luca scialo
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venerdì 3 aprile 2020
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le difficoltà di una irlanda indipendente
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Alan Parker traspone un romanzo autobiografico di Frank McCourt, in un film intenso, che commuove e che racconta egregiamente le sofferenze patite da un popolo che cercava la propria indipendenza negli anni '30 del secolo scorso.
In una Limerick sempre annebbiata e piovosa, cresce Frank McCourt, con un padre alcolizzato e poco incline al lavoro e una madre che cerca di sostenere da sola la casa. Nascono tanti fratelli, due muoio, uno nelle sue braccia nel letto. La scuola lo catechizza nel cattolicesimo più bigotto ed ipocrita. Trova anche un lavoro ma deve rinunciarci perché gli viene una terribile congiuntivite. Trova l'amore, ma per una ragazza condanna a morte dalla Tisi.
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Alan Parker traspone un romanzo autobiografico di Frank McCourt, in un film intenso, che commuove e che racconta egregiamente le sofferenze patite da un popolo che cercava la propria indipendenza negli anni '30 del secolo scorso.
In una Limerick sempre annebbiata e piovosa, cresce Frank McCourt, con un padre alcolizzato e poco incline al lavoro e una madre che cerca di sostenere da sola la casa. Nascono tanti fratelli, due muoio, uno nelle sue braccia nel letto. La scuola lo catechizza nel cattolicesimo più bigotto ed ipocrita. Trova anche un lavoro ma deve rinunciarci perché gli viene una terribile congiuntivite. Trova l'amore, ma per una ragazza condanna a morte dalla Tisi.
In quel contesto, Frank fa gli anticorpi per sopravvivere, coltivando nel cuore il sogno di emigrare negli Usa.
Toccante spaccato della travagliata storia irlandese, un affresco dell'umanità che soffre. La scena più bella è di Frank che confessa tutti i suoi peccati e le sue sofferenze dinanzi alla statua di San Francesco. Che lo assolverà senz'altro e lo benedirà per iniziare una nuova vita oltreoceano. Lontano da quella piovosa Limerick che tante pene gli ha fatto patire.
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jeanclaude17
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venerdì 5 gennaio 2018
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bello, ma... disturbante!
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Il film è ben fatto, Alan Parker non lo si scopre certo oggi, tuttavia trovo la trama troppo disturbante, nel sanso che dalla prima all'ultima inquadratura c'è solo e soltanto miseria, miseria e miseria, la miseria più nera e triste che ci sia, mai un solo barlume di speranza o anche modesta felicità per la tristissima esistenza di questa sfortunata e povera famiglia! Personalmente penso che guardare un film dovrebbe in qualche modo essere un momento di svago e distrazione dai problemi quotidiani, invece la visione di un film come questo è piuttosto devastante in questo senso, ad ogni modo se non temete di guardare la sofferenza... il film è da vedere, se invece, come il sottoscritto, avete preferenza per temi un poco più leggeri, lasciate perdere! In sintesi un discreto film che non metto però a paragone con "FUGA DI MEZZANOTTE", il vero caspolavoro di Alan Parker.
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gabrielebaldin
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giovedì 5 dicembre 2013
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povertà-grigio-pioggia in irlanda
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questo film l'avevo visto diversi anni fa e devo dire che è vramente ben fatto, con queste immagini sempre un pò scure, con colori quasi non colori, con questa atmosfera sempre umida e piovosa, la sofferenza, la durezza di una vita di privazioni la avverti anche te spettatore che lo guardi.
Ottima come giò si capisce la fotografia che enfatizza questo stato di povertà e di quasi disperazione della gente, ottima la regia e la sceneggiatura e poi che dire della prova straordinaria di due grandi attori come Robert Carlyle e Emily Watson e del giovane che interpreta il loro primogenito.
Film che merita sicuramente di essere visto
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fufa78
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domenica 7 aprile 2013
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un film commovente tragico e ironico
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Il regista riesce a rendere attraverso la pellicola quell'atteggiamento ironico e dissacrante che permea ogni pagina del libro premio Pulizer di Frank Mc Court.
