thomas
|
sabato 22 aprile 2023
|
stupendo
|
|
|
|
In passato soltanto Federico Fellini con “8 1/2” e Bob Fosse con “All that jazz” avevano raggiunto i vertici della Settima Arte quando si erano cimentati con la sfida più grande: fare i conti con se stessi raccontandosi. Molti ci provano, pochi ne escono trionfatori, basti pensare a Woody Allen, malamente scivolato su “Stardust Memories”, o a Pedro Almodovar, Steven Spielberg e Paolo Sorrentino, che con “Dolor y gloria”, “The Fabelmans” ed “E’ stata la mano di Dio” hanno prodotto ottime opere, ma certamente non capaci di segnare un’epoca. Adesso, però, in un ipotetico podio, insieme a Fellini e Fosse c’è anche Nanni Moretti, visto che il suo “Sol dell’avvenire” si guadagna di diritto un posto tra i capolavori assoluti non soltanto del cinema italiano, ma di quello mondiale.
[+]
In passato soltanto Federico Fellini con “8 1/2” e Bob Fosse con “All that jazz” avevano raggiunto i vertici della Settima Arte quando si erano cimentati con la sfida più grande: fare i conti con se stessi raccontandosi. Molti ci provano, pochi ne escono trionfatori, basti pensare a Woody Allen, malamente scivolato su “Stardust Memories”, o a Pedro Almodovar, Steven Spielberg e Paolo Sorrentino, che con “Dolor y gloria”, “The Fabelmans” ed “E’ stata la mano di Dio” hanno prodotto ottime opere, ma certamente non capaci di segnare un’epoca. Adesso, però, in un ipotetico podio, insieme a Fellini e Fosse c’è anche Nanni Moretti, visto che il suo “Sol dell’avvenire” si guadagna di diritto un posto tra i capolavori assoluti non soltanto del cinema italiano, ma di quello mondiale. In poco più di novanta minuti si alternano tra loro, mescolandosi, riflessioni sulla storia d’Italia ed europea (l’invasione sovietica per reprimere la primavera di Budapest nel ‘56 e la reazione dei dirigenti e militanti del PCI) e annotazioni intimissime (la richiesta di aiuto a mezza voce indirizzata alla madre morta da tredici anni), citazioni cinefile (“Lola” di Demy, “Il Decalogo” di KieslowskI, “La dolce vita” di Fellini, “San Michele aveva un gallo” dei Taviani, “Apocalypse Now” di Coppola) e struggenti dialoghi d’amore (stupendo quello dei due giovani all’uscita dall’auto), sottofondo di canzoni immortali (“La canzone dell’amore perduto” di De Andrè e “Voglio vederti danzare” di Battiato) e cori di canzoni epocali (grandioso il crescendo di “Sono solo parole” di Noemi cantata da tutto il cast) e poi … Cassavetes, Scorsese, Zeller … E che qualità di riflessioni! La violenza nel cinema spesso rappresentata come spettacolo invece che come dolore, il parlare di tutto fuorché di se stessi all’interno delle coppie, l’assurdità dei film realizzati con gli algoritmi alla moda di Netflix, il Partito Comunista Italiano come vera comunità di uomini e donne legati da sentimenti ed aspirazioni, l’amore come forza propulsiva capace di superare ogni barriera, il tutto condito da giri in monopattino per Roma, “idiosincrasie tipicamente morettiane” (questa volta tocca alle sabot “perché se non devo vedere le dita dei piedi, allora non voglio vedere il calcagno!”), voli di trapezisti al circo, gelato alla cannella e serate sul divano con una copertina colorata addosso. “Il sol dell’avvenire” è talmente complesso nella sua apparente semplicità da richiamare anche “Effetto notte” di Truffaut: anche lì si rappresenta “un film nel film”, ma la capacità morettiana di attraversare con naturalezza tutti i contesti sorpassa, anche per profondità, quella del grande Maestro francese. Certo, ci sarebbe da scrivere qualcosa anche riguardo ad un parallelo con lo stupefacente “La rosa purpurea del Cairo” (il migliore di Woody Allen) ma forse è meglio citare Moretti quando è tentato di iniziare a parlare degli zoccoli olandesi: “è una storia troppo lunga”. Nanni Moretti supera se stesso e, se “Bianca” rimaneva fino ad ieri il suo capolavoro, adesso con l’esplosione di sentimenti, riflessioni e creatività de “Il sol dell’avvenire” riesce a spingere più in là l’orizzonte della sua Arte, semplicemente allargando lo sguardo fino al punto di “giocare” persino con la forza più inesorabile: il tempo. È vero che la Storia non si fa con i “se”, ma il Cinema può consentire di battere il tempo tornando indietro, ricostruendo ciò che poteva essere e non è stato e mostrando che, anche se non si è imboccata una strada nei bivi dell’esistenza, nulla toglie che in futuro, una volta acquisita consapevolezza degli errori commessi, la si possa comunque facendo giri immensi raggiungere e percorrere. Il corteo finale non è, allora, una celebrazione nostalgica, ma una gioiosa speranza nell’avvenire.
[-]
[+] l''amore è la speranza di poter ricominciare. a.s.
