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angeloumana
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mercoledì 13 marzo 2019
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on the road nell'america degli emarginati
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Green Book ricorda un altro film, Quasi Amici: entrambi sono tratti da vicende realmente accadute e si compongono di due protagonisti appartenenti a fasce sociali lontane tra esse, che non si “conoscono”. Qui c'è un pianista negro virtuoso e noto - si tratta di Don Shirley, interpretato da Mahershala Ali - che ha in programma una tournée in vari stati del sud della “profonda” America nel 1962 e che cerca un autista tuttofare,. Il prescelto è un italo-americano, Tony Lip interpretato da un Viggo Mortensen che ha dovuto ingrassare di 20 kg. per la parte: ex buttafuori di un locale che è stato chiuso. Il viaggio è lungo e dura un paio di mesi, il ritorno è previsto alla vigilia di Natale, da festeggiare strettamente in famiglia, e perciò Tony Lip recalcitra.
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Green Book ricorda un altro film, Quasi Amici: entrambi sono tratti da vicende realmente accadute e si compongono di due protagonisti appartenenti a fasce sociali lontane tra esse, che non si “conoscono”. Qui c'è un pianista negro virtuoso e noto - si tratta di Don Shirley, interpretato da Mahershala Ali - che ha in programma una tournée in vari stati del sud della “profonda” America nel 1962 e che cerca un autista tuttofare,. Il prescelto è un italo-americano, Tony Lip interpretato da un Viggo Mortensen che ha dovuto ingrassare di 20 kg. per la parte: ex buttafuori di un locale che è stato chiuso. Il viaggio è lungo e dura un paio di mesi, il ritorno è previsto alla vigilia di Natale, da festeggiare strettamente in famiglia, e perciò Tony Lip recalcitra. E quel che è peggio: l'italo-americano non vedeva di buon occhio la gente di colore, aveva buttato nella spazzatura i bicchieri dai quali la moglie aveva fatto bere due operai negri che avevano svolto una riparazione in casa. Il primo è ricco e solo, il secondo è robusto e deciso, attorniato da una bella famiglia e da parenti e amici, alcuni di ambienti malavitosi. Ritiene che essere geniali, del genio del musicista, dev'essere noioso.
Qui, a differenza di Quasi Amici, si conoscono dunque due personaggi facenti parte di categorie emarginate, quella dei negri soprattutto. Il film fa ripassare la geografia della segregazione nella più grande democrazia mondiale, ma nel '62. Il pianista negro riteneva di servire agli spettatori bianchi dei suoi concerti perché questi si sentissero colti, ma veniva mal tollerato e gli incontri nell'America profonda sono stati spesso burrascosi. Sceso dal palco ridiventa un emarginato, lo grida chiaro a Tony. L'italo-americano era violento a fin di bene, con i suoi mezzi ha superato situazioni difficili e il viaggio in limousine celeste col maestro gli è servito per raffinarsi un po'. Si è fatto pure aiutare dal maestro a scrivere lettere d'amore alla moglie, meravigliata e compiaciuta della prosa del marito. In una lettera le dice di aver scoperto quanto è bello quel paese, la riscoperta dell'America da parte di un immigrato che non aveva viaggiato tanto. Don Shirley ha voluto sostenere quell'impresa, dicono i musicisti suoi accompagnatori in un'altra limousine celeste, perché il talento non basta, ci vuole coraggio per cambiare il cuore della gente. Ma il più bel concerto è l'ultimo, liberatorio, dove suona la musica che più ama in un locale dove si trovano come avventori, e in mezzo a gente di colore.
Inevitabile che i due opposti si attraessero e l'amicizia sbocciasse. 130 minuti piacevoli da vedere, con qualche nota di puro spettacolo o di “colore”. Uno degli sceneggiatori è proprio il figlio di Tony Lip, Nick Vallelonga: bello è pensare che l'abbia scritto come tributo al padre.
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tortomovie
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lunedì 11 marzo 2019
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sopravvalutato
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Molto prevedibile e pieno di luoghi comuni. Credo che visto in lingua originale possa esser meglio, il doppiaggio e la traduzione sono pessimi.
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gabriella
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domenica 10 marzo 2019
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un perfetto accordo
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Un oscar meritato per un film che fa pensare, che diverte e che fa stare bene, due attori strepitosi, una storia realmente accaduta che riesce a commuovere. New York, anni 60, Don Shirley è un pianista afroamericano che necessita di un autista per un tour lungo due mesi negli stati del sud degli Usa, assume Tony Villalonga immigrato calabrese, momentaneamente senza lavoro e con una famiglia da mantenere.