Per chi lo ha letto e ha potuto confrontarlo con il film, è evidente il tentativo abbastanza ben riuscito di riproporre quelle atmosfere e quelle situazioni che l'autore descrive nel proprio romanzo: la miseria senza rimedio, la scarsa presenza del padre come figura di capo famiglia forte e responsabile, l'umidità del clima, la scuola oppressiva, il clero distante e inutile...
e tuttavia molti altri aspetti vengono appena toccati e così si perde quello spessore e quella profondità che la lettura del testo offrono: manca praticamente una realistica descrizione dei parenti di Frank, a cominciare da quelli del padre, che non vengono nemmeno menzionati.
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Il regista riesce a rendere attraverso la pellicola quell'atteggiamento ironico e dissacrante che permea ogni pagina del libro premio Pulizer di Frank Mc Court.
Per chi lo ha letto e ha potuto confrontarlo con il film, è evidente il tentativo abbastanza ben riuscito di riproporre quelle atmosfere e quelle situazioni che l'autore descrive nel proprio romanzo: la miseria senza rimedio, la scarsa presenza del padre come figura di capo famiglia forte e responsabile, l'umidità del clima, la scuola oppressiva, il clero distante e inutile...
e tuttavia molti altri aspetti vengono appena toccati e così si perde quello spessore e quella profondità che la lettura del testo offrono: manca praticamente una realistica descrizione dei parenti di Frank, a cominciare da quelli del padre, che non vengono nemmeno menzionati.
La zia Aggie, nel libro una specie di strega cattiva dalla folta criniera rossa, qui è impersonata da una donna scialba e semplicemente resa acida dal fatto di non aver avuto figli, ma alla fine generosa con il nipote, mentre sullo "zio Pa" niente si dice circa l'amore e il rispetto che Franki aveva per lui, in quanto, nel parentado, unica persona capace di ispirargli sentimenti di simpatia e di affetto filiale.
Angela, pur interpretata a dovere, non rende la complessità del personaggio, così come il padre, qui dipinto come un alcolista incallito e fannullone, quando Frank ci racconta invece che questi era capace di lavorare a giornate intere nei campi senza mangiare alcunchè, salvo poi purtroppo andarsi a bere la paga al pub.
Anche degli amici dell'autore poco si dice e si sorvola quasi pienamente sul fatto che a soffrire l'alcolismo fosse praticamente il 90% della città, ponendo quindi sulla famiglia Mc Court un gigantesco riflettore, quasi a far credere che il padre alcolizzato fosse solo lì.
Escludendo le incoerenze nei confronti del romanzo a cui si ispira, Le Ceneri di Angela resta comunque un film bello da vedere, emozionante e rappresentativo di un periodo triste della storia europea.
Ottima la recitazione da parte degli attori, coinvolgenti le musiche e convincenti le ambientazioni.
Da guardare e riguardare
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osteriacinematografo
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giovedì 26 gennaio 2012
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viaggio nella miseria e nell'acqua d'irlanda
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“Le ceneri di Angela” è un film di Alan Parker del ’99 tratto dall’autobiografia di Frank McCourt, e narra le vicende reali di una famiglia irlandese. E’ un’opera densa, robusta, a tinte fosche, che scroscia via in modo fluido nonostante il peso di una storia di disagi e sofferenze.
E’ il 1935 quando la famiglia McCourt, a seguito della perdita di una bimba neonata e della miseria più assoluta cui sono costretti i sei componenti, lascia New York per tornare in Irlanda, a Limerick, compiendo il viaggio diametralmente opposto rispetto a chi -al tempo- cercava lavoro e fortuna negli Stati Uniti d’America.
Limerick è una cittadina infame, in cui la povertà dilaga, il lavoro scarseggia, e l’odio per gli inglesi è palpabile a ogni angolo; è poi lo specchio in miniatura di un’Irlanda cattolica, troppo cattolica, a livelli oppressivi e dispotici: il timore di Dio detta i ritmi e i comportamenti delle persone, dei ragazzini in particolare, che sono costretti a vivere come colpe e confessare comportamenti del tutto naturali, e crescono in un’atmosfera di terrore ingiustificato, considerata anche la cornice di assoluta povertà che li circonda.