(di maddalena)
[ - ] l''amore è la speranza di poter ricominciare. a.s.
[+] complimenti
(di fabry)
[ - ] complimenti
[+] autocelebrazione moretti: me faccio un film pemmè
(di tommasoelia)
[ - ] autocelebrazione moretti: me faccio un film pemmè
[+] ok thomas
(di gianfranco)
[ - ] ok thomas
[+] non mi toccare "stardust memories"...
(di spione)
[ - ] non mi toccare "stardust memories"...
|
|
[+] lascia un commento a thomas »
[ - ] lascia un commento a thomas »
|
|
d'accordo? |
|
fulvio wetzl
|
giovedì 4 maggio 2023
|
abbiamo settant''anni - prima parte
|
|
|
|
Abbiamo 70 anni (io li ho appena compiuti, lui li compie ad agosto). Ci conosciamo dal 1976, quando mi prestò la Canon superotto muta con cui aveva girato "Io sono un autarchico", gelosamente conservata da Andrea Parlatore, ai tempi assistente di Nanni, per permettermi di concludere il mio super8 di esordio "L'amore è un salto di qualità". Nanni non mi aveva detto però che la cinepresa era caduta, e che la parallasse s'era spostata, quindi quello che io vedevo nel mirino non corrispondeva a quello che rimaneva impresso sulla pellicola.
[+]
Abbiamo 70 anni (io li ho appena compiuti, lui li compie ad agosto). Ci conosciamo dal 1976, quando mi prestò la Canon superotto muta con cui aveva girato "Io sono un autarchico", gelosamente conservata da Andrea Parlatore, ai tempi assistente di Nanni, per permettermi di concludere il mio super8 di esordio "L'amore è un salto di qualità". Nanni non mi aveva detto però che la cinepresa era caduta, e che la parallasse s'era spostata, quindi quello che io vedevo nel mirino non corrispondeva a quello che rimaneva impresso sulla pellicola. Mi ritrovai quindi un film con gran parte delle inquadrature eccentriche, che giustificai come scelte estetiche, come un costruttivista russo. Candidamente Nanni, quando portai a vedere il corto, appena ultimato, a Via San Tommaso d'Aquino, casa dei suoi prospicente il Tribunale a Piazza Clodio, mi disse che gli piaceva, però non capiva perché in molte inquadrature in Piazza di Spagna i due protagonisti, Cristina Ruiz e Daniele Formica, guardassero altrove... Ritrovai Nanni, io in qualità di direttore dell'Officina Filmclub, quando per primi fummo scelti da lui per visionare "Io sono un autarchico", in vista di una programmazione. Lo vidi e lo apprezzai sullo schermo di via Benaco, insieme ai quattro altri soci, Cristina Torelli, Paolo Luciani, e i compianti Ciro Giorgini e Fabrizio Grana. Tutti e quattro avevano forti riserve, dovute allo stile frammentario e artigianale (derivante dalla scarsa lunghezza delle bobine super8), dalla fissità delle inquadrature (forse dovuta alla "timidezza" espressiva di Nanni, che non si avventurava in movimenti di macchina, di cui allora non capiva ancora il significato); stile e inquadrature che diventarono di lì a breve una sua cifra stilistica personalissima. A me il film era piaciuto, sinceramente, più per i contenuti caustici, per le frasi lapidarie, l'autoironia sferzante, il disegno senza pietismi di una generazione incerta. Mi imposi ai miei soci e chiamai Nanni, proponendogli la prima e la tenitura del film per un tot di giorni. Nanni mi chiese a bruciapelo: "Vi è piaciuto il film?" io gli risposi che mi era piaciuto molto. Lui incalzò: "Ma è piaciuto a tutti, all'unanimità?". Io ebbi un'esitazione, fatale. Dissi che gli altri soci avevano delle riserve, ma che sì, tutti avevano deciso di programmarlo. Lapidariamente Nanni concluse: "Allora non ve lo do!" Poi la Storia è nota, Nanni lo portò al Filmstudio, che lo programmò per mesi, diventando sul passaparola un successo incredibile che ha determinato il prosieguo fulgido della sua carriera. Nanni si ricordò di nuovo di me, sempre in modo caustico, nel successivo "Ecce Bombo", in quella scena in cui il gruppetto al bar, compreso Nanni, decidono di andare al "Montesacro Alto, in via Emilio Praga 47" e finiscono in un'appartamento in penombra, dove una famiglia sta cenando. Il cineclub in questione l'avevo fondato un'annetto prima, trasformando exnovo una scuola di danza in un cinema, ma senza avere il permesso dal condominio di mettere la benché minima insegna esterna luminosa. Quindi era di assai difficile individuazione in quel quartiere periferico, da cui derivava lo smarrimento dei ragazzi di Nanni alla ricerca del cinema perduto. Mi sono permesso questa lunga introduzione autoreferenziale, "andando fuori tema", perché sono in casa (meglio, nella casella) di chi ha trasformato il narcisismo, la danza intorno al proprio ombelico, il parlare solo di qualcosa e qualcuno che si conosce a fondo, cioé se stessi, me stesso, in un' arte dell'interpretazione della realtà, che procede inossidabile da 47 anni fino ad oggi. La vera ragione di questa longevità è l'assoluta consapevolezza di Nanni