francis metal
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sabato 26 novembre 2016
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la cruda realtà... dalle strade alla pellicola
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Questo film mostra con crudo realismo ciò che accadeva a Palermo negli anni '80, la mafia al massimo del suo potere, persino i giovani erano permeati dalla mafia.
Delinquere era un obbligo, sembra quasi che non sia colpa loro se loro si mettevano a fare reati.
E non c'è alcuna speranza, nessuna... Ragazzi fuori è ancora meglio.
E' un film ch e consiglio a tutti coloro che sono di stomaco forte e ne parlai anche ai professori di pedagogia all'università, ma ovviamente non sono stato preso in considerazione
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fabio57
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mercoledì 30 marzo 2016
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mitico
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Mitico film di Risi,girato al Malaspina di Palermo, riformatorio lager dove i giovani disadattati finiscono inevitabilmente per perdersi del tutto,ritratto realistico e brutalmente efficace di una gioventù senza speranze che aspetta solo di entrare nel giro della grande criminalità.Tutto visto dalla prospettiva di un giovane insegnante bendisposto e smanioso di aiutare questi sfortunati ragazzi,che senza culura e senza riferimenti sono in balia degli eventi, carne votata al macello.iLmessaggio .è piuttosto chiaro,per chi vuole intenderlo,senza dare gli strumenti culturali ai giovani, si alimenta solo il mercato della manovalanza criminale.
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aristoteles
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domenica 2 agosto 2015
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il sorriso di king kong
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Nel carcere minorile Malaspina si intrecciano le storie di tanti ragazzi.
Il film ci parla delle loro vite con estrema durezza e sincerità non risparmiandosi neanche nei dettagli più intimi.
In alcuni momenti si trascende troppo nella volgarità ,sebbene il linguaggio sia coerente con i protagonisti, alcuni dialoghi e scene vengono eccessivamente caricati di violenza fisica e verbale.
Buona tuttavia la trama e discreta l'interpretazione di Michele Placido,anche qui però, il buon professore eccede ,talvolta in rassegnazione ,talvolta negli scatti di buonismo in difesa della giustizia.
Giustizia che in questo film è assente ,come è assente la speranza di un futuro migliore.
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Nel carcere minorile Malaspina si intrecciano le storie di tanti ragazzi.
Il film ci parla delle loro vite con estrema durezza e sincerità non risparmiandosi neanche nei dettagli più intimi.
In alcuni momenti si trascende troppo nella volgarità ,sebbene il linguaggio sia coerente con i protagonisti, alcuni dialoghi e scene vengono eccessivamente caricati di violenza fisica e verbale.
Buona tuttavia la trama e discreta l'interpretazione di Michele Placido,anche qui però, il buon professore eccede ,talvolta in rassegnazione ,talvolta negli scatti di buonismo in difesa della giustizia.
Giustizia che in questo film è assente ,come è assente la speranza di un futuro migliore.
Probabilmente è così e per questo il regista ha voluto attingere dalla strada alcuni protagonisti del film ,per farci capire ,solo osservandoli ,della realtà della dura periferia, strana e distorta come il sorriso di king kong,perchè la mafia è giusta ,la mafia è bella come sostengono gli ospiti del Malaspina.
Un buon film ma non aspettatevi il lieto fine.
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el mud
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martedì 2 settembre 2014
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brutto come le storie dei personaggi.
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Lo spunto potrebbe essere buono ma il film è un disastro totale: confusionario, superficiale ma retorico negli stereotipi, uniche note positive la recitazione di Benigno e Alamia & Sperandeo, che restituiscono un minimo di quella "verità" tanto decantata da molti. Placido e Amendola peggio di Jimmy Il Fenomeno e Ennio Antonelli. Bigazzi era meglio con gli Squallor.
