jacopo b98
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giovedì 2 luglio 2015
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un film possente e violento, che scava nell'orrore
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Un carrista veterano (Pitt), in seguito alla morte di uno degli uomini della sua squadra storica, si deve prendere la responsabilità di insegnare al giovane Norman (Lerman) il mestiere del soldato e l’orrore della guerra. Per la squadra di carristi inizia allora un viaggio all’inferno, che cambierà ognuno dei protagonisti in maniera diversa. Ayer ha messo in immagini la sceneggiatura da lui scritta e ne ha tratto un film di guerra che è solito e insolito allo stesso tempo. Di solito Fury ha parecchio: un po’ di patriottismo di serie B, la costruzione drammaturgica (molto simile a quella del Soldato Ryan di Spielberg), ecc. Ma ha anche parecchio di nuovo ed insolito e, per dirla in altre parole, originale: l’approfondimento dei personaggi, l’ambientazione claustrofobica, il raccontare una “non storia”, che è solo un “pezzo di guerra” qualsiasi, il realismo assoluto di una messa in scena aggressiva e possente… Insomma Fury, pur partendo da una costruzione non innovativa riesce, a suo modo, a guadagnarsi il suo posto d’onore nel pantheon dei film di guerra.
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Un carrista veterano (Pitt), in seguito alla morte di uno degli uomini della sua squadra storica, si deve prendere la responsabilità di insegnare al giovane Norman (Lerman) il mestiere del soldato e l’orrore della guerra. Per la squadra di carristi inizia allora un viaggio all’inferno, che cambierà ognuno dei protagonisti in maniera diversa. Ayer ha messo in immagini la sceneggiatura da lui scritta e ne ha tratto un film di guerra che è solito e insolito allo stesso tempo. Di solito Fury ha parecchio: un po’ di patriottismo di serie B, la costruzione drammaturgica (molto simile a quella del Soldato Ryan di Spielberg), ecc. Ma ha anche parecchio di nuovo ed insolito e, per dirla in altre parole, originale: l’approfondimento dei personaggi, l’ambientazione claustrofobica, il raccontare una “non storia”, che è solo un “pezzo di guerra” qualsiasi, il realismo assoluto di una messa in scena aggressiva e possente… Insomma Fury, pur partendo da una costruzione non innovativa riesce, a suo modo, a guadagnarsi il suo posto d’onore nel pantheon dei film di guerra. Questo grazie anche ad un cast sapientemente scelto e assortito: Pitt non aveva mai posseduto una tale intensità e anche tutti gli altri (Lerman, LaBoeuf, Peña e Bernthal) ci offrono performance che volenti o nolenti rimangono impresse per la loro forza, la loro fisicità estrema e la loro tremenda violenza. Fotografia superba di Roman Vasyanov, musiche da Oscar di Steven Price. Oltre 200 milioni di incasso mondiale.
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gianleo67
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sabato 18 aprile 2015
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post d-day to... the end of war
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Nell'Aprile del 1945, quando ormai l'esercito del Reich si asserragliava nella roccaforte di una Berlino prossima a capitolare, le truppe alleate si scontrano con la ostinata resistenza di una fanteria pesante che può contare sulla superiorità tecnica e sulla proverbiale affidabilità dei mezzi corazzati della Wehrmacht. Decisi a conquistare un importante crocevia per l'avanzata verso la meta decisiva, un manipolo di irriducibili marines al comando del sergente Don "Wardaddy" Collier (Brad Pitt), sfonderanno le linee nemiche e condurranno il loro carro armato, ribattezzato 'Fury', nella terra di nessuno di uno scontro eroico ed impari, pronti all'estremo sacrificio pur di non arretrare di fronte alle preponderanti forze nemiche.
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Nell'Aprile del 1945, quando ormai l'esercito del Reich si asserragliava nella roccaforte di una Berlino prossima a capitolare, le truppe alleate si scontrano con la ostinata resistenza di una fanteria pesante che può contare sulla superiorità tecnica e sulla proverbiale affidabilità dei mezzi corazzati della Wehrmacht. Decisi a conquistare un importante crocevia per l'avanzata verso la meta decisiva, un manipolo di irriducibili marines al comando del sergente Don "Wardaddy" Collier (Brad Pitt), sfonderanno le linee nemiche e condurranno il loro carro armato, ribattezzato 'Fury', nella terra di nessuno di uno scontro eroico ed impari, pronti all'estremo sacrificio pur di non arretrare di fronte alle preponderanti forze nemiche.
