jayan
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domenica 14 aprile 2013
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un thriller tra sogno e realtà. fantastico!
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Un altro capolavoro di Lynch. Dietro un mondo apparentemente per bene si cela un altro mondo pieno di violenza, sadomasochismo, droga. Un giovanotto entra in questo mondo e scopre cose raccapriccianti. Cerca di aiutare una cantante di un night, che canta, per l'appunto, la canzone "Blue Velvet" ("Velluto blu"). Lui vuole liberarla da coloro che in qualche modo la tengono come prigioniera. Per me è tra i migliori film di Lynch. Assolutamente da vedere!
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marilena monti
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martedì 16 ottobre 2012
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un film che mi porto dentro!
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Lo trovo straordinario, una sorta di discesa nei gironi dell'inferno, una divina commedia a opera del novello Dante, David Lynch. E' un film che non ti lascia, che devi vedere più volte . A me è accaduto questo. Ad ogni visione scopro nuovi imput di riflessione. Credo che questo valga già a definirlo "ottimo", giacché ritengo che un' opere d'arte debba lavorare dentro di noi e suggerirci qualcosa di noi stessi e della realtà che ci circonda. L'intreccio può apparire pretestuoso: la storia di fatti e misfatti della apparentemente sana e virtuosa provincia americana. Ma sono convinta che Lynch ben altro voglia raccontarci.
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Lo trovo straordinario, una sorta di discesa nei gironi dell'inferno, una divina commedia a opera del novello Dante, David Lynch. E' un film che non ti lascia, che devi vedere più volte . A me è accaduto questo. Ad ogni visione scopro nuovi imput di riflessione. Credo che questo valga già a definirlo "ottimo", giacché ritengo che un' opere d'arte debba lavorare dentro di noi e suggerirci qualcosa di noi stessi e della realtà che ci circonda. L'intreccio può apparire pretestuoso: la storia di fatti e misfatti della apparentemente sana e virtuosa provincia americana. Ma sono convinta che Lynch ben altro voglia raccontarci...
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fabian t.
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venerdì 13 luglio 2012
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sopravvalutato seppur affascinante
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Difficile essere "critici" con un talentato e onirico regista come Lynch, ma pur rischiando di andare antipaticamente controcorrente, mi permetto di giudicare questo interessante film un esperimento se non incompleto, certamente non all'altezza dello stile e della cura che avrebbe meritato. Sebbene riesca a catturare l'attenzione dello spettatore fin dalle prime scene, durante il corso della storia si assiste a una forzatura sempre più evidente; il regista lascia intendere che la morbosità - attraverso il bravo protagonista - sia la chiave con cui interpretare e dare il via a una serie di eventi apparentemente nebulosi ma poi, essenzialmente, semplici e quasi banali.
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Difficile essere "critici" con un talentato e onirico regista come Lynch, ma pur rischiando di andare antipaticamente controcorrente, mi permetto di giudicare questo interessante film un esperimento se non incompleto, certamente non all'altezza dello stile e della cura che avrebbe meritato. Sebbene riesca a catturare l'attenzione dello spettatore fin dalle prime scene, durante il corso della storia si assiste a una forzatura sempre più evidente; il regista lascia intendere che la morbosità - attraverso il bravo protagonista - sia la chiave con cui interpretare e dare il via a una serie di eventi apparentemente nebulosi ma poi, essenzialmente, semplici e quasi banali. Tutto infatti ruota attorno a un gruppo di persone alquanto folli e vittime della propria depravazione. Funziona benissimo l'idea visiva e simbolica del velluto blu sotto cui si cela l'inganno e l'orrore di un decadimento mascherato, ma ciò che risulta palesemente inefficace - a mio avviso -.è il modo volutamente rozzo e confuso con cui tematiche molto forti come la perversione, la violenza, il sesso esplicito e la devianza mentale siano stati messi assieme in un unico indigeribile calderone laddove invece il mistero, l'allusione, i chiaroscuri e il dubbio avrebbero meglio delineato l'intreccio in modo più coerente. Il bene e il male, qui, sono praticamente due dimensioni vicinissime ma separate in modo fin troppo manicheo, senza sfumature e questo, Lynch lo sa, arretra di molto quell'evoluzione stilistica e sottile che invece in altri film egli ha saputo mettere in atto. "Velluto blu" è un film intrigante, senz'altro, ma rappresenta più un banco di prova per il bravo regista. "Fuoco cammina con me", pur essendo il film riadattato dalla serie televisiva, riuscirà efficacemente a costruire tensione e drammaticità visionaria in una sceneggiatura accorta, metodica ed efficace. Qui invece di migliorabile c'è ancora tanto e alla fine del film la sensazione è quella di aver assistito alla messa in scena di un torbido incubo, inconcludente e piuttosto scialbo.