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brando fioravanti
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venerdì 22 giugno 2012
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mery per sempre
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Un professore di liceo accetta il ruolo di insegnante nel carcere di malaspina in attesa di un posto migliore. Appena giunto sul posto cercherà subito di instaurare un rapporto quasi paterno con i suoi alunni, ma sarà ostacolato dai responsabili dell'istituto ai quali non interessa educare i ragazzi. Riuscirà nel suo intento e rifiuterà il suo trasferimento. Il filmi si rifà molto al neorealismo usando molti attori non professionisti, ma il livello è molto più basso. Ci vuole un particolare talento per gestire dei non attori e Risi non è De Sica e anche le scenografie lasciano un pò a desiderare. Comunque molto coinvolgente e profondo nei contenuti.
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Un professore di liceo accetta il ruolo di insegnante nel carcere di malaspina in attesa di un posto migliore. Appena giunto sul posto cercherà subito di instaurare un rapporto quasi paterno con i suoi alunni, ma sarà ostacolato dai responsabili dell'istituto ai quali non interessa educare i ragazzi. Riuscirà nel suo intento e rifiuterà il suo trasferimento. Il filmi si rifà molto al neorealismo usando molti attori non professionisti, ma il livello è molto più basso. Ci vuole un particolare talento per gestire dei non attori e Risi non è De Sica e anche le scenografie lasciano un pò a desiderare. Comunque molto coinvolgente e profondo nei contenuti. Placido dolce e carismatico è particolarmente convincente. In Italia è assolutamente un cult
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gianni lucini
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lunedì 17 ottobre 2011
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né simpatia né indulgenza per mussolini
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A differenza di altri registi che hanno affrontato l’argomento Carlo Lizzani non si fa mai catturare dalle vicende personali di Mussolini e Claretta Petacci. Non infierisce sui personaggi con la spada della retorica ma non si fa nemmeno catturare dall’alone romantico della loro storia d’amore. Non cede né alla simpatia né mostra alcuna indulgenza per il dittatore ormai vinto. In qualche caso ne ha pietà, ma non separa mai l’uomo da quello che è stato il suo ruolo neppure nei momenti di maggiore intensità emotiva. La vicenda personale di Mussolini non è mai disgiunta dalle responsabilità alle quali viene collegata in qualche caso da un uso misurato dei flashback e in altri dal fatto che le sue vicende incrociano quasi casualmente quelle delle vittime del suo regime.
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A differenza di altri registi che hanno affrontato l’argomento Carlo Lizzani non si fa mai catturare dalle vicende personali di Mussolini e Claretta Petacci. Non infierisce sui personaggi con la spada della retorica ma non si fa nemmeno catturare dall’alone romantico della loro storia d’amore. Non cede né alla simpatia né mostra alcuna indulgenza per il dittatore ormai vinto. In qualche caso ne ha pietà, ma non separa mai l’uomo da quello che è stato il suo ruolo neppure nei momenti di maggiore intensità emotiva. La vicenda personale di Mussolini non è mai disgiunta dalle responsabilità alle quali viene collegata in qualche caso da un uso misurato dei flashback e in altri dal fatto che le sue vicende incrociano quasi casualmente quelle delle vittime del suo regime. Come accade, per esempio, quando la partigiana che lo scorta sull’auto dopo la cattura apre il colletto della camicia mettendo in mostra orribili segni di tortura.
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gianni lucini
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lunedì 17 ottobre 2011
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il crepuscolo e la fine di un regime
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In Mussolini ultimo atto Carlo Lizzani punta l’obiettivo sugli ultimi giorni del fascismo e dell’occupazione tedesca dell’Italia. Li racconta e li fa vivere attraverso le vicende personali di Benito Mussolini. La scelta del regista è quella di non esagerare, ma di guidare la narrazione con grande misura, evitando sia le tinte vivide degli affreschi epici sia l’impostazione melodrammatica scelta undici anni prima per Il processo di Verona. Il Benito Mussolini descritto da Lizzani è un uomo confuso e incapace di prendere in mano il proprio destino che si aggira come un fantasma attraverso un regime in decomposizione. La sua vicenda personale diventa la trasposizione simbolica del crepuscolo del fascismo in agonia nei giorni della Liberazione.
