lore64
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sabato 4 gennaio 2014
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la desolazione dell'intelligenza
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Si tratta di una clamorosa operazione commerciale: completamente disinteressato a riprodurre la fiaba di Tolkien, il regista ci propone un kolossal all’americana (ispirato allo Hobbit solo nella trama generale) ricalcato sul Signore degli anelli (per sfruttarne il successo commerciale) ma completamente privo dello stile e della serietà che caratterizzavano la prima trilogia.
La trama è completamente sconvolta e si è deciso di fare tre parti anziché due per moltiplicare gli incassi. Naturalmente il regista ci zeppa dentro i personaggi del Signore degli anelli per invogliarne gli ammiratori a pagare il biglietto.
Io non sono un purista e non avrei avuto nulla da ridire (anzi avrei apprezzato) l’abbandono dell’approccio fiabesco in favore di uno epico se quest’epica non si risolvesse in un mélange di cartone animato e manga di arti marziali.
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Si tratta di una clamorosa operazione commerciale: completamente disinteressato a riprodurre la fiaba di Tolkien, il regista ci propone un kolossal all’americana (ispirato allo Hobbit solo nella trama generale) ricalcato sul Signore degli anelli (per sfruttarne il successo commerciale) ma completamente privo dello stile e della serietà che caratterizzavano la prima trilogia.
La trama è completamente sconvolta e si è deciso di fare tre parti anziché due per moltiplicare gli incassi. Naturalmente il regista ci zeppa dentro i personaggi del Signore degli anelli per invogliarne gli ammiratori a pagare il biglietto.
Io non sono un purista e non avrei avuto nulla da ridire (anzi avrei apprezzato) l’abbandono dell’approccio fiabesco in favore di uno epico se quest’epica non si risolvesse in un mélange di cartone animato e manga di arti marziali. Il film è un rutilare frenetico quanto stucchevole di scene di battaglia che dell’elemento fiabesco conservano soltanto il totale disinteresse verso la minima verosimiglianza. Jackson radicalizza ulteriormente la tendenza, che già aveva rovinato le scene di combattimento del Signore degli anelli, a risolvere i combattimenti in stile Karate Kid anni 70 che con un unico movimento del braccio lancia 6 coltelli e centra sei gole di nemici a 100 metri di distanza.
Inesistente lo studio dei personaggi, ridotti a ombre (meglio: a personaggi di un cartone animato) che passano senza soluzione di continuità da un barbagliare di lame al successivo. Completamente irrilevante ai fini della trama la presenza di Legolas e dell’elfa, che fra l’altro, impegnati in continui (oltreché incongruenti e tutti uguali fra loro) ammazzamenti di orchi dimettono le poche vestigia di elficità (carattere ultraterreno, bellezza eterea ecc.) che Jackson era riuscito a conferire loro nel Signore degli anelli. Grottesca, politically correct e assolutamente inconciliabile coi caratteri di base dell’universo tolkeniano la storia d’amore fra elfa e nano, apprezzabile solo dai credenti nel pregiudizio antirazzista.
Nella migliore tradizione del polpettone hollywoodian, gli effetti speciali sono meravigliosi, la scenografia stupenda, il drago Smaug memorabile, e c’è tutto quanto serve a piacere al gregge di minori (di anni ovvero di spirito) che prediligono una serata con Troy o Star Wars alla lettura dei poemi anglosassoni di Tolkien in originale. Un film più simile a King Kong che non a The Lord of the Rings, che piacerà ai fruitori delle idiozie propinate al gregge dalla filmografia di massa. Una spaventosa caduta di tono.
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[+] per quanto poco possa valere...
(di hollyver07)
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francesco nenna
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venerdì 3 gennaio 2014
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lo hobbit secondo peter jackson: epico
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Ennesimo capolavoro del miglior regista di fantasy. Il piu' bel drago della storia del cinema. SMAUG!!!
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van cristal lee
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venerdì 3 gennaio 2014
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l'oblio delle origini.
