francesco2
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domenica 21 febbraio 2016
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un altro leone d'oro discutibile
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Leone d'Oro per questo regista iraniano, autore anche del modesto "Palloncino bianco" e del più convincente "Specchio". La Giuria lo preferi al bellissimo "Platform", cinese, credo mai distribuito in Italia. Com'è fin troppo ovvio, il "cerchio" del circolo potrebbe essere una dimensione opprimente, in quanto -anche burocraticamente- labirintica, dal quale si esce ammirando un mondo che ti sia precluso, magari nella speranza di fumarti una sigaretta; ci si (dis)perde, in questo cerchio, che in una delle sequenze più belle è doppiamente una strada senza uscita, perché devi (ri)trovare -fisicamente- il tuo percorso, e chiederti se valga la pena seguirlo.
A Panahi, nella prima storia, va dato atto di avere proposto due personaggi femminili entrambi interessanti: quello che poteva essere il più stereotipato finisce per porsi dubbi sulla realtà in cui è immersa, che guarda criticamente.
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Leone d'Oro per questo regista iraniano, autore anche del modesto "Palloncino bianco" e del più convincente "Specchio". La Giuria lo preferi al bellissimo "Platform", cinese, credo mai distribuito in Italia. Com'è fin troppo ovvio, il "cerchio" del circolo potrebbe essere una dimensione opprimente, in quanto -anche burocraticamente- labirintica, dal quale si esce ammirando un mondo che ti sia precluso, magari nella speranza di fumarti una sigaretta; ci si (dis)perde, in questo cerchio, che in una delle sequenze più belle è doppiamente una strada senza uscita, perché devi (ri)trovare -fisicamente- il tuo percorso, e chiederti se valga la pena seguirlo.
A Panahi, nella prima storia, va dato atto di avere proposto due personaggi femminili entrambi interessanti: quello che poteva essere il più stereotipato finisce per porsi dubbi sulla realtà in cui è immersa, che guarda criticamente. La seconda, tuttavia, appare meno convincente, anche se è difficile non restar colpiti dalla storia della "madre indecisa". Altre vicende cominciano ad apparire accennate, vuoi perché bozzettistiche, vuoi perché a Panahi manca la capacità di tratteggiare personaggi come "la fumatrice di nascosto"e dotarli di una vera drammaticità, senza dirci di più riguardo la loro condizione." Lo specchio", che ho citato prima, avrebbe forse meno riscosso fortuna in un Festival internazionale, ma è comunque più emblematico di una certa condizione nonostante non segua gli stilemi tradizionali di questo "cinema d'autore", (parzialmente) impegnato nel costruire storie-tipo volte ad illustrare una certa condizione . O, forse, proprio per questo.
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stefano capasso
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venerdì 2 ottobre 2015
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sul cerchio della paura
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Il cerchio che da il titolo al film di Jafar Panahi, rappresenta lo svolgersi circolare degli eventi. Otto episodi che si collegano tra loro passandosi il testimone in un flusso narrativo continuo per ritrovarsi nel finale. Storie semplici raccontate con semplicità che hanno in comune la difficile lotta quotidiana per la sopravvivenza delle donne in una società in cui il regime autoritario le opprime e che usa la paura per mantenere il controllo sulla popolazione.
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fulvia
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giovedì 22 ottobre 2009
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sono rimasta molto delusa
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No...non mi è piaciuto questo film, l'ho trovato un mattone. Non mi ha emozionata per niente. Ho visto ultimamente vari film del genere:come " Viaggio a Kandahar" e "Osama", ma solo uno mi ha letteralmente colpita in pieno:"Mai senza mia figlia"...bellissimo!!!! Mi manca "piccoli ladri", dev'essere interessante. "Il cerchio" invece mi ha delusa, mi aspettavo molto di più.
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(di francesco2)
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claudio barletta
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mercoledì 22 luglio 2009
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commento al film "il cerchio" di jafar panahi
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Otto figure protaqoniste (involontarie) si passano il testimone per concludere un impalpabile cerchio. Ciò accade in una Nazione governata dalla legge islamica. Questo è il film. Il resto soffoca e sono uomini. Mi sono visto dentro quell'ospedale chiassoso e accecante. Unico conforto l'ho trovato (in quegli attimi di geniale regia) nei lunghi veli neri che oscuravano disperate madonne. La mia attenzione era inevitabilmente quella di un uomo occidentale nella tentazione di un confronto... Invece negli ultimi frammenti del film, appena riverberate da una luce incerta, quieta e mistica, ho visto otto donne nella loro maestosa umanità. La cella che ne raccoglieva la loro grazia e la loro attesa chissà perchè l'ho avvertita simile a ciò che è trascurato ed avvilito anche dalle nostre parti.
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Otto figure protaqoniste (involontarie) si passano il testimone per concludere un impalpabile cerchio. Ciò accade in una Nazione governata dalla legge islamica. Questo è il film. Il resto soffoca e sono uomini. Mi sono visto dentro quell'ospedale chiassoso e accecante. Unico conforto l'ho trovato (in quegli attimi di geniale regia) nei lunghi veli neri che oscuravano disperate madonne. La mia attenzione era inevitabilmente quella di un uomo occidentale nella tentazione di un confronto... Invece negli ultimi frammenti del film, appena riverberate da una luce incerta, quieta e mistica, ho visto otto donne nella loro maestosa umanità. La cella che ne raccoglieva la loro grazia e la loro attesa chissà perchè l'ho avvertita simile a ciò che è trascurato ed avvilito anche dalle nostre parti.
Claudio Barletta
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(di matteo78)
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giorgione
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giovedì 17 aprile 2008
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cerchio chiuso mai aperto
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La condizione della Donna,vista da un Uomo e non da una femminista,storie che non possono avere un lieto fine nemmeno come quella dell'amica infermiera costretta a nascondere il proprio passato al nuovo compagno,per la paura di essere ripudiata.
Ognuna delle protagoniste è chiusa nel cerchio delle proprie illusioni ,del proprio dramma e nemmeno l'amicizia può diventare solidarietà ma si perde nella compartecipazione diventando indifferenza,il risultato di una schiavitù ormai non più sopportata ma quasi abbracciata. La speranza diventa una via di fuga,resta la rassegnazione che neppure la propria fede può aiutare. Nel cinema infatti non si trova un riferimento religioso,sono molti invece quelli ad una polizia al servizio dell'oppressione,come in altri film delo stesso regista.
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