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“Le ceneri di Angela” è un film di Alan Parker del ’99 tratto dall’autobiografia di Frank McCourt, e narra le vicende reali di una famiglia irlandese. E’ un’opera densa, robusta, a tinte fosche, che scroscia via in modo fluido nonostante il peso di una storia di disagi e sofferenze.
E’ il 1935 quando la famiglia McCourt, a seguito della perdita di una bimba neonata e della miseria più assoluta cui sono costretti i sei componenti, lascia New York per tornare in Irlanda, a Limerick, compiendo il viaggio diametralmente opposto rispetto a chi -al tempo- cercava lavoro e fortuna negli Stati Uniti d’America.
Limerick è una cittadina infame, in cui la povertà dilaga, il lavoro scarseggia, e l’odio per gli inglesi è palpabile a ogni angolo; è poi lo specchio in miniatura di un’Irlanda cattolica, troppo cattolica, a livelli oppressivi e dispotici: il timore di Dio detta i ritmi e i comportamenti delle persone, dei ragazzini in particolare, che sono costretti a vivere come colpe e confessare comportamenti del tutto naturali, e crescono in un’atmosfera di terrore ingiustificato, considerata anche la cornice di assoluta povertà che li circonda.
L’elemento conduttore del film, oltre l’indigenza e le disgrazie quasi congenite dei McCourt, è l’acqua. L’acqua batte insistente sui cieli d’Irlanda, l’acqua scorre a fiumi, dentro e fuori dagli argini, per le vie, nelle case, sulle persone che all’acqua stessa legano le proprie vicende come se fossero parte di una sola corrente, di un unico tessuto connettivo liquido e universale, che dona vita e morte a piacimento.
E così i gemellini McCourt muoiono di freddo e stenti, mentre altri bambini tentano la via della vita in un luogo in cui si muore senza pietà o supporto alcuni, in un processo di selezione naturale in cui soltanto i più forti sopravvivono.
Gli ambienti sono sudici, l’umidità dilaga, la mancanza di igiene è assoluta; le scarpe e gli abiti lerci, rattoppati, fluttuano nella pioggia come cenci e stracci a coprire a stento i mucchi d’ossa che scricchiolano e si muovono al loro interno. Si mangia di rado, ci si scalda di rado, e l’unico modo per raccattare qualcosa è la carità, cui Angela, la signora McCourt, cede dopo i numerosi fallimenti del marito.
La storia procede lungo il suo letto di miseria, e la sfortuna dei McCourt assume gradualmente le sembianze del padre: un padre alcolizzato e irresponsabile, che non lavora e si beve il sussidio, che torna a casa ogni notte in condizioni pietose, che poi un giorno decide di andare a lavorare a Londra, e a Londra scompare per sempre, dopo tre misere sterline e un saluto appena accennato ai suoi.
La sensazione immediata è che, senza quell’uomo degenere in casa, la famiglia inizi presto un lento procedimento di riscatto e rinascita che ha il volto di Frank, il figlio maggiore: Frank si procura alcuni lavori che ben presto lo sfamano e gli consentono (a modo suo) di aiutare la famiglia, approfondisce le proprie conoscenze e subisce il fascino di Shakespeare, conosce l’amore e il dolore che può derivarne, e risparmia quei soldi che gli consentiranno di fare a ritroso il viaggio percorso da bambino, di tornare in America, di inseguire il sogno di una vita migliore, di scrivere poi il libro che ha portato la sua storia, e quella della sua famiglia, fino a noi, oggi.
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carlo
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domenica 30 novembre 2008
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l'irlanda che fu
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molto realistico ma non è il mio genere.
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islandese
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venerdì 27 giugno 2008
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un film da vedere e rivedere
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Consiglio a tutti/e di vederlo, film molto intenso,tragico ,reale e comico allo stesso tempo,Robert Carlyle ed Emily Watson bravissimi
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lulu
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venerdì 20 giugno 2008
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bellissimo
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Durissimo ma nello stesso tempo riesce a strapparti un sorriso....
Da vedere assolutamente e farne tesoro!
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jimmy
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domenica 6 gennaio 2008
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povertà irlandese
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Ottimo film che racconta l'adolescenza di un ragazzo irlandese trascorsa nella completa miseria, ma non per questo nella tristezza...
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