubblici. Oggi, dalla parte di una finzione troppo realistica per non fare male, Il cerchio ( Dayereh) di Jafar Panahi ci porta in Iran a raccontarci come è difficile essere donna nel mondo islamico, e chiude drammaticamente un ciclo aperto giocosamente cinque anni fa con Il palloncino bianco, che sembrava un inno alla forza e all'indipendenza delle bambine. Primo film totalmente esplicito di un cinema che per esistere ha sempre scelto la strada della favola e della metafora, Il cerchio, con stile impeccabile ed economia di effetti, ci mostra come vivono le donne in Iran (e ci si chiede come sia riuscito a raccontarle senza che la censura sia intervenuta). Dal momento in cui nasci femmina la tua condizione è quella di un'indesiderata. In una malinconica "ronde", che fa incontrare e sfiorare otto personaggi femminili, incontriamo prima tre donne che sono uscite dal carcere con un permesso speciale. Per lasciare la città una è costretta a mentire (le donne non possono viaggiare da sole). Un'altra è cacciata dalla famiglia e cerca disperatamente il modo di abortire il figlio del suo uomo, che è stato giustiziato. Un'altra poveraccia cerca di abbandonare la figlia di pochi anni - cappellino rosso e cappottino bianco, unico tocco di colore in un mondo di donne umiliate dal grigiore dell'uniformità- sperando che, in un'altra casa, abbia una vita migliore. Non si sa quali siano le loro colpe o i loro crimini al di là del fatto di essere femmine in una società che le discrimina e le emargina dalla vita. E da questo circolo della emarginazione, in cui Panahi coniuga con maestria e passione la semplicità del realismo iraniano e l'astrazione di un apologo, esce un grido di aiuto, che fa di Il cerchio un film importante oltre che bello.
Da La Repubblica, 8 settembre 2000


di Irene Bignardi, 8 settembre 2000

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