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In Mussolini ultimo atto Carlo Lizzani punta l’obiettivo sugli ultimi giorni del fascismo e dell’occupazione tedesca dell’Italia. Li racconta e li fa vivere attraverso le vicende personali di Benito Mussolini. La scelta del regista è quella di non esagerare, ma di guidare la narrazione con grande misura, evitando sia le tinte vivide degli affreschi epici sia l’impostazione melodrammatica scelta undici anni prima per Il processo di Verona. Il Benito Mussolini descritto da Lizzani è un uomo confuso e incapace di prendere in mano il proprio destino che si aggira come un fantasma attraverso un regime in decomposizione. La sua vicenda personale diventa la trasposizione simbolica del crepuscolo del fascismo in agonia nei giorni della Liberazione. Tutto concorre a rafforzare questa identificazione, compresa la fotografia di Roberto Gerardi che svolge un ruolo decisivo. La vicenda, infatti, si svolge in aprile ma i colori degli esterni appaiono lividi e intonati più all’autunno che alla primavera, in sintonia con la rapida e penosa fine di un’epoca e dell’uomo che l’ha rappresentata. Anche i personaggi di contorno concorrono a rafforzare l’impressione di uno sfacelo inarrestabile. Molti tra gli sgherri del suo regime lo abbandonano al suo destino e pensano soltanto a riciclarsi, come l’agente dei servizi segreti fascisti che si mette a disposizione degli Stati Uniti perchè «Nell’Italia futura avrete bisogno di molti amici nella lotta contro il comunismo...». Le immagini dei palazzi del potere assediati e pieni di uomini in preda alla paura e in qualche caso alla disperazione raccontano più di tante parole il crollo la fine di un’epoca e di un uomo destinato a lasciare nella storia un segno diverso da quello che sognava. Quando il film inizia della passata gloria di Mussolini non resta già più nulla. Mussolini è il passato e la retorica con la quale s’era ammantato si sgretola di fronte alla realtà. Quando il dittatore esce dal palazzo del Cardinale Schuster qualcuno si chiede «In futuro come sarà ricordato?». Proprio il cardinale mostra la pochezza del personaggio di fronte alla storia rispondendo: «Come l’uomo che ha fatto arrivare i treni in orario».
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riccardo-87
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giovedì 28 gennaio 2010
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quando violenza e sensibilità si uniscono
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Film duro, commovente, violento e delicato, “Mery per sempre” riesce a restare nel cuore dello spettatore grazie all’onestà con cui si pone nella vicenda generale e in quelle dei singoli protagonisti che descrive, senza prendere le parti degli uni o degli altri, denunciando l’assurdità del mondo in cui viviamo, in cui cresciamo “le nuove generazioni”, e descrivendo l’origine di coloro la cui vita appare segnata sin dal principio – sembra in tal senso ricalcare le parole di De Andrè cantate ne “la città vecchia”: “se ti inoltrerai lungo le calate dei vecchi moli, in quell’aria spessa, carica di sale, gonfia di odori; lì ci troverai i ladri, gli assassini e il tipo strano, quello che ha venduto per tremila lire sua madre a un nano; se tu penserai, se giudicherai da buon borghese, li condannerai a cinquemila anni più le spese; ma se capirai, se li cercherai fino in fondo, se non sono gigli son pur sempre figli vittime di questo mondo”.
