Maraviglioso Boccaccio |
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Un film di Paolo Taviani, Vittorio Taviani.
Con Lello Arena, Paola Cortellesi, Carolina Crescentini, Flavio Parenti.
continua»
Drammatico,
Ratings: Kids+16,
durata 120 min.
- Italia 2015.
- Teodora Film
uscita giovedì 26 febbraio 2015.
MYMONETRO
Maraviglioso Boccaccio
valutazione media:
2,76
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Caro messer Boccaccio, che omaggio le hanno reso!di Great StevenFeedback: 70023 | altri commenti e recensioni di Great Steven |
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sabato 7 marzo 2015 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
MARAVIGLIOSO BOCCACCIO (IT, 2015) diretto da PAOLO E VITTORIO TAVIANI. Interpretato da LELLO ARENA, KASIA SMUTNIAK, KIM ROSSI STUART, RICCARDO SCAMARCIO, PAOLA CORTELLESI, CAROLINA CRESCENTINI, EUGENIA COSTANTINI, MICHELE RIONDINO, VITTORIA PUCCINI, FLAVIO PARENTI, JOSAFAT VAGNI, JASMINE TRINCA, ROSABELL LAURENTI SELLERS, MIRIAM DALMAZIO
Ormai dai fratelli Taviani ci si può aspettare sempre qualcosa di creativo che travalichi i semplici confini del capolavoro atteso con puntualità nelle sale cinematografiche con una frequenza di due o tre anni dall’uno all’altro film. Con Maraviglioso Boccaccio, le due vecchie volpi hanno nuovamente fatto centro sbaragliando i critici diffidenti che hanno avuto il torto di definire come “solo parzialmente riuscita” questa originale rivisitazione del Decameron che ha soprattutto due meriti innegabili: la presa di distanza dal precedente rifacimento di Pasolini datato 1971 (i Taviani hanno mantenuto coscienziosamente le distanze dai pesanti ammicchi sessuali dell’opera pasoliniana, depurando la loro pellicola da ogni scabrosità evidente) e la disposizione di un cast eccellente in modo che ad ogni attore fosse affidata una parte congeniale da espletare non solo con impegno ma anche calandosi nel ruolo entrando in un’atmosfera medievale chiaramente fittizia ma alquanto verosimile, nonostante le aspettative che vaticinavano una ricostruzione artificiosa e banale. La scelta delle novelle risente un po’ dell’esiguità che gli sceneggiatori-registi hanno voluto riservare al loro ultimo piccolo capolavoro, ma la loro messa in scena non disdegna chiarezza espressiva né rigore narrativo, e il risultato della collaborazione fra cast artistico e tecnico appare benevolo e rodato con precisione. L’episodio più divertente è quello di Calandrino, magistralmente interpretato da un Rossi Stuart più imbranato e imbecille del solito, seguito a ruota dalla novella della badessa (Cortellesi) che esce da un incontro sessuale con un laico mettendosi in testa per sbaglio le sue brache. Il più intimo e sentimentale è senza dubbio l’episodio introduttivo, con uno Scamarcio molto misurato e flemmatico (nelle vesti di un umile e appassionato servitore) che salva la vita alla Puccini facendola curare dal malessere che l’ha fatta ritenere morta dai suoi parenti. Probabilmente il pezzo meno riuscito riguarda la novella conclusiva, quella ispirata alle vicende di Federigo degli Alberighi, benché supportato da una J. Trinca potentemente ispirata e motivata, ma in compenso un formidabile L. Arena interpreta con straordinaria abilità e piglio autoritario il duca Tancredi, che osteggia la relazione della figlia Ghismunda (Smutniak) con Guiscardo (Riondino). Girato fra la Toscana e il Lazio, e le location fanno la loro parte nel delineare un paesaggio fiorentino contagiato morbosamente dalla peste ma immerso nella più completa serenità nella sua versione agreste, la quale ospita i dieci ragazzi che, per passare il tempo, decidono di raccontarsi una novella pro capite al giorno variando di volta in volta gli argomenti a scelta libera. Ai costumi ha lavorato Lina Nerli Taviani, moglie di Paolo e assidua collaboratrice dei due registi, mentre al montaggio troviamo un altro loro navigato compagno di numerosi film, il bravissimo Roberto Perpignani. Concludo analizzando la fedeltà al testo originale di Boccaccio: dai romanzi medievali è possibile trarre qualunque sorta di riduzione o riadattamento in immagini audiovisive, ma non sempre il senso delle pagine cartacee è trasposto senza essere frainteso o ignobilmente travisato. Ma in questo caso il pericolo è stato schivato senza soluzioni di continuità, e i Taviani hanno mantenuto la cornice naturale che inghirlandava senza fronzoli il Decameron traducendo un ventesimo delle storie totali che lo compongono con una comprensione pressoché fantastica dei molteplici significati (anticlericalismo, inni all’amore giovanile, aiuti da buon samaritano, accudimento della prole, necessità degli stupidi in ogni società) che non dimentica quanti siano ancora gli aspetti silenti e nascosti che continuano a governare una civiltà come quella italiana. La qual civiltà, non trascuriamolo, attinge le sue radici da una formazione risalente squisitamente ad un Medioevo vissuto con una prospettiva che non ha mai fatto recitare alla nostra penisola la parte dello spettatore inattivo o inoperoso.
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