michelangelo bertocchi
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lunedì 19 novembre 2018
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recensione di "oscar alla lezione" di michelangelo bertocchi in arte mbertox
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Marco Serra Degani al suo esordio dietro la macchina da presa confeziona un'ottimo film autobiografico, una pellicola che coinvolge e che fa tenere lo spettatore incollato allo schermo in attesa del colpo di scena finale. Seppur il film da un punto di vista tecnico abbia qualche sbavatura non si può dire lo stesso della costruzione dei personaggi (il punto forte del film) la pellicola infatti caratterizza a fondo tutti e tre i protagonisti, un film molto introspettivo insomma. Il film cattura lo spettatore perché lo incuriosisce ma allo stesso tempo lo "terrorizza". L'ignoto che tanto ci attrae quanto ci spaventa. Il linguaggio di internet molto freddo e frettoloso opposto al linguaggio della vita vera caldo accogliente e argomentato, un linguaggio per così dire dell'ottocento (come difatti ha dichiarato Wetzl alla première).
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Marco Serra Degani al suo esordio dietro la macchina da presa confeziona un'ottimo film autobiografico, una pellicola che coinvolge e che fa tenere lo spettatore incollato allo schermo in attesa del colpo di scena finale. Seppur il film da un punto di vista tecnico abbia qualche sbavatura non si può dire lo stesso della costruzione dei personaggi (il punto forte del film) la pellicola infatti caratterizza a fondo tutti e tre i protagonisti, un film molto introspettivo insomma. Il film cattura lo spettatore perché lo incuriosisce ma allo stesso tempo lo "terrorizza". L'ignoto che tanto ci attrae quanto ci spaventa. Il linguaggio di internet molto freddo e frettoloso opposto al linguaggio della vita vera caldo accogliente e argomentato, un linguaggio per così dire dell'ottocento (come difatti ha dichiarato Wetzl alla première). Parliamo un secondo del lato tecnico della pellicola: aldilà di qualche leggero difetto di montaggio e di illuminazione, Serra Degani non mette in scena una regia qualunquista che non dice nulla al pubblico anzi, la regìa di Serra Degani accompagna la narrazione del film: all'inizio della pellicola sono quasi inesistenti i primi piani, ma quando iniziamo a conoscere i personaggi ecco che la macchina da presa ne svela i volti con dei primi piani molto ravvicinati un po' alla Drew Goddard per intenderci. I tre giovani protagonisti (tutti all'esordio sul grande schermo) sono stati bravissimi... tra i tre spiccano leggermente di più Amato D'Auria e Rocco Baldassini; Baldassini interpreta il personaggio più affascinante della pellicola e quello con più sfaccettature, Marcello, che effettivamente è l'alter ego del regista del film Marco Serra Degani. La cosa che mi dispiace però è che Marcello sia il personaggio più sacrificato del trio... anche se la storia inizia e finisce con lui io gli avrei dato comunque più time-screen. Ah ultima cosa, bellissima da un certo punto di vista la naturalezza e l'improvvisazione delle battute da parte dei protagonisti... ma si notano in alcune scene i sacrifici e la difficoltà del montaggio, con alcune transizioni di audio un po' troppo spinte... ma ehi è l'opera prima di un regista che farà tanta strada quindi ci sarà tempo per rimediare a questi piccoli errori che anche i grandi registi alcune volte fanno. Complimenti a Marco Serra Degani, Fulvio Wetzl, Rocco Baldassini e a tutta la crew de "Gli Scarti" per l'ottimo lavoro svolto!
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fulviowetzl
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lunedì 12 novembre 2018
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doors wide open
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Sentimenti descritti in punta di pennello, il loro mutare è costruirsi nella profondità dell'animo per poi affiorare alle labbra con un bacio. La delicatezza è il dato del film, dedicata con affetto, e da vicino, all'età dei protagonisti: si esprime nei tempi respiro del racconto, nei colori luogo delle ambientazioni e dei costumi, in quella casa spazio in divenire che tra porte chiuse ed aperte porta oltre. La recitazione calibrata e pulita come i volti degli attori è intima e "oci drento l'oci", ma sconfina e dilata la dimensione esistenziale e nella natura dei parchi arriva a dialogare con l'arte scultorea che ne è a decoro. La città è colta allora nella sua vera essenza: così come i giardini sono la sosta, il portico è la via della vita cittadina in cui i personaggi sono in transito tra passato e futuro.
