La storia del più spregiudicato e autodistruttivo uomo di successo americano del XX secolo non potrebbe che essere "una storia da film", ed è infatti il soggetto del maestoso The Aviator che Martin Scorsese gli ha dedicato nel 2004, affidandone l'interpretazione nientemeno che a Leonardo DiCaprio. Stiamo parlando di Howad Robard Hughes Jr., che al cinema e all'aviazione dedicò ogni energia e sogno, e nei quali fatalmente trovò la morte.
Suo padre era uno speculatore edilizio del Texas che un giorno fece fortuna brevettando una rivoluzionaria trivella petrolifera, assicurando così al giovane omonimo figlio di affrancarsi per sempre da qualsiasi preoccupazione economica. E invece il rampollo aveva in serbo una gestione tutt'altro che tranquilla del patrimonio di famiglia. Rimasto orfano a 18 anni, Howard si trovò padrone della Hughes Tool Company, con un capitale di circa 900.000 dollari per le mani, un geniale talento per la meccanica, un'insana passione per il volo e tremendamente innamorato del jet set hollywoodiano. Aveva i sogni, e i soldi per realizzarli.
Dopo aver prodotto una manciata di film minori tra il 1926 e il 1928, nel 1930 spese cifre faraoniche per finanziare Gli angeli dell'inferno, da lui stesso diretto, e incentrato sulle epiche battaglie della Royal Air Force durante la Prima Guerra Mondiale. Il successo al botteghino fu strepitoso, ma mai sarebbe stato in grado di coprire l'allora inedita spesa di 3,8 milioni di dollari.
Poco male, pensò Hughes, che si tuffò ben presto in nuovi temerari progetti: Prima pagina (Billy Wilder, 1931) e Scarface (Howard Hawks, 1932) sarebbero poi diventati due classici, con nel mezzo una manciata di discreti film che spesso ruotano attorno all'aviazione. Un settore che vive in quegli anni un grande boom in California e di cui Hughes era protagonista, come progettista e costruttore di prototipi, ma anche e soprattutto come pilota, infrangendo un record dietro l'altro e guadagnandosi l'epiteto di "nuovo Lindbergh". L'interesse per il cinema lascia spazio a quello per il volo per una decina d'anni, che vedono Hughes insignito da Roosevelt stesso come "aviatore dell'anno". Del 1938 è suo il giro del mondo più veloce di sempre: 3 giorni, 19 ore e 17 minuti.
Poi la guerra mondiale, durante la quale la Hughes Aircraft vince due appalti governativi per altrettanti prototipi che non saranno mai realizzati. La sua azienda produrrà invece in quel periodo solo armamenti (particolare non irrilevante escluso dal biopic di Scorsese). Il suo più ambizioso velivolo, lo "Spruce Goose" resta ancor oggi il più grande aereo mai costruito, ma a Hughes occorse troppo tempo per realizzarlo e fu pronto solo a guerra finita, quando ormai era inutile.
La fine della guerra segna il suo ritorno al cinema, dove dirige il suo secondo film, Il mio corpo ti scalderà, passato alla storia per l'alta gradazione "erotica". Nel 1948 Hughes compra una quota di maggioranza della RKO, segnando una gestione finanziaria disastrosa, pari solo a quella dell'altra sua compagnia, la Trans World Airlines (TWA) fondata nel 1939.
Da sempre affetto da disturbi ossessivo-compulsivi, ebbe un esaurimento nervoso nel 1944 e uno nel 1958 che lo spinse a ritirarsi a Las Vegas, dove comprò vari hotel e casinò e visse come un recluso fino al 1973, subendo un deterioramento fisico che lo avrebbe portato alla morte tre anni più tardi.
Non stupisce che il malore (insufficienza renale) che lo stroncò gli sia occorso su un aereo che lo stava trasportando a Houston da Acapulco, dove visse gli ultimi anni della sua vita non perché subisse il fascino dell'esotico, bensì perché lì gli era più facile procurarsi la codeina da cui dipendeva da anni.
Finale inglorioso per una vita gloriosa? Forse una considerazione del genere non renderebbe l'idea di un personaggio dal temperamento assolutamente straordinario, dotato di un coraggio che strabordava nell'incoscienza e talmente sfrontato da sfidare chiunque, che fosse sulla terra o per l'aria di cui per tanti anni fu padrone.