ius10
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lunedì 30 settembre 2019
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americanata d'altri tempi
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L'idea del copione erana carina,,,,,la realizzazione fa quasi ridere...americanata allo stato pure, arrivare a Nettuno per capire se stessi abbrracciare il padre dopo 30 anni e lasciarlo andare nello spazio profondo , bradd pitt monotono e ninente di che..forse colpa di un copione ridicolo
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kyotrix
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domenica 29 settembre 2019
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buono ma noiosetto...
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Il film non è male, guardabile. Bravo Pitt, protagonista assoluto ( tutto il film dall'inizio alla fine centrato su di lui ). Trama nulla di speciale, oltre al viaggio spaziale è più che altro un viaggio introspettivo di se stesso e del rapporto mancato col padre. Però al film manca mordente, non intriga, non esalta o emoziona, abbastanza piatto e pure il finale fila liscio come il resto del film.
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loland10
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domenica 29 settembre 2019
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un incontro...lontano
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“Ad Astra” (Ad Astra, 2019) è il settimo lungometraggio del regista-sceneggiatore di New York James Gray.
Film di un incontro, film di un viaggio, film di un ricordo, film di un passato, film di un figlio. Un incipit che piace, il resto non infiamma e i finali leziosi con epilogo che parrebbe inutile.
Una pellicola fantascientifica che vuole essere umana e persuasiva. Ma il colpo buono non fa centro e non riesce. Una regia e una sceneggiatura che non si incontrano. Una voglia di fare un ‘gran film’ è in ritardo in molto e l’intimismo con l’infinito non propone situazioni che coinvolgono appieno.
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“Ad Astra” (Ad Astra, 2019) è il settimo lungometraggio del regista-sceneggiatore di New York James Gray.
Film di un incontro, film di un viaggio, film di un ricordo, film di un passato, film di un figlio. Un incipit che piace, il resto non infiamma e i finali leziosi con epilogo che parrebbe inutile.
Una pellicola fantascientifica che vuole essere umana e persuasiva. Ma il colpo buono non fa centro e non riesce. Una regia e una sceneggiatura che non si incontrano. Una voglia di fare un ‘gran film’ è in ritardo in molto e l’intimismo con l’infinito non propone situazioni che coinvolgono appieno. Vuole essere ‘entrante’ e ‘pieno’ ma va fuori strada e qualche volta con frenate e allunghi.
Il regista cerca risposte epocali che non ci sono, lo spettatore cerca un film ben costruito che non c’è. E alcune sequenze come la parte finale incongrue o forse troppo prevedibili. Come alcuni personaggi sminuiti e/o dimenticati nei loro cliché.
Un film che vorrebbe essere evocativo, forse troppo, dove l’esclusione del passato (l’abbandono si lascia come una foto sgualcita) avviene attraverso un ritorno (o il ritorno, se si preferisce) normale e non certo inaspettato. E la mano che attraversa lo schermo per (ri)prendere il figlio a casa.
Un fluttuare attraverso le basi dei pianeti, per scoprire le stesse cose conosciute, conoscendo o rincontrando chi non vedi o solo senti dove la voce di un padre fa da apertura a continuare. Il dialogo è ristretto con gli altri solo misto e implosivo con se stesso.
L’astronauta Roy McBride cerca il suo passato o meglio la voce del suo presente. Quella di suo padre disperso ai confini del Sistema Solare che non vede da trent’anni. Clifford McBride è un astronauta di vecchia data conosciuto da tutti per la sua ricerca spasmodica di quello che non è umano. Un vero incontro.
E il progetto ‘Lima’ è il suo solo scopo. Non conosce altro e ha dimenticato tutto (affetti familiari compresi) dopo oltre vent’anni. Il film si dipana in questo lungo viaggio di andata (tre quarti di durata) e ritorno (tra incipit e epilogo) con varianti minime e ingerenze poco consone (la scena del ‘mostro’ scimmia sembra inutile o quasi forviante) tra pensieri fuori onda e racconto (a minimo movimento labbra di Roy) allo spettatore come un cronista ameno e quasi distaccato. Perché nonostante il tutto e l’ansia (del personaggio) per un ritrovare il padre, non si sente oltre lo schermo un sentimento di partecipazione o meglio di coinvolgimento.
Alla fine il ‘luogo’ di ritrovo è dentro e ogni gesto pare sovrappiù con un minutaggio (forse) eccessivo. E in fondo quello che accade quando i due ‘si riconoscono’ pare già detto e visto, fuori tempo massimo. Un parlare a vuoto come l’ultimo puntino dell’astronauta-padre che va oltre l’oscurità dello schermo.
