Goliarda Sapienza è cultura.
Nata come attrice teatrale e cinematografica, dalla carriera breve ma intensa, Goliarda Sapienza divenne rapidamente un'intellettuale di spicco nell'Italia del secondo dopoguerra, che offrì importanti contributi alla letteratura nostrana e al mondo delle idee artistiche e influenzò la produzione filmica del regista Citto Maselli tra gli Anni Cinquanta e Settanta, attività che la porrà tra le donne più importanti (ma purtroppo enormemente sottovalutate) del panorama culturale italiano.
Il suo più grande successo fu un libro uscito postumo in edizione completa, il celebre "L'arte della gioia", che giacque per vent'anni abbandonato in una cassapanca e che, dopo essere stato rifiutato da molti editori, venne stampato parzialmente e in poche copie dalla casa editrice Stampa Alternativa nel 1994, cioè quando, dopo una revisione del di lei vedovo, il caratterista Angelo Pellegrino, ne venne curata personalmente l'uscita.
La storia di Modesta, una ragazzina povera mandata in un convento e da lì in un palazzo dell'aristocrazia italiana, sembrò non trovare spazio tra i tanti titoli che riempivano le librerie. Questi non sembravano luoghi adatti al cammino (definito "dissoluto") di una donna che, consapevolmente, con il corpo e con la mente, rifletteva sul proprio destino, ristretto dalle convenzioni morali e dai tradizionali ruoli femminili nella società italiana. Solo dopo due anni, Stampa Alternativa pubblicò l'opera nella sua completezza, prima di cedere i diritti a Einaudi (con la pubblicazione del libro anche in Francia, dove otterrà vendite da capogiro).
Si riscoprì così la figura radicale di Goliarda Sapienza, una donna soffocata dalla pretesa e dall'ortodossia ideologica dei benpensanti italiani, un'icona femminista, dedita ai sentimenti della sorellanza e dell'omoerotismo.
"La vita è sempre un romanzo non scritto, se lo lasciamo sepolto dentro di noi, e credo nella letteratura", ebbe a scrivere in uno dei suoi libri più famosi, "Appuntamento a Positano". E con le sue parole si riuscirono a trovare nuove forme per raccontare la straordinaria bellezza della difficile vita di certe donne nell'Italia repubblicana degli albori, nuovi occhi per guardare alla sofferenza del passato e nuove luci che avrebbero illuminato il presente, spesso salvando le sue protagoniste da ulteriori errori attraverso un ricercato gioco di memoria, specchio di ogni verità. Con un gusto per uno stile ricercato e molto evocativo, Goliarda Sapienza compì sfumate esplorazioni nella felicità, nelle colpe e nella volubilità degli affetti umani femminili, soprattutto quelli sottoposti ai vincoli materiali della vita quotidiana.
Amò definirsi con orgoglio "un organismo pre-industriale", intendendo sottolineare distanza e rifiuto dai valori e dai ritmi della società moderna e industrializzata. Fu, in effetti, più in sintonia con un modo di vivere semplice, autentico e profondamente ateo, lontano dalle pressioni religiose e dalle alienazioni della contemporaneità. Modo d'essere che incarnò nella sua stessa esistenza, spinta dal forte desiderio di mantenere una connessione indistruttibile con se stessa in quanto donna e persona, "spogliata da" e "in contrasto con" frenesie e superficialità di un'Italia borghese, arricchita, maschilista, patriarcale e genuflessa al cattolicesimo.
Vita in famiglia
Goliarda Sapienza nacque a Catania nel 1924, da Giuseppe Sapienza, avvocato e sindacalista, nonché uno dei nostri Padri Costituenti, e dalla giornalista Maria Giudice, capo di Antonio Gramsci al quotidiano GRIDO DEL POPOLO e prima dirigente donna della Camera del Lavoro di Torino.
Ultima di dieci figli (nati da rispettivi precedenti matrimoni), perse tre fratelli nella lotta contro il padronato e contro il fascismo. Difatti, doveva il suo nome proprio a uno dei suoi fratellastri, Goliardo Sapienza, ucciso dalla mafia tramite affogamento, tre anni prima della sua nascita.
Crebbe in una famiglia dove vigeva la più assoluta libertà dai vincoli sociali, religiosi e, soprattutto, venendo istruita a casa fino a sedici anni. I genitori furono infatti contrari alla scuola pubblica italiana, essendo allora una mera scuola di regime.
Lasciò la Sicilia quando scelse di trasferirsi a Roma per frequentare l'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica, salvo poi unirsi alla Resistenza.
A teatro
Emerse principalmente come attrice pirandelliana. Famosissimo il suo "Liolà" diretta da Silverio Blasi nel 1960. Ma non trascurò opere più classiche come la "Medea di Euripide" di Luchino Visconti, portata al Teatro Nuovo di Milano nel 1953.