Giocato sulla classica retorica di un eorismo a stelle e strisce deciso a non far prigionieri e precipitato in uno degli episodi conclusivi dell'ultimo conflitto mondiale, questo war movie frastornante e compatto (almeno come i carri armati che ne sono gli implacabili protagonisti e meccanici dispensatori di morte: in un senso o nell'altro) richiama alla mente il classico archetipo spielberghiano del post D-Day ('Salvate il soldato Ryan' - 1998) tanto nel brutale realismo delle scene di guerra (ricostruite con una dovizia filologica che anche gli storici più esperti potranno ammirare), quanto nelle contraddizioni etiche insite nell'orrore di un conflitto che reclama un debito di sangue quale inevitabile tributo alla speranza di una sopravvivenza personale ed allo scopo più alto del prevalere di un interesse collettivo. Se è vero che il cameratismo da blindato cingolato arruola il 'melting pot' di un assortimento multirazziale ed interconfessionale come nella migliore tradizione di un grande paese in trasferta bellica (manca il 'nero' ma ce ne facciamo un ragione), il 'leitmotiv' di questa retorica marziale sembra essere quello di preservare la propria umanità attraverso l'impietoso rigore che ti fa uccidere un bambino in quanto nemico di guerra e salvare dallo stupro una giovane ariana in quanto ospite innocente, separando così il destino terreno di uomini pronti al massacro come all'estremo sacrificio personale da quello celeste riservato alle anime belle che si limitano a recitare i salmi in tempo di pace. Se fosse stato più giusto portare alle estreme conseguenze la logica di questa forzosa disumanità non è dato sapere, anche e soprattutto perchè l'autore si limita a polarizzare l'attenzione sul buonismo mainstream di una leadership che insegna il male (necessario) di una uccisione a sangue freddo come il bene (opzionale) di una concessione alle tenerezze giovanili, pronto a chiedere il sacrificio dei suoi uomini solo dopo aver concesso il proprio e finalmente condiscendente verso l'inevitabile vigliaccheria di una giovane vita che assumerà su di sè gli onori e la gloria di un inevitabile eroismo. Cosè già viste insomma ed insieme, nella impeccabile confezione di una produzione da 80 milioni di dollari, una attendibile ricostruzione delle scene di guerra (dalla messa in salvaguardia di soldati dispersi sul campo alla perizia tecnica nella neutralizzazione delle forze anticarro, dallo scontro ravvicinato di mostri meccanici in moto circolare alla rigida divisione dei compiti all'interno di un fortino cingolato semovente), il montaggio serrato di un action movie senza tempi morti e l'araldica western di soldati (tedeschi) a cavallo, decorazioni della Wehrmacht quali scalpi da conquistare e l'epica resistenza di una Fort Alamo racchiusa nei pochi metri quadrati di uno 'Sherman' battente bandiera americana. Miglior cast al National Board of Review of Motion Pictures 2014 per un film che ha avuto una tormentata distribuzione nostrana (fallimento della Moviemax) con l'uscita prevista solo per il Giugno di quest'anno grazie alla Lucky Red Distribuzione. Per chi crede che l'interno di un carro armato sia uno spazio troppo angusto per farci un film.
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andreamymovies.it
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sabato 13 giugno 2015
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un film di guerra continuo e realistico
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Inevitabile il confronto con "Salvate il soldato Ryan",a cui è senza dubbio ispirato Fury,e tra il sergente Brad Pitt e il capitano Tom Hanks,entrambi uomini di onore e molto attaccati ai propri uomini e alla propria nazione,con la differenza che il sergente Pitt usa metodi un po' più ortodossi di quelli del protagonista del film di Spielberg,dimostrando un carattere crudo e spietato molto più simile a quello del tenente Aldo Raine di Bastardi senza gloria interpretato dallo stesso Brad Pitt.Anche il religioso e innocente dattilografo Norman ha,per la sua timidezza e per il suo iniziale "spirito di non belligeranza",molti punti in comune con l'introverso soldato Upham del film di Spielberg e,infine,persino le scene finali dei due film sono molto simili con i protagonisti che trovano la morte in una coraggioso ultimo attacco finale,consapevoli che questo li costerà la vita,ma decisi a portarlo avanti ugualmente.