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Sentimenti descritti in punta di pennello, il loro mutare è costruirsi nella profondità dell'animo per poi affiorare alle labbra con un bacio. La delicatezza è il dato del film, dedicata con affetto, e da vicino, all'età dei protagonisti: si esprime nei tempi respiro del racconto, nei colori luogo delle ambientazioni e dei costumi, in quella casa spazio in divenire che tra porte chiuse ed aperte porta oltre. La recitazione calibrata e pulita come i volti degli attori è intima e "oci drento l'oci", ma sconfina e dilata la dimensione esistenziale e nella natura dei parchi arriva a dialogare con l'arte scultorea che ne è a decoro. La città è colta allora nella sua vera essenza: così come i giardini sono la sosta, il portico è la via della vita cittadina in cui i personaggi sono in transito tra passato e futuro. Alda Mazzeri, scrittrice.
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herbie
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venerdì 23 novembre 2018
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il linguaggio del cuore.
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Marco Serra Degani firma la sua prima raffinata piece cinematografica dal valore didattico. E lo fa traendo ispirazione dagli insegnamenti del suo maestro, Fulvio Wetzl, da sempre legato alle tematiche del linguaggio del cuore. In questo lavoro colpisce un approccio ad una comunicazione “a finestre” prendendo spunto dai codici moderni imposti dai social network per focalizzare l’attenzione sul conflitto che spesso questi generano nel passaggio dalla comunicazione su schermo a quella verbale.
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Marco Serra Degani firma la sua prima raffinata piece cinematografica dal valore didattico. E lo fa traendo ispirazione dagli insegnamenti del suo maestro, Fulvio Wetzl, da sempre legato alle tematiche del linguaggio del cuore. In questo lavoro colpisce un approccio ad una comunicazione “a finestre” prendendo spunto dai codici moderni imposti dai social network per focalizzare l’attenzione sul conflitto che spesso questi generano nel passaggio dalla comunicazione su schermo a quella verbale. Sono molteplici i temi affrontati: da Schopenhauer (il
mondo come volontà e rappresentazione) ad Artaud (il teatro e il suo doppio); da Nietzsche (il conflitto tra apollineo e dionisiaco) a Moliere e Goldoni (il ruolo della maschera e la commedia degli inganni); dall’ottimismo di Frank Capra all’incomubicabilità di Truffaut.
L’impianto concettuale di base del film - per la sua natura didattica - è quello del thriller psicologico ma la spontaneità dei giovani attori ne rende scorrevole la visione a dimostrazione che la fantasia può ancora cambiare le regole della comunicazione. E quando a dettarle è il linguaggio del cuore - parafrasando una battuta del film - “se non è sereno, si rasserenerà.”
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cartoons'' caf�
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giovedì 29 novembre 2018
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chi ben comincia...
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Opera prima per il giovane regista Marco Serra Degani che offre a noi spettatori un film interessante. In poco più di un'ora, il regista piemontese ci offre uno spaccato di "normale" vita universitaria di tre studenti fuori sede, insaporita con un pizzico di mistero e problemi di cuore, nel complesso davvero ben raccontati: il tutto incorniciato in quella che appare una dichiarazione d'amore ad un modo di fare cinema, che Serra Degani vuole abbracciare in maniera chiara fin da questo suo primo passo. Le battute finali del film sono proprio il manifesto inserito in inquadratura, del Regista Marco Serra Degani che sembra dichiarare così, la sua volontà di essere cineasta.
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Opera prima per il giovane regista Marco Serra Degani che offre a noi spettatori un film interessante. In poco più di un'ora, il regista piemontese ci offre uno spaccato di "normale" vita universitaria di tre studenti fuori sede, insaporita con un pizzico di mistero e problemi di cuore, nel complesso davvero ben raccontati: il tutto incorniciato in quella che appare una dichiarazione d'amore ad un modo di fare cinema, che Serra Degani vuole abbracciare in maniera chiara fin da questo suo primo passo. Le battute finali del film sono proprio il manifesto inserito in inquadratura, del Regista Marco Serra Degani che sembra dichiarare così, la sua volontà di essere cineasta.
Per i gusti di chi scrive, il film presenta troppi "stacchi" e "fermo immagine" in chiusura di ogni quadro (mi si passi il termine), ma ciò non incrina più di tanto la buona impressione sull'opera, questa resta di qualità, anche grazie ad una sapiente scelta dei brani musicali per la colonna sonora, alla caratterizzazione dei giovani protagonisti (buone le prove degli attori), e a rimandi operistico-letterari davvero alti. La citazione da Notorius di Alfred Hitchcock verso la fine del film, è stata il tocco finale; qui si è un po' di parte data la grande passione di chi scrive per il maestro della suspense. Aspettiamo perciò, altri lavori che confermino quanto di buono - ce n'è davvero molto - visto in Oscar alla lezione.
