guia
|
giovedì 25 aprile 2019
|
al centro la disperazione
|
|
|
|
Al centro di questo bel film, potente e struggente, c'è la disperazione che annichilisce tutte le esistenze: il paesaggio, persone, animali e infine il sole. Come una maledizione biblica, una funesta profezia, questo film si abbatte sullo spettatore riempiendolo di una angosciosa certezza del nulla che dura nei giorni, negli anni e non si stempera mai.
|
|
[+] lascia un commento a guia »
[ - ] lascia un commento a guia »
|
|
d'accordo? |
|
etmovie
|
sabato 20 maggio 2017
|
anche il niente ciclico succede
|
|
|
|
Non sono un critico cinematografico, che è il motivo per cui non mi fido a dare la quinta stella ad un'opera sulla quale non trovo termini di confronto (il settimo sigillo? mah... no, entrambi sono dei percorsi in bianco e nero verso la fine inesorabile, ma nel cavallo di torino l'accettazione è notevolmente più passiva, ineluttabile. Il deserto dei tartari? No, qui non c'è nemmeno un attesa di alcunchè;
Eppure Tarr deve aver avuto fiducia che due ore e mezza in cui non succede niente (o meglio: il niente che succede continua a ripetersi, solo lievemente e raffinatamente tramontando) possono coinvolgere lo spettatore fin dall'inizio e non mollarlo più.
[+]
Non sono un critico cinematografico, che è il motivo per cui non mi fido a dare la quinta stella ad un'opera sulla quale non trovo termini di confronto (il settimo sigillo? mah... no, entrambi sono dei percorsi in bianco e nero verso la fine inesorabile, ma nel cavallo di torino l'accettazione è notevolmente più passiva, ineluttabile. Il deserto dei tartari? No, qui non c'è nemmeno un attesa di alcunchè;
Eppure Tarr deve aver avuto fiducia che due ore e mezza in cui non succede niente (o meglio: il niente che succede continua a ripetersi, solo lievemente e raffinatamente tramontando) possono coinvolgere lo spettatore fin dall'inizio e non mollarlo più. Forse l'imprinting che ti aggancia fin dall'inizio è la corsa del cavallo verso casa: la fatica del cavallo, dopo la quale deciderà irremovibilmente di lasciarsi morire, è angosciata, sofferente: non solo fisicamente, o almeno questo mi è stato trasferito, se al prolungarsi della scena pensavo "fatelo fermare, smettetela, io non resisto più".
E, dalla ciclicità di vita esasperatamente essenziale che inizia dopo (in realtà non è una ripetizione perfetta: i dettagli si sfuocano e si smorzano ogni volta uin po' di più, solo la scena dell'alba buia finale risale in nitidezza) io non mi sono più staccato fino alla fine (anzi, ho dovuto prendere una pausa a due terzi per riprendere un po' di energia).
chapeau al regista, anche per la libertà di stile
[-]
|
|
[+] lascia un commento a etmovie »
[ - ] lascia un commento a etmovie »
|
|
d'accordo? |
|
lbavassano
|
domenica 22 gennaio 2017
|
l'assoluto
|
|
|
|
Unicamente paragonabile, per potenza visiva e rigore etico, al "Settimo sigillo" di Ingmar Bergman o al "Au hasard Balthasar" di Robert Bresson, riduce all'essenziale l'uso della parola, autorevolmente invitandoci ad adeguarci. Liberamente ispirato al fin troppo celebre episodio della follia di Nietzsche, di cui può costituire tanto il prologo quanto l'epilogo, dolorosamente declinando il mito dell'eterno ritorno, lo radica comunque al troppo umano. Di straordinaria bellezza, biblicamente scandito in sei giorni, ereticamente scandito dall'affievolirsi, fino allo scomparire, della luce, unicamente adatto ad un pubblico autenticamente adulto.
|
|
[+] lascia un commento a lbavassano »
[ - ] lascia un commento a lbavassano »
|
|
d'accordo? |
|
tarantinofan96
|
mercoledì 4 novembre 2015
|
un capolavoro assoluto sulla fine di tutto.
|
|
|
|
Sei giorni nella vita di un occhiere e di sua figlia alle prese con la loro vita e con il loro cavallo, che sembra ormai lasciarsi morire lentamente di fame nella sua stalla, mentre il vento all'esterno sta lentamente spazzando via tutto. Il testamento al mondo della settima arte di Béla Tarr è un film che parla della FINE. La fine dell'umanità, del mondo. La fine del cinema, del suo cinema. La musica malinconica e apocalittica, che scandisce le gesta, le parole (poche) e i vari momenti della vita dei protagonisti e del loro cavallo, unita alla bellissima fotografia in bianco e nero, rende il tutto ancora più tedio e uggioso.