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Inevitabile il confronto con "Salvate il soldato Ryan",a cui è senza dubbio ispirato Fury,e tra il sergente Brad Pitt e il capitano Tom Hanks,entrambi uomini di onore e molto attaccati ai propri uomini e alla propria nazione,con la differenza che il sergente Pitt usa metodi un po' più ortodossi di quelli del protagonista del film di Spielberg,dimostrando un carattere crudo e spietato molto più simile a quello del tenente Aldo Raine di Bastardi senza gloria interpretato dallo stesso Brad Pitt.Anche il religioso e innocente dattilografo Norman ha,per la sua timidezza e per il suo iniziale "spirito di non belligeranza",molti punti in comune con l'introverso soldato Upham del film di Spielberg e,infine,persino le scene finali dei due film sono molto simili con i protagonisti che trovano la morte in una coraggioso ultimo attacco finale,consapevoli che questo li costerà la vita,ma decisi a portarlo avanti ugualmente.Si sarà capito da queste prime osservazioni che sicuramente Fury non spicca per la sua sceneggiatura originale e persino i personaggi non hanno nulla di più da offrire di quanto il cinema abbia già dato e,a dire il vero,i dialoghi non sono così intensi e carismatici come quelli di Bastardi senza gloria,e complessivamente il film non risulta tanto commovente e avvincente quanto Salvate il soldato Ryan.Per dirla tutta,nemmeno gli effetti speciali,che in un film di guerra hanno un ruolo di prima fascia,riescono a far fare a Fury il salto di qualità.Tuttavia il film è molto più che discreto,e più di tutte,ho trovato vincente la particolarità di presentare il film quasi come un diario di guerra o,per essere più preciso,come uno dei "Commentarii" degli antichi Romani,in cui si sceglieva uno specifico episodio(in questo caso si tratta degli ultimi mesi della seconda guerra mondiale)e lo si raccontava con estrema dovizia di particolari e con un filo narrativo continuo:Fury è un film che scegie di descrivere pressapoco 3 o 4 giorni di guerra in cui i protagonisti sono impegnati in 3 operazioni militari,intervallate da un solo giorno di riposo,e ciò dimostra come l'intento del regista,a mio parere,sia stato quello di raccontarci gli ultimi giorni di guerra vissuti da 5 soldati,e farlo entrando nella loro quotidianità,per poterli analizzare al meglio e fare entrare anche noi spettatori nella psicologia della guerra.In particolare,tralasciando la scena finale,sulla cui banalità si sono espressi in modo esaustivo recensioni precedenti alla mia,la scena che mi ha colpito maggiormente è stata quella in cui proprio il sergente Pitt e il soldato Norman si riposano nella casa,situata in una zona di guerra appena conquistata dagli Alleati,di due donne(madre e figlia),in quanto la coincisione dei dialoghi e il ritmo molto lento delle azioni conferiscono al momento un disarmante realismo,incorniciato all'inizio dalla suspense dell'entrata dei protagonisti nella casa,e alla fine dall'arrivo degli altri 3 soldati che subentrano nella scena in modo roccambolesco.Altra scelta vincente del regista è stata quella di non protrarre il film per le lunghe ma di condensare in 135 minuti tutto quello che aveva da comunicare,e di farlo seguendo un intreccio narrativo lineare e semplice,che non tiene impegnato lo spettatore per la sua complicità ma che allo stesso tempo non lo annoia mai.Della guerra non bisogna mai smettere di parlare,mai.
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(di silvano bersani)
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pasqu23
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domenica 14 giugno 2015
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da un pezzo che non vedo un film così bello
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Non criticatemi, ma per quanto mi riguarda Fury è un capolavoro a regola d'arte. I paesaggi, gli ambienti, i colori, lo sviluppo introspettivo di tutti i personaggi (Brad Pitt in testa) sono stati realizzati da Dio. Molto bello anche il pezzo finale, compresa l'ultima inquadratura prima dei titoli di coda che lascia sempre spazio alla riflessione sul disastro dalle dimensioni incalcolabilmente enormi che può portare la guerra. Non capisco proprio chi gli ha dato un voto totalmente negativo, secondo me non si è immedesimato abbastanza nella storia.