nell' usare il narcisismo come chiave interpretativa, e in questo io mi riconosco, mi identifico, in maniera commovente e febbrile, ora come allora e lungo tutti questi anni. I brevi ricordi personali del rapporto tra Nanni e me, in cui in maniera così aguzza lui si è espresso, imprimendosi nella mia mente indelebili, io li ritrovo smaltati e smaglianti in "Il sol dell'avvenire", che è come un "Catalogo degli oggetti introvabili" di Carelman di tutte, proprio tutte le passioni, le idiosincrasie, le sottolineature, le puntualizzazioni, le frasi epocali (senza coscienza di esserlo), il cambio continuo di stile e di ritmo, come in una jam session di free jazz, che Nanni ha dipanato in "13 film" in 47 anni (fine prima parte)
[-]
|
|
[+] lascia un commento a fulvio wetzl »
[ - ] lascia un commento a fulvio wetzl »
|
|
d'accordo? |
|
fulvio wetzl
|
giovedì 4 maggio 2023
|
abbiamo settant''anni - seconda parte
|
|
|
|
(seconda parte). Il percorso lo abbiamo fatto procedendo paralleli in tutti questi anni, con destini e risultati con tutta evidenza diversi, ma tutto quello che vibra e fa vibrare il film, in conseguenza degli accadimenti che ne determinano il percorso, ci accomuna profondamente, sia le vampate di gioia, che soprattutto le disillusioni: la militanza politica, il privato e il politico ("cotta continua" c'era scritto sopra il portone della scuola media di Sacrofano), i cineclub e i teatri d'avanguardia, i compagni che sbagliano e i compagni che si annientano, e sento questa comunanza, come diceva Attilio del figlio Bernardo Bertolucci, "la sua è una timidezza che passerà come una malattia della prima infanzia, lasciando piccole cicatrici rosate".
[+]
(seconda parte). Il percorso lo abbiamo fatto procedendo paralleli in tutti questi anni, con destini e risultati con tutta evidenza diversi, ma tutto quello che vibra e fa vibrare il film, in conseguenza degli accadimenti che ne determinano il percorso, ci accomuna profondamente, sia le vampate di gioia, che soprattutto le disillusioni: la militanza politica, il privato e il politico ("cotta continua" c'era scritto sopra il portone della scuola media di Sacrofano), i cineclub e i teatri d'avanguardia, i compagni che sbagliano e i compagni che si annientano, e sento questa comunanza, come diceva Attilio del figlio Bernardo Bertolucci, "la sua è una timidezza che passerà come una malattia della prima infanzia, lasciando piccole cicatrici rosate". Sottopelle le sequenze sullo schermo mi hanno riempito di cicatrici non più dolorose, ma squarci sottili ad aprire reintepretazioni della mia vita, così simile ma così diversa. Ho sentito ieri sera Nanni, ospite di Marco Da Milano, dire che i film nel film sono quattro, non tre come sosteneva il giornalista, e aggiungendo puntigliosamente il film che avrebbe voluto fare, tratto da Il Nuotatore di John Cheever, di un uomo che attraversa tutta la contea a nuoto, passando da una piscina all'altra. film davvero affascinante, ma dice Nanni, che l'avrebbe potuto fare quando era magro, anni fa (ai tempi di Palombella Rossa). Io ne ho contati sette di film, Nanni, e te li elenco altrettanto puntigliosamente: C'è il contenitore principale, (1) la storia di te regista, Margherita produttrice, la crisi del vostro rapporto, le difficoltà produttrive, in bilico tra l'autarchia di una volta e la standardizzazione delle piattaforme da "190 paesi, 190 paesi"; c'è il film (2) che stai iniziando sul peccato originale del 1956, la mancata emancipazione del PCI dall'Unione Sovietica dopo l'invasione dei carri armati a Budapest, un film che si mostra magnifico e tremendamente interessante, più di "Je vous presènte Pamela" di Truffaut in "Effetto Notte", perché parla a noi tuoi coetanei di una ferita non rimarginata nella coscienza di ciascuno "di sinistra" di allora e forse di oggi; c'è (3) la Storia che si fa con i "se" del finale alternativo al suicidio di Silvio, con le magnifiche rotative che stampano la Storia come tutti avremmo voluto che fosse "la via italiana al Socialismo"; c'è (4) il film con i "baci" che non hai mai avuto il coraggio di fare, e che Barbora ti costringe a fare, perché imprigionato nella tua ritrosia e timidezza congenita, da cui sei stato strappato a viva forza solo in Caos Calmo e Tre Piani; c'è (5 - il film con le canzoni italiane) la storia d'amore di due adolescenti nata in un cinema dove si proietta "La dolce vita" con la mancata agnizione tra Mastroianni e Valeria Ciangottini nel finale sulla spiaggia, accompagnata da Luigi Tenco, che si conclude nel ballo di tutta la troupe davanti al prato del picnic dove i figli della coppia danzano come dervisci rotanti, al ritmo di Battiato, altro film che vorremmo assolutamente che tu realizzassi; c'è un secondo film (6) immaginato e desiderato(e purtroppo