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daniela dal lago
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domenica 3 febbraio 2019
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commovente
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Questo film mi ha fatto ridere tanto anche se mi ha commosso fino alle lacrime; esemplare la lezione di dignità del musicista e dell'opera di educazione verso i modi grossolani e opportunisti dell'italoamericano.Sembra ambientato ai giorni nostri, tristemente attuale...Capolavoro
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francesco zennaro
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domenica 3 febbraio 2019
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il pollo fritto che abbattè le barriere razziali
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L'AMICO DI UN KENNEDY CHE NON POTÈ UTILIZZARE LA TOILETTE.
IL POLLO FRITTO CHE ABBATTÈ TUTTE LE BARRIERE RAZZIALI.
Immagina di essere un pianista. Un celebre pianista, richiesto e acclamato in tutti gli Stati Uniti d'America.
E, cosa non da tutti, di conoscere uno dei Kennedy. Si, proprio quei Kennedy lì!
Immagina ora che, dovendo cenare, non ti lascino entrare nel ristorante dove stanno cenando i tuoi estimatori danarosi.
E, nemmeno, che ti lascino andare a far pipì nella toilette di un luogo pubblico.
Solo perchè sei un negro, uno "sporco negro", come si usava dire a quei tempi, prima che i termini "nero" e "di colore" prendessero il sopravvento.
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L'AMICO DI UN KENNEDY CHE NON POTÈ UTILIZZARE LA TOILETTE.
IL POLLO FRITTO CHE ABBATTÈ TUTTE LE BARRIERE RAZZIALI.
Immagina di essere un pianista. Un celebre pianista, richiesto e acclamato in tutti gli Stati Uniti d'America.
E, cosa non da tutti, di conoscere uno dei Kennedy. Si, proprio quei Kennedy lì!
Immagina ora che, dovendo cenare, non ti lascino entrare nel ristorante dove stanno cenando i tuoi estimatori danarosi.
E, nemmeno, che ti lascino andare a far pipì nella toilette di un luogo pubblico.
Solo perchè sei un negro, uno "sporco negro", come si usava dire a quei tempi, prima che i termini "nero" e "di colore" prendessero il sopravvento.
Cose che possono (potevano) accadere solo ai negri/neri senza arte nè parte, pensi tu (come me), e invece no.
Capitava anche a chi poteva sollevare la cornetta di un telefono e chiamare il fratello del Presidente degli Stati Uniti d'America. Era il 1962, l'anno prima che J.F.Kennedy venisse assassinato
Questo film, come molti al suo livello, ha diversi piani di lettura. O, meglio, è un grattacielo di "piani di lettura".
1° piano: bianco e nero.
Ovvero, l'ingiustizia razziale or ora appena descritta: tappeti rossi e ovazioni adulatorie quando devi farli divertire ma, per mangiare e/o urinare, cercati un altro posto che non sia questo. Anche se dista mezz'ora di auto.
Anche a Jesse Owens, il quattro volte medaglia d'oro alle olimpiadi di Berlino '36, capitò la stessa sorte. Ovvero, l'ingresso secondario di un hotel.
2° piano: due uomini diametralmente opposti. Anzi, no!
Il bianco e il nero sono agli antipodi su tutto: colore, cultura, educazione, carattere, filofofia di vita e molto altro ancora.
Ma, viaggiando insieme per migliaia di chilometri, i loro atteggiamenti non solo si intrecciano ma, addirittura, talvolta si scambiano, confondendosi.
L'accomodante nero diventa ribelle (rifiutandosi di suonare al concerto di Natale), il ribelle bianco diventa accomodante e più malleabile.
Il risultato finale sarà uno schiaffo epocale al razzismo americano.
3° piano: la solitudine.
Il pianista nero è un uomo solo, mentre il suo tuttofare bianco è pieno di parenti.
La solitudine porta - anche l'integerrimo pianista - ad attaccarsi alla bottiglia di liquore; porta anche a cercare conforto (sessuale) in una persona appena conosciuta in giro, anche se dello stesso sesso.
4° piano: la comicità dei due.
Quando la comicità è data non da battute e gags ma da un altro "quid", può raggiungere livelli inauditi.
Già l'inizio del viaggio tra i due è un botta e risposta magistrale, che gioca sulle differenze abissali (che poi verranno smussate e, talvolta, invertite nei ruoli).
La pietra rubata, il bicchiere di carta gettato dalla macchina, le lettere alla moglie dell'uno dettate dall'altro.
E Il pollo fritto? Vera apoteosi della comicità.
E l'arrivo dello Steinway al posto del pianoforte scalcagnato?
Si piange dalle risate, si piange dalla commozione.
Eccoci giunti al 5° piano di lettura filmica, ma devo interrompermi qui, per non annoiare il cortese lettore.