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Non è mai facile valutare un'opera cinematografica in quanto tale settima arte è composta da più parti che, se anche compongono un tutto, non si possono che valutare singolarmente. O almeno ciò avviene quando non si raggiunge quell'alchimia tra le parti che erige l'opera a capolavoro facendoti dimenticare il mondo da dove guardi e impedendoti di adottare uno sguardo critico e analitico che disseziona il film. Ecco, non è proprio questo il caso. Il film per essere apprezzato abbisogna di uno sguardo molteplice che selezioni quel poco che c'è di buono cercando di ignorare le tante sbavature che costellano l'universo più Jacksoniano che Tolkeniano. Infatti, oltre le già più volte evidenziate carenze intrinseche al film, e non sto a ripeterle anche perché mi sembra che siano piuttosto autoevidenti, il grandissimo errore che si è commesso, a mio parere, è quello di avere osato troppo dimenticando l'origine.
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Non è mai facile valutare un'opera cinematografica in quanto tale settima arte è composta da più parti che, se anche compongono un tutto, non si possono che valutare singolarmente. O almeno ciò avviene quando non si raggiunge quell'alchimia tra le parti che erige l'opera a capolavoro facendoti dimenticare il mondo da dove guardi e impedendoti di adottare uno sguardo critico e analitico che disseziona il film. Ecco, non è proprio questo il caso. Il film per essere apprezzato abbisogna di uno sguardo molteplice che selezioni quel poco che c'è di buono cercando di ignorare le tante sbavature che costellano l'universo più Jacksoniano che Tolkeniano. Infatti, oltre le già più volte evidenziate carenze intrinseche al film, e non sto a ripeterle anche perché mi sembra che siano piuttosto autoevidenti, il grandissimo errore che si è commesso, a mio parere, è quello di avere osato troppo dimenticando l'origine. Jackson ci ha messo troppo del suo e ne paga il prezzo. Quel tono epico, mitico e leggendario che vivificava Il signore degli anelli, in questa nuova trilogia diventa solo un ricordo sbiadito e nostalgico che aumenta il senso di sconforto nei confronti di una possibilità mancata che sa di inganno e di beffa. Quindi come più volte detto concordo con il ritenere che cotesta trilogia poteva essere accorciata parecchio, e oso dire che il tutto poteva rientrare in un unico film, magari dalla lunga durata, ma che sicuramente avrebbe impedito a Jackson di inventare situazioni dissonanti con la storia originale. Quindi le due stelle sono per le uniche due cose che mi sono piaciute, la scenografia e i pop corn.
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artamir
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giovedì 2 gennaio 2014
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una mera operazione commerciale
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Il Signore degli Anelli fu stravolto da Jackson, ma almeno se ne ottenne una trasposizione guardabile, anche se dovendo parecchio storcere il naso. Lo Hobbit è stato invece decisamente annientato. Il primo episodio già lasciava trasparire chiaramente lo spirito con cui l'intero progetto era stato intrapreso, ma questo secondo episodio ha raggiunto veramente il fondo. Il film è parso chiaramente allungato anche a chi non ha mai letto il libro, di cui rimangono solo i nomi e poco più della trama generale delal storia. Il tutto ormai si configura chiaramente come un pura e semplice operazione commerciale, volta a tirar fuori tre film di tre ore ciascuno e guadagnare tutti i quattrini possibili.
