Una premiazione che convince solo in parte.
di Giancarlo Zappoli
La 64° edizione del Festival del film di Locarno si è conclusa con un'assegnazione di premi solo in parte convincente. La Giuria presieduta dal produttore Paulo Branco e formata dalla regista Bettina Oberli, dall'attrice Sandra Hüller, dal regista Luca Guadagnino e dall'attore Louis Garrel ha dato l'impressione di una eccessiva eterogeneità che ha finito con il produrre un Palmarès che sembra quasi mettere in discussione il programma del Concorso. Se su 20 film in competizione e avendo a disposizione cinque premi se ne concentrano quattro su due film è come dire al Direttore Artistico che c'era ben poca materia tra cui scegliere. Se il Pardo d'oro all'argentino Abrir puertas e ventanas può essere tiepidamente condiviso per lo sguardo analitico che rivolge a un microcosmo femminile in formazione il secondo premio assegnato a una sola delle tre attrici già lascia perplessi vista la qualità di tutte le loro interpretazioni. Ci sono poi gli altri due riconoscimenti conferiti a Din dragoste cu cele mai bune intentii(miglior regia e migliore attore) che premiano un buon film togliendo però, almeno per quanto riguarda la regia spazio ad altri film di eguale valore. Ciò che però più lascia perplessi è il premio speciale dato ad Hashoter di Nadav Lapid. Il film israeliano nella prima parte rappresenta con discreta efficacia il quotidiano di un poliziotto dell'antiterrorismo per poi perdersi nella descrizione stereotipa di un gruppo di giovani rivoluzionari borghesi infatuati da ideologie da fumetto. Alla fine un raccordo artificioso unirà le due storie. Si sono così ignorati il più che valido esordio nel lungometraggio dei fratelli De Serio con Sette opere di misericordia e il documentario svizzero Vol spécial incentrato sui rimpatri forzati di clandestini che si è anche portato a casa, nel corso della conferenza stampa della Giuria, l'appellativo di "fascista" da parte di Paulo Branco forse perché mostra un direttore del carcere umanamente vicino ai detenuti ma al contempo ligio al dovere. Il regista Fernand Melgar è così poco 'fascista' da aver già messo in produzione un altro documentario in cui mostrerà la sorte che è toccata agli espatriati e c'è da prevedere che non saranno tutti happy end.
Resta da segnalare un premio speciale che la Giuria ha inteso offrire (con l'accordo della Direzione) a Tokyo Kouen e, soprattutto, a Shinji Aoyama per la sua carriera. In un festival che ha abbondato in riconoscimenti speciali a numerosi ospiti non si sentiva il bisogno di un ulteriore pardo.