già realizzato da altri - Frank Perry con Burt Lancaster), quello tratto da Il Nuotatore di Cheever; e infine c'è il film (7) "tarantiniano" con gli spari granguignoleschi, i fiotti di sangue, i "bambini sciolti nell'acido", che tua moglie sta producendo e che tu interrompi per otto ore, perché "due o tre princìpi bisognerà pur averli", in una scena in cui raggiungi livelli di profondità assoluta, quando racconti la difficoltà di uccidere (al quarto tentativo) che Kieslowski racconta in "Breve film sull'uccidere", contrapposta alla facilità da videogame dello sparo con cui si dovrebbe concludere l'opera seconda del giovane regista di "Orchi". E questi sette film non fanno che inserire "Il Sol dell'avvenire", nell'Universo Multiverso tanto in auge oggi, vedi il multiOscar "Everything, Everywhere All at Once" dei Daniels, sette piani narrativi, Storia, desiderio, immaginazione, sogno, realtà, metafora, facendoci riflettere che i primi film Multiverso erano già negli anni '60, "Il Posto delle Fragole" e "8 1/2", che con la stessa tua fluidità e maestria di raccordi, la stessa allegria e tenerezza contagiosa, raccontavano il passaggio continuo nella vita di ciascuno di noi, tra interno ed esterno, tra micro e macrocosmo, tra parole e musica, per cui è sufficiente "connaître la chanson" e lasciarsi andare, senza cercare per forza di capire.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a fulvio wetzl »
[ - ] lascia un commento a fulvio wetzl »
|
|
d'accordo? |
|
diego
|
domenica 23 aprile 2023
|
oltre le aspettative
|
|
|
|
Il trailer mi aveva preparato ad un film celebrativo, nostalgico, probabilmente bello ma chiuso in un tempo passato, e in un cinema che non esiste più. E nella prima parte le cose sembrano andare realmente così: mille citazioni, molte risate, belle canzoni, ma un protagonista che in fondo è un "boomer" di lusso, arroccato contro il presente. Eppure. Eppure lo vediamo pian piano, progressivamente, fallire (nella vita e nell'arte), chiudersi al presente e alle sue brutture, tanto da far sembrare inevitabile un finale privo di speranza. Così come il suicidio nel "film nel film". Ma, come si inizia ad intuire grazie al film sui due giovani sognato a sprazzi dal protagonista, qualcosa dentro di lui cambia.
[+]
Il trailer mi aveva preparato ad un film celebrativo, nostalgico, probabilmente bello ma chiuso in un tempo passato, e in un cinema che non esiste più. E nella prima parte le cose sembrano andare realmente così: mille citazioni, molte risate, belle canzoni, ma un protagonista che in fondo è un "boomer" di lusso, arroccato contro il presente. Eppure. Eppure lo vediamo pian piano, progressivamente, fallire (nella vita e nell'arte), chiudersi al presente e alle sue brutture, tanto da far sembrare inevitabile un finale privo di speranza. Così come il suicidio nel "film nel film". Ma, come si inizia ad intuire grazie al film sui due giovani sognato a sprazzi dal protagonista, qualcosa dentro di lui cambia. Moretti stesso si addolcisce, la sua condanna si stempera, la sua infallibilità viene negata con affettuosa autoironia. Ma come invertire un finale tragico che sembra ineluttabile? Grazie al cinema stesso. Che non è la Storia, e che può sempre cambiare il proprio corso. Perfino la tragica vicenda del 1956 in un film può avere un finale diverso. E se il protagonista non potrà salvare la propria famiglia, potrà però iniziare a comprendere le scelte della figlia, della moglie, e fare pace con il presente senza rinnegare i sogni del passato. Tanto da giustificare la grande marcia finale, che sembrava condannata ad essere una carrellata nostalgica e un po' posticcia, ed invece è davvero, grazie al potere del cinema, una marcia verso il sol dell'avvenire.
[-]
[+] e'' un buon film ma non è pari a "otto e mezzo"
(di montefalcone antonio)
[ - ] e'' un buon film ma non è pari a "otto e mezzo"
|
|
[+] lascia un commento a diego »
[ - ] lascia un commento a diego »
|
|
d'accordo? |
|
mauro.t
|
lunedì 15 maggio 2023
|
moretti, uno dell'élite della meglio gioventù.
|
|
|
|
Moretti/Giovanni si dibatte tra problemi professionali, personali, esistenziali. Il protagonista sta faticosamente girando un film sulla repressione della rivolta ungherese del 1956. L’attrice principale gli crea difficoltà con incursioni e suggerimenti sentimentali in un film che lui vorrebbe essenzialmente politico. Il produttore viene arrestato e Giovanni si deve scontrare con la realtà delle piattaforme streaming. La moglie è alla ricerca del modo di lasciarlo e sta producendo un film che lui non apprezza. La figlia si mette con un uomo molto più anziano. Moretti manifesta il suo disagio per un mondo profondamente cambiato negli ultimi decenni, dove il declino culturale è evidente, e non gli si può certo dare torto.
