First Man - Il Primo Uomo |
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Un film di Damien Chazelle.
Con Ryan Gosling, Claire Foy, Jason Clarke, Kyle Chandler.
continua»
Titolo originale First Man.
Biografico,
Ratings: Kids+13,
durata 141 min.
- USA 2018.
- Universal Pictures
uscita mercoledì 31 ottobre 2018.
MYMONETRO
First Man - Il Primo Uomo
valutazione media:
3,55
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Aspettative alte, grande delusione!di DoctorCinemaFeedback: 600 | altri commenti e recensioni di DoctorCinema |
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martedì 6 novembre 2018 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Personalmente nutrivo grandi speranze verso questa pellicola, per vari motivi: perché apprezzo molto il regista; perché ritengo il genere biografico il mio preferito in ambito cinematografico; inoltre le immagini mostrate nel trailer avevano contribuito ad aumentare in me l’attesa per il film. Mi sono recato in sala, quindi, con tutte le intenzioni positive del caso, ma già dopo i primi 30 minuti mi sono reso conto che stavo avviandomi verso una grande delusione. Mi incuriosiva capire come Chazelle avrebbe reso da un punto di vista visivo e narrativo un evento noto a chiunque. Il risultato finale, purtroppo, non mi ha convinto per molti aspetti. Innanzitutto, per valutare in modo accurato un film come “First man” non bisogna cadere nello sbaglio di fare paragoni con film di fantascienza (più o meno recenti), perché NON è un film di fantascienza. Ho letto diversi paragoni di questo tipo e sono dell’opinione che sia un errore. L’unico confronto che potrei in parte giustificare è quello con pellicole come “Apollo 13”, fermo restando che non ha neanche particolare senso effettuare paragoni tra pellicole. Il problema principale che io ho ritrovato in “First man” è che il regista e lo sceneggiatore non sono stati in grado di dare un tono ben preciso al loro film, perdendo il filo del discorso tra diverse tematiche che risultano essere tutte mal descritte e mal approfondite. Ciò che si vuole narrare, infatti, è principalmente la componente psicologica, emotiva ed introspettiva della preparazione al viaggio astronomico da parte di Neil Armstrong, che come già detto prima fu costretto ad affrontare molte problematiche prima di poter compiere l’impresa storica. L’idea di fondo non sarebbe neanche sbagliata, perché se tutti noi conosciamo dall’esterno ciò che avvenne quel giorno di luglio del 1969, quasi nessuno ha piena conoscenza di tutto ciò che nel corso degli anni ha portato il mondo a raggiungere la Luna.
Il difetto di fondo risiede in una sceneggiatura non incisiva, non in grado di esaltare l’evoluzione delle vicende che hanno attorniato colui che è il fulcro della storia, Neil Armstrong. Probabilmente, questo è dovuto anche alla prova attoriale non convincente di Ryan Gosling. Gosling, a mio modo di vedere, soffre di una piattezza recitativa che in alcuni film può anche risultare proficua (“Drive”, su tutti), ma che in altri tende a penalizzare il suo personaggio e il contesto complessivo. Nonostante Neil Armstrong, a detta di chi lo conosceva, fosse un uomo schivo, poco incline alle esternazioni emotive e alla ribalta pubblica, la prova di Gosling mi è sembrata eccessivamente sotto le righe. In un film che vuole approfondire maggiormente la componente emotiva e personale di un’impresa titanica come quella dell’Apollo 11, mi sarei aspettato dei personaggi in grado di creare una maggiore empatia con lo spettatore. Ciò secondo me non è avvenuto, perché neanche gli altri componenti del cast mi hanno convinto. La stessa Claire Foy, nei panni della moglie di Armstrong, non ha regalato a mio parere una prova complessivamente convincente, anche se probabilmente non ha trovato un appoggio adeguato nel suo compagno di recitazione. A Chazelle imputo inoltre una non adeguata gestione delle scene “spaziali”. Anche in questo caso gli occhi del regista si sono voluti concentrare sui personaggi, più che sugli elementi esterni, e anche in questo caso mi ritrovo ad apprezzare la scelta di fondo, ma non la messa in scena finale. Alcune sequenze sono troppo caotiche, incomprensibili, mettono a dura prova lo spettatore da un punto di vista della resa visiva e risultano troppo lunghe. Anche la scena dell’allunaggio poteva essere concepita meglio, molto meglio. Occorreva tralasciare “l’aspetto adrenalinico”, sfruttato meno durante tutto il resto della pellicola e che risulta in quel momento inutile (dato che tutti noi sappiamo che sulla Luna ci siamo effettivamente arrivati). Secondo me bisognava esplorare in maniera migliore la componente psicologica di quegli uomini che stavano per toccare un suolo “alieno”. Un altro punto debole della pellicola è il finale, del quale non rivelerò nulla per ovvie ragioni. Dico solo che se il film si fosse concluso 5-7 minuti prima, probabilmente avrebbe guadagnato quei punti in più che avrebbero reso possibile un giudizio leggermente più positivo. Invece Chazelle è voluto andare oltre, strafare, senza un apparente motivazione logica. Per quanto concerne la componente più strettamente tecnica, il punto forte della pellicola risiede nella fotografia. La scelta di dar vita ad un’atmosfera retrò, con le scene attraversate da una sottile trama e con i colori tendenzialmente caldi che regalano l’aspetto di un filmato d’epoca, è secondo me azzeccata. Tra l’altro ciò va a contrastare nettamente con l’algido cosmo nel quale si ritrovano gli astronauti durante le spedizioni, come a voler sottolineare l’estrema solitudine provata da quegli uomini a migliaia di chilometri dalla Terra. Non mi sorprenderebbe in tal senso una candidatura agli Oscar e anche una possibile vittoria. Nel complesso, però, non riesco a trovare altri punti positivi nel film, che mi appare come un’opera con tanti buoni propositi di fondo, ma che li vede portare a termine in maniera molto parziale. E se per qualunque altro film avrei accettato un risultato del genere senza particolari problemi, nel caso di questa pellicola invece sento un misto di rabbia e delusione per qualcosa che, secondo il mio punto di vista, un regista bravo come Chazelle poteva realizzare in modo nettamente migliore.
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