Ray

Silvia Bizio

Torna di nuovo in scena il ritiro di Ray Charles? La popolarità del grande cantante americano, scomparso l’anno scorso il 10 giugno, non smette di brillare, tanto che da questa settimana il suo disco postumo di duetti è balzato in testa alla classifica italiana, scalzando un big come Vasco Rossi. Il regista Taylor Hackford sognava da anni di fare un film sulla vita dei leggendario cantante, pianista e compositore. Era tutto pronto, mancava solo il permesso dello stesso Charles, grande innovatore dei soul e del rhythm & blues. Solo quando è stato scritturato Jamie Foxx, visto a Venezia in Collateral come partner di Tom Cruise, il musicista ha finalmente dato la sua approvazione. Il film, Ray, è stato presentato in anteprima mondiale al festival di Toronto, e uscirà sugli schermi americani il 29 ottobre: per Foxx già si parla di candidatura agli Oscar. Ray è stato completato poco dopo la morte di The Genius, che aveva collaborato e approvato il progetto. Ora II film è pronto, ha avuto il suo battesimo ufficiale in pubblico e c’è già chi dice che l’interpretazione del protagonista Foxx è meglio del film, che con le sue due ore e 30 minuti si presenta come un “biopic” di impianto tradizionale, solido e diligente, ma menza particolari slanci creativi, imperniato sulla musica e le canzoni del grande Ray Charles. interpretazione del protagonista Foxx è meglio del film, che con le sue due ore e 30 minuti si presenta come un “biopic” di impianto tradizionale, solido e diligente ma Senza particolari slanci creativi, imperniato sulla musica e le canzoni del grande Charles. Il film segue la sua vita da quando, a sette anni, nella poverissima Georgia devastata dalla Depressione (era nato il 23 settembre 1930), assiste impotente alla tragica morte del fratellino più piccolo, prima di perdere la vista in conseguenza di una grave malattia. Il senso di colpa che lo tormenterà per tutta la vita e il “duro amore” di una madre che non gli permette di cadere vittima del suo handicap, sono i temi chiave che attraversano i primi decenni della sua carriera. Fino a scoprire la sua voce attraverso la musica, la caduta nell’inferno dell’eroina, i rapporti con le donne (nel film limitati a due, nella realtà molto più numerosi) mentre combatte per raggiungere posizioni nel mondo musicale dell’epoca ancora sconosciute per un cantante nero e per la “country music” da cui era partito. Nella parte più “politica”, il film affronta la sua presa di posizione contro gli spettacoli separati tra bianchi e neri in Georgia, stato da cui Charles venne bandito fino al 1979, quando la sua canzone “Georgia on my mind” ne divenne l’inno ufficiale e quindi fu di nuovo accolto abbraccia aperte. Al centro del film, naturalmente, i suoi grandi successi, indimenticabili canzoni come “Hit the road Jack”, “Baby let me hold your hand, “I got a woman” ‚ “I can’t stop loving you”. Charles avrebbe poi vinto 12 premi Grammy, ebbe 76 singoli al numero uno della classifica di vendita, e registrò 75 album. “Nessuno studio voleva fare un film biografico, tanto meno su un nero” dice il regista Hackford, appena giunto a Toronto da Venezia, dove si era recato per accompagnare la moglie, l’attrice inglese Helen Mirren, membro della giuria. “Alcuni suggerivano un film stile televisivo, come quelli sulla vita di Elvis Presley o di Frank Sinatra, ma io mi sono rifiutato. La vita di Ray Charles è stata troppo dura e complessa per semplificarla in questo modo”. E stato solo l’intervento del miliardario Philip Anschutz, proprietario della catena Regal Cinema e dello Staples Center, ad assicurare il finanziamento al film grazie alla sua compagnia di produzione Crusader Entertainment, dopo che lo stesso Ray Charles aveva approvato il progetto. Hackford e il cosceneggiatore James White hanno condotto dozzine di interviste con amici e parenti di Ray Charles: la sceneggiatura, una volta completata, è stata tradotta in alfabeto Braille e consegnata a Ray Charles. Charles assicurava la sua cooperazione a patto che gli autori non si astenessero dalla rappresentazione dei momenti più oscuri della sua vita. Come spiega Hackford: Ray ci disse: “Raccontate quello che volete, ma non vi permetto di non dire la verità ”. La decisione più delicata era la scelta dell’attore protagonista, caduta a sorpresa su Jamie Eon, attore conosciuto fino ad allora più come comico televisivo che per il suo lavoro nel cinema (era apparso solo in Ogni maledetta domenica di Oliver Stone e Ali di Michael Mann, prima dli Collateral). Una scelta fortunata, anche visto lo stretto legame che Eon ha con la musica soul e gospel, che suona fin da ragazzino. “Sapevo poco della vita di Ray Charles al di là della sua musica” dice “ma la sua storia è fenomenale, perché Ray è stato un uomo capace di superare ostacoli e difficoltà per diventare un vero leader”. Da La Repubblica, 14 settembre 2004

di Silvia Bizio, 14 settembre 2004