[+]
Moretti/Giovanni si dibatte tra problemi professionali, personali, esistenziali. Il protagonista sta faticosamente girando un film sulla repressione della rivolta ungherese del 1956. L’attrice principale gli crea difficoltà con incursioni e suggerimenti sentimentali in un film che lui vorrebbe essenzialmente politico. Il produttore viene arrestato e Giovanni si deve scontrare con la realtà delle piattaforme streaming. La moglie è alla ricerca del modo di lasciarlo e sta producendo un film che lui non apprezza. La figlia si mette con un uomo molto più anziano. Moretti manifesta il suo disagio per un mondo profondamente cambiato negli ultimi decenni, dove il declino culturale è evidente, e non gli si può certo dare torto.
Però non ci sono prospettive e neppure molta analisi. Il regista si rifugia nella nostalgia e nel rimpianto di una rivoluzione mancata (o tradita). “Il sol dell’avvenire” non è l’inizio e la fine di nulla, è la manifestazione compiaciuta dell’orgoglio di avere fatto parte della meglio gioventù. In “Caro diario” era uno splendido 40enne che da giovane gridava cose giuste. In questo film sembra che dica: sono uno splendido 70enne, perché faccio sempre parte di quella generazione, che avrà anche sbagliato, ma nonostante tutto aveva ragione.
Risulta a dir poco ingenua la riscrittura della storia del circolo del PCI, che condanna l’intervento dell’Armata Rossa in Ungheria, come se potessimo dire: “Ah, se tutti avessero fatto così, sarebbe stato diverso!”, come se ignorasse che qualche dirigente e qualche intellettuale all’epoca avevano lasciato il partito, come se la fuoriuscita dei pochi con i fatti di Praga del ‘68 non avessero costituito solo una nicchia (sia pur importante!) di menti critiche, come se Berlinguer non avesse preso le distanze dal PCUS successivamente. Moretti è alla ricerca di un momento-simbolo in cui la purezza poteva essere conservata con una scelta diversa, ma è di una dabbenaggine antistorica. Tarantino ha gioco più facile nel riscrivere la vicenda della strage di casa Polansky, perché sceglie la cronaca; Moretti presuntuosamente riscrive la Storia e non ce la può fare ad essere convincente.
Renzo Piano, Corrado Augias e Martin Scorzese rappresentano intellettuali cui affidarsi per una visione critica della società, ma è una scelta comoda e intellettualistica. Il servirsi di “grandi vecchi” è un utile escamotage che si usa quando si è in difficoltà nel cercare le contraddizioni da esporre. Moretti ci fa un discorso sull’etica e sull’estetica della produzione artistica che è sacrosanto, e cita riferimenti alti dell’arte cinematografica, ma al di fuori del cinema scade in una paternale moralistica solo apparentemente autoironica con le sue manie intransigenti. E’ proprio la scelta delle intolleranze che rende snob il suo punto di vista. Forse i sabot rappresentano qualcosa, ma diventano un significante con poco significato.
Sembra poi che Moretti parli del rapporto tra il personale e il politico quando l’attrice dice: “chi se ne frega della politica: questo è un film d’amore”, quando Giovanni dice alla moglie: “parliamo di tutto tranne che di noi”, quando introduce gli spezzoni dei due giovani che parlano di sentimenti. Ma il dibattito pubblico/privato di quell’era in cui tutto era politico, è vecchissimo. Oggi sarebbe attuale puntare lo sguardo su quei programmi che “vampirizzano” il dolore sbattendo il privato in TV.
Dicono molto di più le felici scelte musicali rispetto alle immagini e alla sceneggiatura.
Inoltre mi rimane incomprensibile perché Moretti insista nel fare l’attore. Non mi dite che la sua recitazione è volutamente provocatoria. A volte lo è, ma lo abbiamo già visto molte volte in parti diverse. Lui sostanzialmente non è capace, non ha studiato.
Per favore non facciamo paragoni con “8 e 1/2”: c’è un abisso e non solo dal punto di vista artistico. Fellini metteva in scena con onestà (e maestrìa) il suo disagio di regista in crisi; Moretti pontifica.
Il gioioso corteo finale con tutti i suoi colleghi/amici e con l’immagine di Trotskij celebra il narcisismo di uno che si identifica con la parte migliore di quella generazione. Moretti ammette la sconfitta, ma mi rimanda l’immagine stridente di una élite autocompiaciuta.
Ne prendo atto e non mi rimane nulla.
[-]
[+] recensione imbarazzante
(di raffaella)
[ - ] recensione imbarazzante
|
|
[+] lascia un commento a mauro.t »
[ - ] lascia un commento a mauro.t »
|
|
d'accordo? |
|
gabriella
|
mercoledì 10 maggio 2023
|
vorrei vederti danzare
|
|
|
|
Con " Tre piani " Nanni Moretti aveva dimostrato di saper dire qualcosa anche lavorando su una sceneggiatura non originale, lo stesso autore, Nevo aveva espresso apprezzamento sul lavoro del regista, dicendo che si era commosso guardando il film. Personalmente a me il film era piaciuto molto, non l'ho affatto considerato un passo falso, semmai un passo in avanti, nel senso di cambiamento, quel cambiamento che nel “ Sol dell’avvenire” Giovanni/ Nanni, cerca in tutti i modi di resistergli, difendendo il cinema e la sua sacralità. Giovanni è un regista che fa un film ogni 5 anni, è in crisi perché il film che sta girando non lo convince , anche il suo matrimonio è in crisi, ma ancora lui non lo sa, lo sa bene invece Paola, la moglie ( una brava Margherita Buy), che dopo 40 anni di matrimonio trova la forza di lasciarlo, perché è un uomo faticoso, perché con lui si parla di tutto tranne che di loro due, perché capisce che , benchè doloroso, il cambiamento è necessario, prima che sopraggiunga il punto di non ritorno.
