harloch74
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sabato 6 gennaio 2024
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animazione superlativa
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Si alza il vento doveva essere l'ultimo lavoro di Miyazaki, un opera personale, il suo omaggio al cinema. Fortunatamente l'arte e il mestiere hanno avuto la meglio sulle decisioni prese, e così siamo dinnanzi a questo "il ragazzo e l'airone" , l'omaggio del maestro allo studio Ghibli. Visivamente impressionante, con una tridimensionalità che ti fa capire che l'animazione classica, quella fatta con matita, colori e pennelli, se fatta a regola d'arte e con esperienza e tecnica non solo è superiore alla CGI, ma riesce tranquillamente a essere tridimensionale senza bisogno di creare freddi videogioconi. Dicevo omaggio allo Studio Ghibli, tutto il film è impregnato di tutti gli elementi della gloriosa storia dello studio: troviamo nella trsma la guerra, elementi di cinema neorealista che ricordano i lavori di Isao Takahata, altro pilastro dello studio, scene che omaggiano altri lavori, il tutto condito da una trama onirica, a tratti difficile da capire, non è un film per bambini, va detto , è la visione anche spirituale di Miyazaki.
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Si alza il vento doveva essere l'ultimo lavoro di Miyazaki, un opera personale, il suo omaggio al cinema. Fortunatamente l'arte e il mestiere hanno avuto la meglio sulle decisioni prese, e così siamo dinnanzi a questo "il ragazzo e l'airone" , l'omaggio del maestro allo studio Ghibli. Visivamente impressionante, con una tridimensionalità che ti fa capire che l'animazione classica, quella fatta con matita, colori e pennelli, se fatta a regola d'arte e con esperienza e tecnica non solo è superiore alla CGI, ma riesce tranquillamente a essere tridimensionale senza bisogno di creare freddi videogioconi. Dicevo omaggio allo Studio Ghibli, tutto il film è impregnato di tutti gli elementi della gloriosa storia dello studio: troviamo nella trsma la guerra, elementi di cinema neorealista che ricordano i lavori di Isao Takahata, altro pilastro dello studio, scene che omaggiano altri lavori, il tutto condito da una trama onirica, a tratti difficile da capire, non è un film per bambini, va detto , è la visione anche spirituale di Miyazaki. Consiglio di vederlo, e vederlo al cinema. Il film bisognerà vederlo più volte per capirlo in pieno, ma è il prezzo da pagare se vuoi vedere un prodotto eccellente rispetto le tonnellate di filmetti animati dal animazione dozzinale pieni di politicamente corretto tanto di moda oggi.
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tom cine
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martedì 9 gennaio 2024
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uno splendido ritorno
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Nel 2013 Hayao Myazaki, in occasione dell’uscita di “Si alza il vento”, annunciò che si sarebbe allontanato dal mondo del cinema e che quello sarebbe stato il suo ultimo film. Invece, dieci anni dopo, eccolo di nuovo in pista con “Il ragazzo e l’airone”: ed è uno splendido ritorno. Dopo la commovente e anomala parentesi realistica di “Si alza il vento” (che aveva anche, al suo interno, una stupenda storia d’amore), il regista giapponese e lo staff dello Studio Ghibli sono tornati alla ribalta con un film dove convergono molti temi cari al regista (l’orrore della guerra, le contraddizioni degli esseri umani, l’amore) e con il quale quest’ultimo torna a raccontare una fiaba.
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Nel 2013 Hayao Myazaki, in occasione dell’uscita di “Si alza il vento”, annunciò che si sarebbe allontanato dal mondo del cinema e che quello sarebbe stato il suo ultimo film. Invece, dieci anni dopo, eccolo di nuovo in pista con “Il ragazzo e l’airone”: ed è uno splendido ritorno. Dopo la commovente e anomala parentesi realistica di “Si alza il vento” (che aveva anche, al suo interno, una stupenda storia d’amore), il regista giapponese e lo staff dello Studio Ghibli sono tornati alla ribalta con un film dove convergono molti temi cari al regista (l’orrore della guerra, le contraddizioni degli esseri umani, l’amore) e con il quale quest’ultimo torna a raccontare una fiaba.
