Sesso, bugie e videotape

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Un film di Steven Soderbergh. Con Andie MacDowell, Peter Gallagher, James Spader, Laura San Giacomo, Ron Vawter.
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Titolo originale Sex, lies and videotape. Commedia, durata 100 min. - USA 1989. MYMONETRO Sesso, bugie e videotape * * * - - valutazione media: 3,24 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Irene Bignardi

La Repubblica

Il tempo, a quanto si dice, rende giustizia (spesso), ridimensiona (quasi sempre) e fa rifulgere le virtù sottovalutate (raramente, ma non è escluso). Qualche volta però conferma i giudizi. Ad alcuni festival di distanza da Cannes, dopo aver visto esplodere la moda del cinema-chiacchiera, dopo aver assistito alle conversazioni a ruota libera di Henry Jagiom e ai tentativi di registrare la quotidianità sovietica di Olga Naruckaja, sesso, bugie e videotape, il film che ha vinto a sorpresa il Festiva! di Cannes, si conferma per quello che era sembrato allora. Un gioco da camera intelligente e sofisticato, che la giuria presieduta da Wim Wenders meglio avrebbe fatto a premiare con un riconoscimento speciale piuttosto che con la Palma d’oro. Un film singolare che, alla seconda visione, rivela qualche finezza in più ma anche qualche soluzione di comodo in eccesso. E che, fortunatamente, non perde troppo, per una volta, nell’eccellente doppiaggio italiano.
Il sesso non sarà per caso un problema sopravvalutato? si chiede la bella Andie McDowell, bravissima interprete (lei sì da premiare) del film di Soderbergh. L’esperienza quotidiana e la lettura delle cronache sembrano darle ragione. Soderbergh però, a parte un paio di torride scene di sesso, costruisce il suo film sull’idea del sesso, sul sesso parlato, sui silenzi che crea, anche nel corpo.
Parla di sesso con molte difficoltà e molti rossori Andie McDowell, seduta su un divano accanto al suo terapista che la interroga. Poverina, non le piace proprio. Non lo capisce. Non sa cos’è, come d’altronde non sa cos’è la felicità (“Non è poi così bello: l’ultima volta che sono stata felice ho messo su dieci chili”). E certo non l’aiuta il marito avvocato, che mentre Andie se ne sta a casa a coltivare il suo fobico amore per la pulizia e l’ordine, ha bollenti incontri con la sorella di lei (uno scricciolo tutto sesso e mente bugie, Laura San Giacomo). Le parla di sesso l’amico ritrovato del marito, che le capita in casa, ospite improvviso, senza bagagli e senza radici. Se Andie ha i suoi problemi con quell’oggetto misterioso che si chiama orgasmo, in compenso lui è impotente. Almeno, quando è con altri. Chi ha orecchie per intendere... Le parla di sesso anche la sorella disinibita e, per dirla elegantemente, molto promiscua, che fa la barista. Parlano di sesso le donne che l’amico sbucato dal nulla ha intervistato con l’aiuto della sua videocamera, registrando le luci e le ombre della loro vita sessuale. Non le parla di sesso il marito, che ha rinunciato, con proverbiale indifferenza maschile, a svegliare la sua bella statua, e trova tanto più comodo ed eccitante praticare la cognata anche a scapito (cosa poco americana, ma qui siamo in Louisiana, forse l’atmosfera è più latina) dei suoi doveri di lavoro.
Si parla molto di sesso. Ma niente a che fare con la fluviale chiacchiera, apparentemente disinibita, dei ricchi borghesi che il canadese Denys Arcand ha ritratto in Il declino dell’impero americano. Qui si parla per ellissi e per rimozioni, cogliendo sfumature e silenzi, timidezze e senso dell’ineffabile. Il risultato, soprattutto nella prima parte, è di un’irresistibile comicità, costruita frammento su frammento su una perfetta drammaturgia del banale quotidiano, che Soderbergh manovra con eleganza e intelligenza, tra scabrosità e sottigliezze, tra divertimento e analisi. Lo asseconda una squadra di attori tutti efficaci tra cui spicca bravissima, piena di ombre e di sfumature, Andie McDowell, la ex fidanzata di Tarzan, a cui inspiegabilmente Cannes ha preferito l’attore bambolotto James Spader, l’uomo dei videotape, premiato come miglior attore. Il gioco intelligente e sofisticato di questo cinema da camera (in molti sensi) arriva alla sua conclusione in tono minore e con un po’ di stanchezza: il mondo è pieno di vittime del sesso, ferite dalle sue richieste, aggredite dalla sua irruenza, ossessionate dai suoi messaggi. Se le si lascia un po’ tranquille, a scoprire le cose dolcemente, forse ce la faranno anche loro.
Da Irene Bignardi, Il declino dell’impero americano, Feltrinelli, Milano, 1996


di Irene Bignardi, 1996

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