
Anno | 2024 |
Genere | Azione, Drammatico |
Produzione | Italia |
Regia di | Arnaldo Catinari |
Attori | Matilda De Angelis, Lorenzo Cervasio, Maurizio Lombardi, Thekla Reuten Giordana Faggiano, Julia Piaton, Filippo Nigro, Marouane Zotti, Maxim Mehmet, Bernhard Schütz, Maxence Dinant, Jun Ichikawa, Massimo Rigo, Giulia Fraschetti. |
MYmonetro | Valutazione: 3,00 Stelle, sulla base di 1 recensione. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 14 ottobre 2024
Capitolo italiano dell'universo Citadel, l'innovativa serie di eventi globali di Prime Video e AGBO dei fratelli Russo.
CONSIGLIATO SÌ
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È da anni che le cose vanno male, in Italia come nel resto del mondo: siamo nel 2030 e tutto è sempre più cupo, tra leggi per la liberalizzazione delle armi, attentati destabilizzanti e un nuovo regime di polizia. In questo scenario distopico si muove Diana Cavalieri, nome in codice Agente 308, membro dell'agenzia segreta Manticore fondata e guidata dalla famiglia Zani. Manticore Italia ha due consorelle, Francia e Germania, con le quali è sì in combutta ma anche e soprattutto in competizione. E gli equilibri sono di nuovo pronti a cambiare quando Diana intercetta uno scambio tra due agenti stranieri per creare una nuova e potentissima arma, ma Diana è anche in realtà un'infiltrata di Citadel dentro la rivale Manticore, l'ultima rimasta dopo il massacro di otto anni prima.
Primo spin-off dell'originale Citadel. Alla nostra Diana farà seguito anche l'indiana Citadel: Honey Bunny.
Se c'è un aspetto da quando le "streaming wars", le piattaforme OTT e le library digitali sono arrivate nel nostro paese che tocca guardare in controluce è quanto l'esposizione globale di un prodotto locale abbia spinto in avanti - o forse no - l'industria dello spettacolo nazionale. E questo Citadel: Diana è un buon case study sul quale esercitarsi e chiedersi: Alessandro Fabbri e Gina Gardini hanno fatto fare un piccolo passo in avanti al ruolo dello showrunner in Italia? Matilda De Angelis è l'unica, vera, star internazionale che possiamo schierare? EAStunt dei fratelli Novelli può riportare al centro del cinema italiano il corpo e l'azione?
Sono tutte speculazioni teoriche e industriali assieme che di certo non possono essere poste sul modello del Citadel americano, quanto - di nuovo - in controluce rispetto ad esso. E non è forse questo il senso ultimo dell'operazione voluta dalla regina di cuori e di spine di Amazon, Jennifer Salke, quando ha approcciato i fratelli Russo con l'idea di una serie a stelle e a strisce che condividesse il concept e lo sviluppo con un roster di spin-off creati, pensati e prodotti in giro per il mondo dalle varie industrie nazionali?
Era il 2021 quando Richard Madden e Priyanka Chopra Jonas spendevano la maggior parte dell'anno a girare la prima Citadel, mentre Amazon sperperava quasi 250 milioni di dollari dovuti da una parte al gigantismo dei fratelli Russo (oramai sinistramente riconosciuto a Hollywood) e dall'altra ad una lotta interna tra gli showrunner originari Josh Applebaum/Bryan Oh contro gli stessi Russo, tanto che si è parlato di due editing finali in competizione tra di loro presentati alla produzione, con la decisione di scegliere quello dei Russo, mettere a capo David Weil come nuovo responsabile della writers room e buttarsi a capofitto nei reshoot necessari.
Quello che ne è venuto fuori è stata una prima stagione della Citadel americana completamente anonima, scialba, scarsa nel coinvolgerti ed eccessiva nell'intrattenerti, artificiosamente complessa e spontaneamente involuta. Una global spy story che abbracciava oriente e occidente, action e melodramma, empowerment femminile e crisi della mascolinità, in ossequio ai più reconditi calcoli dell'algoritmo. Con il risultato che Amazon non ha ora soltanto la più costosa serie tv di tutti i tempi, cioè l'altrettanta sventurata Il Signore degli Anelli - Gli Anelli del Potere (250 milioni di dollari per i diritti, 460 per la prima stagione), ma anche la seconda, cioè Citadel.
E quindi, in controluce, Citadel: Diana ha risposto alle domande poste all'inizio? In parte sì, perché è evidente lo sforzo di Fabbri e Gardini nel tirare su un worldbuilding credibile e coerente, perché Matilda De Angelis è a suo modo un'icona particolarissima nel nostro panorama nazionale e perché EAStunt proprio su quel corpo ha lavorato a fondo e al meglio. Il topolino italiano, partorito dalla montagna americana, ha insomma se non creato un prodotto all'altezza della circuitazione internazionale di sicuro ne ha realizzato uno capace di proiettarsi oltre il solito profilo industriale.
E lo ha fatto sfruttando al massimo le possibilità offerte dal pitch primigenio della Salke, cioè lavorando sul local contrapposto al global, spiegando il particolarismo e non urlando l'eccezionalismo. Fabbri e Gardini hanno accelerato le tensioni interne alle società italiane ed europee tutte, tra rigurgiti di fascismo, tentazioni securitarie e agitazioni paranoiche, per tratteggiare una cornice così lontana eppure così vicina, sia nel tempo (la strategia della tensione) che nello spazio (gli attentati nelle varie capitali del continente).
In Citadel: Diana si parla di imperi personali sovranazionali (gli Zani e le varie famiglie), di sudditanza economica e politica (Italia contro Francia e Germania), di agenzie e agende segrete (Manticore che ha in mano il governo), quasi a rendere la serie un trattatello di geopolitica contemporanea. Il tutto, però, sostenuto da una confezione cinematografica chiara e consapevole, che guarda al passato dei nostri autori (il retro-futurismo à la La decima vittima di Petri) e dei nostri generi (è un thriller politico che disinnesca il melodramma straripante della Citadel americana). Certo, a volte la regia di Arnaldo Catinari non ha il giusto mordente e sembra perdere la presa sulla storia (l'assalto alla base Citadel), e a volte la sceneggiatura di Fabbri e della sua squadra va troppo dritta non lasciando sviluppare a dovere alcuni passaggi (l'addestramento di Diana), ma la piccola, periferica, odissea di sopravvivenza dell'Agente 308 ha un suo meritato appeal. In attesa della prossima Citadel.
Vedo pochissime serie tv italiane e devo dire che ho ragione a non perdere il mio tempo vedendo una serie del genere, dialoghi insignificanti e storia penosa, da bocciare assolutamente.
C'è un problema: si svolge nel '30,e ritorna a 9 anni prima. Ma nel '21 eravamo tutti con la mascherina e in clausura!!