federico perricone
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domenica 2 febbraio 2020
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il vero realista è il visionario
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Ho visto Fellini Fine Mai inizialmente con un po' di scetticismo. Temevo di trovarmi di fronte all'ennesimo documentario fatto di filmati di repertorio e spezzoni di opere già visti, uniti insieme dalla sola necessità di celebrare il centesimo anniversario della nascita del maestro. Ma il documentario (che documentario soltanto non è) porta la firma di Eugenio Cappuccio e, come in fondo mi attendevo, si è rivelato essere forse il più sincero e originale lavoro dedicato al grande artista.
Il film è nettamente diviso in due parti.
La prima è raccontata in prima persona da Cappuccio, che di Fellini è stato assistente, attraverso i suoi ricordi e quelli di Milo Manara, di Antonello Ghelen e - in particolare - di Andrea De Carlo e di Sergio Rubini, che - come Cappuccio - hanno avuto il privilegio di iniziare la loro carriera insieme al grande artista.
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Ho visto Fellini Fine Mai inizialmente con un po' di scetticismo. Temevo di trovarmi di fronte all'ennesimo documentario fatto di filmati di repertorio e spezzoni di opere già visti, uniti insieme dalla sola necessità di celebrare il centesimo anniversario della nascita del maestro. Ma il documentario (che documentario soltanto non è) porta la firma di Eugenio Cappuccio e, come in fondo mi attendevo, si è rivelato essere forse il più sincero e originale lavoro dedicato al grande artista.
Il film è nettamente diviso in due parti.
La prima è raccontata in prima persona da Cappuccio, che di Fellini è stato assistente, attraverso i suoi ricordi e quelli di Milo Manara, di Antonello Ghelen e - in particolare - di Andrea De Carlo e di Sergio Rubini, che - come Cappuccio - hanno avuto il privilegio di iniziare la loro carriera insieme al grande artista. "Fellini dava fiducia ai giovani, e tanta", dice Cappuccio, ed è in questa frase, e nelle immagini che sapientemente sceglie per illustrare il suo racconto, che il regista ci offre - da subito - un'interessante chiave di lettura. Perché ciò che interessa a Cappuccio non è riproporre uno sterile quanto inutile elenco delle opere e delle immagini del regista, bensì dimostrare come tutta l'opera di Fellini altro non sia che una "ininterrotta poesia sulla vita", un lungo sogno fantastico del quale si sono nutriti giovani sognatori come Cappuccio e del quale dovrebbero nutrirsi i giovani sognatori di oggi e di domani.
La seconda parte è completamente diversa, sia nei contenuti che nella forma. Non escludo che tale cesura, lo scarto stilistico che rompe nettamente la continuità del film, possa da alcuni essere vista come un difetto narrativo, ma - a mio avviso - lo straniamento che tale rottura produce è tutt'altro che casuale. "Il vero realista è il visionario", diceva Fellini. Cappuccio ci emancipa dalla realtà contingente del Fellini regista e, con un "colpo di scena" di rado possibile in un'opera di matrice documentaristica, ci porta altrove, nel mondo assolutamente reale della sua capacità visionaria. Cappuccio smette di documentare Fellini e, attraverso la vicenda misteriosa, onirica, inquietante della preparazione di "Viaggio a Tulun" (uno dei film che il regista concepì, ma non potè realizzare), ci propone il racconto più vero e originale, quello del Fellini uomo.
Fellini Fine Mai non è quindi, o solamente, un documentario, ma un film sulla vita, sul valore dei sogni e sulla necessità che tutti abbiamo, oggi come ieri, di avere tra noi qualcuno che ne sappia fare.
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federico perricone
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sabato 1 febbraio 2020
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un film sulla vita
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Ho visto Fellini Fine Mai inizialmente con un po' di scetticismo. Temevo di trovarmi di fronte all'ennesimo documentario fatto di filmati di repertorio e spezzoni di opere già visti, uniti insieme dalla sola necessità di celebrare il centesimo anniversario della nascita del maestro. Ma il documentario (che documentario soltanto non è) porta la firma di Eugenio Cappuccio e, come in fondo mi attendevo, si è rivelato essere forse il più sincero e originale lavoro dedicato al grande artista.