[+]
Con " Tre piani " Nanni Moretti aveva dimostrato di saper dire qualcosa anche lavorando su una sceneggiatura non originale, lo stesso autore, Nevo aveva espresso apprezzamento sul lavoro del regista, dicendo che si era commosso guardando il film. Personalmente a me il film era piaciuto molto, non l'ho affatto considerato un passo falso, semmai un passo in avanti, nel senso di cambiamento, quel cambiamento che nel “ Sol dell’avvenire” Giovanni/ Nanni, cerca in tutti i modi di resistergli, difendendo il cinema e la sua sacralità. Giovanni è un regista che fa un film ogni 5 anni, è in crisi perché il film che sta girando non lo convince , anche il suo matrimonio è in crisi, ma ancora lui non lo sa, lo sa bene invece Paola, la moglie ( una brava Margherita Buy), che dopo 40 anni di matrimonio trova la forza di lasciarlo, perché è un uomo faticoso, perché con lui si parla di tutto tranne che di loro due, perché capisce che , benchè doloroso, il cambiamento è necessario, prima che sopraggiunga il punto di non ritorno. Fare i conti con il presente non è facile, Giovanni prende consapevolezza che tutto intorno a lui le cose cambiano, i giovani che non sanno niente di politica e tantomeno di comunismo, che il suo modo di fare cinema è superato, adesso ci sono le piattaforme, Netflix in testa con il pubblico che esclama “What the fuck”, c’è la violenza come intrattenimento . A tal proposito c’è una scena emblematica riguardo questo aspetto, Giovanni irrompe sul set di un giovane regista e gli blocca la scena di un’esecuzione e tiene in ostaggio la troupe per otto ore , invocando in qualche modo la grazia , risparmiare allo spettatore la banalità di una violenza che non lascia spazio per misurarsi e superarsi, e per farlo si appella alle sue conoscenze illustri, da Renzo Piano, Corrado Augias, Martin Scorsese, ma alla fine deve abbandonare la scena sconfitto e amareggiato mentre alle sue spalle echeggia lo sparo. C’è tutto il cinema morettiano che tanto amiamo, le sue fissazioni, le sue nevrosi, la sua golosità per i dolci, i suoi rituali,la rassicurante presenza dei suoi attori di una vita, fedeli compagni con i quali si è stabilito un sodalizio non solo artistico. C’è la consapevolezza che il mondo cambia anche se non vuoi, che è inutile ancorarsi al passato e rimpiangere i bei tempi andati, ci vuole si coerenza, ma anche coraggio e immaginazione, il coraggio di morire a sé stessi ( la citazione di Calvino su Pavese “Pavese si è ammazzato perché noi imparassimo a vivere”, l’immaginazione di riscrivere la storia, considerando che la storia si può fare anche con i se, non nella realtà, ma al cinema diventa possibile, si può ribaltare il brutto finale di un film con una danza liberatoria e propiziatoria sulle note di Battiato, con Nanni che vortica leggero, con l’aria stranita di una sconfinata giovinezza, perché la vita può ancora sorprendere, anche se il futuro appare incerto, . Nanni, adesso finalmente Giovanni, celebra la vita e gli va incontro con fiducia, aprendosi a quel che sarà , verso un sole anche se appare debole, fino a quando, (per dirla con le parole di Battiato), un altro entusiasmo ti farà pulsare il cuore, i desideri non invecchiano con l’età, allora anche la luce sarà abbagliante.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a gabriella »
[ - ] lascia un commento a gabriella »
|
|
d'accordo? |
|
felicity
|
venerdì 8 settembre 2023
|
magnifico film sull’invecchiare, sul tempo andato
|
|
|
|
Il sol dell’avvenire ci dice che esiste un tempo – che è quello del cinema, e quello della vita – che si costruisce e si distrugge ogni volta, ma che tiene insieme tutto. Un tempo per ordinare, scompaginare, andare in crisi, ricominciare, piangere, lasciarsi, schierarsi, ripensarci, ammorbidirsi, ballare. Un tempo che, appunto, è un campo dove mettere dentro tutto, come fa questo film che non vuole trovare un registro, un ritmo, un fuoco: c’è tutto, tutto insieme. La crema allo zenzero e gli antidepressivi, i sabot e il suicidio, le piscine e le distrazioni da smartphone, la Storia fatta con i “se” e il quartiere Mazzini, la tragedia greca e il musical, la tessera del partito e la lampada rossa in una casa presa in affitto, i riti che possono finire e il camminare sopra corde tese, le lacrime e i silenzi, entrambi d’amore, sempre.