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blackdragon89
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domenica 25 marzo 2012
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"adesso è buio."
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Noir. Nient'altro che un espediente cinematografico atto a rappresentare un giallo sotto un intricato gioco di contrasti.
Dino de Laurentis lascia le redini a uno degli artisti più ferrati nel campo. Il tratto di Lynch è distinguibile sin dalla prima scena. Un'atmosfera vivace marcata da musica e colori fa da cornice a un evento del tutto drammatico. E' l'incipit, gli insetti hanno via libera, e il mondo comincia a sporcarsi.
Del resto il regista si muove bene in queste acque, facendo uso ancora una volta di una caratteristica predominante nei suoi lavori, l'ingenua naturalezza con cui il macabro diventa quotidiano, abitudinario, quasi a spogliarlo dei suoi bruschi connotati e integrarlo senza alcun timore nell'insieme.
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Noir. Nient'altro che un espediente cinematografico atto a rappresentare un giallo sotto un intricato gioco di contrasti.
Dino de Laurentis lascia le redini a uno degli artisti più ferrati nel campo. Il tratto di Lynch è distinguibile sin dalla prima scena. Un'atmosfera vivace marcata da musica e colori fa da cornice a un evento del tutto drammatico. E' l'incipit, gli insetti hanno via libera, e il mondo comincia a sporcarsi.
Del resto il regista si muove bene in queste acque, facendo uso ancora una volta di una caratteristica predominante nei suoi lavori, l'ingenua naturalezza con cui il macabro diventa quotidiano, abitudinario, quasi a spogliarlo dei suoi bruschi connotati e integrarlo senza alcun timore nell'insieme.
E' Jeffrey Beaumont (Kyle MacLachlan) ad avvicinarsi di più a questi espedienti narrativi. Un giovane stroncato dai dolori familiari trova il pretesto per dare alla sua vita quella sua nota di esperienza necessaria ad affrontare il mondo esterno. Parte così un'indagine a suo dire ingenua e innocente, nella quale è la curiosità ad armare il coraggio.
L'intreccio scorre in modo fluido, al pari degli eventi. I dettagli emergono spontaneamente, appaiono per caso, senza essere specificatamente ricercati, senza essere dettati da una circostanza in particolare, andandosi a riflettere con il carattere di Jeffrey, troppo esaltato per frenare, troppo emozionato per lasciare spazio alla paura. Tutto è enfatizzato da scene dettagliamente accurate, che mancano in buona parte di colonna sonora per accentuare la crescita del climax verso il culmine del caso. E ancora una volta eccelsi sono i contrasti creati dalla mente artistica di Lynch: una canzone d'amore è il preludio di un evento tragico, una stanza illuminata e dai vividi colori è più volte teatro di azioni nefaste, così come lo è l'amore disperato di uno psicopatico Frank Booth, interpretato da un superbo Dennis Hopper.
Jeffrey prosegue il viaggio quasi come se non ne intravedesse i rischi, incurante della paura, e tuttavia consapevole che prima o poi finirà in un baratro per lui troppo grande. "Adesso è buio."