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francesco
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venerdì 30 novembre 2018
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un fantomatico oscar
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Un fantomatico Oscar s'insinua tramite la tecnologia digitale nella vita di tre giovani amici studenti di cinema e (forse) ne sconvolge le relazioni interne. Il mistero è metacinematografico già dal nome del personaggio, e con un occhio a Rohmer e a Rivette, anche se alla lontana, l'autore scrive una storia curiosa, a volte troppo rilassata nel ritmo e nel montaggio. E' una storia di mistero?, di sentimenti?, è un giallo? Attendiamo la prossima opera di Degani con un invito ad esplorare più nel profondo interessanti dinamiche umane qui soltanto accennate. Film-prova-saggio, opera prima, con bravi interpreti che reggono il gioco dell'enigma.
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paola di giuseppe
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martedì 14 maggio 2019
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tre studenti tra fantasia e realtà
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Bologna, tre studenti condividono un appartamento.Valeria studia Psicologia, Marcello frequenta corsi di regia al Dams, Carlo studia recitazione. Due veneti e un torinese, Marcello.
Vita da studenti, sveglia e colazione insieme, due chiacchiere e via, ci si ritrova la sera per una pizza o si fa jogging insieme sulla Montagnola.Breve panoramica dell’appartamento, francescano, asettico, le porte bianche con i nomi e il volto a carboncino degli ospiti disegnato su carta, foto coloratissime alle pareti.
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Bologna, tre studenti condividono un appartamento.Valeria studia Psicologia, Marcello frequenta corsi di regia al Dams, Carlo studia recitazione. Due veneti e un torinese, Marcello.
Vita da studenti, sveglia e colazione insieme, due chiacchiere e via, ci si ritrova la sera per una pizza o si fa jogging insieme sulla Montagnola.Breve panoramica dell’appartamento, francescano, asettico, le porte bianche con i nomi e il volto a carboncino degli ospiti disegnato su carta, foto coloratissime alle pareti.La musica di Satie, l’esilità della sua scrittura pianistica accompagna discreta le prime scene, s’interrompe, dà spazio alla breve lezione di regia che il Maestro sta tenendo agli allievi del Dams, poi riprende e la fiction continua.Fino a nuovo stop, lezione di recitazione, Ivano Marescotti corregge l’impostazione di Carlo, è un testo di Da Ponte, bisogna farlo proprio, ma attenzione, “Non cercare di capire troppo, lasciati andare, anzi, lascia andare il personaggio”.La fiction prosegue, Soave sia il vento, Mozart sulle immagini in scorrimento di Villa Spada prepara il finale, che arriva leggero, sottotono, sembra che accada poco, la filigrana sottile della trama si dipana impercettibile, siamo allo scadere dei minuti, Carlo e Valeria escono insieme di scena, Marcello porta la sua sceneggiatura al Maestro.E’ trepidante, ci ha lavorato molto, ma aspettare un giudizio è sempre un po’ morire.Lo schermo si divide, parla il maestro, Marcello ascolta.“…Adesso hai in mano una sceneggiatura, una signora sceneggiatura, la responsabilità è tua, tu puoi distruggerla o renderla al meglio”.Marco Serra Degani non l’ha distrutta. Tutt’altro.
Marcello, Valeria e Carlo non si raccontano storie, si lasciano vivere perché è così che le cose accadono, e con un’alzata di sopracciglio ti rendono una scena.La realtà in cui sono immersi è quella vera, comune, quotidiana, eppure è lì che maturano i sogni, crescono gli affetti, nascono gli amori, si profilano vite future.Il buon regista deve trasferire i suggerimenti di sceneggiatura in un tessuto difficile da stampare sullo schermo, ma se riesce ci racconta la vita.Valeria lascerà Maurizio, fidanzato pescarese invisibile, ma era chiaro fin dall’inizo che sarebbe andata così, un silenzio, uno sguardo, un cellulare buttato sul comodino.Carlo viene irretito su facebook da un fake che si fa passare per suo sosia.Il surreale dei social subentra al reale e la vittima, ingenua, si fida, il mondo virtuale ha grinfie potenti.Ma è anche la svolta negli eventi, il fake si chiama Oscar, lo sviluppo successivo, inatteso, è dovuto proprio a lui, figura virtuale.
E Marcello? Termina la sua sceneggiatura, che è quella tradotta in immagini per quasi un’ora, e la porta al Maestro.Nasce così il titolo, Oscar alla lezione, e il gioco di parole è evidente.
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