Giuseppe Marotta
Ed ecco Il Giudizio Universale, infine, l'ho atteso con molta curiosità, battendo il piede come all'appuntamento con la ragazza volubile e ingrata, quando uno si domanda: «La piglierò a ceffoni prima o dopo di averle, singhiozzando, chiesto perdono?». Sanno gli angeli in che palma di mano tengo Zavattini e De Sica, il mio vecchio Cesare particolarmente, al quale mi legano trent'anni di un'amicizia spesso arruffata e procellosa (virile cioè, ragionata come un palazzo). Senonché avevo letto il copione del Giudizio mentre, a Napoli, cominciavano a girarlo: e su quale marmo d'altare posso giurarvi che tutti i ma e i però bisbigliati o gridati, poi, dai critici (d'ogni specie) che valutarono il film a Venezia, io li avevo già rabbiosamente voltati e rivoltati, in me, sfogliando quelle pagine? Obietterete: «E che razza di amico sei? Dovevi precipitarti da Zavattini ed esprimergli i tuoi dubbi, le tue fondate o infondate opinioni». [...]
di Giuseppe Marotta, articolo completo (9791 caratteri spazi inclusi) su 1963