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Il Signore degli Anelli fu stravolto da Jackson, ma almeno se ne ottenne una trasposizione guardabile, anche se dovendo parecchio storcere il naso. Lo Hobbit è stato invece decisamente annientato. Il primo episodio già lasciava trasparire chiaramente lo spirito con cui l'intero progetto era stato intrapreso, ma questo secondo episodio ha raggiunto veramente il fondo. Il film è parso chiaramente allungato anche a chi non ha mai letto il libro, di cui rimangono solo i nomi e poco più della trama generale delal storia. Il tutto ormai si configura chiaramente come un pura e semplice operazione commerciale, volta a tirar fuori tre film di tre ore ciascuno e guadagnare tutti i quattrini possibili. Pensiamo già ai tre DVD e successivi DVD-Extended che usciranno. A cosa abbiamo assistito nelle sale? A una continua moltiplicazione di azioni, personaggi, costumi, mostri, talmente tirata per i capelli da far scomparire del tutto la trama. Al solo scopo di fare una quantità maggiore di pellicola, di durata e di... guadagni. Venendo alla storia, il libro, uno dei più venduti nella storia, è semplicemente scomparso. Sparita l'atmosfera originale (di stampo quasi comico) di quello che originariamente era stato concepito come un libro per ragazzi, scomparsi tutti i rapporti tra i personaggi, e anche i singoli episodi, chi chiediamo: cosa resta? Una ennesima storia fantasy, qualsiasi, con nani, mostri e draghi. Quello che caratterizza gli scritti di Tolkien da tutta la successiva paccottiglia fantasy è proprio la gande capacità dello scrittore, esimio studioso di storia medioevale, di evocare luoghi, personaggi ed avventure dotati di grande profondità e coerenza. Se a Tolkien viene strappato via tutto tranne che i nomi e i mostri, cosa rimane? Con questo secondo episodio, Jackson, mediocre regista, riesce a trasformare Tolkien in un qualsiasi racconto fantastico, indistinguibile rispetto ai tantissimi altri. Più noioso degli altri, se possibile. Da andare a vedere giusto per 'collezionare' un ennesimo, visivamente bello, minestrone fantastico.
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daniele 69
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giovedì 2 gennaio 2014
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bello... ma che stanchezza.
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Parliamoci chiaro, il nostro buon Peter Jackson non aveva l'intenzione di procedere ad una semplice trasposizione cinematografica di "Lo hobbit".
Altrimenti non si spiegherebbe come si possa decidere di trasformare un libro di poco più di 300 pagine in ben 3 film per quasi 9 ore complessive.
Jackson ha voluto creare il preludio alla sua personale trilogia di "Il Signore degli Anelli".
Creare una poderosa esalogia ed una furba operazione commerciale allo stesso tempo!!!
Tutto legittimo, ma che fatica!
160 minuti che ad un certo punto sembravano non finire più.
160 minuti che potevano essere tranquillamente 130: un salto di Legolas in meno, 5 minuti di barili in meno, 5 minuti di drago in meno e tutto sarebbe stato perfetto anche nella visione particolarissima di Jackson.
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Parliamoci chiaro, il nostro buon Peter Jackson non aveva l'intenzione di procedere ad una semplice trasposizione cinematografica di "Lo hobbit".
Altrimenti non si spiegherebbe come si possa decidere di trasformare un libro di poco più di 300 pagine in ben 3 film per quasi 9 ore complessive.
Jackson ha voluto creare il preludio alla sua personale trilogia di "Il Signore degli Anelli".
Creare una poderosa esalogia ed una furba operazione commerciale allo stesso tempo!!!
Tutto legittimo, ma che fatica!
160 minuti che ad un certo punto sembravano non finire più.
160 minuti che potevano essere tranquillamente 130: un salto di Legolas in meno, 5 minuti di barili in meno, 5 minuti di drago in meno e tutto sarebbe stato perfetto anche nella visione particolarissima di Jackson.
Quindi alla fine sono uscito dal cinema contento per lo spettacolo visto, ma esausto.
Adesso aspettiamo pure il terzo film, consapevoli che sarebbero bastati due film per archiviare la pratica "Lo Hobbit".
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michele marconi
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giovedì 2 gennaio 2014
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meno prevedibile, jackson pesca smaug dal cappello
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Il viaggio per liberare Erebor dalle grinfie del drago Smaug continua e Bilbo, forte del potere dell’anello, ritrova un ruolo attivo all’interno della compagnia. Ma i segni che il gruppo incontra nel suo cammino fanno presagire l’avvento di un male molto maggiore. Gandalf, dopo qualche giorno, abbandona il gruppo per investigare sul crescere dell’oscurità nella Terra di Mezzo.