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Un oscar meritato per un film che fa pensare, che diverte e che fa stare bene, due attori strepitosi, una storia realmente accaduta che riesce a commuovere. New York, anni 60, Don Shirley è un pianista afroamericano che necessita di un autista per un tour lungo due mesi negli stati del sud degli Usa, assume Tony Villalonga immigrato calabrese, momentaneamente senza lavoro e con una famiglia da mantenere. La strana coppia si mette in viaggio, il musicista è un uomo colto, raffinato, un pò snob, però il suo volto è attraversato da una profonda malinconia, Tony è un tipo rozzo, schietto nel parlare e nel modo di fare, mangia, fuma e parla in continuazione e il suo linguaggio scurrile indispettisce visibilmente il suo passeggero. Però sarà anche l'uomo capace di districarsi in situazioni complicate e talvolta delicate, dimostrando, a dispetto della sua irruenza, una mente pratica e un animo sensibile. Tra i due si instaura piano piano , un rapporto di amicizia, di solidarietà, sono due emarginati, ma mentre Shirley affronta la sua estranietà dietro un orgoglio e una chiusura di grande sofferenza, l'altro, la prende costantemente di petto, non esitando a fare a pugni se perde la pazienza. Non mancano i momenti di vero divertimento, le battute esilaranti, ma non mancano nemmeno i momenti drammatici, in cui si respira la brutalità di un razzismo permeato e sordo a qualsiasi forma progressista nonostante i proclami e i primi provvedimenti governativi e presidenziali. Il Green book è una guida che indica le poche strutture che accettano gli afroamericani, anche se poi li rilegano in qualche angusto sgabuzziono con il bagno all’esterno. Lo abbiamo già visto, in Help, oppure Il diritto di contare, che oltretutto le protagoniste, oltre a essere nere, erano anche donne. Quello che mi ha colpito nel film di Farrelly è come l’elegante, istruito ed educato Shirley si preoccupi di insegnare a Tony come scrivere una lettera d’amore alla moglie, esortandolo a farle capire quanto la ami, mentre lui non riesce a comunicare al fratello che non vede da moltissimo tempo , il suo desiderio di riallacciare il rapporto, rimane bloccato e solo, incapace di fare il primo passo, mentre non esita ad accettare la sfida di un tour difficile e pericoloso, nella speranza di abbattere le barriere del pregiudizio. Ma veniamo agli interpreti, Maharsala Alì si rivela e si conferma brillante e incisivo, Viggo Mortenson, fisico appesantito e capelli impomatati, riconoscibile dalla fossetta sul mento, è un’incredibile faccia da schiaffi, disgustoso mentre si abbuffa senza ritegno, ma assolutamente simpatico e affidabile quando si tratta essere di aiuto all’ormai amico musicista. Il finale un po' dickensiano va benissimo, commuove, ti mette l’animo in pace e si esce dal cinema soddisfatti .
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paola d. g. 81
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domenica 10 marzo 2019
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bellissimo!
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Positivo, emozionante, commovente film tratto da un'amicizia vera. 4 Oscar meritatissimi!
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domenica 10 marzo 2019
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sottile ma profonda da un esperienza lavorativa
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Credo che sia un film molto fine ed elegante con valori semplici ma profondi... Il razzismo visto da più punti di vista! Complimenti ben fatto!
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marcloud
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giovedì 7 marzo 2019
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un viaggio particolare...
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"Il mondo è pieno di gente sola che ha paura di fare il primo passo", forse una delle frasi che sintetizza al meglio il significato di questo film. Viggo Mortensen e Mahershala Ali interpretano magistralmente un lavoratore italiano in cerca di "piccioli" e un ricco pianista di colore, tra discriminazione di classe e di razza. Un viaggio nel profondo sud degli Stati Uniti sarà lo scenario perfetto per mettere in discussione i loro rispettivi punti di vista. Ottimo film.
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salva66
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martedì 5 marzo 2019
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crescita personale...
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Green Book è un gran film. Ambientato in un America anni 60, dove il colore della pelle non era ben visto come oggigiorno, si mettono a fuoco delle dinamiche non solo razziste, ma per spunti di riflessione molto più ampi. Due personaggi opposti che sembrano incastrarsi per fare crescere entrambi. Un film ben strutturato, dove c'è la durezza e la volgaritá di Tony un'italoamericano e il colto Donald afroamericano di colore. Queste differenze sostanziali tra i due fanno sì che attraverso le situazioni vissute abbiano un insegnamento dove la diversità, invece di dividere, accresce e unisce.