Il desiderio di esperienza ha comunque stampato l'ingenuo coraggio lavandolo da ogni timore, e il protagonista non può smettere di lottare, ormai "deve essere fatto". Così i Pettirossi potranno tornare a scacciare gli insetti, e l'amata Sandy Williams avrà la sua felicità tanto cercata.
Come in ogni sua opera il regista non ha bisogno di un cast in grandi numeri per creare un capolavoro. Basta concentrarsi su pochi personaggi, ma essenziali, che hanno quindi l'esclusiva e possono terminare ognuno il proprio processo di crescita interiore nell'arco di quello che senz'altro si rivela come uno dei primi baluardi nel repertorio di un rinomato artista.
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vale125
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venerdì 17 febbraio 2012
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velluto blu
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Volevo solo dire che la vicenda non si svolge in una cittadina della California,ma a Lumberton,cittadina del North Carolina. Ed esiste davvero.
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numenoreano
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martedì 6 dicembre 2011
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i pettirossi di lynch si nutrono di incubi
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Lumberton è una cittadina in cui si curano le apparenze. Le rose sono in fiore, i bambini attraversano la strada in fila indiana, i vigili del fuoco compiono giornalmente dei giri di quartiere per controllare che tutto sia al proprio posto. La luce immacolata di questa placida comunità, tuttavia, non riesce a filtrare attraverso le spesse tende del chiuso casalingo le quali celano un'altra Lumberton. Perversa e del tutto opposta, fatta di stupri, rapimenti e omicidi. L’unico fil rouge tra le due realtà è rappresentato da Jeffrey, un giovane educato la cui sfacciata curiosità lo porterà, attratto dalle luci come dalle ombre, all’ineluttabile perdità dell’innocenza.
A partire dalle note - musicali e testuali - della celebre "Blue Velvet" di Bobby Vinton, David Lynch dipinge la tipica cittadina statunitense come lo avrebbe fatto Edward Hopper, il pittore della solitudine americana.
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Lumberton è una cittadina in cui si curano le apparenze. Le rose sono in fiore, i bambini attraversano la strada in fila indiana, i vigili del fuoco compiono giornalmente dei giri di quartiere per controllare che tutto sia al proprio posto. La luce immacolata di questa placida comunità, tuttavia, non riesce a filtrare attraverso le spesse tende del chiuso casalingo le quali celano un'altra Lumberton. Perversa e del tutto opposta, fatta di stupri, rapimenti e omicidi. L’unico fil rouge tra le due realtà è rappresentato da Jeffrey, un giovane educato la cui sfacciata curiosità lo porterà, attratto dalle luci come dalle ombre, all’ineluttabile perdità dell’innocenza.
A partire dalle note - musicali e testuali - della celebre "Blue Velvet" di Bobby Vinton, David Lynch dipinge la tipica cittadina statunitense come lo avrebbe fatto Edward Hopper, il pittore della solitudine americana. E come lui fu l'artefice di un realismo antifotografico, che aspirava a scoprire quelle verità che la fotografia spesso cela dietro piacevoli apparenze, così Lynch si prende la briga di denudare il represso perbenismo della società americana per metterne in risalto le sue intime nefandezze.
Ma, non pago di limitarsi a suggerire visivamente un cupo stato d’animo - come faceva il pittore attraverso i colori contrastanti, una luce fredda ed un’ombra opprimente – il regista, assieme al protagonista, si fa prendere la mano spingendosi ad indagare le più personali manie dei “vicini di casa” Frank e Dorothy. I quali, visti troppo da vicino, rivelano la propria abiezione ponendo un'ombra minacciosa sulla vera natura dell'attrazione sessuale e segnando irrimediabilmente la “purezza” di Jeffrey.