Il film è nettamente diviso in due parti.
La prima è raccontata in prima persona da Cappuccio, che di Fellini è stato assistente, attraverso i suoi ricordi e quelli di Milo Manara, di Antonello Ghelen e - in particolare - di Andrea De Carlo e di Sergio Rubini, che - come Cappuccio - hanno avuto il privilegio di iniziare la loro carriera insieme al grande artista.
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Ho visto Fellini Fine Mai inizialmente con un po' di scetticismo. Temevo di trovarmi di fronte all'ennesimo documentario fatto di filmati di repertorio e spezzoni di opere già visti, uniti insieme dalla sola necessità di celebrare il centesimo anniversario della nascita del maestro. Ma il documentario (che documentario soltanto non è) porta la firma di Eugenio Cappuccio e, come in fondo mi attendevo, si è rivelato essere forse il più sincero e originale lavoro dedicato al grande artista.
Il film è nettamente diviso in due parti.
La prima è raccontata in prima persona da Cappuccio, che di Fellini è stato assistente, attraverso i suoi ricordi e quelli di Milo Manara, di Antonello Ghelen e - in particolare - di Andrea De Carlo e di Sergio Rubini, che - come Cappuccio - hanno avuto il privilegio di iniziare la loro carriera insieme al grande artista. "Fellini dava fiducia ai giovani, e tanta", dice Cappuccio, ed è in questa frase, e nelle immagini che sapientemente sceglie per illustrare il suo racconto, che il regista ci offre - da subito - un'interessante chiave di lettura. Perché ciò che interessa a Cappuccio non è riproporre uno sterile quanto inutile elenco delle opere e delle immagini del regista, bensì dimostrare come tutta l'opera di Fellini altro non sia che una "ininterrotta poesia sulla vita", un lungo sogno fantastico del quale si sono nutriti giovani sognatori come Cappuccio e del quale dovrebbero nutrirsi i giovani sognatori di oggi e di domani.
La seconda parte è completamente diversa, sia nei contenuti che nella forma. Non escludo che tale cesura, lo scarto stilistico che rompe nettamente la continuità del film, possa da alcuni essere vista come un difetto narrativo, ma - a mio avviso - lo straniamento che tale rottura produce è tutt'altro che casuale. "Il vero realista è il visionario", diceva Fellini. Cappuccio ci emancipa dalla realtà contingente del Fellini regista e, con un "colpo di scena" di rado possibile in un'opera di matrice documentaristica, ci porta altrove, nel mondo assolutamente reale della sua capacità visionaria. Cappuccio smette di documentare Fellini e, attraverso la vicenda misteriosa, onirica, inquietante della preparazione di "Viaggio a Tulun" (uno dei film che il regista concepì, ma non potè realizzare), ci propone il racconto più vero e originale, quello del Fellini uomo.
Fellini Fine Mai non è quindi, o solamente, un documentario, ma un film sulla vita, sul valore dei sogni e sulla necessità che tutti abbiamo, oggi come ieri, di avere tra noi qualcuno che ne sappia fare.
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fabio
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giovedì 30 gennaio 2020
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da non perdere
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Questo film ci introduce al mondo magico di Fellini attraverso un'esperienza molto personale, che deriva dalla collaborazione e dalla frequentazione intima e prolungata nel tempo con il Maestro. Cappuccio si mette in gioco con profitto come narratore, da un punto di vista originale e unico, con testimonianze di prima mano - il risultato e' un viaggio emozionante e divertente, pieno di affetto, che nella seconda parte ci regala anche rivelazioni inedite e preziose su gli ultimi progetti di Fellini e sulla profonda fascinazione per il mondo del paranormale che ha sempre accompagnato il grande Regista riminese tanto nella sua vita personale come in quella professionale e creativa.