La Desolazione di Smaug è un film che in parte fa perdonare la pesantezza della prima pellicola della saga. Ridotte sensibilmente le scene di fuga dagli orchi (anche se non del tutto eliminate), il punto cruciale che segna la svolta rispetto al precedente capitolo è la possibilità, a livello di trama, di poter finalmente mettere della carne al fuoco.
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Il viaggio per liberare Erebor dalle grinfie del drago Smaug continua e Bilbo, forte del potere dell’anello, ritrova un ruolo attivo all’interno della compagnia. Ma i segni che il gruppo incontra nel suo cammino fanno presagire l’avvento di un male molto maggiore. Gandalf, dopo qualche giorno, abbandona il gruppo per investigare sul crescere dell’oscurità nella Terra di Mezzo.
La Desolazione di Smaug è un film che in parte fa perdonare la pesantezza della prima pellicola della saga. Ridotte sensibilmente le scene di fuga dagli orchi (anche se non del tutto eliminate), il punto cruciale che segna la svolta rispetto al precedente capitolo è la possibilità, a livello di trama, di poter finalmente mettere della carne al fuoco. Aperte tutte le premesse, infatti, ne Un Viaggio Inaspettato, lo spettatore si trovava beffato dall’incontro con un film altamente promettente nella prima mezzora, con un incipit ben costruito ma che nelle battute conclusive lasciava un forte sapore di delusione: dopo averci fatto dilatare le pupille con l’epica storia dell’attacco del drago alla montagna e dopo il comunque piacevole incontro tra Bilbo e Gollum, non si poteva non rimanere delusi da una sottotrama incentrata sull’orco pallido che si riduce ad un asfissiante e continua fuga e ad un clichèttosissimo sviluppo sul rapporto di sfiducia di Thorin nei confronti del piccolo protagonista fuori contesto. Con questo capitolo di mezzo, Peter Jackson può finalmente alzare i toni e, al posto del burrone del primo film, nel climax finale abbiamo di fronte l’incontro e la lotta contro Smaug. Tutto un altro vedere. Smaug è la carta che finalmente Jackson pesca dal mazzo. Perfetto nel catturare le attenzioni con le sue movenze e la sua voce, Smaug rappresenta forse il miglior esempio di drago della storia del cinema. La maestosità che ci troviamo di fronte sovrasta a tal punto da infastidire quando il montaggio chiama il distacco dalla narrazione per focalizzarsi sulla trama parallela. Trama parallela che, tuttavia, non regge minimamente il confronto e risulta fastidiosa. Il triangolo d’amore mal sceneggiato e approssimato tra l’elfo Tauriel, Legolas e il nano Kili, rappresenta senza dubbio il punto debole della pellicola. Anche quanto viene affiancata dall’attacco degli orchi alla città, le cose non cambiano. Chiunque si ritrovi spettatore non fa che scalpitare e maledire ogni secondo di distacco tra quello che invece è il punto forte della pellicola: l’incontro del piccolo Hobbit con il drago. Ipnotico.