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carlo145
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mercoledì 17 giugno 2015
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l'orrore del lato oscuro
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"Sei salvo tu? Sei stato salvato?" chiede Shia La Beouf ("Bibbia") al nuovo arrivato nell'equipaggio del carro armato Fury, comandato da Brad Pitt. In tutto questo orrore, e se ne vede come mai se n'era visto nei film di guerra, qualcuno si chiede ancora se c'è spazio per una qualche forma di significato religioso in tutto quello che sta accadendo. Tutto quello che c'hanno insegnato a scuola, durante le ore di religione, che non si deve uccidere, né dal punto di vista "civile" né da quello religioso, dove è andato a finire?.... quei ragazzi cresciuti nell'immensa provincia americana, abituati al lavoro dei campi o ad altre attività abituali dell'uomo di pace, improvvisamente sono costretti ad uccidere, a massacrare o a venire uccisi.
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"Sei salvo tu? Sei stato salvato?" chiede Shia La Beouf ("Bibbia") al nuovo arrivato nell'equipaggio del carro armato Fury, comandato da Brad Pitt. In tutto questo orrore, e se ne vede come mai se n'era visto nei film di guerra, qualcuno si chiede ancora se c'è spazio per una qualche forma di significato religioso in tutto quello che sta accadendo. Tutto quello che c'hanno insegnato a scuola, durante le ore di religione, che non si deve uccidere, né dal punto di vista "civile" né da quello religioso, dove è andato a finire?.... quei ragazzi cresciuti nell'immensa provincia americana, abituati al lavoro dei campi o ad altre attività abituali dell'uomo di pace, improvvisamente sono costretti ad uccidere, a massacrare o a venire uccisi. Non esiste un a terza via. E il nuovo carrista, che come battesimo deve pulire i resti del viso (sì, di parte della faccia) di colui che è stato inviato a sostituire, non riesce ad accettarlo. Non vuole perdere la sua innocenza, non vuole cambiare. Neanche quando Brad Pitt gli serra a forza una pistola nella mano e lo costringe ad uccidere un tedesco. Perché sente nel profondo che accettare questo stato di cose significa cambiare una volta per sempre: lasciare i campi dove si è giocato, i libri dove si è studiato, i sogni, le fantasie, la serenità dell'infanzia e dell'adolescenza, per entrare in un mondo spietato, dove sei costretto a fare cose inimmaginabili, e a vederle. Come potevano, come possono, ragazzi che vivono queste esperienze, tornare poi di colpo "normali" alla fine della guerra?... tornare ad una vita "normale"? L'unica sarebbe non essere lì, in qualsiasi modo ci si possa riuscire. Ma se ci sei, sei costretto ad adeguarti, a crescere in fretta e a diventare parte dell'orrore che l'uomo riesce ad infliggere ad un altro uomo. Dopo aver visto questo film, ho assistito in maniera diversa ai racconti dei veterani della Normandia, nei documentari storici: molti di loro si chiesero (e continuano a farlo): "Come può un uomo fare questo ad un altro uomo?". E continuavano a commuoversi e a piangere, ripensando ad eventi di oltre 60 anni prima. Vedere questo film aiuta a comprendere queste testimonianze. E forse proprio quest'orrore che tutta la squadra del carro armato subisce e infligge a sua volta, porta i protagonisti a pensare che non c'è più scampo per la propria anima e che l'unico riscatto sia il sacrificio personale, in un'azione finale tanto eroica quanto assurda. Uno degli episodi più commoventi, a mio avviso, indice di una sensibilità estrema da parte del regista, dello sceneggiatore e chissà di chi altro, è quando la nuova recluta si sfoga con quello che sembra uno dei più brutali soldati americani del carro: piange, lo tempesta di pugni, di improperi, di rabbia. L'altro si lascia colpire senza reagire, ad un certo punto abbracciandolo addirittura e tenendolo stretto a sé, sussurandogli: "E' la guerra, ragazzo, è la guerra". E' il momento in cui il "ragazzo" accetta di entrarci dentro per sopravvivere, con tutto quello che questo comporta. Sarà l'unico a sopravvivere. E la camera, nel finale, lentamente si solleva sul campo di battaglia inquadrando un impressionante numero di soldati morti. E' un film che non può lasciare indifferenti.
