Il sol dell'avvenire

Il sol dell’avvenire? Ma poi quest’avvenire qual’è stato? Possiamo chiederci se è un film politico. Se uniamo i punti Ecce Bombo, Palombella Rossa, i “continuiamo così facciamoci del male, “Mi si nota di più se vado o se non vado”, fino al Sol dell’avvenire viene fuori un Moretti che se da un lato auto celebra se stesso, dall’altro autoironizza mostrando la parte di noi stessi che non vuole arrendersi alla costatazione che il tempo ci scorre addosso e la clessidra della storia non si ferma e, piuttosto, si capovolge completamente specie se si parla di Russia, madre Russia, modello e faro di civiltà, ed oggi aggressore.
Il regista sta girando un film ambientato nel 56, all’indomani di una guerra mondiale in cui sono stai i russi a debellare il nazismo, dove partigiani antifascisti hanno visto nel PCI il cordone ombellicale con quel modello di vita sovietico dove tutti potevano vivere dignitosamente, ma tutti nello stesso modo. In una Italia inevitabilmente agganciata all’atlantismo consumistico le sezioni del partito comunista erano lo zoccolo duro del lavoro inteso come contributo personale alla grande utopia. Ma già dall’invasione dell’Ungheria da parte dei sovietici soffocatori di ogni libertà – a Budapest consiglio la visita al Museo del Terrore – ci si rende conto che il modello scricchiola. Tutta la storia della sinistra italiana è una continua ricerca di un ideale che non esiste cercata nel posto sbagliato. Il nostro regista continua a vivere in un passato imbalsamato. Ma tutto cambia. La moglie, la figlia, la società, l’abbigliamento, la vita insomma. La realtà odierna gli è del tutto insopportabile.  Ogni cosa è distorta e le fiction con spari e violenza, sulle piattaforme ormai planetarie, sono molto gradite. Lui va avanti ad anti depressivi. Diventa una caricatura di se stesso. Alla fine è un pesce fuor d’acqua incompreso, in antitesi con tutto e tutti. Il suo personaggio che si intromette su ogni cosa è pesante e rende più pesante ancora il rapporto con chi gli sta vicino. Il Moretti attore diretto da se stesso risulta a mio parere, volutamente insopportabile per quel modo di scandire ogni parola che però stanca. Sicuramente è un lavoro di grande valore anche se di non facile lettura, come testimoniano i riferimenti a Fellini o Kieslowski. Chi si aspetta ritmo resta deluso, ma alla fine della pellicola c’è chi ha applaudito convintamente verso lo schermo.