[+]
Il sol dell’avvenire ci dice che esiste un tempo – che è quello del cinema, e quello della vita – che si costruisce e si distrugge ogni volta, ma che tiene insieme tutto. Un tempo per ordinare, scompaginare, andare in crisi, ricominciare, piangere, lasciarsi, schierarsi, ripensarci, ammorbidirsi, ballare. Un tempo che, appunto, è un campo dove mettere dentro tutto, come fa questo film che non vuole trovare un registro, un ritmo, un fuoco: c’è tutto, tutto insieme. La crema allo zenzero e gli antidepressivi, i sabot e il suicidio, le piscine e le distrazioni da smartphone, la Storia fatta con i “se” e il quartiere Mazzini, la tragedia greca e il musical, la tessera del partito e la lampada rossa in una casa presa in affitto, i riti che possono finire e il camminare sopra corde tese, le lacrime e i silenzi, entrambi d’amore, sempre.
Il sol dell’avvenire è un film di speranza, di ritrovato fervore artistico, è un film d’amore, che dà al concetto una valenza di certo laica, ma al tempo stesso colta dalla suggestione di una nota preghiera: concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare (il matrimonio naufragato con Paola/Margherita Buy), il coraggio di cambiare le cose che posso (attraverso la finzione cinematografica) e la saggezza per riconoscere la differenza.
Un magnifico film sull’invecchiare, sul tempo ormai andato, e sulla difficoltà ad adattarsi al mondo che cambia troppo in fretta. Ma è anche un film che sogna di “rimettere le cose a posto”.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a felicity »
[ - ] lascia un commento a felicity »
|
|
d'accordo? |
|
ruger357mgm
|
martedì 25 aprile 2023
|
parabole metacinematografiche
|
|
|
|
...su differenti piani di lettura e pure autocelebrativi.
Caro Quentin, tu che ti spacci per cinefilo, sappi che pure io non scherzo, ne ho visti anch' io di film ( d'essay) e posso permettermi di citare Kiezlowskij e i Taviani, che tu forse non sai neanche chi sono e quindi non fare il cattivo maestro qui a casa mia , tu e le tue sceneggiature torrenziali e la tua inutile violenza psicotica. Casa tua dovrebbe essere anche Cannes, che però prima é casa mia e quindi prendi le misure prima di voler insegnare a fare il cinema a qualcuno. Per quello basto io che racconto i miei dubbi esistenziali, intrecciandoli con la mia visione del cinema che é anche quella della vita per molta parte.
[+]
...su differenti piani di lettura e pure autocelebrativi.
Caro Quentin, tu che ti spacci per cinefilo, sappi che pure io non scherzo, ne ho visti anch' io di film ( d'essay) e posso permettermi di citare Kiezlowskij e i Taviani, che tu forse non sai neanche chi sono e quindi non fare il cattivo maestro qui a casa mia , tu e le tue sceneggiature torrenziali e la tua inutile violenza psicotica. Casa tua dovrebbe essere anche Cannes, che però prima é casa mia e quindi prendi le misure prima di voler insegnare a fare il cinema a qualcuno. Per quello basto io che racconto i miei dubbi esistenziali, intrecciandoli con la mia visione del cinema che é anche quella della vita per molta parte.Per farlo utilizzo i miei feticci, Silvio e Margherita che interagiscono con me, ma quanto sono bravo, quanta enfasi metto lento pede nella mia recitazione, forse perché devo trasmettere al mio affezionato pubblico pagante i messaggi che vogliono sentirsi mandare.Poi le canto anche alla sinistra , ai compagni comunisti , dal migliorista Napolitano a scendere, ai farlocchi tecnocrati odierni, senza nulla a pretendere...Porto Trotzkji in processione ma ho visto anche i blues brothers e la divina Aretha, autocelebrandomi citandola nelle dancing car camera con Margherita, ma avrei voluto fare anche un musical con Tenco, De André e Battiato nella soundtrack...Insomma Quentin , impara e tanto per gradire riguardati Il Caimano, la stanza del figlio, Tre piani e altro ancora...In parata sfilano le mie star, come tu esibisci le tue....ma sono meglio io...tuo Nanni.
P.S. Il film è godibile, bisogna essere solo di sinistra, anche se "non morettiani" come chi scrive, apprezzare l' autoironia , tanta, che ci mette Moretti e non avere soverchi pregiudizi. Sempre al massimo Silvio Orlando....
[-]
|
|
[+] lascia un commento a ruger357mgm »
[ - ] lascia un commento a ruger357mgm »
|
|
d'accordo? |
|
phil
|
venerdì 28 aprile 2023
|
film manieristico
|
|
|
|
Premetto che ho amato il cinema di Moretti fin dagli esordi e ho provato sintonia con uno dei suoi primi film ovvero "Ecce bombo" , allorquando in quel lontano 1978 dovevo sostenere gli esami di maturità classica. Nel corso del tempo ho apprezzato altre sue prove registiche,in particolare " La stanza del figlio" e "Habemus Papam" proprio per un suo cote` drammatico.
