Ray

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Un film di Taylor Hackford. Con Jamie Foxx, Regina King, Kerry Washington, Curtis Armstrong, Patrick Bauchau.
continua»
Biografico, Ratings: Kids+13, durata 152 min. - USA 2004. uscita venerdì 21 gennaio 2005. MYMONETRO Ray * * 1/2 - - valutazione media: 2,59 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Enrico Sisti

La Repubblica

Il nodo Ray Charles si è sciolto dopo 15 anni di lavoro. «Era diventata quasi un’ossessione» spiega il regista di Ray, Taylor Hackford, quello di Ufficiale & Gentiluomo. Il suo racconto cinematografico del «Genius» finalmente sta in piedi: «Ma quante amarezze, dubbi, difficoltà. All’inizio Ray non voleva concederci i diritti. Avevamo troppe storie da collegare fra di loro e senza Ray al nostro fianco non ce l’avremmo mai fatta. Poi si è convinto ed è diventato il nostro consulente».
Un consulente esperto in materia: se stesso, la soffi muslc, Il rhythm’n’blues, il jazz, il gospel, Il country, tutta roba che Ray non inventò ma trovò per strada. Quel che Charles inventò fu il mix di tutti questi ingredienti, una torta di suoni (canzoni come l’ve got a woman, The little girl of mine, Drowm in my own tears, Unchain my heart, I can’t stop loving you, Hit the road Jack, per non dire della sua versione di Georgia on my mmd di Hoagy Carmichael) che sconvolse la storia della canzone e cambiò i gusti del pubblico, che da Ray in avanti non fu più sicuro né del dolce né dell’amaro. Dissero che la sua voce era come una scarpa che si aggrappa alla roccia per non cadere di sotto: ti tiene su e ti fa sopravvivere: «Proprio così. ~ il testimone ideale della storia del Novecento americano, al pari di un grande scrittore» prosegue Hackford. Un esecutore sublime che è venuto a mancare proprio alla fine delle riprese (Ray è morto l’i i giugno di quest’anno): «Incredibile: se ne è andato un minuto prima di sapere che cosa avrebbero detto di lui per la prima volta da personaggio e non da attore. Deve essere stato una specie di karma...».
Ray sarà nelle sale Italiane lI 21 gennaIo. «La costruzione di una storia credibile da affiancare alla credibilità leggendaria della sua musica. Un caos affascinante, debbo ammetterlo, dal quale siamo finalmente usciti. Vivi». La storia comincia con un viaggio e resta un viaggio. Ray, cieco dall’età di sette anni a causa di un glaucoma, a 17 sale su un Greyhound per tagliare in due l’America. Non vorrebbero farlo salire: non ci vede, è nero, povero, e la sua meta è talmente lontana, Seattie, che per l’autista sarebbe solo un impiccio ritrovarsi quel moccioso fra i sedili per l’intera tratta. Ray però sale e la storia della musica, non solo nera, dirà grazie a quel Greyhound.
«Abbiamo costruito il film in funzione di quel simbolico spostamento in autobus dai bassifondi poveri dell’America rurale alla speranza urbana, a quella luce che Ray vedeva nella musica e che nella sua autobiografia gli fece scrivere: “La musica è l’unica spiegazione alla vita che conosco”. Ci sono delle scene di quel viaggio sul Greyhound, che purtroppo abbiamo dovuto tagliare a malincuore ma che restano molto significative: il pubblico le troverà nella versione dvd».
Non sarebbe stato possibile realizzare.4l film se fossero venuti a mancare tre elementi fondamentali: «L’America dei “bassifondi”, Ray Charles e Jamie Foxx. Conoscere Ray equivale ad amarlo per quel misto di disperazione e di contraddizioni che ha reso possibili le sue canzoni. Lui ha cambiato l’America. Quando salì su quel Greyhound, nel 1948, la black music non esisteva: niente radio, niente dischi, niente mercato. Era solo un diciassettenne nero e cieco che scappava di casa. Ma dentro aveva la forza scardinante del rivoluzionario. L’impatto di Ray Charles sull’America è stato devastante. Come se John Lennon fosse arrivato in Unione Sovietica in incognito per portare una seconda rivoluzione».
Fu Charles a trasformare Cenerentola in una principessa. Fu lui a creare la black muslc per tutti. «Tuttavia fu proprio la comunità dei neri a osteggiarlo di più, soprattutto all’inizio. Non andava giù a nessuno che si permettesse di suonare il gospel nei locali “profani”. Per molti era come se Ray violentasse la tradizione della musica religiosa e i suoi rituali. Portava la musica di Dio a contatto con la musica del diavolo e nelle sue serate, i juke joints, consegnava il gospel nelle mani del blues. Praticamente una bestemmia».
Come se non riuscisse a trovare l’intonazione di una canzone, Hackford ha faticato a carburare col suo progetto. «Perché volevo che non fosse solo la storia di un musicista, ma la storia di un secolo. E in Ray c’è tutto il senso del Novecento, l’arte più sublime ma anche l’emulazione più sfacciata (il Ray dei primissimi anni), i guasti sociali, le nevrosi private. Ray era un uomo complicato, sofferente, difficile da viverci accanto. Aveva una sua personale idea di fedeltà. Correva dritto finché non deviava bruscamente e preferiva la droga alla vita familiare. Un artista immenso, ma non sempre un uomo da ammirare. Dal pozzo del suo dolore nasceva la sua musica».
Una vita di perdite: la perdita del fratello George, annegato da bambino in un incidente di cui Ray si è sentito per tutta la vita responsabile, la perdita della vista, la perdita dell’innocenza attraverso il tradimento costante della moglie e l’uso di eroina, con annesso baratro. «Volevo che uscisse questo: che Ray era un uomo controverso, uno sbandato che è arrivato quattro o cinque volte sul punto di dichiararsi fallito come musicista e come uomo. Lavorando con noi, doppiando le sue stesse canzoni in esclusiva per il film, Ray si è rivelato esattamente per ciò che la sua storia testimoniava per lui: era un genio, ma non una bella persona. Anzi peggio, spesso era un vero figlio di... E ciò ha reso il film ancora più autentico. Nessuna compiacenza. Non volevamo che la gente uscisse dal cinema pensando che certi musicisti, pur capaci di creare arte marrivabile, siano anche umanamente tutti dolcezza e luce. Volevamo un film quasi maleodorante, con vite in bilico, scarso senso morale e tanti locali sporchi. Nel film gli odori della musica e di ciò che la circondava, soprattutto negli anni Cinquanta, sono molto importanti. Sono gli odori della verità».
CapItolo finale: Jamie Foxx, che lnterpreta Ray Charles. L’attore è In un momento felice della sua carriera. Ha ricevuto tre candidature ai Golden Globe: come miglior protagonista proprio per Ray, come non protagonista per Collateral e come interprete tv per Redemption. Anche se nel film di Hackford, a volte, quando cammina simulando il passo incerto del cieco, sembra più Frankenstein che Ray Charles. «Si è allenato a camminare bendato. Forse esagera un po’... Ma quando si mette al piano Jamie è perfetto. Del resto anche lui è un musicista e forse anche per lui, come diceva Ray, la musica è un modo di vivere».
Da Il Venerdì di Repubblica, 24 dicembre 2004


di Enrico Sisti, 24 dicembre 2004

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