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ruggero
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sabato 19 settembre 2015
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fury quasi horror
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Qualche momento buono tra puzza di gasolio,scene che rasentano l'horror per la loro crudezza e brutalità e incomprensibili effetti speciali con fucili,proiettili e cannoni che lasciano una scia tipo raggi laser alla "Guerre Stellari.La guerra,si sa,é ancora peggio,ma in un carro armato al peggio si aggiunge l'incubo come in U-Boot 96...non puoi scappare quando incontri un Tiger tedesco!.. Il film,pur colmo di buone idee,si scontra con le solite "americanate" di cui i buoni yankees non riescono proprio a fare a meno,se non con qualche produttore "indipendente".
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Qualche momento buono tra puzza di gasolio,scene che rasentano l'horror per la loro crudezza e brutalità e incomprensibili effetti speciali con fucili,proiettili e cannoni che lasciano una scia tipo raggi laser alla "Guerre Stellari.La guerra,si sa,é ancora peggio,ma in un carro armato al peggio si aggiunge l'incubo come in U-Boot 96...non puoi scappare quando incontri un Tiger tedesco!.. Il film,pur colmo di buone idee,si scontra con le solite "americanate" di cui i buoni yankees non riescono proprio a fare a meno,se non con qualche produttore "indipendente".Buone interpretazioni di Brad Pitt e compagni di viaggio a bordo dello Sherman.
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santiago81
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mercoledì 3 giugno 2015
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l'incubo d'acciaio di david ayer
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FURY
Film di guerra senza compromessi, Fury è un continuo pugno nello stomaco, un susseguirsi di orrori morali e umani prima ancora che anatomici.
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FURY
Film di guerra senza compromessi, Fury è un continuo pugno nello stomaco, un susseguirsi di orrori morali e umani prima ancora che anatomici.
Difficile entrare in empatia con i personaggi (forse un limite, forse no), tale è la loro bestialità senza apparente possibilità di redenzione e di cui è difficile capire fino a che punto sia provocata o semplicemente rivelata.
L'acciaio come àncora, come casa, come filo rosso verso un destino che sembra ineluttabile.
David Ayer dirige con rigore e senso estetico un film duro, spietato con i protagonisti e con lo spettatore. Lo aiuta un reparto tecnico di prim'ordine, a cominciare dall'eccellente fotografia per finire con un fronte sonoro davvero di gran livello. Qualcosa di meglio, invece, si poteva fare per le esplosioni, talvolta più pirotecniche che belliche.
Il cast è perfettamente centrato in ogni ruolo, Brad Pitt mutua sé stesso da Bastardi Senza Gloria ripulendosi però da qualsiasi ammiccamento al pubblico e costruendo un personaggio a tratti intollerabile, per quanto comprensibile, nella sua brutalità.
Per lunghi tratti il film sembra quasi un inno alla violenza senza quartiere, tale è l'assenza di umanità che lo caratterizza, nei protagonisti e nelle scelte di sceneggiatura; Ayer, però, ha voluto trascinare lo spettatore non solo sul campo di battaglia ma dentro i cuori dei soldati che quella bataglia l'hanno combattuta, nel chiuso del carro che si fa spazio metafisico, rifugio orribile da un orrore esterno di cui nessuno riesce a vedere la fine e che in un istante può diventare la peggiore delle tombe.
L'ultima inquadratura, con il carro fermo come uno scoglio intorno a quale sembra scorrere il mare di morte con i suoi innumerevoli corpi straziati, si propone come metafora dell'intero film.
Voto 8/10
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brian77
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venerdì 5 giugno 2015
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non male
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Sarebbe un film medio da tre stellette giuste giuste, ma ormai è così difficile andare al cinema e vedere un film che dia un minimo di soddisfazione, che gli regalo volentieri una stelletta oltre i suoi meriti. E' un film di guerra molto tradizionale, ma raccontato con energia, un bel senso visivo, due o tre sequenze costruite efficacemente. Senza voler essere originale a tutti i costi, purtroppo con un finale enfatico che rischia di rovinare quanto di buono s'è visto prima (rifilarci centinaia di morti diventa francamente noioso e non ha alcun senso), ma capace di rendere con una certa forza quello che ci racconta. Si può certo fare di meglio, ma almeno è un film. E' già qualcosa.
