Spaccapietre

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Un film di Gianluca De Serio, Massimiliano De Serio. Con Salvatore Esposito, Samuele Carrino, Licia Lanera, Antonella Carone, Giuseppe Lo Console.
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Drammatico, Ratings: Kids+13, durata 104 min. - Italia 2020. - La Sarraz Pictures uscita lunedì 7 settembre 2020. MYMONETRO Spaccapietre * * * - - valutazione media: 3,47 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Capolarato e sfruttamento Valutazione 3 stelle su cinque

di Eugenio


Feedback: 33754 | altri commenti e recensioni di Eugenio
venerdì 23 aprile 2021

C’è un solco lavorato da un fiume che scava sempre più, erodendo i sottili margini dell’alveo e prorompendo a tutta forza sullo schermo di noi spettatori, nelle cronache italiche sempre più intrise di miseria, sfruttamento e capolarato.
E non è un caso che, luoghi comuni permettendo, questa “piaga” affligga sempre più le regioni meridionali, dove sotto il caldo sole estivo, braccianti di varie nazionalità, prive di sussidi e regolarità, siano sfruttati per un tozzo di pane senza remore, vivendo relegati tra baracche, in una condizione che nulla ha da invidiare ai lager nazisti.  Non solo extracomunitari, le cronache hanno citato esempi di molti italiani con relativa prole sfruttati come bestie da soma per raccogliere i pomodori o le arance nella piana di Gioia Tauro, spesso per pochi euro al giorno.
In questo contesto che il fiume dall’istanza prettamente neorealista dei fratelli De Serio, torinesi documentaristi, scava nelle tradizioni di altrettanti celebri “fratelli”, i Taviani per citare un esempio aulico, in un viaggio archetipico nella Puglia attuale che, quasi epurata da ogni forma di civilizzazione, come fossimo in un non meglio località pre-novecentesca, risulta priva di certezze e immutabile ora come centinaia di anni fa.
Scorre sempre il fiume dell’illegalità, del sopruso, della violenza, pronto a ghermire anime vuote, disperate, disposte a tutto per guadagnar pochi euro. Giuseppe (Salvatore Esposito) e Angela ne sono un esempio. Lei bracciante nei campi prima ancora che il sole sorga, lui lavoratore in una cava. Il frutto del loro amore è Antò, sveglio ragazzino cresciuto forse troppo in fretta. E presto la tragedia succede: Giuseppe, colpito da una scheggia all’occhio, è impossibilitato a continuare il lavoro e Angela deve sopperire alla mancanza, buttandosi anima e corpo come bracciante stagionale. In quei campi prima dell’alba, la donna crollerà di fatica, morendo d’infarto e Giuseppe, oramai solo, dovrà capire come badare al figlioletto in circostanze di sofferenza e fatica, là tra quelle sterminate distese di terra, proni sulla nuda e fertile madre in un addolorante addio.
Tutto questo è Spaccapietre, lucida testimonianza di un rapporto padre-figlio quasi simbiotico, dalla valenza infernale, in cui le due anime, quella di un corpulento e gigante padre e di un fragile figlio, per non cadere, si supportano a vicenda; Antò nella speranza idilliaca di credere al miracolo del ritorno dell’amata madre, un giorno dal Regno dei morti; Giuseppe, dal canto suo, nel vano tentativo di non crollare intrappolato in un lavoro inumano su cui la speranza di sopravvivenza sembra quasi una chimera.
I due fratelli De Serio utilizzano un linguaggio e una presa diretta tradizionale che fa uso di frequenti primi piani, volti a osservare con attenzione il rapporto tra le due anime, riscrivendo con cura l’apologo infernale (per certi versi il film ha un vago retrogusto de “La vita è bella” di Benigni) di una ricerca di lavoro che appare qui tutt’altro che un diritto costituzionale. E per farlo non risparmiano nulla: primi piani intensi, trattamenti meschini e criminali dei caporali, pagamenti, poche decine di euro al termine di una lunga giornata, chiaramente in nero; baracche di legno marcio con allacci elettrici abusivi a tradire un senso d’identità che sfuma nella promiscuità e nell’esasperazione.
Come il volto del grande Salvatore Esposito, fiocina di lampi e di dolore, pronto a brillare come una fiamma in un disperante quanto disperato ardore di libertà per il figliolo. E chissà che la mamma non li aiuti da lassù nella loro disperante corsa.
Amaro ma inevitabile. Essenziale ma crudo, un robusto dramma verista necessario per non dimenticare.

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