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Questo film ci introduce al mondo magico di Fellini attraverso un'esperienza molto personale, che deriva dalla collaborazione e dalla frequentazione intima e prolungata nel tempo con il Maestro. Cappuccio si mette in gioco con profitto come narratore, da un punto di vista originale e unico, con testimonianze di prima mano - il risultato e' un viaggio emozionante e divertente, pieno di affetto, che nella seconda parte ci regala anche rivelazioni inedite e preziose su gli ultimi progetti di Fellini e sulla profonda fascinazione per il mondo del paranormale che ha sempre accompagnato il grande Regista riminese tanto nella sua vita personale come in quella professionale e creativa.
Da non perdere.
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mary
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mercoledì 29 gennaio 2020
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fedele
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Film che racconta in modo fedele e originale il Maestto. Lo consiglio vivamente a chi vuole conoscere meglio un pezzo di storia dell'arte cinematografica italiana
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ciro ciampi
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mercoledì 29 gennaio 2020
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molto interessante
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In poco più di un'ora, Eugenio Cappuccio esprime il suo personale angolo di visuale sul suo maestro Federico.
L'esperimento mi sembra ottimamente riuscito e, alla fine della pellicola, ci si sente arricchiti di una nuova esperienza con il grande Artista riminese.
Particolari inediti, enigmi, momenti di vita di un genio del cinema, tutto scorre gradevolmente senza mai volare basso. Da vedere assolutamente per tutti gli amanti del cinema e in particolare del nostro Federico nazionale!
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roberto pasi
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mercoledì 29 gennaio 2020
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un film da vedere
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Vivo in Sud Corea e ho avuto occasione di vedere il film in occasione del centenario di Fellini.
Fellini è molto conosciuto in Sud Corea, e vedere un film su questo grande Maestro ci ricorda la grandezza del suo lavoro.
Un film interessante che non solo ci ricorda la bellezza e visione di Fellini, ma ci mostra la bravura del regista che racconta aspetti inediti di Fellini al grande pubblico.
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Vivo in Sud Corea e ho avuto occasione di vedere il film in occasione del centenario di Fellini.
Fellini è molto conosciuto in Sud Corea, e vedere un film su questo grande Maestro ci ricorda la grandezza del suo lavoro.
Un film interessante che non solo ci ricorda la bellezza e visione di Fellini, ma ci mostra la bravura del regista che racconta aspetti inediti di Fellini al grande pubblico.
In Sud Corea FELLINI FINE MAI ha avuto molto successo, anche perchè Fellini amava molto gli orientali, e nei suoi film metteva sempre figure orientali. La parte "mistica" ben illustrata dal regista, specialmente nella parte finale del film è molto toccante, ai coreani da sempre sensibili a questa tematica è piaciuta molto.
Un grande Film e due grandi registi, differenti tra loro, ma profondamente legati da visioni di vita e narrative. La grandezza di Eugenio Cappuccio è stato nel far parlare la narrazione filmica come qualcosa di separato dall'autore, come un estraniamento del regista che permette ad una creatura a se stante di prendere vita svilupparsi e poi terminare.
Un film che mostra una visione ironica della realtà, che offre allo spettatore un senso straniante, un allentamento dello spettatore dalla scena, non confondendo le idee allo spettatore, ma offrendo più chiavi per capire la realtà, non solo quella filmica di Fellini. Una distanza che allarga la visione.
In genere non è facile fare un documentario, poi se parliamo di Fellini il Maestro del cinema diventa impossibile, perché ti devi confrontare non solo conte stesso e con la tua bravura ma con il Maestro. Ma il lavoro del regista in questo film è encomiabile, perché Cappuccio ha lavorato “alto ma a pancia terra” e ciò che viene fuori da questo film è che è un film su Fellini, forse il migliore, dove emerge il lavoro del grande Maestro e non l’Io del regista che lo ha fatto. Cappuccio ha fatto un film su Fellini usando le tecniche di Fellini, come ad esempio l’estraniamento, l’ironia, la visione facendo sognare lo spettatore fino all’ultimo, creando una nuova forma di narrazione documentaristica, sapendo che lo spettatore sa che sta guardando un documentario, un film documentario però che va oltre il concetto di documentario stesso.
