Anno | 2017 |
Genere | Documentario, |
Produzione | Italia |
Durata | 85 minuti |
Regia di | Davide Ferrario |
Attori | Mario Brunello, Diana Hobel, Fulvio Falzarano, Laura Bussani, Marco Paolini Gabriele Benedetti, Franco Arminio, Fabio Nigro. |
Uscita | lunedì 4 dicembre 2017 |
Distribuzione | Lab 80 Film |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,06 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 4 dicembre 2017
Attraverso cento anni e quattro episodi scanditi per cronologia e geografia, il filo rosso dello spirito di un popolo capace di rovinose catastrofi, tenaci resistenze e sorprendenti vittorie. In Italia al Box Office Cento anni ha incassato nelle prime 4 settimane di programmazione 4,4 mila euro e 4,2 mila euro nel primo weekend.
CONSIGLIATO SÌ
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Punto di partenza e paradigma per misurare le disfatte italiane a venire, Caporetto è un "caposaldo della memoria", snodo imprescindibile per ogni riflessione sulla nostra storia contemporanea. Da questo snodo amorfo, semplificato dalla storiografia dell'immediato, comincia il documentario di Davide Ferrario che inserisce il traumatico evento nel quadro complesso del conflitto e poi in quello più impervio dell'Italia. Perché cento anni dopo, Caporetto interroga ancora la nostra identità nazionale. Terzo capitolo di un'ideale trilogia (Piazza Garibaldi, La zuppa del demonio), Cento anni prova a capire quanto pesi Caporetto nella definizione del nostro carattere.
Davide Ferrario procede allora oltre la battaglia e osserva l'Italia nell'intimo, cercando di restituire giustizia e oggettività al disastro per antonomasia.
Più di ogni vittoria, Caporetto racconta l'Italia, tracciando una linea tra due guerre dentro la stessa (grande) guerra. Da Caporetto muove il riscatto dell'esercito italiano e degli italiani stessi. Improvvisamente, davanti al mito della redenzione e della vendetta, dopo il rischio della sconfitta, l'altra guerra perde consistenza. L'Italia non è mai sazia di miti collettivi, Garibaldi, Mazzini, la consacrazione della Resistenza dopo il fascismo e naturalmente il post-Caporetto che diventa nel lessico comune metafora di rovinosa sconfitta e insieme scenario di riferimento del recupero all'ultimo minuto, impiegato tante volte dai cronisti sportivi davanti alle prodezze della nazionale calcistica.
Sfiorare la tragedia e poi abbracciare uniti la vittoria, è il nodo retorico, affettivo e naturalmente ideologico che rende da sempre la memoria storica e l'analisi storica problematica e scivolosa. In occasione del Centenario, Davide Ferrario realizza un documentario in quattro atti che smonta la retorica e riparte da lì, da Caporetto. Muovendo dall'Ara Pacis Mundi di Medea alla Risiera di San Sabba, passando per le montagne della Grande Guerra e i suoi cimiteri, Cento anni prova a correggere la memoria immemore e la propaganda odiosa, volgendo lo sguardo e prestando parola, attraverso i suoi attori, ai milioni di profughi civili di Caporetto, ai soldati fucilati, ai disubbidienti, ai matti, ai prigionieri morti di fame nei campi austriaci, a cui anche i padri rifiutarono il pane.
Ma Ferrario non si limita a costruire intorno a Caporetto una riflessione che ribalta l'interpretazione romanzata e diffusa, con lucidità e acume sposta le linee di trincea nel tempo e nello spazio, avanzando verso nuove disfatte che hanno un denominatore comune: la mancanza di una memoria completa e condivisa. In un Paese che non sente alcun bisogno di sapere da dove viene e dove andrà, vivendo in un eterno presente, Cento anni arriva come un memento, lavorando tra due universi memoriali: quello individuale e quello collettivo. La forma instabile del documentario, scandito da quattro date (1917, 1922, 1974, Oggi) che si fanno funeste pietre miliari della storia italiana, accompagna gli attori, i testimoni, le note e la voce di chi procede senza timori, narrando una memoria senza censura.
Da Caporetto all'alba del fascismo, attraverso il racconto biografico di Massimo Zamboni, dalla strage di Piazza della Loggia a Brescia allo svuotamento demografico delle terre cresciute all'ombra dell'Appennino, Cento anni racconta la stessa storia. La storia di un Paese che volta le spalle, ieri come oggi, a soldati, reduci, civili, vittime di guerre, deportazioni, bombardamenti, bombe, incuria. E di quella grave e abituale negligenza verso le persone, le cose, la natura chiede ragione e attenzione Franco Arminio, paesologo del cuore, abitando paesi vuoti e un Paese in via di estinzione.
La nostra demografia soffre e 'noi' soffriamo l'arrivo degli altri, quegli altri meravigliosi che ereditano e rappano il dolore di Brescia, mentre i figli vanno all'estero e padri restano a casa soli e incazzati. Paese allo sbando come l'esercito italiano sulle sponde dell'Isonzo, l'Italia non ha mai finito la guerra e il suo ritorno a casa è lento, difficile, mai scontato come nella testimonianza di Massimo Zamboni, nipote di un picchiatore fascista, ucciso a sangue freddo da due partigiani che finirono per ammazzarsi in tempo di pace. Percorrendo una linea immaginaria, geografica e storica, che parte da nord e avanza verso sud, Davide Ferrario indaga le ragioni dello 'sbandamento delle truppe', in attesa forse di un'altra sorprendente rivincita. Rivincita esemplificata attraverso una 'montagna' scalata, questa volta per gioco, da arditi fanti della giovinezza.
Sto inseguendo questo documentario, che ho trovato oltremodo calzante, fin da quando ho sentito a radio3 l'intervista a Davide Ferrario.Non penso che possa arrivare in programmazione a Salerno, una città opaca gestita in modo altrettanto opaco, in cui letture non political correct non trovano facile spazio.Mi dite qualcosa sulla programmazione in queste nostre zone?Resto in attesa.