'Il cavallo di Torino' è un film sulla fine di tutto.
[+]
Sei giorni nella vita di un occhiere e di sua figlia alle prese con la loro vita e con il loro cavallo, che sembra ormai lasciarsi morire lentamente di fame nella sua stalla, mentre il vento all'esterno sta lentamente spazzando via tutto. Il testamento al mondo della settima arte di Béla Tarr è un film che parla della FINE. La fine dell'umanità, del mondo. La fine del cinema, del suo cinema. La musica malinconica e apocalittica, che scandisce le gesta, le parole (poche) e i vari momenti della vita dei protagonisti e del loro cavallo, unita alla bellissima fotografia in bianco e nero, rende il tutto ancora più tedio e uggioso.
'Il cavallo di Torino' è un film sulla fine di tutto. Un capolavoro assoluto da vedere, ma non per tutti. Béla Tarr è uno dei migliori cineasti di sempre.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a tarantinofan96 »
[ - ] lascia un commento a tarantinofan96 »
|
|
d'accordo? |
|
alessandro rega
|
venerdì 27 settembre 2013
|
un lento viaggio verso la fine
|
|
|
|
Questo film del 2011, diretto da Béla Tarr, è un lento viaggio verso la fine…verso la morte.
Il film è diviso in 6 giorni nei quali assistiamo alla vita quotidiana di un vetturino e della sua giovane figlia.
Essi, lavorano dalla mattina fino alla sera per continuare a restare in vita e a poter magiare patate bollite ed a bere acqua del pozzo.
É angosciante pensare che fanno tutto questo solo per la vita e, soprattutto, che non possono godere dei piaceri di essa.
Eppure, la storia di questi due non è altro che un’allegoria della vita dell’essere umano in generale che compie solo un lento viaggio verso la morte…e, questo viaggio è la vita.
[+]
Questo film del 2011, diretto da Béla Tarr, è un lento viaggio verso la fine…verso la morte.
Il film è diviso in 6 giorni nei quali assistiamo alla vita quotidiana di un vetturino e della sua giovane figlia.
Essi, lavorano dalla mattina fino alla sera per continuare a restare in vita e a poter magiare patate bollite ed a bere acqua del pozzo.
É angosciante pensare che fanno tutto questo solo per la vita e, soprattutto, che non possono godere dei piaceri di essa.
Eppure, la storia di questi due non è altro che un’allegoria della vita dell’essere umano in generale che compie solo un lento viaggio verso la morte…e, questo viaggio è la vita.
Come ha detto lo stesso Tarr, con questo film ha cercato di riprodurre la vita…perché l’uomo compie sempre le stesse azioni aspettandosi qualcosa di nuovo che non arriva mai…e questo è il modo in cui trascorre la vita.
In effetti, per tutto il film vediamo i due personaggi che lavorano e ripetono le azioni quotidiane…è angosciante ma è anche ironico…perché tutto ciò noi lo vediamo in 149 minuti…ma questi equivalgono alla durata della vita intera..senza che nemmeno noi ce ne accorgiamo.
C’è poco dialogo tra il padre e la figlia (poverella….lavora tantissimo) e parlano solo nei momenti in cui succede qualcosa di inaspettato…perché, che si voglia o no, nella vita succede sempre.
Gli zingari, il conoscente che passa per la casa e preannuncia l’apocalisse in un discorso molto inquietante.
E, man mano, ci avviciniamo sul serio alla fine del mondo.
In Satantango la speranza è rappresentata dai rivoluzionari Irimias e Petrina mentre qui essa non esiste.