"Ho la tua malattia in me adesso" chiosa nel finale Dorothy, alludendo ad uno strano passaggio. Perchè se prima Frank non le permetteva di avere esperienza come soggetto masochizzante pena le botte, ora Jeffrey invece lascia aperto il varco al capovolgimento trasmettendole il proprio male.
Per questo, a dispetto del bucolico finale, in chiusura non si disperdono le ombre nonostante i lunghi sorrisi e l'arrivo dei pettirossi. Perché daltronde anche i pettirossi, nonostante le graziose apparenze, si nutrono di insetti.
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gianni lucini
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venerdì 2 dicembre 2011
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il rilancio di bobby vinton
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Il 21 settembre 1963 arriva al vertice della classifica statunitense dei dischi più venduti il brano Blue velvet interpretato da Bobby Vinton, uno dei tanti ragazzotti bellocci dalla voce calda inventati dai discografici per la gioia delle ragazze e degli editori di rotocalchi giovanili. I tempi, però, stanno cambiando e l'arrivo del beat sta per spazzare via dalla scena musicale, oltre che dai cuori delle teen-ager, i personaggi come lui. Il robusto rock che arriva dall'Inghilterra fa passare in secondo piano Bobby Vinton che si ritrova a dover ricominciare da capo prima ancora di aver compiuto vent'anni. Da idolo delle adolescenti si ritrova così a cantare standard nei club di Las Vegas per la gioia di signore attempate e ricche.
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Il 21 settembre 1963 arriva al vertice della classifica statunitense dei dischi più venduti il brano Blue velvet interpretato da Bobby Vinton, uno dei tanti ragazzotti bellocci dalla voce calda inventati dai discografici per la gioia delle ragazze e degli editori di rotocalchi giovanili. I tempi, però, stanno cambiando e l'arrivo del beat sta per spazzare via dalla scena musicale, oltre che dai cuori delle teen-ager, i personaggi come lui. Il robusto rock che arriva dall'Inghilterra fa passare in secondo piano Bobby Vinton che si ritrova a dover ricominciare da capo prima ancora di aver compiuto vent'anni. Da idolo delle adolescenti si ritrova così a cantare standard nei club di Las Vegas per la gioia di signore attempate e ricche. Da questa sorta di paradiso per vecchie glorie riemergerà negli anni Ottanta grazie al cinema. Il primo a riportarlo alla luce è John Landis che inserisce la sua versione di Blue moon nel film "Un lupo mannaro americano a Londra". Sull'onda del successo del lungometraggio vengono ristampati i suoi vecchi dischi e l'ex ragazzo dal sorriso un po' ebete si ritrova a cavalcare di nuovo le onde del successo. Il periodo migliore deve, però, ancora venire. Il merito è proprio di quella "Blue velvet" che per lungo tempo era stata considerata il suo canto del cigno. Nel 1986, infatti, David Lynch realizza il film "Velluto blu", il cui titolo è tratto direttamente dalla canzone, inserita anche nella colonna sonora. La fortuna o, più probabilmente, la geniale ispirazione di Lynch trasformano la pellicola in uno dei successi dell'anno grazie anche allo scandalo suscitato dalla decisione di Gian Luigi Rondi di escluderlo dalla programmazione del Festival di Venezia per quelli che lui ritiene gli eccessi di nudo, sangue e violenza. Il buon Bobby Vinton, meno patinato di un tempo decide di non bruciare l'occasione che gli è stata concessa. Centellina le presenze televisive e mette a frutto l'esperienza di più di vent'anni passati a fare da sottofondo musicale alle chiacchiere di ricchi annoiati. Un altro suo vecchio brano tornerà prepotentemente al successo all'inizio degli anni Novanta. Si tratta di Sealed with a kiss che nell'interpretazione di Jason Donovan arriverà al primo posto della classifica britannica dei dischi più venduti. Ma il suo vero cavallo di battaglia resta sempre "Blue velvet", destinato a salire, nel 1991, per l'ennesima volta ai vertici delle classifiche discografiche dopo essere stato utilizzato come colonna sonora di uno spot pubblicitario.