Brad Pitt(Roy McBride), visto nel film di Q. Tarantino pare completamente a suo agio, si sente in parte riuscito, si vede allo specchio e si racconta con memoria giusta e ripetitività da manuale e quindi poco veritiera. Per un attore di tale calibro il responso non è al massimo: peccato per chi scrive e per una storia che non gli va a genio pienamente.
Tommy Lee Jones(Clifford McBride)è il solito a recuperare la scena quando la storia langue. Certo scriverlo meglio sarebbe stato ideale per un attore che da seconda linea ha lasciato il segna in tutta la sua filmografia (qualcuno dovrà recuperare anche le poche sue regie tra cui ‘Tre sepolture’j.
Donald Sutherland(colonnello Thomas Pruitt) è un cameo troppo breve. Riesce a farsi ricordare ....forse sarebbe stato meglio approfittarne.
Fotografia (H. von Hoytema) di buon impatto e persuasiva; lo scopre musicale sembra fuori tono (rispetto alle immagini); ognuno si adagia ma il compositore Max Richter merita sempre rispetto.
‘I peccati dei padri ricadono sui figli’. Come gli errori di ciascuno non sono più personali. Ecco quello che Roy dice non deve (ri)cadere sullo spettatore.
Regia di James Gray plasmata e costruita, mesta e speranzosa. Per una pellicola dove le intenzioni si perdono in scorciatoie e giochi poco credibili. E pensare che il suo precedente ‘Civiltà perdute’ (he Lost City of Z, 2016) aveva convinto (e coinvolto) decisamente di più.
Voto: 6+/10 (***) -cinema (s)vuoto-
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carloa
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domenica 29 settembre 2019
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per aspera ad astra
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Il film racconta la ricongiunzione paterna, il necessario viaggio nell'abisso delle difficoltà ancestrali che legano il figlio con un padre sempre distante, mai incontrato e portato con sé in sofferti e frammentati ricordi. Roy accetta come Willard la missione verso il cuore di tenebra a incontrare il suo Kurz giudicato impazzito, che nella profondità dello spazio non accetta esaurirsi il sogno della sua missione originale. Il film è un lungo viaggio a tappe temporali degli equilibri che cambiamo nel figlio e a tappe spaziali, sempre più lontano dal sole. Un sole che lo soccorre destandolo nel momento critico della perdita, con la sua luce, minima ma unica in quel nero assoluto.
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Il film racconta la ricongiunzione paterna, il necessario viaggio nell'abisso delle difficoltà ancestrali che legano il figlio con un padre sempre distante, mai incontrato e portato con sé in sofferti e frammentati ricordi. Roy accetta come Willard la missione verso il cuore di tenebra a incontrare il suo Kurz giudicato impazzito, che nella profondità dello spazio non accetta esaurirsi il sogno della sua missione originale. Il film è un lungo viaggio a tappe temporali degli equilibri che cambiamo nel figlio e a tappe spaziali, sempre più lontano dal sole. Un sole che lo soccorre destandolo nel momento critico della perdita, con la sua luce, minima ma unica in quel nero assoluto. È il film meno americano che ho visto dopo il "2001" sull'impossibilità di governare i propri sentimenti, in un ambiente, brutalmente colonizzato da una civiltà moderna che ritarda i conti sulla propria origine e destinazione. Oltre al Cuore di tenebra e Kubrik, presenti riferimenti al Solaris di Tarkovskij anche nella metrica.
"Per aspera ad astra" appunto.. Bello.
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flora tolfo
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domenica 29 settembre 2019
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da evitare assolutamente
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Film noiosissimo, lento. Il regista voleva essere introspettivo invece ha creato un capolavoro di noia e lentezza. Brad Pitt monoespressivo dall'inizio alla fine. Un Pitt stanco, svogliato forse si è reso conto dell'inutile minchiata che stava recitando. Da evitare assolutamente.
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vincenzo ambriola
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sabato 28 settembre 2019
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i pezzi di un puzzle
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Roy McBride è un veterano dello spazio, dove ha dimostrato di essere in grado di affrontare situazioni molto complesse. In seguito a tempeste cosmiche provenienti da Nettuno, che minacciano l'esistenza umana sulla Terra e sulle sue colonie spaziali, Roy viene chiamato per una missione molto particolare: individuare e distruggere la sorgente di queste tempeste. Ma Roy è anche figlio di un eroe dello spazio, Clifford McBride, che proprio su Nettuno è andato trent'anni prima alla ricerca di intelligenze aliene. La missione del figlio, quindi, si intreccia con quella del padre. Un film molto particolare, che con un ritmo lento affronta con rigore il tema dell'esplorazione spaziale, dei suoi tempi lunghissimi e delle profonde interazioni sulla psiche umana.
