
Anno | 2013 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Spagna |
Durata | 80 minuti |
Regia di | Liliana Torres |
Attori | Núria Gago, Noé Blancafort, Antonia Expósito, Joana Serrat, Manuel Torres Noemí Torres, Marçal Cebrian. |
MYmonetro | 3,22 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 3 marzo 2014
Lili incontra la madre e intraprende con lei un viaggio attorno alla storia della famiglia e alle esperienze della sua infanzia.
CONSIGLIATO SÌ
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Sono alcuni anni che Lili vive fuori di casa, da quando ha lasciato la Spagna per lavorare in Messico, nel campo del cinema documentario. Tornata in terra iberica per qualche settimana di vacanza in famiglia, si ritrova coinvolta suo malgrado dalla madre in una catena senza fine di visite ai parenti.
Le situazioni si assomigliano tutte, ma il suo sguardo, mutato dalla distanza e dalla crescita, le registra in una progressione di assurdità, frutto di comportamenti sclerotizzati e di piccole grandi follie dettate dalla prigione della noia e della stasi. L'occasione di realizzare delle riprese video per il concerto di una vecchia amica, fornisce a Lili la possibilità di riflettere con il linguaggio espressivo che le è più congeniale su quanto i residui della sua infanzia le vadano (letteralmente) stretti. Non verrà capita, ma fa parte della natura delle cose: la distanza tra la protagonista e la sua famiglia è la ragione della sua individualità nel bene e nel male, delle sue ansie così come della sua creatività, ed è esattamente di questo materiale che è fatto il film e di null'altro.
La regista porta in scena la sua famiglia, facendosi rimpiazzare davanti all'obiettivo dall'unica attrice professionista, Nuria Gago, e in questa scelta si leggono facilmente tanto la volontà della Torres di ribadire una continuità con il suo passato di documentarista, quanto il desiderio di scartarsi però parzialmente da esso per abbracciare un regime di dichiarata finzione. La fabula è realistica, insomma, ma è l'intreccio che fa di essa un artificio, e lo fa volutamente, inscrivendo di diritto Family Tour nell'alveo di un cinema femminile dai precedenti numerosi, autoriflessivo ma non per forza ombelicale.
Se al film va reso il merito non da poco di non coltivare ambizioni fuori misura, ma, al contrario, di saper restare sempre dentro un registro garbato, solo leggermente autoironico, è difficile non sperimentare nella visione anche i limiti di questo tono, che risulta insipido, né comico né artistico, perennemente sul confine tra semplicità e banalità.
Sono i difetti di un primo film, che parla un linguaggio particolare ma ancora abbozzato, tutto da sviluppare, ma che nulla tolgono, in fondo, alla curiosità di vedere come la regista proseguirà la sua strada, se sempre sul fronte famigliare (disfunzionale) o se per nuovi sentieri. L'impressione forte è che, anche nel primo caso, il materiale non le mancherebbe.