nazareno nicoletti
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giovedì 17 agosto 2006
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una scommessa vinta!
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Si contano sulle dita della mano le pellicole del regista, attore e sceneggiatore Woody Allen che non abbiano un tono narrativo incentrato sulla nevrosi. Non credo che sia un caso che il regista americano abbia scelto proprio questo film per evidenziare le sua doti drammaturgiche evitando cosi ripetizioni superflue. Ma siamo davvero sicuri che la nevrosi sia veramente assente in questo lungometraggio? E se si identificasse con lo stesso protagonista? Se il povero “Camaleonte” (così chiamato nel film) rappresentasse tutti quei dubbi shakesperiani che lo stesso Allen ripropone in altre pellicole? L’idea è allettante. Leonard Zelig è un uomo sulla quarantina afflitto da una grave malattia, per alcuni medici fisiologica, per la dottoressa Fletcher soltanto un problema mentale.
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Si contano sulle dita della mano le pellicole del regista, attore e sceneggiatore Woody Allen che non abbiano un tono narrativo incentrato sulla nevrosi. Non credo che sia un caso che il regista americano abbia scelto proprio questo film per evidenziare le sua doti drammaturgiche evitando cosi ripetizioni superflue. Ma siamo davvero sicuri che la nevrosi sia veramente assente in questo lungometraggio? E se si identificasse con lo stesso protagonista? Se il povero “Camaleonte” (così chiamato nel film) rappresentasse tutti quei dubbi shakesperiani che lo stesso Allen ripropone in altre pellicole? L’idea è allettante. Leonard Zelig è un uomo sulla quarantina afflitto da una grave malattia, per alcuni medici fisiologica, per la dottoressa Fletcher soltanto un problema mentale. La dottoressa, dopo varie peripezie, riuscirà ad avere in custodia il povero Leonard Zelig e tramite esercizi sperimentali di psicanalisi, eviterà le trasformazioni del povero Woody Allen. Sembra strano, eppure sono vere e proprie “metamorfosi” quelle che coinvolgono il nostro piccolo protagonista. Attraverso questo espediente, volutamente paradossale, viene perfettamente delineato il prototipo di individuo facente parte di una società in continuo mutarsi ed insensibile agli avvenimenti che la stanno coinvolgendo. Conformismo ed anticonformismo a confronto, brandelli di un sogno americano mai stato così lontano. Sullo sfondo del crollo del 29’ e dell’avvento nazista, sotto la falsariga del documentario e sotto quel malinconico sorrisetto “woodiano” si nasconde il capolavoro del regista newyorkese.
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fedeleto
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sabato 7 luglio 2012
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l'allen camaleonte
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Il personaggio di Woody Allen e' sempre bizarro,buffo,curioso,ma stavolta e' il caso di dirlo e' INCREDIBILE! Allen(stadust memories,manhattan,il dormiglione) mette in scena stavolta una pellicola originale e estremamente sperimentale.Siamo in pieni anni venti e Iniziando con interviste di personaggi che si presume abbiano conosciuto un noto personaggio di nome Zelig,che posside un potere,ovvero quello di trasformarsi come un camaleonte in quello che ha vicino.Questa sua dote lo rende famoso e interessante sia dai media e anche agli occhi di una psicologa che lo studia e se ne innamora.Ma non appena i due vorranno sposarsi egli sara' accusato di bigamia poiche' prima aveva sposato molte donne e avuto vari figli.
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Il personaggio di Woody Allen e' sempre bizarro,buffo,curioso,ma stavolta e' il caso di dirlo e' INCREDIBILE! Allen(stadust memories,manhattan,il dormiglione) mette in scena stavolta una pellicola originale e estremamente sperimentale.Siamo in pieni anni venti e Iniziando con interviste di personaggi che si presume abbiano conosciuto un noto personaggio di nome Zelig,che posside un potere,ovvero quello di trasformarsi come un camaleonte in quello che ha vicino.Questa sua dote lo rende famoso e interessante sia dai media e anche agli occhi di una psicologa che lo studia e se ne innamora.Ma non appena i due vorranno sposarsi egli sara' accusato di bigamia poiche' prima aveva sposato molte donne e avuto vari figli.I media lo abbandoneranno ed egli fuggira' in Germania presso i nazisti lasciano la sua donna-dottoressa.Ma si reincontreranno e sara' davvero vero amore?Allen inscena un falso documentario per descrivere in profondita' varie tematiche,in primis quelle del conformismo,e allo stesso tempo quel dinamico stato di insicurezza che si aggancia agli altri per trovare altre/false sicurezze,lo scopo e' quello di chiarire allo spettatore un punto fondamentale quello di essere se stessi ,Zelig tornera' ad essere un uomo vero quando amera',con questo sentimento allora la paura e l'insicurezza non puo' avvicinarsi e quindi ogni mezzo di trasformazione e' inutile.Allen oltre ad aver girato un vero e proprio inno all'identita'(che per certi aspetti ricalca uno nessuno e centomila) crea anche un autentico film sperimentale con found fotage,matte-shot,blue screen,e infine la colonna sonora Chameleon,ovvero camaleonte.Uno dei film piu' importanti di Allen ,se non il piu' importante.Non e' un dramma,una commedia,o quant'altro,e' solo un film-verita' su quello che il pubblico spesso e volentieri attua,ovvero conformarsi a situazioni o persone che ci circondano,l'unica verita' ce la fara' vedere Allen.Ottimo film,da vedere.