Rispetto a molti lavori precedenti (e con l’eccezione di “Princess Mononoke”), i toni, pur non rinunciando a tocchi di salutare e buffa ironia, diventano più malinconici e cupi perché, al centro della storia, c’è l’elaborazione di un lutto: Mahito, il ragazzo del titolo, è orfano di madre. Il come e il perché li sappiamo subito dopo lo spegnimento delle luci in sala: la storia si apre su una sequenza che non solo chiarisce il contesto storico, ma ci catapulta bruscamente nel mezzo di un dramma con una sequenza breve ma bellissima. La Seconda Guerra Mondiale è nel pieno del suo svolgimento e l’ospedale in cui la donna è ricoverata viene avvolto dalle fiamme e a nulla vale la disperata corsa di Mahito e di suo padre Shoichi per salvarla. Un anno dopo, Shoichi sposa la sorella della defunta, Natsuko. In seguito a questo nuovo matrimonio, padre e figlio vanno a vivere nella casa di campagna della donna (che nel frattempo è rimasta incinta). Mahito è costretto così ad ambientarsi, mentre il dolore per la perdita della madre (che non riesce ad esprimere) lo porta addirittura a compiere un atto di autolesionismo. Nei dintorni della casa della zia, si erge una torre la cui origine è ignota. Ed è proprio l’ignoto che entra nella vita del ragazzo quando un airone parlante, personaggio bizzarro e inizialmente inquietante, comincia a irretire il protagonista (ovviamente c’è un motivo, ma non voglio anticiparvi nulla in proposito), invitandolo a seguirlo all’interno della torre, dove si cela un luogo in cui i vivi possono incontrare i morti e promettendogli di aiutarlo ad incontrare la madre. Quando Natsuko scompare all’interno dell’edificio, Mahito deciderà di oltrepassare la soglia insieme allo strano animale, cominciando un’avventura dentro un mondo surreale e parallelo.
“Il ragazzo e l’airone” è un film polisemico: mescola, nel suo calderone, il racconto di formazione, l’avventura, la fiaba, il grottesco, citazioni delle opere precedenti e una malinconica riflessione sulla vita e sulla morte. Il bello consiste nel fatto che riesce a far convivere sullo schermo tutti questi aspetti senza renderli pedanti e a farli convergere nella parte finale, dove emerge l’argomento principale che attraversa l’intero film e che rimanda, più degli altri, alle opere precedenti del regista. L’intera filmografia di Myazaki è costellata da personaggi femminili forti e determinati, ma questo film si spinge addirittura oltre. Attraverso il dolore affrontato dal suo protagonista e l’affetto che prova per la zia (che non a caso è molto somigliante alla madre) quando scopre che è incinta, “Il ragazzo e l’airone” diventa anche e soprattutto un film potente che, oltre a far sfoggio di una fantasia davvero scatenata, riesce a far vibrare i sentimenti e a trasformarsi in vera poesia affrontando il tema della maternità e dei legami tra madri e figli, quando sono veri e profondi. Le donne, in questo film, sono dispensatrici di vita in lotta contro la morte e molte delle scene più belle sono correlate proprio ai temi della nascita e della sopravvivenza (non dimenticherete i Warawara…) e mostrano in pieno quanto questo lungometraggio animato sia meravigliosamente potente anche a livello visivo: è un’opera ricchissima, in alcuni passaggi perfino sperimentale (c’è perfino una lunga parte in cui quasi domina il silenzio, a parte alcuni scarni dialoghi e qualche effetto sonoro), piena di simbologie e che obbliga costantemente lo spettatore ad essere silenzioso e attento. Ed è un film profondamente commovente, ma qui è bene non anticipare troppo: “Il ragazzo e l’airone” mette gli spettatori con le spalle al muro ricordando a tutti che bisogna sempre andare avanti e affrontare quell’avventura breve ma straordinaria che è la vita. Senza dimenticare che dietro alla crescita di ognuno, uomo o donna che sia, ci sono sempre il sacrificio e l’amore di una madre.
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felicity
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martedì 6 febbraio 2024
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film impegnativo ed eccezionale
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Il ragazzo e l'airone di Hayao Miyazaki è un film complicato. E complicato non significa oscuro o respingente. Significa che per essere compreso fino in fondo richiede tempo, concentrazione e impegno.
Ne Il ragazzo e l'airone, ci sono tantissimi elementi. Può vederlo un bambino, se si ferma allo strato più superficiale del racconto: i colori, le animazioni e i disegni. Può vederlo un adolescente, se cerca una storia capace di mostrare le contraddizioni della crescita. E può vederlo un adulto che ha già vissuto parte della sua vita e che vuole uno specchio in cui riconoscersi.
Ne Il ragazzo e l'airone ci sono delle citazioni di 8 e mezzo, con inquadrature che ribaltano la prospettiva scelta da Federico Fellini.
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Il ragazzo e l'airone di Hayao Miyazaki è un film complicato. E complicato non significa oscuro o respingente. Significa che per essere compreso fino in fondo richiede tempo, concentrazione e impegno.
Ne Il ragazzo e l'airone, ci sono tantissimi elementi. Può vederlo un bambino, se si ferma allo strato più superficiale del racconto: i colori, le animazioni e i disegni. Può vederlo un adolescente, se cerca una storia capace di mostrare le contraddizioni della crescita. E può vederlo un adulto che ha già vissuto parte della sua vita e che vuole uno specchio in cui riconoscersi.