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Roy McBride è un veterano dello spazio, dove ha dimostrato di essere in grado di affrontare situazioni molto complesse. In seguito a tempeste cosmiche provenienti da Nettuno, che minacciano l'esistenza umana sulla Terra e sulle sue colonie spaziali, Roy viene chiamato per una missione molto particolare: individuare e distruggere la sorgente di queste tempeste. Ma Roy è anche figlio di un eroe dello spazio, Clifford McBride, che proprio su Nettuno è andato trent'anni prima alla ricerca di intelligenze aliene. La missione del figlio, quindi, si intreccia con quella del padre. Un film molto particolare, che con un ritmo lento affronta con rigore il tema dell'esplorazione spaziale, dei suoi tempi lunghissimi e delle profonde interazioni sulla psiche umana. Lo spazio è un ambiente ostile, non solo per gli incontri imprevisti che si possono verificare, ma per la profondità e la solitudine che lo permea. Un viaggio interplanetario è, giocoforza, un viaggio interiore, durante il quale le tappe fisiche diventano passaggi psicologici. Roy è un uomo forte, psichicamente stabile, ma la sua storia personale lo assale e gli impone di riflettere sulle scelte sue e dei suoi cari. Il rapporto con il padre eroico sarà continuamente messo alla prova volando verso Nettuno, quando molti pezzi di un puzzle mai ricomposto cominceranno a incastrarsi tra loro. Ma se la metafora del viaggio interiore con quello spaziale regge per tutto il film, altri elementi lo indeboliscono fino a renderlo, in alcuni punti, incoerente. Ammirevole è la scenografia, con una resa impeccabile e realistica degli ambienti interni ed esterni. Debole la musica, sempre e solo un accompagnamento dei tormenti di Roy.
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vittorio
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sabato 28 settembre 2019
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perdere come figlio per ritrovare se stesso uomo
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Straordinario connubio di profondità interiore e cosmica assieme. Due linee parallele interrogano lo spettatore sull’essere figlio e padre, sulla fusione ideale di vuoto cosmico dello spazio e del rapporto padre figlio che uno straordinario Pitt, astronauta figlio di cotanto padre, a sua volta eroe dello spazio 29 anni prima, soffre indicibilmente nel suo essere oggi uomo e marito all’altezza.
Padre che lo spazio, e Nettuno, inghiotti’, almeno apparentemente, e che invece vivente, ma assente nel suo ruolo paterno, viene tenacemente, illusoriamente ritrovato dal figlio Roy.
Noi siamo ciò che abbiamo..
Ma nel viaggio intimo, profondo, cosmico dell’io, “questo” padre, un eccellente Tommy Lee Jones, viene meno alle speranze del figlio, con la vana illusoria della conoscenza di mondi ed intelligenze diverse e sconosciute, ed il cieco abbraccio ad un figlio che non riesce ad amare.
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Straordinario connubio di profondità interiore e cosmica assieme. Due linee parallele interrogano lo spettatore sull’essere figlio e padre, sulla fusione ideale di vuoto cosmico dello spazio e del rapporto padre figlio che uno straordinario Pitt, astronauta figlio di cotanto padre, a sua volta eroe dello spazio 29 anni prima, soffre indicibilmente nel suo essere oggi uomo e marito all’altezza.
Padre che lo spazio, e Nettuno, inghiotti’, almeno apparentemente, e che invece vivente, ma assente nel suo ruolo paterno, viene tenacemente, illusoriamente ritrovato dal figlio Roy.
Noi siamo ciò che abbiamo..
Ma nel viaggio intimo, profondo, cosmico dell’io, “questo” padre, un eccellente Tommy Lee Jones, viene meno alle speranze del figlio, con la vana illusoria della conoscenza di mondi ed intelligenze diverse e sconosciute, ed il cieco abbraccio ad un figlio che non riesce ad amare..
Ed il figlio Pitt, abbandonatolo, su sua richiesta, ad un destino di morte, vive adesso, finalmente, conscio della fine di un fardello opprimente, tutto il suo amore per la vita, per la sua donna, per ciò che “umanamente” la nostra Terra c’invoglia a realizzare.
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mario nitti
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sabato 28 settembre 2019
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noiso e pretenzioso
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Immagini belle, ma racconto pretenzioso e, soprattutto, noioso. Le uniche parti movimentate sono scollegate dal racconto. Che senso ha l'episodio del soccorso alla nave in avaria se non sono quello di dare una fiammata di movimento alla lentezza infinita del resto.
