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John Kahrs, un'idea che vale un Oscar

Intervista al regista di Paperman, premiato dall'Academy come miglior corto.
di Gabriele Niola

John Kahrs con l'Oscar vinto con il suo Paperman.
John Kahrs . Regista del film Paperman.

lunedì 4 marzo 2013 - Incontri

Alla Disney, come già alla Pixar, vige una regola: chiunque, indipendentemente da quale sia la sua mansione, può proporre idee per un cortometraggio a John Lasseter, nelle periodiche sessioni in cui valuta i progetti. Se la storia piace al grande boss, si farà. È dunque puntando sulle idee e non sulle persone che lo studio d'animazione dei record ha riportato alle vette massime l'arte del corto animato.
L'ultima di queste idee appartiene a John Kahrs, fino a pochi anni fa semplice animatore e da poco più di una settimana premio Oscar, grazie a Paperman, cortometraggio andato in sala prima di Ralph Spaccatutto e poi passato in rete con grandissimo successo.

Oggi hai un Oscar in libreria grazie ad un'idea avuta decenni fa...
Esatto, non è incredibile? Anche se alla base di Paperman devo dire che ci sono due idee principali: una è quella della tecnica di animazione che mi è venuta lavorando con Glen Keane [capo animatore di tutti i principali cartoni Disney degli ultimi anni, ndr], l'altra è quella della storia che mi è venuta in mente quand'ero ragazzo e facevo il fattorino a New York.

E hai aspettato tutto questo tempo per provare a realizzarla?
Ho fatto l'animatore per circa 10-15 anni e non credevo sarei mai riuscito a metterla in pratica. Solo recentemente ho sentito la voglia di provare a fare qualcosa di più e giocarmi la carta di quel corto che ho sempre avuto in testa.

Solitamente i corti che hanno più successo tendono ad essere comici più che romantici, quale credi sia stato il segreto del successo di Paperman?
Io penso che ognuno di noi senta dentro di sé che da qualche parte là fuori c'è qualcuno che ci aspetta, qualcuno con cui possiamo davvero entrare in contatto. Si tratta di un'idea universale e credo sia per questo che la gente riesce ad entrare così profondamente in contatto con il corto.
A me ciò che piaceva molto era l'idea di due persone perfette l'una per l'altra che possono aiutarsi se solo riescono a mettersi in contatto visivo.

Invece la tecnica di animazione è tutta frutto di un'idea moderna. Nè computer grafica in stile Pixar, nè interamente disegno a mano...
Si è un ibrido. Abbiamo animato tutto al computer per iniziare, così da avere i movimenti, la recitazione e tutta la parte di illuminazione pronti per disegnarci sopra. Poi ci abbiamo disegnato sopra a mano con una tavoletta grafica, usando un software per far in modo che le linee disegnate si attaccassero bene ai modelli fatti al computer. Alla fine il risultato è che tutto diventa piatto e non più tridimensionale, così da esaltare la qualità del disegno a mano senza perdere i vantaggi dell'animazione in computer grafica.

Il prossimo corto Pixar, quello che vedremo prima di Monster's University, intitolato The blue umbrella, racconta di due ombrelli che si cercano e si trovano in una città grigia, due anime simili in un mondo che pare diverso da loro. Non siamo troppo lontani da Paperman no?
Si l'ho visto, è bellissimo! Da quel che so Saschka Unseld, l'autore, ha lavorato separatamente dal resto del mondo a quel corto e credo che un po' si sia dispiaciuto quando ha visto Paperman e ha realizzato le somiglianze. Però va detto che The blue umbrella ha un'idea di animazione completamente diversa e davvero originale!

Prima il gran successo di Rapunzel, poi corti bellissimi e film come Ralph Spaccatutto, la Disney sta diventando davvero una nuova Pixar?
No in realtà Disney sta diventano finalmente lo studio che vuole essere da sempre, è molto diversa dalla Pixar. Loro realizzano i film che hanno senso per loro mentre noi facciamo quelli che hanno senso per noi ma non si può negare che la trasformazione subita in questi anni sia merito di Ed Catmull e John Lasseter.
Sai alla fine quando Lasseter uscì dalla Disney e fondò la Pixar non fece altro che realizzare davvero quello che la Disney voleva fare ma non riusciva a mettere in pratica. È come se fosse riuscito a tradurre nel 21esimo secolo e nel nuovo mondo dell'animazione, ciò che la Disney è sempre stata.

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