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nicola
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venerdì 25 novembre 2011
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velluto blu o la fine dei sogni
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I personaggi di Jeffrey e Sandy sembrano vivere all'interno di una società rassicurate che si rifiuta di vedere cosa sta dietro l'apparente decoro in cui cerca riparo. Velluto Blu si potrebbe interpretare come una storia sulla scoperta del male. Infatti, Verso la metà del film, Jeffrey domanda a se stesso perché nel mondo ci sia tanta malvagità e lentamente scopre che la risposta è sempre stata in lui. Durate il “giro del piacere” Frank è colto da un'illuminazione e pronuncia una frase fondamentale per l'interpretazione dell'opera, dice – riferendosi a Jeffrey - “Tu sei come me”. Jeffrey non resta indifferente a queste parole ed il giorno dopo sprofonda nello sconforto, ricordando degli schiaffi inferti a Dorothy durante il loro primo rapporto.
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I personaggi di Jeffrey e Sandy sembrano vivere all'interno di una società rassicurate che si rifiuta di vedere cosa sta dietro l'apparente decoro in cui cerca riparo. Velluto Blu si potrebbe interpretare come una storia sulla scoperta del male. Infatti, Verso la metà del film, Jeffrey domanda a se stesso perché nel mondo ci sia tanta malvagità e lentamente scopre che la risposta è sempre stata in lui. Durate il “giro del piacere” Frank è colto da un'illuminazione e pronuncia una frase fondamentale per l'interpretazione dell'opera, dice – riferendosi a Jeffrey - “Tu sei come me”. Jeffrey non resta indifferente a queste parole ed il giorno dopo sprofonda nello sconforto, ricordando degli schiaffi inferti a Dorothy durante il loro primo rapporto. Anche Sandy scenderà a patti con la realtà per stare accanto a Jeffrey, nonostante il lato torbido di lui che la spaventa e inorridisce. David Lynch sviluppa molto bene i personaggi di Franck e Dorothy, essi rappresentano la perdizione con le sue angosce ed il suo fascino. Per i giovani Jeffrey e Sandy tutto ha inizio come un gioco, ma rimarranno invischiati in qualcosa di più grande e assoluto che porrà fine per sempre alla loro visione ingenua della realtà. Jeffrey in particolare sembra aver compreso che l'amore può assumere forme spaventose e mi piace pensare che in cuor suo si convinca del fatto che anche tra Franck e Dority altro non ci fosse che una dannata storia d'amore...
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oblivion7is
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venerdì 23 settembre 2011
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bello, provocatorio ma non privo di morale.
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Lynch è un visionario e lo spiega in vari modi: con "Eraserhead" ha creato un vero e proprio mondo, con "Elephant Man" un'atmosfera, con "Dune" (purtroppo) ha toppato, creando però comunque un suggestivo film di fantascienza... poi gli altri li sappiamo bene, visto che "Twin Peaks" (i due film e soprattutto la serie) ha affascinato tutti, "Cuore Selvaggio" ha sbancato a Cannes, "Una Storia Vera" ha addolcito perfino i cuori più metallici e la trilogia sull'inconscio ("Strade Perdute", "Mulholland Drive", "INLAND EMPIRE - L'impero della Mente") ha aperto gli occhi e ha fatto applaudere i laureandi in psicologia stufi dei soliti Freud, Jung e Gross.