O meglio, non esiste per quei due ma Bela Tarr ci fa capire che in generale per l’essere umano c’è..proprio così: gli zingari non sono altro che il desiderio di libertà, infatti loro stanno per emigrare in America…alla ricerca della loro felicità.
Ad ogni giorno che passa, la speranza diminuisce e il cavallo di famiglia non mangia più, il pozzo si secca…fino ad arrivare al sole che si spegne e ai due “protagonisti” che si decidono a non magiare più e a morire…solo il vetturino ha ancora una timida speranza quasi stupida…e, poco prima che l’ultimo fotogramma del film si sfochi, afferma :- dobbiamo mangiare.
É assurdo come l’uomo voglia sempre ad ogni costo ripetere le stesse situazioni aspettando che qualcosa cambi…è come se tutti fossimo affetti da disturbi di tipo ossessivo-compulsivi. E, Bela Tarr, mette in risalto in modo spietato ed angosciante la pesantezza dell’umanità e della vita. Forse, in modo addirittura più chiaro e coerente di ciò che voleva fare in “Satantango”.
Certo l’opera era molto più lunga, perché è vero le le sequenze sono lunghissime ma è pur vero che sono tante e quindi è pure difficile mantenere una certa costanza e calibratura all’intera opera…è chiaro che è comunque un film che va visto (e rivisto9 e quando stai più di 7 ore a vederlo un po’ ti affezioni pure…si crea quasi un legame d’affetto con la pellicola, sebbene non sia un sentimentale.
Bela Tarr ha dichiarato che questo è il suo ultimo film…spero che non sia perché non ha l’opportunità e i consensi per continuare a fare film di questo tipo perché essi sono quasi perfetti e densi di una grande espressività espressa soprattutto attraverso i piano sequenza che sono tipici del regista ungherese.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a alessandro rega »
[ - ] lascia un commento a alessandro rega »
|
|
d'accordo? |
|
alessandro rega
|
lunedì 23 settembre 2013
|
un lento viaggio verso la fine
|
|
|
|
Questo film del 2011, diretto da Béla Tarr, è un lento viaggio verso la fine…verso la morte.
Il film è diviso in 6 giorni nei quali assistiamo alla vita quotidiana di un vetturino e della sua giovane figlia.
Essi, lavorano dalla mattina fino alla sera per continuare a restare in vita e a poter magiare patate bollite ed a bere acqua del pozzo.
É angosciante pensare che fanno tutto questo solo per la vita e, soprattutto, che non possono godere dei piaceri di essa.
Eppure, la storia di questi due non è altro che un’allegoria della vita dell’essere umano in generale che compie solo un lento viaggio verso la morte…e, questo viaggio è la vita.
[+]
Questo film del 2011, diretto da Béla Tarr, è un lento viaggio verso la fine…verso la morte.
Il film è diviso in 6 giorni nei quali assistiamo alla vita quotidiana di un vetturino e della sua giovane figlia.
Essi, lavorano dalla mattina fino alla sera per continuare a restare in vita e a poter magiare patate bollite ed a bere acqua del pozzo.
É angosciante pensare che fanno tutto questo solo per la vita e, soprattutto, che non possono godere dei piaceri di essa.
Eppure, la storia di questi due non è altro che un’allegoria della vita dell’essere umano in generale che compie solo un lento viaggio verso la morte…e, questo viaggio è la vita.
Come ha detto lo stesso Tarr, con questo film ha cercato di riprodurre la vita…perché l’uomo compie sempre le stesse azioni aspettandosi qualcosa di nuovo che non arriva mai…e questo è il modo in cui trascorre la vita.
In effetti, per tutto il film vediamo i due personaggi che lavorano e ripetono le azioni quotidiane…è angosciante ma è anche ironico…perché tutto ciò noi lo vediamo in 149 minuti…ma questi equivalgono alla durata della vita intera..senza che nemmeno noi ce ne accorgiamo.
C’è poco dialogo tra il padre e la figlia (poverella….lavora tantissimo) e parlano solo nei momenti in cui succede qualcosa di inaspettato…perché, che si voglia o no, nella vita succede sempre.
Gli zingari, il conoscente che passa per la casa e preannuncia l’apocalisse in un discorso molto inquietante.
E, man mano, ci avviciniamo sul serio alla fine del mondo.