Cosa dunque non mi ha del tutto convinto in questa sua ultima prova? Moretti sa esprimere un certo disagio esistenziale nei suoi fialm ma qui si perde dietro particolari minimali tipici di una persona ormai anziana e brontolona, tanto da fare pensate che la moglie (un' ottima Margherita Buy) abbia tutte le buone ragioni di questo mondo nel decidere di mollarlo.
[+]
Premetto che ho amato il cinema di Moretti fin dagli esordi e ho provato sintonia con uno dei suoi primi film ovvero "Ecce bombo" , allorquando in quel lontano 1978 dovevo sostenere gli esami di maturità classica. Nel corso del tempo ho apprezzato altre sue prove registiche,in particolare " La stanza del figlio" e "Habemus Papam" proprio per un suo cote` drammatico.
Cosa dunque non mi ha del tutto convinto in questa sua ultima prova? Moretti sa esprimere un certo disagio esistenziale nei suoi fialm ma qui si perde dietro particolari minimali tipici di una persona ormai anziana e brontolona, tanto da fare pensate che la moglie (un' ottima Margherita Buy) abbia tutte le buone ragioni di questo mondo nel decidere di mollarlo. Insomma le idiosincrasie del protagonista Moretti irritano e non muovono al sorriso.
Ma quel che è peggio, a mio avviso, è il ricorrere all'escamotage narrativo del film da fare mentre l'autore è in crisi esistenziale e creativa. Sai che novità visto che è dai tempi di " Otto e mezzo" (uscito nel 1963) del maestro Fellini che si ripete questo che è ormai uno stereotipo culturale che nulla aggiunge allo scibile cinematografico mondiale. Moretti, oltretutto, tira in ballo un soggetto relativo ai fatti di Ungheria del 1956 , con relativa crisi del marxismo e dei partiti comunisti dell' epoca e se ne viene fuori con l' immaginazione di come sarebbe stata la storia dell' allora PCI se avesse imboccato decisamente la via nazionale del socialismo sganciato dall'ortodossia dettata dall'URSS. Già e voi ve lo vedete uno come Togliatti, segretario del PCI e stalinista fin nel midollo, agire come un sincero socialdemocratico? Suvvia, sì tratta solo di fanciullaggini utopistiche, a dimostrazione che la storia non si fa con i se. Che altro il cosiddetto " sol dell'avvenire" come da titolo del film.
Peccato, quindi, un film non fra i più riusciti dì Nanni Moretti , ormai sempre più legato a suoi riconoscibili manierismi.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a phil »
[ - ] lascia un commento a phil »
|
|
d'accordo? |
|
enzo70
|
venerdì 28 aprile 2023
|
moretti celebra se stesso e lo fa davvero bene
|
|
|
|
Un film di Nanni Moretti che sembra pensato per raccontare i film di Nanni Moretti che in questi anni ci hanno accompagnato per la lunga deriva della perdita di riferimenti culturali. Attraverso le riprese del film di Giovanni sulla repressione della rivolta ungherese nel 1956 Moretti racconta storie quotidiane che sembrerebbero surreali se non fossero così aderenti alla realtà. La moglie, Margherita Buy, al solito splendida è una produttrice depressa che cerca in un giovane regista le sue energie. La figlia si fidanza con un uomo molto anziano, la protagonista del film improvvisa per dare un senso politico alla parte, i rischi della cultura alla Netflix, l’omologazione della cultura, le difficoltà nei dialoghi, nei rapporti.
[+]
Un film di Nanni Moretti che sembra pensato per raccontare i film di Nanni Moretti che in questi anni ci hanno accompagnato per la lunga deriva della perdita di riferimenti culturali. Attraverso le riprese del film di Giovanni sulla repressione della rivolta ungherese nel 1956 Moretti racconta storie quotidiane che sembrerebbero surreali se non fossero così aderenti alla realtà. La moglie, Margherita Buy, al solito splendida è una produttrice depressa che cerca in un giovane regista le sue energie. La figlia si fidanza con un uomo molto anziano, la protagonista del film improvvisa per dare un senso politico alla parte, i rischi della cultura alla Netflix, l’omologazione della cultura, le difficoltà nei dialoghi, nei rapporti. Moretti è regista di esperienza e la colonna musicale aiuta a scandire il tempo, a declinare gli anni, rende senso al film e arricchisce il senso delle numerose citazioni cinematografiche. E la politica? Moretti propone uno spaccato, quello del partito comunista italiano che non riuscì a opporsi all’invasione sovietica dell’Ungheria nel 1956. E trova una soluzione nella scelta del segretario della sezione di un piccolo paese che destinato ad impiccarsi per non negare il verbo del partito, trova il coraggio per contrastare i vertici del partito. E Silvio Orlando è al posto giusto. Alcune scene, quella di Giovanni che ostacola la conclusione del film prodotto dalla moglie, rimarranno nella storia della cinematografia del regista romano. E Moretti è bravo, quando proprio non c’è più nulla da dire, lui trova sempre le parole giuste.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a enzo70 »
[ - ] lascia un commento a enzo70 »
|
|
d'accordo? |
|
|