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Lynch è un visionario e lo spiega in vari modi: con "Eraserhead" ha creato un vero e proprio mondo, con "Elephant Man" un'atmosfera, con "Dune" (purtroppo) ha toppato, creando però comunque un suggestivo film di fantascienza... poi gli altri li sappiamo bene, visto che "Twin Peaks" (i due film e soprattutto la serie) ha affascinato tutti, "Cuore Selvaggio" ha sbancato a Cannes, "Una Storia Vera" ha addolcito perfino i cuori più metallici e la trilogia sull'inconscio ("Strade Perdute", "Mulholland Drive", "INLAND EMPIRE - L'impero della Mente") ha aperto gli occhi e ha fatto applaudere i laureandi in psicologia stufi dei soliti Freud, Jung e Gross. Qui invece crea semplicemente un nuovo tipo di metafora e di idea che non solo riutilizzerà per "Twin Peaks" ma che anche influenzerà il mondo del cinema, thriller e non: l'idea della piccola città apparentemente innocente, soave e solare ma che nasconde un cuore di metallo. "Velluto Blu" infatti racconta la storia di Jeffrey Beaumont che, dopo un infarto del padre (che va in ospedale), in un campo trova un orecchio umano e lo porta alla polizia, dove lo fa esaminare da un ispettore che non gli vuole raccontare nulla di ciò che è stato scoperto. Insieme alla figlia dell'ispettore, per la quale avrà poi una cotta, indagherà, scoprendo che il tutto può essere in un qualche modo collegato con Dorothy, cantante in un nightclub. Ma come? E soprattutto qual è il collegamento tra Dorothy e il misterioso Frank Booth, sadico pervertito tossicodipendente con problemi fisici e mentali la cui ossessione è il velluto blu che è nella vestaglia di Dorothy ma anche nel testo delle canzoni che ella canta? Happy ending. Questo film è diventato famoso alla sua uscita in tutto il mondo per vari motivi: è provocatorio perché ha fatto tornare Dennis Hopper nel mondo del cinema (dopo un periodo in cui si è disintossicato) in un ruolo di malvagio sadico che stupra più volte un'Isabella Rossellini che mostra due nudi integrali (uno veloce, uno no) e varie scene di sesso, due delle quali anche abbastanza violente. È un film violento di sicuro, a quello non si può dire di no. Comincia (e prosegue) per 40 minuti come un piccolo dramma soprattutto giovanile che tene verso il thriller ma non a tinte forti, fino a che Jeffrey non entra in camera di Dorothy, e lì già si capisce che la violenza ci sarà. Non è una grande violenza, ma c'è, e divampa. C'è una quasi fellatio di lei a lui (sottolineo il quasi: lei lecca intorno all'area pubica, non mette nessuna parte del pene dentro la sua bocca), c'è Frank che entra nella stanza, la stupra e la picchia, succhiando il velluto e facendosi di amilnitrato mentre usa il velluto quasi come protezione, e a questo punto lo spettatore si dimentica tutto ciò che è stato visto prima. Certo, i tempi sono cambiati e non riesce ad essere troppo scioccante (anche per il livello di sangue abbastanza limitato), però la sua buona impressione la fa. Non c'è molta suspence, tranne forse in una scena, ed è un difetto che non passa inosservato: l'inquietitudine che Lynch mi ha dato soprattutto in "Eraserhead" e "INLAND EMPIRE" è assai superiore e "piacevole". È comunque un bellissimo film (con ottimi attori, Stockwell e Hopper su tutti, anche se la Dern e soprattutto la Rossellini non sono male - MacLachlan invece dà il suo meglio non in tante scene, tanto da risultare quasi come un Matt Dillon dei tempi che furono ma più buono e innocente), i cui principali difetti risiedono forse nella sceneggiatura e in piccoli elementi di ogni scena (soprattutto la scena in cui Frank minaccia Jeffrey di ucciderlo con "lettere d'amore" mentre lo bacia e lo ricopre di rossetto, una scena che sarebbe bella e provocante ma cade nel ridicolo perché viene spesso inquadrata una prostituta (?) che balla sul tetto della macchina). Un MUST, o se preferite un CULT. Non va per forza apprezzato ma dovrebbe essere guardato.
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francis metal
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lunedì 5 settembre 2011
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bluuuuuuuuuue velvet.....
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come si fa a dire che i film di Moccia sono belli dopo avere visto questo??
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