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tiamaster
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sabato 17 dicembre 2011
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il genio colpisce ancora
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Woody allen è riconosciuto universalmente come il più grande umorista del ventesimo secolo,bhe zelig è una delle sue opere più alte assieme al'assoluto manhattan,ombre e nebbia,la rosa purpurea del cairo,harry a pezzi,basta che funzioni, e match point (che io ho odiato).L'idea di base è un colpo di genio a dir poco rivoluzionario:la biografia di un personaggio immaginario.Con l'inevitabile colonna sonora jazz (genere amatissimo da allen)woody ci trascina in un universo di risate intelligenti e mai banali,ottime idee è originalità come mai accaduto prima.
miei registi preferiti:
1)steven spielberg
2)woody allen
3)stanley kubrick
4)ingmar bergman
5)martin scorsese
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great steven
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sabato 15 agosto 2015
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trasformista campione e uomo dalle mille risorse.
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ZELIG (USA, 1983) diretto da WOODY ALLEN. Interpretato da WOODY ALLEN, MIA FARROW, STEPHANIE FARROW, JOHN BUCKWALTER, MARVIN CHATINOVER, GARRET BROWN, GALE HANSEN
Leonard Zelig (Allen) è un artista che sa adeguarsi ai cambiamenti della società ormai sulle orme della globalizzazione e in sempre più rapida evoluzione. La sua nevrotica insicurezza lo conduce ad imitare, fisicamente e mentalmente, qualunque persona incontri, fino alla più diversa da lui. Quando viene messo in cura dalla psichiatra Eudora Fletcher (Farrow), Zelig a poco a poco migliora e fa progressi, e da fenomeno da baraccone diventa una celebrità a livello nazionale, corteggiato dai giornali e costantemente al centro dei dibattiti mediatici.
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ZELIG (USA, 1983) diretto da WOODY ALLEN. Interpretato da WOODY ALLEN, MIA FARROW, STEPHANIE FARROW, JOHN BUCKWALTER, MARVIN CHATINOVER, GARRET BROWN, GALE HANSEN
Leonard Zelig (Allen) è un artista che sa adeguarsi ai cambiamenti della società ormai sulle orme della globalizzazione e in sempre più rapida evoluzione. La sua nevrotica insicurezza lo conduce ad imitare, fisicamente e mentalmente, qualunque persona incontri, fino alla più diversa da lui. Quando viene messo in cura dalla psichiatra Eudora Fletcher (Farrow), Zelig a poco a poco migliora e fa progressi, e da fenomeno da baraccone diventa una celebrità a livello nazionale, corteggiato dai giornali e costantemente al centro dei dibattiti mediatici. E soprattutto fa credere all’opinione pubblica di essere ormai divenuto il fidanzato di Eudora! Ma nel momento in cui i misfatti passati della multi-personalità di Leonard vengono a galla (furto, bigamia e un’appendicectomia non autorizzata), il camaleonte umano si dà alla fuga, sparendo completamente dalla circolazione. Eudora parte alla sua ricerca girando tutto il mondo, nel tentativo di recuperare prima di un terribile guaio l’unico uomo che sa trasformarsi in tutti gli altri e il solo che lei effettivamente desideri. Il trasformismo non era certo una dote facile anche per il repertorio già zeppo e variegato del 48enne ebreo Allan Königsberg (questo il vero nome dell’attore-regista, classe 1935), ma il gioco valeva la candela e l’esperimento che ne è derivato ha l’aspetto di un finto documentario che però si concentra su una comicità assolutamente vera e autentica. Il piglio distaccato e scanzonato che il regista newyorkese adotta per dirigere sé stesso e una M. Farrow ormai rodata e abituata alla cresta dell’onda, permette di sfornare una satira tagliente e affilata soprattutto sul piano del linguaggio metacinematografico, delle angolazioni di ripresa, del discorso virtuoso imperniato sulle abilità sociali e, non ultima, la nevrosi metropolitana che angoscia l’uomo moderno fin da quando la prepotenza della tecnologia e l’ avanzamento imperterrito delle realtà virtuali ne minano l’intima sicurezza. E Allen, che è stato per più di un trentennio in psicoanalisi, sa bene la materia che tratta e ne parla da protagonista che vive situazioni al limite del paradossale pur sapendo sempre come comportarsi per uscire indenne da