Cape Fear - Il promontorio della paura

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Un film di Martin Scorsese. Con Robert De Niro, Nick Nolte, Jessica Lange, Juliette Lewis, Joe Don Baker.
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Titolo originale Cape Fear. Thriller, durata 130 min. - USA 1991. MYMONETRO Cape Fear - Il promontorio della paura * * * - - valutazione media: 3,46 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Thriller disturbante e mozzafiato ad alta tensione Valutazione 3 stelle su cinque

di GreatSteven


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martedì 18 aprile 2017

 

CAPE FEAR – IL PROMONTORIO DELLA PAURA (USA, 1991) diretto da MARTIN SCORSESE. Interpretato da ROBERT DE NIRO, NICK NOLTE, JESSICA LANGE, JULIETTE LEWIS, ROBERT MITCHUM, GREGORY PECK

Quattro personaggi principali: Max Cady (De Niro), psicopatico deviante, pedofilo, maniaco religioso, che ha scontato quattordici anni in prigione sopportando sevizie infernali a causa di uno stupro ai danni di una prostituta minorenne; Sam Bowden (Nolte), l’avvocato che lo ha difeso al processo, ma ha poi archiviato il caso, consentendo la sua incarcerazione, e che ora è un tranquillo e stimato professionista e padre di famiglia; Leigh Bowden (Lange), moglie di Sam, disegnatrice d’interni, donna tollerante e affezionata al consorte; e Danielle (Lewis), la figlia di Sam e Leigh, adolescente un po’ impertinente e mossa da morbose curiosità. Uscito di galera, Cady comincia a tormentare Sam, cuocendolo a fuoco lento, partendo da minacce verbali e poi passando ad importunare sempre più selvaggiamente sua moglie e sua figlia, suscitando nell’uomo di legge un enorme fastidio, ma anche una paura terrificante, vista l’intelligenza insospettabile e l’acume perverso con cui conduce la sua tortura. Sam cerca dapprima di risolvere la faccenda con vie legali, consultando un anziano tenente (Mitchum) e assumendo in seguito un detective privato al quale chiede, dopo il fallito pedinamento, di assoldare un gruppo di picchiatori per malmenarlo. Ma Cady, che già gli ha avvelenato il cane e ha mostrato turbolente attenzioni psico-sessuali prima verso Leigh e poi anche verso Danielle, sa come manovrare i fili del gioco e, al momento dell’aggressione, mette fuori i gioco i picchiatori e poi fa causa a Bowden per percosse avvalendosi di un famoso penalista (Peck) che per giunta rifiuta di aiutare Sam. Questi, ormai messo alle strette e sempre più terrorizzato, giacché l’ex galeotto riesce addirittura ad uccidere l’investigatore e la domestica della sua casa, decide che l’unico mezzo per levare di torno Max è sfidarlo sul suo stesso campo e con le sue stesse armi: la violenza e l’intimidazione. Lascia quindi la casa con le due donne e raggiunge Cape Fear: a bordo di un piccolo battello comandato da Sam stesso e durante una furibonda tempesta, avverrà la resa dei conti. Cady, più inferocito e determinato che mai, in un primo momento subisce un’ustione, poi, riemerso dalle acque del fiume, ammanetta Bowden e si appresta a violentargli consorte e figlia, ma poi le forze della natura vengono in soccorso dell’avvocato, che ha ormai mostrato di sapergli tener testa e ha capito come eliminarlo: al termine di un processo improvvisato di una tensione estrema, Cady, non meno stremato di Bowden, viene da questi ucciso con un masso in testa. Negli anni ’90 Scorsese aveva ormai adottato un registro artistico che puntava sulla violenza. Ne sono dei validi esempi la rivisitazione personalissima, ma tutt’altro che hollywoodiana, della vita di Gesù Cristo fatta nel 1988 e il film che girerà quattro anni dopo Cape Fear, ovvero Casinò (sempre con l’inseparabile De Niro protagonista). Questo thriller iper-realistico, fulminante e angosciante sa mantenere elevatissima una tensione drammatica che inquieta e spaventa lo spettatore fin nel midollo, dimostrando una gestione della violenza nella vita umana molto più spietata e plateale di quella, ad esempio, di Hitchcock. Ma del grande Alfred questo film ha ben poco: la sua ricerca forsennata di spiegare le perversioni e la voglia vendicativa dell’animo umano affondano nelle paure interiori, nell’aggressività indispensabile, nell’affetto provato verso le persone care e nell’inevitabilità di dover pagare per i propri sbagli. Ha un simbolismo religioso troppo opprimente, questo sì, ed è un difetto che gli conferisce a tratti un eccesso di umorismo caustico e di sarcasmo leggermente macabro. Un’imperfezione riscattata però in modo molto ampio dalla bravura dei suoi interpreti, fra cui spiccano un De Niro più disumano, sanguinario e manipolatore che mai, in uno dei suoi ruoli decisamente più amorali, un Nolte finalmente in una parte positiva, ma pur sempre dotato di audacia e senso di riscossa, una Lange ormai rodata dalla recitazione e a suo agio nelle vesti di una donna assai intelligente, e una giovanissima Lewis con un talento ancora acerbo ma già considerevole, che trova una sua innegabile conferma nelle manifestazioni di simpatia per la personalità psichicamente turbata e moralmente devastatrice del criminale, tanto pieno di tatuaggi e denso di muscoli quanto carico di odio vendicativo e lucidissima follia. In parte delirante, non ottimo nei personaggi di contorno – fra cui comunque meritano una lode gigantesca il 74enne R. Mitchum, con la sua infallibile, consueta mistura di sagacia e senso pratico, e il troppo sottoutilizzato G. Peck (più che altro un cameo, ma di tutto rispetto), avvocato laido e opportunista – e con un finale mozzafiato ma tirato troppo per le lunghe, si rivela nel complesso una storia impressionante, con una sceneggiatura ricchissima di temi che non perde un colpo e una geniale scelta stilistica di ritrarre con le immagini in negativo i momenti psicologicamente più destabilizzanti. È anche una discesa nell’inferno della mente criminale: non a caso Cady, che impara a leggere e scrivere dietro le sbarre, è un cultore assatanato di libri che vedono la religione come veicolo d’affermazione violenta del potere divino sull’uomo, potere che egli trae dall’alto utilizzandolo però mediante lesioni volte a danneggiare i suoi simili. Un documento psichiatrico di forte effetto, uno shock dall’impatto visivo fuorviante, una vicenda in cui comunque la giustizia, l’amore, l’altruismo e il desiderio di pace non mancano di trionfare, seppure a fatica e dopo innumerevoli travagli che rischiano di farli capitombolare.

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