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lalla
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martedì 28 gennaio 2020
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il visionario
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Fellini fine mai è davvero un modo originario per descrivere il grande maestro, il regista in prima persona racconta i luoghi ,intervista gli amici scopre documenti e introduce all'arte di Fellini con una fotografia sublime , facenfo sentire lo spettatore sempre un visionario come il regista
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mean
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lunedì 27 gennaio 2020
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un fellini inaspettato...
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Devo dire che il film-documentario mi ha colpito molto. E' stato come esplorare il grande regista da una angolazione nuova, a volte lontana dalla immagine proposta nelle sue biografie. Nei chiaro scuri della narrazione, affidata alle immagini e ai ricordi di molti personaggi che hanno frequentato il grande Federico, l'arguto Cappuccio riesce a cogliere angolazioni inesplorate di Fellini che rendono il film piacevole fino alla fine, cosa rara per un film-documentario di questo tipo. Davvero un'ottima prova... speriamo di rivedere presto Eugenio Cappuccio alle prese con film tutto suo!
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pietro
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lunedì 27 gennaio 2020
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uno sguardo obliquo sul maestro
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Un produttore, dopo aver visto un film di Fellini, esclama: ma finisce così? Senza una speranza, senza un raggio di sole? Fellini lo guarda e risponde: e mettiamoci un raggio di sole. E' forse pensando a questo aneddoto, rivelatore di una allergia felliniana alla parola fine, che Eugenio Cappuccio sceglie il titolo del suo documentario/omaggio al maestro. Sottraendosi alla pletora dei celebranti didascalici o enciclopedici, apologeti e magnificatori del magnifico regista, Cappuccio sceglie lo sguardo obliquo, decidendo di raccontare due momenti apparentemente marginali della biografia di Fellini, che finiscono invece per rivelare aspetti preziosi, aspri, scabrosi e sicuramente meno noti della personalità del cineasta riminese.
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Un produttore, dopo aver visto un film di Fellini, esclama: ma finisce così? Senza una speranza, senza un raggio di sole? Fellini lo guarda e risponde: e mettiamoci un raggio di sole. E' forse pensando a questo aneddoto, rivelatore di una allergia felliniana alla parola fine, che Eugenio Cappuccio sceglie il titolo del suo documentario/omaggio al maestro. Sottraendosi alla pletora dei celebranti didascalici o enciclopedici, apologeti e magnificatori del magnifico regista, Cappuccio sceglie lo sguardo obliquo, decidendo di raccontare due momenti apparentemente marginali della biografia di Fellini, che finiscono invece per rivelare aspetti preziosi, aspri, scabrosi e sicuramente meno noti della personalità del cineasta riminese. La prima parte del documentario, attraverso la lente personale dell'esperienza diretta di Cappuccio, restituisce uno sguardo angolare e affettivo sul rapporto/attrito di Fellini con la sua Rimini provinciale, scaturigine di fughe e ritorni di fiamma che tanta importanza ha avuto nella sua produzione artistica. La seconda tranche narrativa invece, a sorpresa, si sposta verso l'impossibile, nella direzione dei progetti irrealizzati del maestro. I sogni non raccontati di uno dei più grandi sognatori della storia del cinema sembrano schiudere allora qualcosa di misterioso, lasciando nello spettatore una apprensione ansiosa, una inquietudine timorosa. Cappuccio, imitando il maestro, non mette la parola fine al suo racconto, lasciandoci turbati, consapevoli che qualcosa di inafferrabile, simile ad un enigma, ci accompagnerà fuori dalla sala di proiezione, in cerca di un raggio di sole illumini il mistero.
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marco polo
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lunedì 27 gennaio 2020
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libertà di espressione
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Ho visto su Rai 1 Fine Fellini mai. Spesso in queste occasioni celebrative è facile scivolare nella retorica che spesso fa gioco soprattutto a chi rende omaggio, in questo caso no assolutamente no. Nessuna deferenza nessuna autoreferenza, un racconto libero e appassionato dove la narrazione in prima persona di Eugenio Cappuccio ci ha fatto sentire forte la nostalgia di questo grande maestro del cinema. Lo rivedrei al cinema se potessi, perché il linguaggio è quello.
M.P.
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