Pupi avati, dopo una proficua fase horror della sua carriera (La casa dalle finestre che ridono, Zeder) torna a girare un film drammatico. Questa definizione, spesso generica, utilizzata nella catalogazione dei film, è qui molto azzeccata: "Regalo di natale" è un dramma in piena regola, ovviamente a sfondo tragico, anche se alcuni dei suoi personaggi non possono che lasciarci dentro un sorriso amaro.
Quattro amici appassionati (malati?) di gioco d'azzardo si ritrovano dopo molti anni più per dare sfogo alla loro volontà di avido guadagno che per un vero sentimento di amicizia rinnovata: ognuno di loro sta infatti vivendo una vita insoddisfacente e grigia, sia a livello lavorativo che sotto l'aspetto sentimentale. Franco è un proprietario di un cinema ma coperto di debiti; Lele, emotivo e confusionario, è appassionatissimo di cinema ma la sua carriera da critico non decolla; Ugo si guadagna da vivere con delle televendite ma è anch'egli in terribile difficoltà economica; Stefano, è un istruttore fitness "sospettato" di omossessualità. Questi amici si ritrovano la notte di natale e al tavolo da gioco riescono a coinvolgere un estraneo alla loro compagnia, un certo avvocato Santelia, molto facoltoso ma con la fama di essere un giocatore di poker mediocre, un "pollo da spennare". Prima della partita Franco e Ugo, amici di vecchia data ma che avevano rotto violentemente il loro rapporto a causa di una donna contesa, tentano di riappacificarsi. La partita prosegue per tutta la notte con l'apparente successo di Franco, da tutti ritenuto il migliore giocatore al tavolo, ma il finale è per lui a dir poco scioccante: all'ultima mano, dopo essersi giocato tutto, l'enigmatico avvocato vince il punto decisivo e manda clamorosamente in rovina Franco, che in cuor suo era convinto di vincere. Il colpo di scena più incredibile è però quello che avviene dopo la fine della partita: Ugo si era accordato con l'avvocato, in realtà un baro professionista, per poter vincere una quota del montepremi, rovinando di fatto l'ormai ex amico Franco.
Film di una armonia narrativa meravigliosa, dove il tavolo da poker diventa un espediente per il racconto delle vite dei protagonisti, un'esplorazione dei rapporti umani intrisi spesso di diffidenza, di utilitarismo, di falsità. Il quadro dipinto da Avati è desolante ma al contempo straordinariemente incisivo, tagliente ma mai brutale o di cattivo gusto. C'è sempre un senso di freddezza, di distacco e il senso di una amicizia non perduta, ma inquinata dai tormenti e dalle tribolazioni della vita. Avati mostra con la sua solita eleganza tutte le passioni tristi e fredde che possono scaturire non da un generico odio o da una generica "corruzione morale", ma piuttosto da una vita non realizzata e infelice: sono le vite non realizzate dei protagonisti a creare risentimenti, sospetti, avidità e non viceversa.
Uno dei più bei film di tutta la lunga carriera del regista bolognese, aiutato anche, certamente, dalle magnifiche interpretazioni di tutti i protagonisti: un Abatantuono sorprendente in veste drammatica, un bravissimo Haber e un altrettanto magistrale Carlo delle Piane, tutti attori che, tra l'altro, non sono soltanto bravi ma che si incastrano perfettamente l'uno con l'altro creando questo enigmatico gioco da camera. Bello il movimento della camera che segue i giocatori dal centro del tavolo e belli i numerosi laschback che si susseguono per mostrarci i rapporti tra i vari personaggi. Film davvero pregevole, troppo sottovalutato nel nostro paese a mio avviso.
[+] lascia un commento a lucaguar »
[ - ] lascia un commento a lucaguar »
|