Gli inizi con Blasetti
Poche e saltuarie le sue incursioni cinematografiche. Inizialmente, venne spinta da Alessandro Blasetti che la volle nei panni di una suora, Suor Speranza, nella pellicola del 1946 Un giorno nella vita, poi seguito nel 1949 dal ruolo di Cecilia in Fabiola.
Dopo essere stata diretta da Georg Wilhelm Pabst in La voce del silenzio (1953), si limitò a piccole apparizioni da figurante, spesso anche non accreditata, come nel caso del capolavoro universale Senso (1954) di Visconti, dove interpreta una patriota.
Negli Anni Cinquanta, lavorò con Mario Camerini (Ulisse, 1954) e con Luigi Comencini, che in Persiane chiuse (1951) le offrirà il ruolo di una prostituta religiosa.
Ritornerà con l'amico Blasetti nell'episodio La morsa del film Altri tempi (1953), dove vestirà i panni della domestica Anna.
La sua lunga collaborazione con Citto Maselli
A cambiare la sua carriera sarà l'incontro con Citto Maselli, con il quale comincierà a collaborare a tutto tondo come sceneggiatrice, aiuto regista, doppiatrice e assistente agli attori, anche qui spesso non accreditata.
A cominciare da Gli sbandati (1955), il lavoro dietro le quinte di Goliarda Sapienza sarà fondamentale per la ricchezza di contenuti del cinema di Maselli, delineando un profilo artistico molto dettagliato e fortemente critico verso l'Italia di allora.
Emergono ancora oggi e chiaramente le influenze della Sapienza in pellicole come I delfini (1960) e Lettera aperta a un giornale della sera (1970), capaci di offrire nuove prospettive sulle identità femminili e culturali, estremizzando e aggiungendo punti di vista allora taciuti verso i rapporti umani e tra quelli e la società.
La carriera di scrittrice
Sono questi gli anni in cui, spinta dallo stesso Maselli e dal poeta Attilio Bertolucci, decise di dedicarsi alla sola scrittura, firmando il suo primo romanzo "Lettera aperta" del 1967, che raccontava l'infanzia a Catania. Seguirà nel 1969, "Il filo di mezzogiorno", che racchiudeva un resoconto della sua terapia psicanalitica. Invece, fu del 1983 "L'Università di Rebibbia", all'interno del quale descrisse la sua esperienza da carcerata per una condanna penale, seguita da un furto di gioielli di un'amica, che vendette a un banco di pegni usando la carta d'identità della sorella di Citto Maselli, la pittrice Titina Maselli.
Nel 1987, venne pubblicato "Le certezze del dubbio". Nonostante i suoi lavori, per i temi e le scelte narrative fatte, sconterà la sua condizione di scrittrice non conformista con l'indifferenza e talvolta il malcontento degli intellettuali dell'epoca, che preferirono isolarla e deriderla.
Docenza e ritorno sulle scene
Diventata docente di recitazione presso il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, nel 1983, tornò sul set come attrice per essere diretta nientemeno che dalla collega scrittrice Marguerite Duras in Dialogo di Roma e poi, infine, farà la sua ultima apparizione nel documentario breve Frammenti di Sapienza (1994) di Paolo Franchi, presentato alla Mostra d'Arte Cinematografica di Venezia.
I libri postumi
Come già anticipato, il suo libro più famoso "L'arte della gioia", uscirà postumo, così come "Io, Jean Gabin", opera dedicata al suo idolo recitativo, e l'omoerotico "Appuntamento a Positano", parallelamente a racconti ("Destino coatto" ed "Elogio del bar") e poesie ("Ancestrale").
Onori
Dopo la sua morte, avvenuta il 30 agosto 1996, le venne dedicata la Biblioteca delle Donne, nel quartiere La Montagnola di Roma e numerose vie e piazze catanesi, gaetane e palermitane, nonché un busto sul Viale degli Uomini Illustri presso la Villa Bellini di Catania.
"Il filo di mezzogiorno" sarà poi portato a teatro da Donatella Finocchiaro, frutto dell'adattamento di Ippolita di Majo e diretto da Mario Martone.
Sarà invece Valeria Golino a trasporre il romanzo "L'arte della gioia" in una serie tv omonima.
Vita privata
Goliarda Sapienza fu la compagna del regista Francesco "Citto" Maselli per diciotto anni. I due si conobbero nell'ambiente cinematografico nel 1946, ma iniziarono una relazione solo l'anno dopo.
Successivamente, si sposò con l'attore, scrittore e docente di letteratura greca Angelo Pellegrino, provocando uno scandalo poiché l'uomo era più giovane di lei di ventitré anni.