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Film duro, commovente, violento e delicato, “Mery per sempre” riesce a restare nel cuore dello spettatore grazie all’onestà con cui si pone nella vicenda generale e in quelle dei singoli protagonisti che descrive, senza prendere le parti degli uni o degli altri, denunciando l’assurdità del mondo in cui viviamo, in cui cresciamo “le nuove generazioni”, e descrivendo l’origine di coloro la cui vita appare segnata sin dal principio – sembra in tal senso ricalcare le parole di De Andrè cantate ne “la città vecchia”: “se ti inoltrerai lungo le calate dei vecchi moli, in quell’aria spessa, carica di sale, gonfia di odori; lì ci troverai i ladri, gli assassini e il tipo strano, quello che ha venduto per tremila lire sua madre a un nano; se tu penserai, se giudicherai da buon borghese, li condannerai a cinquemila anni più le spese; ma se capirai, se li cercherai fino in fondo, se non sono gigli son pur sempre figli vittime di questo mondo”. Un film completo perché vede le motivazioni anche dei ragazzi carcerati, ponendosi anche dal loro punto di vista, denunciando un mondo crudele che ha deciso per loro – si pensi alle parole di Pietro (un perfetto Claudio Amendola) dette al professore Marco Terzi (Michele Placido): “fuori, poi ancora dentro, poi di nuovo fuori, poi ancora dentro; questa è la mia vita”; “non sta scritto da nessuna parte. Magari quando esci trovi pure un lavoro” dice Placido; “minchia se c’è scritto.. a sei anni, quando gli altri picciriddi vanno a scuola, pettinati bene, le scarpe lucide.. io a quei tempi andavo al carcere femminile di Palermo a trovare mia madre. O prete mi voleva mandare ad un istituto, così ti insegno a leggere e scrivere diceva.. sì.. assieme a gli altri figli di puttana ci volevano richiudere tutti in tana.. e io già allora dicevo no.. e perché? Perché professò eh? Perché era dentro, come sono dentro ora.. io sono cattivo professore, sono un malacarne.. io ce nascevo con questa rabbia dentro, non ce niente da fare.. questo è il mio destino”; “il destino..” sospira Terzi; “uno nasce tondo non può morire quadrato” conclude Pietro. Inoltre c’è l’analisi del rifiuto del diverso, impersonificato da Mery (Alessandro di Sanzio) - “io non sono né carne né pesce (ovvero né uomo, dato che è omosessuale,né donna, dato che ha sempre “sto campanaccio tra le gambe”), io sono Mery, Mery per sempre..-. c’è infine, se non l’incontro, quantomeno l’avvicinamento tra le due sfere rappresentate dal professore e i ragazzi carcerati, avvicinamento mostrato nella scena finale, dove Placido rifiuta il trasferimento al liceo strappando la lettera di assunzione; i ragazzi, sentendo l’affetto di una persona adulta, quell’affetto a loro sempre negato, scoppiano in una risata di gioia, dimentichi per un lungo, intenso momento della loro triste vita. Un film toccante di cui sarebbero da citare tantissime scene, dalla nascita del figlio di Antonio (“è mio professore.. è l’unica cosa mia”), alla morte di Pietro, ai dialoghi tra Placido e Francesco Benigno e all’evoluzione del loro rapporto in questi (“la mafia vi ha modificati nel cervello; ecco perché ora tu trovi giusto che Claudio sia punito; ecco perché ti credi più forte di me; (..)ma tu non sei più forte di me; no.. lo sai cosa sei tu, eh? Tu sei soltanto più vigliacco, perché ci vuole più coraggio ad essere un sette carati, con un padre ammazzato e un fratello in prigione, che a essere uno come te”). In conclusione un gran film che pone Marco Risi al livello del padre, Dino Risi.
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toty bottalla
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mercoledì 27 gennaio 2010
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l'altro mondo
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Sono dimensioni e realtà che andavano evidenziati , sceneggiarli è stata un'idea felice ed efficace per arrivare a coinvolgere proprio tutti. MERY PER SEMPRE secondo me è un bel film diretto e interpretato bene. purtroppo temo che il buon sentimento, il buon senso e un'umanità dignitosa stiano lontani anni luce dal problema, nel film li porta un grande MICHELE PLACIDO qui in veste di fata...ma chi ci crede!
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benigno
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martedì 27 gennaio 2009
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ciaooooo
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ciao alice!!!sono francesco benigno non so se verrai a leggere questo commento...comunque ora sto lavorando per realizzare il lungometraggio del mio primo corto come regista,con questo ho vinto il festival di giffoni 2008.
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