Ne Il ragazzo e l'airone ci sono delle citazioni di 8 e mezzo, con inquadrature che ribaltano la prospettiva scelta da Federico Fellini. C'è Dante, c'è la Divina Commedia, c'è l'Inferno. Non è un film facile.Non essere facili vuol dire invitare al ragionamento, alla considerazione e al pensiero critico.
Il protagonista deve capire chi vuole essere da grande. E soprattutto deve capire come fare per convivere con il senso di smarrimento e il lutto: due sentimenti che, anche crescendo, non andranno mai vita.
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johnny1988
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mercoledì 3 gennaio 2024
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un mondo precario in eredità
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Il ragazzo e l'airone (Kimi-tachi wa dō ikiru ka, H.Miyazaki, 2023) ****
In piena Seconda Guerra Mondiale, il fanciullo Mahito subisce il trauma della perdita della madre, tra le fiamme dell'ospedale che la ricovera. Dopo la risoluzione del conflitto, il padre si risposa con la cognata, gravida, e si trasferisce con Mahito nella tenuta di campagna dove un tempo vivevano la madre e la zia.
Nell'immobilità della nuova dimora, rompe la quiete un maestoso airone cenerino, che seduce lo sguardo del giovane adolescente e lo guida in una dimensione surreale, con l'ambigua promessa di riesumare la madre defunta. Riuscirà il ragazzo ad elaborare il lutto e ad accettare l'arrivo del nascituro fratellastro? E sarà in grado di ereditare da un antico avo dato per disperso la cura dell'universo, che vacilla precariamente sull'orlo dell'oblio?
Non si esauriscono le parole e gli encomi diretti all'ultimo lavoro di Hayazo Miyazaki, che annunciò esattamente dieci anni fa il ritiro dallo Studio Ghibli.
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Il ragazzo e l'airone (Kimi-tachi wa dō ikiru ka, H.Miyazaki, 2023) ****
In piena Seconda Guerra Mondiale, il fanciullo Mahito subisce il trauma della perdita della madre, tra le fiamme dell'ospedale che la ricovera. Dopo la risoluzione del conflitto, il padre si risposa con la cognata, gravida, e si trasferisce con Mahito nella tenuta di campagna dove un tempo vivevano la madre e la zia.
Nell'immobilità della nuova dimora, rompe la quiete un maestoso airone cenerino, che seduce lo sguardo del giovane adolescente e lo guida in una dimensione surreale, con l'ambigua promessa di riesumare la madre defunta. Riuscirà il ragazzo ad elaborare il lutto e ad accettare l'arrivo del nascituro fratellastro? E sarà in grado di ereditare da un antico avo dato per disperso la cura dell'universo, che vacilla precariamente sull'orlo dell'oblio?
Non si esauriscono le parole e gli encomi diretti all'ultimo lavoro di Hayazo Miyazaki, che annunciò esattamente dieci anni fa il ritiro dallo Studio Ghibli. Il Maestro giapponese recluta per quest'ultima mastodontica opera gli stessi vecchi compagni animatori che diedero alla luce capolavori come La Città Incantata e il Castello Errante di Howl.
Come sempre, Miyazaki shakera con un'amministrazione zen la mitologia europea e la filosofia shintoista, trascinando il pubblico in un vortice (dichiaratamente) "dantesco" di mondi straordinari e rimettendo sul piatto le tematiche universali che contraddistinguono la sua poetica, che accarezza teneramente il pubblico con il fascino dell'innocenza infantile e che lo inquieta con i mostri che scavano grottescamente negli animi degli adulti.
Un film che si comporta, secondo la struttura archetipica della narrazione, come le stagioni, passando fiabescamente dal superamento della perdita al confronto con le angosce interiori, prima solo oniriche e poi incarnate, fino alla risoluzione del conflitto e l'ingresso (si spera felice) nell'età adulta.
Come in altri film precedenti, e forse non è questo il caso più urgente, forse proprio per la sua natura profondamente esistenzialista e sempre attuale, Miyazaki sembra parlare a sé stesso e al genere umano, in un tentativo di redenzione spirituale dal Male, intrinseco del cosmo (vedere le creature magiche e sinistre del Paese dei parrocchetti, delle pietre magrittiane, dei pellicani predatori, e dello stesso airone, inquietante mutaforme umanoide) e propellente del nostro inconscio.
Per un certo verso, un film molto poco chiaro, labirintico e molto meno consolatorio rispetto ad altri progetti, quasi che lo si potrebbe coniugare al pessimismo drammaturgico di Bergman o di Takahata (di cui si nota un certo debito artistico), frutto di un sentimento "disincantato", che lascia poco margine alla speranza, ma molto di più alla rassegnazione e all'imprevedibile. Ma nulla ci dice che anche questo non faccia parte di un gioco più grande di noi, che non conduciamo.
Sarebbe un peccato vederlo nel piccolo schermo.
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