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flaw54
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domenica 3 febbraio 2019
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climax ascendente
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Un film che cresce, si sviluppa progressivamente e ti prende fino ad appassionati nella seconda parte,. Dopo un inizio un po' lento , ripetitivo e scontato la storia appassiona grazie all' inaspettata prova recitativa di un Viggo Mortensen quasi irriconoscibile. Lo scontro è l'incontro tra la sua focosa, ma appassionata personalità e l'algida compostezza del musicista trovano una fusione quasi inaspettata. La questione del razzismo vista in modo diverso, sottile e quasi gandhiana. Un buon film.
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ruggero
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sabato 2 febbraio 2019
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est est est
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Finalmente. Dopo molte recenti delusioni, termina la visione di Green Book e mi ritrovo commosso per aver incontrato di nuovo il grande cinema. Esiste ancora dunque, non è stata abolita la voglia di lavorare duramente e con passione a una sceneggiatura. Cercare con pazienza gli ingredienti giusti e le dosi, i colori azzeccati della storia, i toni narrativi, cancellare ripetizioni e sciatterie. Si può ancora, evviva, la magia del grande schermo non é stata cancellata dalla Terra. Di più non dirò. gaudeamus igitur
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goldy
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sabato 2 febbraio 2019
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il pregiudizio ? troppo lento a morire
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E’ uno di quei film che se riproposto sui canali TV indurrà a fermarsi perché sa farsi amare e per ri-gustare certe situazioni anche se non sempre divertenti.
Le tematica , quella della discriminazione razziale versione USA è tra le più rappresentate sugli schermi ed è quindi difficile riproporla con spunti innovativi. Il film ci riesce, ribaltando i ruoli, eliminando la violenza gratuita , proponendo situazioni paradossali davvero difficili da credere veritiere. Eppure vere, incredibilmente vere.
Arrendiamoci davanti all’evidenza che il radicamento di comportamenti improntati al pregiudizio sono in grado di impossessarsi degli individui senza incontrare ostacoli che li facciano riflettere.
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E’ uno di quei film che se riproposto sui canali TV indurrà a fermarsi perché sa farsi amare e per ri-gustare certe situazioni anche se non sempre divertenti.
Le tematica , quella della discriminazione razziale versione USA è tra le più rappresentate sugli schermi ed è quindi difficile riproporla con spunti innovativi. Il film ci riesce, ribaltando i ruoli, eliminando la violenza gratuita , proponendo situazioni paradossali davvero difficili da credere veritiere. Eppure vere, incredibilmente vere.
Arrendiamoci davanti all’evidenza che il radicamento di comportamenti improntati al pregiudizio sono in grado di impossessarsi degli individui senza incontrare ostacoli che li facciano riflettere. Nel profondo Sud degli States impossibile provare un abito in un negozio per un uomo di colore, ie neppure cenare in un ristorante di bianchi. .
Propone riflessioni che è bene reiterare regolarmente nel tempo perché il pregiudizio è lento, molto lento, troppo lento a morire .. Per sconfiggere la stupidità non servono grandi proclami e il film riesce a farlo facendo parlare la realtà e sa raggiungere qualsiasi tipo di spettatore con grazi, con intelligenza, con ironia, con verità.
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cinephilo
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sabato 2 febbraio 2019
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buon film
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Classica commediola di riflessione su una storia d'amicizia che va oltre la brutalità dei pregiudizi che hanno segnato un paese e un'epoca. Il soggetto sa di un qualcosa di già visto e rivisto e quindi poco originale ma ciò non toglie che questo film permetta di lasciare la sala dopo aver strappato più di un sorriso. Una commedia leggera e spensierata ma riflessiva allo stesso tempo. Un film che potremmo definire come tanti altri se non fosse per le incredibili interpretazioni di Viggo Mortensen e Marsheala Ali entrambi in stato di grazia. Non un capolavoro ma sicuramente da vedere.
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corazzatapotiomkin
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sabato 2 febbraio 2019
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il pianista sull'oceano... della stupoidità umana
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Una storia davvero istruttiva, magistralmente interprpetata da un quasi irriconoscibile Viggo Mortensen, sovrappeso di almeno 20 chili, e dall'aristocratico Mahreshala Alì.. La frase centrale del film, a mio parere, la recita il jazzista russo, in due puntatate: " il Dottore avrebbe potuto restare a New York a farsi baciare il culo, e invece ha voluto questa tournée negli Stati del Sud, e lo sai perché?". La seconda parte della frase arriverà verso la fine del film: "perché per cambiare la gente non basta il talento: ci vuole il coraggio".
E il coraggio, unito alla pazienza e alla fermezza nei principi, Doctor Don Shirley ne ha davvero tanto.
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Una storia davvero istruttiva, magistralmente interprpetata da un quasi irriconoscibile Viggo Mortensen, sovrappeso di almeno 20 chili, e dall'aristocratico Mahreshala Alì.. La frase centrale del film, a mio parere, la recita il jazzista russo, in due puntatate: " il Dottore avrebbe potuto restare a New York a farsi baciare il culo, e invece ha voluto questa tournée negli Stati del Sud, e lo sai perché?". La seconda parte della frase arriverà verso la fine del film: "perché per cambiare la gente non basta il talento: ci vuole il coraggio".