Riguardo alla caratterizzazione dei personaggi va annoverato un grande passo avanti. Bilbo, cresciuto in coraggio (grazie anche alla consapevolezza di poter contare sul potere dell’anello) non si presta più all’irritante confronto di aspettative con Thorin. Ritrovato un senso nella narrazione ora il personaggio si affaccia con una personalità più solida e profonda. Martin Freeman non fa rimpiangere proprio nulla. Ottimo e credibile nella parte. Difficile parlare invece del personaggio di Thorin. Nel controverso dibattere dei fan c’è chi ne canta le lodi e chi lo boccia senza pietà. La mia personale posizione è che, per avere un ruolo di così grande rilievo, ci si sarebbe dovuti impegnare certamente di più tuttavia non me la sento di disdegnare questo personaggio visto che, infondo, riserva qualche sorpresa. Ora che il suo processo di maturazione sembra finalmente concluso il pubblico dovrebbe aver il diritto di pensare che nel prossimo episodio saprà mostrarsi meno prevedibile. Riguardo a Ian McKellen c’è poco da dire, è il solito Gandalf con l’eccezione che il doppiaggio riserva qualche piacere in più. Assolutamente inconcepibile, invece, è la figura di Legolas che se non fosse per le movenze (con una parvenza di compostezza ma comunque decisamente troppo action) si avvicinerebbe più alla figura di un orco che a quella di un elfo. Ridotto al ruolo di massacratore di nemici, è ben distante dal personaggio che abbiamo amato nel Il Signore degli Anelli.
La atmosfere, sebbene in qualche inquadratura i paesaggi risultino infastiditi da una computer grafica dalla mano troppo pensante, sono discrete. Nulla a che vedere, comunque, con il senso di perfetto realismo delle pellicole della saga precedente (perdonate la ripetitività ma il confronto dei mondi, per quanto Lo Hobbit imponga toni più bassi e meno epici del Signore degli Anelli, va comunque fatto). Ciò dovrebbe spingere i produttori ad un atteggiamento di contenimento nell’utilizzo di questa tecnica visto che, sotto molti aspetti, si può parlare di cali nella credibilità dei panorami rispetto ai film ormai vecchi di più di un decennio.
A risollevare la situazione ci pensa la solita, azzeccatissima colonna sonora. Non nascondo che, il solo sentire le melodie del film, mi fa venir la pelle d’oca. In palese continuità con i precedenti capitoli, sotto questo aspetto il film di Peter Jackson non delude proprio mai.
In definitiva, Lo Hobbit – La Desolazione di Smaug – è un film che non fa gridare al capolavoro ma che innalza sensibilmente l’interesse verso la trilogia. La storia principale affascina come solo poche storie riescono a fare. A pagare il contrasto del confronto sono le sottotrame: stancanti e noiose non riescono a toccare l’interesse dello spettatore. Sperando che quello inaugurato sia un trend che concluda il crescendo con Racconto di un Ritorno, non ci resta che aspettare dicembre lasciando fermentare le aspettative senza troppi timori.
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petri
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giovedì 2 gennaio 2014
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gran film
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alfredoa
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giovedì 2 gennaio 2014
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gran film
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Come sempre la saga non delude mai e anche se questo film è stato leggermente più noioso e lento degli altri, ha comunque un qualcosa di speciale.
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leana
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mercoledì 1 gennaio 2014
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una vera desolazione...
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Nonostante il mio entusiasmo per il secondo capitolo di una delle mie saghe cinematografiche preferite, sono rimasta particolarmente delusa da questo film.
Non mi aspettavo così tanti errori, soprattutto di tipo tecnico.
Luci sbagliate, effetti speciali banali resi male… forse devo ringraziare il fatto di averlo visto in 2D e non in HFR.
Nonostante la mia attenzione non sia mai calata in nessuna delle scene, ho notato che anche le riprese spesso e volentieri sono state fatte in modo diverso rispetto al solito.
Un esempio può essere la scena delle botti lungo il fiume: completamente inverosimile e troppo lunga, non ho apprezzato i passaggi dalla visuale dall’alto a quella dei nani.
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Nonostante il mio entusiasmo per il secondo capitolo di una delle mie saghe cinematografiche preferite, sono rimasta particolarmente delusa da questo film.
Non mi aspettavo così tanti errori, soprattutto di tipo tecnico.
Luci sbagliate, effetti speciali banali resi male… forse devo ringraziare il fatto di averlo visto in 2D e non in HFR.
Nonostante la mia attenzione non sia mai calata in nessuna delle scene, ho notato che anche le riprese spesso e volentieri sono state fatte in modo diverso rispetto al solito.