E la sintesi? Magari sono io che non capisco ma il messaggio mi è sembrato del tipo: "Inutile cercare lontano qualcosa che hai vicino".
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faggio123
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sabato 28 settembre 2019
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banale, scontato, lento al limite del noioso
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Lunghi e pensierosi primi piani di Brad Pitt, con la stessa espressione fissa per due ore consecutive, che medita e rumina frasi apparentemente profonde, in realtà banalità che non offrono spunti di riflessione (forse agli americani...).
Numerose ingenuità da cartone animato giusto per risolvere la situazione, e nulla di non già visto come effetti speciali.
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carloalberto
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sabato 28 settembre 2019
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e se dio fosse un vecchietto distratto...
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Introspettivo, melanconico, fantascientifico, con una bella fotografia e una scenografia credibile per un’ambientazione futuristica con esterni “girati” esclusivamente sulla luna, Ad Astra è un film che poteva aspirare ad essere qualcosa di più di un buon film. Brad Pitt piange ma non commuove e convince di più nelle scene d’azione, peraltro rare, forse a lui più congeniali. Donald Sutherland fa poco più di un cammeo e Tommy Lee Jones non va oltre i cinque minuti di girato. Due vecchi istrioni che donano un tocco vintage alla pellicola ma non lasciano il segno, non ovviamente per colpa loro ma perché rispettivamente relegati al ruolo di comparsa e di cooprotagonista.
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Introspettivo, melanconico, fantascientifico, con una bella fotografia e una scenografia credibile per un’ambientazione futuristica con esterni “girati” esclusivamente sulla luna, Ad Astra è un film che poteva aspirare ad essere qualcosa di più di un buon film. Brad Pitt piange ma non commuove e convince di più nelle scene d’azione, peraltro rare, forse a lui più congeniali. Donald Sutherland fa poco più di un cammeo e Tommy Lee Jones non va oltre i cinque minuti di girato. Due vecchi istrioni che donano un tocco vintage alla pellicola ma non lasciano il segno, non ovviamente per colpa loro ma perché rispettivamente relegati al ruolo di comparsa e di cooprotagonista. Il dramma è incentrato tutto sull’esploratore spaziale Pitt, che ha sviluppato un habitus mentale da freddo e cinico uomo d’azione per reagire al trauma infantile subito per l’abbandono del padre. La moglie, Liv Tyler, come da clichè, in un futuro evidentemente ancora maschilista, si sente trascurata e lo aspetta a casa sofferente mentre lui va in missione nel sistema solare.
Già Interstellar aveva affrontato in modo drammatico il rapporto affettivo padre-figlia in un contesto fantascientifico, ma con ben altra potenza visionaria e immaginifica e con una riuscita integrazione di temi privati e collettivi. Qui manca il pathos, nonostante le espressioni cupe del protagonista e la tristezza della voce narrante fuori campo. Qui, a parte in qualche scena, manca anche la tensione e, nonostante l’eleganza delle immagini patinate, la pacatezza della narrazione, a tratti, risulta quasi soporifera.
Metaforicamente, con qualche forzatura, si potrebbe interpretare il film, in senso religioso, come la ricerca non del babbo di Pitt bensì del Padre, del Dio che si è allontanato per sempre dal mondo e mostrando disinteresse per le sorti dell’umanità la punisce più per distrazione che per cinismo, mentre volge gli occhi al resto del creato desideroso di scoprire se ci sono forme di vita meglio riuscite di quella umana. Tuttavia, non penso che questo intento allegorico sia stato mai presente nella sceneggiatura di James Gray, anche soltanto come idea. E questo è un peccato, perché in tal modo il plot si impoverisce e si riduce alla rappresentazione realistica di un particolare dramma familiare.
Al di là del significato religioso che avrebbe potuto assumere il film, Gray, puntando tutto sull’emotività e sul profilo psicologico del protagonista, anche dal punto di vista laico spreca l’occasione per approfondire e rendere centrale il dramma della angosciosa solitudine dell’essere umano nello spazio cosmico, tema esistenziale di valenza universale, che, invece, purtroppo si limita a far da sfondo alle lacrime di Pitt.
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[+] 'ad astra', un 'cuore di tenebra' nello spazio
(di antonio montefalcone)
[ - ] 'ad astra', un 'cuore di tenebra' nello spazio
[+] resta la fotografia
(di pietrosg)
[ - ] resta la fotografia
[+] bravo, acuto, diretto e sincero
(di aurash)
[ - ] bravo, acuto, diretto e sincero
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