E il coraggio, unito alla pazienza e alla fermezza nei principi, Doctor Don Shirley ne ha davvero tanto. L'aristocratico intellettuale di colore e il buttafuori mafioso italo-americano semi-analfabeta finiranno per piacersi: Don Shurley, grazie a Tony, diventerà un po' più proletario, e Tony Lip, grazie a Don, imparerà persino a scrivere splendide lettere d'amore alla moglie
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sabato 2 febbraio 2019
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esilarante
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Non sono d'accordo sull'"esilarante": trovo che i film esilaranti siano altri
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francescameneghetti
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venerdì 1 febbraio 2019
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un viaggio, un'avventura, un'amicizia asimmetrica
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Non capita spesso di reggere un film di 2 ore e 20 senza uno sbadiglio, una sbirciata allo smart phone, sorretti da attenzione vivace verso l’ambiente americano degli anni ’60 rappresentato e da un amalgama di emozioni ben bilanciato, che non esclude fasi drammatiche, ma le risolve all’insegna della leggerezza (la virtù predicata da Calvino nelle Lezioni americane), lasciando lo spettatore, alla fine, sereno e appagato. I film americani hanno il lieto fine obbligatorio, si sa, e questo può essre un limite, se consolatorio e di pura evasione dalla realtà.
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Non capita spesso di reggere un film di 2 ore e 20 senza uno sbadiglio, una sbirciata allo smart phone, sorretti da attenzione vivace verso l’ambiente americano degli anni ’60 rappresentato e da un amalgama di emozioni ben bilanciato, che non esclude fasi drammatiche, ma le risolve all’insegna della leggerezza (la virtù predicata da Calvino nelle Lezioni americane), lasciando lo spettatore, alla fine, sereno e appagato. I film americani hanno il lieto fine obbligatorio, si sa, e questo può essre un limite, se consolatorio e di pura evasione dalla realtà. Ma questo risulta meno falso delle convenzioni, dato che si ispira a una storia vera.
Una storia di viaggio avventuroso (tema tipicamente americano, anche se non adotta il solito itinerario coast to coast, ma la direttrice nord-sud) e di amicizia, ugualmente “classica” nel senso che intercorre tra due personaggi asimmetrici e complementari, come Don Chisciotte e Sancio Panza (o Stanlio e Olio).
Il primo è alto, slanciato, elegante, colto, raffinato, legato alle regole della buona educazione e dei saldi principi. Il secondo è grosso, volgare, materialista, istintivo, eccessivo, ma di buon cuore, alla fine. Con una variante “razziale”, rilevante per il contesto storico: il primo, Don Shirley, è un pianista che predilige la musica “bianca”, il secondo, Tony Lip Vallelonga, è un bianco di origini siciliane che, all’inizio, disprezza i “negri” (butta nella pattumiera i due bicchieri con cui hanno bevuto due uomini di colore entrati in casa sua per dei lavori), poi si ravvede. Il primo è interpretato Mahershala Ali, già vincitore del Golden Globes 2019 come miglior attore non protagonista, candidato all’Oscar al pari del suo partner di scena. Il secondo da Viggo Mortesen, qui molto ingrassato per entrare nei panni del personaggio dall’appetito pantagruelico.
Il loro incontro è occasionale: Don Shirley deve fare una tournée al sud, e ha bisogno di un autista tuttofare (e protettore); Tony Lip è rimasto senza lavoro. Il viaggio inizia con momenti di freddezza , di tensione, di incomprensione, attraverso boschi magnifici colti nel foliage autunnale dai colori caldi. Ma un viaggio è anche un’esperienza di formazione, a beneficio di entrambi: non solo di Tony Lip che imparerà le buone maniere, il bello stile nelle lettere alla moglie, un certo autocontrollo, ma anche di Don Shirley che, molto ingessato all’inizio, si lascerà poi andare, a momenti: sia quando accetta di assaggiare con le mani il pollo fritto (che riteneva disgustoso), sia quando fa emergere la sua fragilità, legata alla sua condizione di naufrago senza patria: né bianco (perché la sua cultura sarebbe occidentale, ma i bianchi del sud rifiutano chi ha la pelle nera e gli impediscono di andare in bagno o al ristorante anche se ospite d’onore di una tournée), né nero (perché lui non ama la musica “nera” in quanto ghettizzata, e, d’altra parte, i neri poveri vedono in lui un traditore).
Il film colpisce molto uno spettatore italiano che abbia seguito il dibattito sulle élites, perché qui gli stereotipi sono capovolti. Da vedere e gustare, assolutamente, se non altro per la spendida interpretazione di entrambi!
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mara
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venerdì 1 febbraio 2019
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un film interessante, ben costruito che fa pensare
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Vorrei vedere più film così ben costruiti. Fa sorridere ma tocca un argomento che fa riflettere su certi comportamenti arroganti di una società razzista e ottusa in tempi non lontani.
Comportamenti che ci sembrano ora parte del passato ma che spesso emergono nella nostra vita quotidiana!
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