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giordano stefani
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lunedì 8 giugno 2015
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tra ryan e scarface, un film solido
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Sembra quasi uno spin off di Salvate il soldato Ryan, questo Fury: è pervaso infatti dallo stesso patriottismo americano e dalla stessa crudità nel rappresentare la guerra con le sue orribili atrocità (si calca molto sui particolari di mutilazioni e smembramenti, senza lasciare molto alla fantasia dello spettatore).
un Brad Pitt come sempre molto credibile nel ruolo dell'eroe (antieroe?) sofferente e tormentato vive, in simbiosi con la sua squadra, la stretta finale al nazismo da dentro un carro armato Sherman ed avanza conquistando paese per paese una Germania martoriata ma ancora non arresa a quello che sarebbe stato il suo destino.
Magari la pretesa di realismo conquistata con alcune scene viene meno in altre, (vedere per credere l'assedio finale che ricorda molto gli ultimi minuti di Scarface ed i molti errori tattici), ma sicuramente rimaniamo di fronte a un film solido e convincente che si piazza tra i migliori, o perlomeno tra i più "di impatto" del filone "seconda guerra mondiale", che sembra non andare mai fuori moda ma anzi rimane uno dei più battuti.
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flyanto
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mercoledì 10 giugno 2015
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maturare velocemente ed a caro prezzo
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Con "Fury" si ritorna un poco al genere dei kolossal bellici concernenti la Seconda Guerra Mondiale. La storia infatti racconta in pratica le azioni militari che un plotone di soldati americani compiono in Germania e più precisamente con ed all'interno del proprio carrarmato, denominato "Fury". Essendo i carri armati americani tecnicamente inferiori rispetto a quelli tedeschi, le forze armate statunitensi continuano a subire disfatte e perdite di uomini, e così pure tra i componenti del plotone comandato dal sergente Don Collier (Brad Pitt) che si vede sostituire il proprio tiratore morto con un giovane inesperto, impaurito ed ancora pieno di scrupoli.
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Con "Fury" si ritorna un poco al genere dei kolossal bellici concernenti la Seconda Guerra Mondiale. La storia infatti racconta in pratica le azioni militari che un plotone di soldati americani compiono in Germania e più precisamente con ed all'interno del proprio carrarmato, denominato "Fury". Essendo i carri armati americani tecnicamente inferiori rispetto a quelli tedeschi, le forze armate statunitensi continuano a subire disfatte e perdite di uomini, e così pure tra i componenti del plotone comandato dal sergente Don Collier (Brad Pitt) che si vede sostituire il proprio tiratore morto con un giovane inesperto, impaurito ed ancora pieno di scrupoli. Nel corso delle varie giornate fatte di continue incursioni il loro legame però si rafforzerà ed il sergente diverrà una sorta di mentore e di guida quasi paterna per la giovane recluta e ciò farà sì che quest'ultimo maturi velocemente professionalmente, ma soprattutto come uomo.
Il regista David Ayer con "Fury" è riuscito perfettamente nel suo intento di realizzare un film che ricorda, come già sopra rimarcato, un poco quelli sul secondo conflitto mondiale ed ha ideato una storia "personale" o, meglio, concernente un gruppo ristrettissimo di persone, che diviene il mezzo per presentare non solo le vite, le sofferenze, i caratteri e le gesta personali e militari di una piccola, appunto, cerchia di soldati, ma anche l'atmosfera di crudeltà, di violenza e di paura e miseria che purtroppo in quegli anni seganti dalla guerra era dilagante e sempre in maggior aumento. Quello infatti che più viene apprezzato in "Fury" è proprio l'ambiente ed il clima descritti insieme alla ricreazione degli ambienti e dell'epoca stessa caratterizzati dal conflitto bellico. Inoltre, la trama, ovviamente inventata e sicuramente romanzata, risulta altamente credibile nonchè molto avvincente tanto da non fare pesare assolutamente allo spettatore la durata di più di due ore della pellicola.
Una menzione speciale, poi, va rivolta a Brad Pitt che qui interpreta il proprio ruolo alla perfezione, dandogli credibilità ed umanità e contribuendo senza alcun dubbio ad innalzare il valore del film.
Un peccato perderlo.
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