Una donna si prova abiti e indumenti diversi di fronte agli specchi della sua lussuosa camera da letto. Mentre tocca il suo corpo e ne ammira il riflesso, il ricordo di un amante mai dimenticato la assale. Si getta singhiozzante sul letto, dove il pensiero dell'ultima notte passata a Parigi in sua compagnia la rattrista e la eccita. In quel momento penetra nella villa un ladro, che turbato dalla presenza della donna fra le lenzuola, si nasconde dietro lo specchio a osservare la sensuale visione.
Dopo tanti anni passati a contemplare le natiche delle sue numerose muse e a farne relativa elegia, Tinto Brass si concentra sull'altro lato della femminilità e ritorna all'"origine del mondo". Il supporto digitale lo riporta alla forma breve del cortometraggio e a riscoprire un piacere per la sensualità verace, non patinata. Ma fra il realismo della pittura di Courbet e quello del digitale di Tinto Brass c'è l'enorme divario stilistico scavato negli anni da un autore che un tempo sapeva davvero sorprendere per le sue opere di controcultura e per gli esperimenti di montaggio, e che oggi pare immorale solo nelle intenzioni, intento a proporre un erotismo fatto di vecchi cliché. Non c'è niente di provocatorio o tantomeno shockante nella sua ultima opera, ma solo un falso tentativo di promuovere la libertà dei sensi attraverso un citazionismo supponente e di superficie come le copertine dei libri inquadrati in primo piano. Supponente perché crea solo parallelismi pleonastici (l'albergo dei due amanti e "La camera azzurra" di Simenon; il voyeurismo e i saggi di Aldo Carotenuto sull'eros junghiano; i genitali della protagonista e il noto quadro di Courbet), di facciata perché supportato da zoomate nervose che rimandano meno a uno sguardo incerto che all'estetica delle pubblicità delle linee erotiche.
Alla fine, l'autore compare direttamente in video per chiarire ulteriormente il messaggio: "L'arte non è mai casta. Se lo è, non è arte". La sua arte certamente non è casta, ma senza dubbio, non è più scandalosa.