qualsiasi guaio si prospetti di fronte a lui. Ammirevole l’alternanza cromatica fra colore e bianco e nero, mentre il montaggio e la fotografia vanno a braccetto in un caleidoscopico e carismatico parallelismo che elimina dal film ogni possibile inclinazione documentaristica per concentrarsi maggiormente sull’espletamento delle gag e di tempi comici perfettamente rispettati. La dissacrazione incontrollata e delirante è un elemento cardine del cinema alleniano, ma qui la satira è curiosamente rivolta alla società, colpevole e dunque duramente incriminata per non accettare i diversi, recluderli grazie allo stigma e allontanarli dalle opportunità lavorative e psicosociali che ognuno dovrebbe meritare a prescindere da come è fatto caratterialmente e da come viene giudicato e considerato. Eccellente la Farrow nei panni della comprensiva e paziente dottoressa che si ritrova a che fare con un individuo il quale appare immediatamente fuori dall’ordinario perfino per come intrattiene i dialoghi e in seguito anche il rapporto amoroso con lei. Funzionale pure l’idea di affidare i racconti estemporanei ai personaggi che interagiscono esternamente alla vicenda e che raccontano pertanto le avventure del proteiforme Leonard Zelig per come le hanno sperimentate loro e anche nel modo in cui essi hanno inquadrato questo soggetto così insolito e particolare.
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francesco2
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mercoledì 30 novembre 2011
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stupido è.......chi lo stupido fa!
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Woody Allen realizzò questo film (poco) più di dieci anni prima rispetto a “Forrest Gump”, opera sull’ ‘”Utile Idiota” come ingranaggio utile per la società, provvisto tra l’altro di intuizioni di cui gli altri non erano capaci. La differenza, però, è che rispetto a Forrest Zelig si adatta sempre alle situazioni in cui si trova, come fosse una metafora degli U.S.A, considerati a volte “Sceriffi del mondo”, ma che in realtà forse modellano la propria identità a secondo delle circostanze: paese che oltretutto Allen, da “ebreo-americano” qual è, forse non considera integralmente “Suo”. Ma in più, c’è un’altra cosa che viene aggiunta esplicitamente e non fatta capire: Zelig rappresenta un periodo storico particolare, quello degli anni’20, associabile al jazz ed all’improvvisazione che lo caratterizzava, che sarebbe notoriamente sfociata nella “Grande Depressione”.
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Woody Allen realizzò questo film (poco) più di dieci anni prima rispetto a “Forrest Gump”, opera sull’ ‘”Utile Idiota” come ingranaggio utile per la società, provvisto tra l’altro di intuizioni di cui gli altri non erano capaci. La differenza, però, è che rispetto a Forrest Zelig si adatta sempre alle situazioni in cui si trova, come fosse una metafora degli U.S.A, considerati a volte “Sceriffi del mondo”, ma che in realtà forse modellano la propria identità a secondo delle circostanze: paese che oltretutto Allen, da “ebreo-americano” qual è, forse non considera integralmente “Suo”. Ma in più, c’è un’altra cosa che viene aggiunta esplicitamente e non fatta capire: Zelig rappresenta un periodo storico particolare, quello degli anni’20, associabile al jazz ed all’improvvisazione che lo caratterizzava, che sarebbe notoriamente sfociata nella “Grande Depressione”.
Nel film il protagonista, cui viene contrapposto il raziocinio della "dottoressa" Farrow, viene prima idolatrato, successivamente rifiutato, poi nuovamente esaltato, una volta valutato come le sue intuizioni lo aiutino nelle situazioni più disparate ( E qui, forse, somiglia di più a “Forrest Gump”). Francamente, si potrebbe obiettare come i paradossi evidenziati dal regista-attore non siano sempre così esilaranti, e che rimanga distante quella profondità psicologica che distingue una buona parte di “Crimini e misfatti”, e, probabilmente, vari momenti di “Mariti e mogli”. Tuttavia, probabilmente non era questo il punto: si voleva, piuttosto, probabilmente tracciare il ritratto di una figura “Anormale”, che nella pratica rischia quantomeno di uguagliare le persone normali –E “speciali”- che incontra durante il film. Il tutto senza essere “politicamente corretti”.
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