È stata l'antesignana delle femmes fatales, la pioniera delle seduttrici mangiauomini, la quintessenza dell'erotismo come concepito da due grossolani pubblicitari della Fox, tali Johnny Goldfrap e Al Selig, i quali costruirono su di lei un castello promozionale di una rozzezza e di una inverosimiglianza da rasentare il grottesco. Il nome d'arte che s'era dato e che era una abbreviazione da Theodosia a Theda e dal cognome della nonna Baranger in Bara, venne invece attribuito all'anagramma di «Death Arab» (morte araba). Secondo i due fantasiosi promoters, Theda sarebbe nata nel deserto del Sahara, il «giardino di Allah», dall'unione tra una principessa araba ed un illustre scultore italiano, Giuseppe Bara.
Il padre l'avrebbe mandata a studiare recitazione in Europa, Theda avrebbe poi debuttato a Londra e di lì sarebbe passata nei maggiori teatri francesi, il Gymnase, il Grand Guignol, il Théâtre libre di Antoine. Vennero distribuite e pubblicate ovunque sue fotografie tra animali feroci (da lei prontamente ammansiti), con scheletri (probabilmente da lei spolpati), la definirono come «L'angelo eburneo del Purgatorio», «La serva del demonio», « Il serpente del Nilo», «Il vampiro» e finalmente «The Vamp». Il bello è che l'ingenuo pubblico americano degli anni Dieci queste panzane le trangugiava a gola spiegata, anche perché si aspettava che l'icona di un personaggio negativo fosse contornata da cattiverie e nequizie, così come quella della buona fosse aureolata da virtù e bellezza.
Theda venne lanciata in un film intitolato A Fool There Was (1915), adattamento di un racconto di Kipling, dove una maliarda soprannominata «Vampiro» irretiva un onesto americano in missione diplomatica in Europa e dopo averlo ridotto alla completa destituzione, e averlo irriso nel momento della morte con un «Kiss me, my Fool!», ne ricopriva il cadavere con petali di rose.
A Fool There Was fece di Theda Bara, che nel film si muove con un satanismo serpentino, una star da un giorno all'altro. Attratte dalla martellante grancassa pubblicitaria, folle di spettatori invasero i cinematografi dove Theda lanciava occhiate assassine da sotto chili di bistro e poi avviluppava nelle sue spire mortali il povero Edward Jose, suo partner nel film.
Nel giro di pochi anni - la sua carriera si chiuse alla fine degli anni Dieci - Theda impersonò tutta una galleria di eroine, positive o negative, Giulietta, Carmen, Madame Du Barry, la Kathleen Mavourneen dal poema di Dion Boucicault, La Gioconda, Salomé, Cleopatra, una delle due orfanelle, Cigarette di Sotto due bandiere e molte altre. Quasi nessuno di questi film raggiunse l'Europa, allora impegnata nella guerra, né, a parte A Fool There Was e East Lynne (1916), sono sopravvissuti. È quindi arduo all'odierna storiografia riconsiderare il fenomeno divistico di Theda Bara per quello che fu, scevro dagli orpelli pubblicitari che l'hanno sempre accompagnato. Dalla cineteca moscovita è saltata recentemente fuori l'ultima bobina di Camille (1917), quella che riguarda la morte di Margherita Gautier. Ed è assolutamente ammirevole la padronanza con cui l'attrice rende la sua parte.
Un breve frammento da cui poter ricominciare a pensare Theda Bara «as she really was».
Da Le dive del silenzio, Le Mani, Genova, 2001.