Un film duro e mordente basato sull'autobiografia della sceneggiatrice Emmanuèle Bernheim. In concorso a Cannes 2021.
di Marzia Gandolfi
La vita di Emmanuèle Bernheim, scrittrice e sceneggiatrice francese, precipita con una telefonata. Il padre ha avuto un ictus e al suo risveglio chiede alla figlia di aiutarlo a morire. A sostenerla in quella missione impossibile ci sono Pascale, la sorella trascurata, e Serge, il compagno discreto. Tra lucidità e terrore, le figlie navigano a vista nel dramma. Come rifiutare al proprio padre la sua ultima volontà? Ma come accettarla?
Il film racconta il tragitto intimo della protagonista, dal rifiuto iniziale all’accettazione, con un’intelligenza fedele al romanzo originale.
Alla precisione asciutta della storia autobiografica di Emmanuèle Bernheim, che si impone con la sua gravità, Ozon aggiunge esplosioni di umorismo, tutte a carico di André Dussollier. Il libro è di Emmanuèle Bernheim ma il film è decisamente di François Ozon.
Ozon si piazza dal côté della vita trovando il ritmo del suo film nella comicità delle situazioni. Mescolando lacrime e sorrisi, il film elude la gravità del suo soggetto e vola alto, superando la paura che ispirava al regista. Perché Emmanuèle Bernheim è un personaggio reale e un’amica perduta per l’autore. Ozon gira forse il suo film più classico, sottilmente perturbato dalle oscillazioni dei generi.
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