Un esempio può essere la scena delle botti lungo il fiume: completamente inverosimile e troppo lunga, non ho apprezzato i passaggi dalla visuale dall’alto a quella dei nani.
Le uniche scene salvabili di tutto il film sono quelle con Martin Freeman, e purtroppo ce n’erano veramente poche nonostante sia il protagonista. (della serie: chi è quello là dietro? Ah, giusto! E’ Bilbo!)
Inoltre, troviamo diversi attori nuovi che nonostante abbiano fatto un lavoro discreto, non erano tutti all’altezza di un film di Peter Jackson. Ho visto il film anche in inglese, e purtroppo devo ammettere che anche il doppiaggio (se non per le uniche eccezioni di Smaug e Bilbo) non era perfetto come negli altri film. Non parliamo della traduzione perché in certe scene c’era da strapparsi i capelli dalla testa…
Uno dei pochi punti di forza della regia è stato il drago Smaug, a dir poco spettacolare.
Ho apprezzato di più il doppiaggio di Benedict Cumberbatch che è riuscito a caratterizzare perfettamente il drago, ma anche quella di Luca Ward ha reso benissimo.
Di conseguenza, l’unica scena che mi è piaciuta veramente tanto è stata quella del dialogo tra Bilbo e Smaug, nonostante fosse continuamente interrotta per seguire le vicende degli altri personaggi (cosa che a un certo punto ha iniziato a pesarmi).
La colonna sonora era strepitosa come era prevedibile che fosse, anche se in un paio di scene non l’ho trovata abbastanza coerente con quello che si vedeva. Ho dovuto, inoltre, tapparmi un orecchio perché non ho apprezzato molto l’utilizzo dello stesso tema presente nel signore del anelli ogni qualvolta veniva inquadrato l’anello.
Ho letto il libro diversi anni fa, e non ho voluto rileggerlo prima di vedere il film per non rovinarmi eventuali colpi di scena visto che non ricordo proprio tutti i particolari della trama, ma Tauriel… non ho parole per descrivere uno scempio del genere.
Mi dissocio completamente dalla scelta di aggiungere questo personaggio, e soprattutto della sua storia d’amore con un nano.
Non si è mai vista una cosa del genere in un’opera di Tolkien che, a questo punto, penso si stia rivoltando nella tomba.
Orlando Bloom, a mio parere, ha caratterizzato in modo diverso il suo personaggio, rendendolo più cupo rispetto al Signore degli Anelli e non ne vedo il motivo.
Nonostante nel primo film ci siano battute e scene simpatiche, non mi sono piaciute per niente quelle di questo film.
Le battute non mi hanno fatto ridere, e l’unico momento un po’ più ‘divertente’ è stata la ricerca dell’Arkengemma da parte di Bilbo.
Ho adorato particolarmente Martin Freeman in questa scena per la sua bravura nel riuscire a far capire allo spettatore quello che stava pensando esclusivamente con le sue espressioni facciali.
Non parliamo, invece, della scena dei ragni nel bosco: personalmente penso che nonostante Martin Freeman abbia reso magistralmente quali siano gli effetti dell’anello sul suo personaggio, sia stata una scena un po’ affrettata.
Passando ai costumi, non posso dire che mi abbiano colpita particolarmente. Sinceramente, all’inizio ho avuto l’impressione che Bilbo fosse in accappatoio quando entrava dentro alla montagna.
Conoscendo Peter Jackson, spero e credo che l’ultimo film di questa trilogia sarà migliore di questo che ,per quanto mi riguarda, è stata una vera delusione.
In conclusione, do tre stelle su cinque solo per l’interpretazione magistrale di Martin Freeman, il doppiaggio di Benedict e la scenografia.
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aigven griveth
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martedì 31 dicembre 2013
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grande film
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Veramente un ottimo film: bellissimi effetti speciali e scenari epici. Per me l'unica pecca è la colonna sonora, non al pari del "il signore degli anelli".
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