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luca
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martedì 5 marzo 2019
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la profondità della leggerezza
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Siamo nella florida America degli anni 60. Nell’America dei movimenti per i diritti civili degli afroamericani, della guerra in Vietnam e del rock n' roll. In radio passano canzoni di Bob Dylan e Aretha Franklin e le piazze gremite ascoltano discorsi di Martin Luther King e Malcom X. Precisamente siamo nel 1962 e la presidenza è affidata a una delle figure più iconiche del ‘900, John Fitzgerald Kennedy. Sono ancora in vigore le leggi Crown che prevedono la segregazione razziale sancendo de facto l’esclusione degli afroamericani dall’attiva partecipazione nella vita pubblica e sociale.
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Siamo nella florida America degli anni 60. Nell’America dei movimenti per i diritti civili degli afroamericani, della guerra in Vietnam e del rock n' roll. In radio passano canzoni di Bob Dylan e Aretha Franklin e le piazze gremite ascoltano discorsi di Martin Luther King e Malcom X. Precisamente siamo nel 1962 e la presidenza è affidata a una delle figure più iconiche del ‘900, John Fitzgerald Kennedy. Sono ancora in vigore le leggi Crown che prevedono la segregazione razziale sancendo de facto l’esclusione degli afroamericani dall’attiva partecipazione nella vita pubblica e sociale. Ai “negri” non è consentito frequentare gli stessi luoghi dei bianchi tantomeno di andare negli stessi bagni. Per questo motivo un impiegato delle poste afroamericano, Victor Hugo Green, scrive la “The Negro Motorist Green Book” che indica agli afroamericani i luoghi in cui è possibile loro pernottare o mangiare. Il film prende il nome proprio da questa guida.Tony Vallelunga (Viggo Mortensen) è un italoamericano e fa il buttafuori al Copacabana, uno dei club più in voga di New York che in quegli anni fa da trampolino di lancio ad artisti del calibro di Dean Martin e Sammy Davis Jr. Sin dalle prime scene si intuisce che Tony sa destreggiarsi con disinvoltura in quella realtà influenzata dalla malavita, dalle belle donne, dall’ alcol e dall’ottima musica. A testimoniarlo è il comportamento che avrà quando ritroverà il cappello “rubato” a un boss all’interno del locale.Da subito, ad ammaliare lo spettatore sono la leggerezza e l’ironia di cui sono impregnati i primi minuti del lungometraggio. Mai banali e mai profondi. Il regista Peter Farrelly e gli sceneggiatori riescono a sorvolare a bassa quota le acque della superficialità senza mai sfiorarle. Con la figura di Tony Vallelunga sperimentano, divertono e si divertono sperimentando, conferendo solidità e ilarità all’intero filone narrativo. Di primo acchito, uno spettatore distratto potrebbe confondere questa leggerezza con semplice sciatteria non comprendendo la complessa analisi effettuata sulla realtà italoamericana degli anni ’60. La rappresentazione volutamente caricaturale viene proposta negli “usi e costumi” del nucleo famigliare di Tony: cene di famiglia con tavolate numerose, toni della voce molto alti, indumenti quali canotte bianche e catene d’oro al collo e anelli, comportamenti rozzi, razzisti e maschilisti. Gli sceneggiatori riescono a descrivere scene di vita quotidiane semplici ma d’impatto per la loro genuinità e verosimiglianza. In un film come questo, che fa della leggerezza il suo marchio di fabbrica non ci si aspetterebbe nel corso della trama un‘introspezione psicologica accurata unita ad una spiccata evoluzione dei personaggi.Se inizialmente Tony è razzista e rozzo, con la chiusura temporanea del Copacabana e con l’inizio del nuovo lavoro da autista per Don Shirley (Mahershala Ali), musicista di colore, cambierà lenti con cui osservare il proprio mondo. Il topic del film sembrerebbe il razzismo, ma viene trattato in maniera volutamente superficiale senza quel pathos catartico che ci si aspetterebbe. In realtà il film è un manuale, un diario intimo, da sfogliare, pagina dopo pagina, che ci insegna come comprendere appieno il senso di un’amicizia basata sul rispetto e sulla fiducia reciproca. Green book è un inno alla diversità, all’inclusione e impartisce lezioni senza retorica alcuna. È un film che rimane impresso nella mente riuscendo a parlare di razzismo senza cadere nella banalità dell’emotività drammatica tanto cara alla cinematografia classica. Ma a far piangere ci vuole molto poco. E Green book fa molto di più: Ti invita a scoprire la profondità della leggerezza e ti incolla alla poltrona, facendoti divertire e al contempo riflettere.
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luca
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martedì 5 marzo 2019
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la profondità della leggerezza
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Siamo nella florida America degli anni 60. Nell’America dei movimenti per i diritti civili degli afroamericani, della guerra in Vietnam e del rock n' roll. In radio passano canzoni di Bob Dylan e Aretha Franklin e le piazze gremite ascoltano discorsi di Martin Luther King e Malcom X. Precisamente siamo nel 1962 e la presidenza è affidata a una delle figure più iconiche del ‘900, John Fitzgerald Kennedy. Sono ancora in vigore le leggi Crown che prevedono la segregazione razziale sancendo de facto l’esclusione degli afroamericani dall’attiva partecipazione nella vita pubblica e sociale.
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Siamo nella florida America degli anni 60. Nell’America dei movimenti per i diritti civili degli afroamericani, della guerra in Vietnam e del rock n' roll. In radio passano canzoni di Bob Dylan e Aretha Franklin e le piazze gremite ascoltano discorsi di Martin Luther King e Malcom X. Precisamente siamo nel 1962 e la presidenza è affidata a una delle figure più iconiche del ‘900, John Fitzgerald Kennedy. Sono ancora in vigore le leggi Crown che prevedono la segregazione razziale sancendo de facto l’esclusione degli afroamericani dall’attiva partecipazione nella vita pubblica e sociale. Ai “negri” non è consentito frequentare gli stessi luoghi dei bianchi tantomeno di andare negli stessi bagni. Per questo motivo un impiegato delle poste afroamericano, Victor Hugo Green, scrive la “The Negro Motorist Green Book” che indica agli afroamericani i luoghi in cui è possibile loro pernottare o mangiare. Il film prende il nome proprio da questa guida.Tony Vallelunga (Viggo Mortensen) è un italoamericano e fa il buttafuori al Copacabana, uno dei club più in voga di New York che in quegli anni fa da trampolino di lancio ad artisti del calibro di Dean Martin e Sammy Davis Jr. Sin dalle prime scene si intuisce che Tony sa destreggiarsi con disinvoltura in quella realtà influenzata dalla malavita, dalle belle donne, dall’ alcol e dall’ottima musica. A testimoniarlo è il comportamento che avrà quando ritroverà il cappello “rubato” a un boss all’interno del locale.Da subito, ad ammaliare lo spettatore sono la leggerezza e l’ironia di cui sono impregnati i primi minuti del lungometraggio. Mai banali e mai profondi. Il regista Peter Farrelly e gli sceneggiatori riescono a sorvolare a bassa quota le acque della superficialità senza mai sfiorarle. Con la figura di Tony Vallelunga sperimentano, divertono e si divertono sperimentando, conferendo solidità e ilarità all’intero filone narrativo. Di primo acchito, uno spettatore distratto potrebbe confondere questa leggerezza con semplice sciatteria non comprendendo la complessa analisi effettuata sulla realtà italoamericana degli anni ’60. La rappresentazione volutamente caricaturale viene proposta negli “usi e costumi” del nucleo famigliare di Tony: cene di famiglia con tavolate numerose, toni della voce molto alti, indumenti quali canotte bianche e catene d’oro al collo e anelli, comportamenti rozzi, razzisti e maschilisti. Gli sceneggiatori riescono a descrivere scene di vita quotidiane semplici ma d’impatto per la loro genuinità e verosimiglianza. In un film come questo, che fa della leggerezza il suo marchio di fabbrica non ci si aspetterebbe nel corso della trama un‘introspezione psicologica accurata unita ad una spiccata evoluzione dei personaggi. Se inizialmente Tony è razzista e rozzo, con la chiusura temporanea del Copacabana e con l’inizio del nuovo lavoro da autista per Don Shirley (Mahershala Ali), musicista di colore, cambierà le lenti con cui osservare il proprio mondo. Il topic del film sembrerebbe il razzismo, ma viene trattato in maniera volutamente superficiale senza quel pathos catartico che ci si aspetterebbe. In realtà il film è un manuale, un diario intimo, da sfogliare, pagina dopo pagina, che ci insegna come comprendere appieno il senso di un’amicizia basata sul rispetto e sulla fiducia reciproca. Green book è un inno alla diversità, all’inclusione e impartisce lezioni senza retorica alcuna. È un film che rimane impresso nella mente riuscendo a parlare di razzismo senza cadere nella banalità dell’emotività drammatica tanto cara alla cinematografia classica. Ma a far piangere ci vuole molto poco. E Green book fa molto di più: Ti invita a scoprire la profondità della leggerezza e ti incolla alla poltrona, facendoti divertire e al contempo riflettere.
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lunedì 4 marzo 2019
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la semplicità degli italiani all'estero
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Un film bellissimo, che fa riflettere, un film che parla dell'ingiustizia del razzismo e del grande cuore e della semplicità degli italiani immigrati in America. Consigliatissimo !!! È da vedere !!
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