In Satantango la speranza è rappresentata dai rivoluzionari Irimias e Petrina mentre qui essa non esiste.
O meglio, non esiste per quei due ma Bela Tarr ci fa capire che in generale per l’essere umano c’è..proprio così: gli zingari non sono altro che il desiderio di libertà, infatti loro stanno per emigrare in America…alla ricerca della loro felicità.
Ad ogni giorno che passa, la speranza diminuisce e il cavallo di famiglia non mangia più, il pozzo si secca…fino ad arrivare al sole che si spegne e ai due “protagonisti” che si decidono a non magiare più e a morire…solo il vetturino ha ancora una timida speranza quasi stupida…e, poco prima che l’ultimo fotogramma del film si sfochi, afferma :- dobbiamo mangiare.
É assurdo come l’uomo voglia sempre ad ogni costo ripetere le stesse situazioni aspettando che qualcosa cambi…è come se tutti fossimo affetti da disturbi di tipo ossessivo-compulsivi. E, Bela Tarr, mette in risalto in modo spietato ed angosciante la pesantezza dell’umanità e della vita. Forse, in modo addirittura più chiaro e coerente di ciò che voleva fare in “Satantango”.
Certo l’opera era molto più lunga, perché è vero le le sequenze sono lunghissime ma è pur vero che sono tante e quindi è pure difficile mantenere una certa costanza e calibratura all’intera opera…è chiaro che è comunque un film che va visto (e rivisto9 e quando stai più di 7 ore a vederlo un po’ ti affezioni pure…si crea quasi un legame d’affetto con la pellicola, sebbene non sia un sentimentale.
Bela Tarr ha dichiarato che questo è il suo ultimo film…spero che non sia perché non ha l’opportunità e i consensi per continuare a fare film di questo tipo perché essi sono quasi perfetti e densi di una grande espressività espressa soprattutto attraverso i piano sequenza che sono tipici del regista ungherese.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a alessandro rega »
[ - ] lascia un commento a alessandro rega »
|
|
d'accordo? |
|
iosonoleggenda691
|
sabato 3 agosto 2013
|
un esperienza da vivere
|
|
|
|
Esatto. Questo film è una delle migliori esperienze che si possa mai passare nella propria vita. Maestoso e struggente, Il Cavallo di Torino è il testamento cinematografico del regista Ungherese Béla Tarr.
Egli ci vuole mostrare, attraverso questo film, la "pesantezza dell'esistenza" inquadrando la vita quotidiana dell'uomo, monotona e ripetitiva in attesa di un qualcosa che stravolga questa routine.
Tutto diretto con una maestria assoluta con i piani sequenza ormai marchio di fabbrica del regista e un bianco e nero struggente che tende ad intristire sempre di più la vicenda. Chi non l'ha visto e ama il cinema si faccia un favore e recuperi questo capolavoro.
|
|
[+] lascia un commento a iosonoleggenda691 »
[ - ] lascia un commento a iosonoleggenda691 »
|
|
d'accordo? |
|
epidemic
|
martedì 23 ottobre 2012
|
un'ottima fotografia
|
|
|
|
ora...facciamo una precisazione
film non per tutti...fotografia ottima, incipit stupendo, loop musicale incalzante ma avvisiamo anche che è di una lentezza disarmante...poi vabbè capisco il regista che voglia scandire un determinato ritmo giornaliero, un iter ripetitivo e che voglia focalizzare l'attenzione sui piccoli gesti quotidiani che compongono le singole esistenze dei protagonisti....però forse un pò più di scene non avrebbero fatto male
|
|
[+] lascia un commento a epidemic »
[ - ] lascia un commento a epidemic »
|
|
d'accordo? |
|
emmeri
|
mercoledì 13 giugno 2012
|
solo una precisazione...
|
|
|
|
Pur conoscendo la vicenda, non ho ancora visto il film, quindi non posso fare alcun commento in merito alla pellicola. Ma una piccola precisazione alla "redazione" questa posso farla: non si tratta di Piazza Alberto, bensì di Piazza Carlo Alberto... Potrà apparire puntigliosa... ma i torinesi capiranno...
|
|
[+] lascia un commento a emmeri »
[ - ] lascia un commento a emmeri »
|
|
d'accordo? |
|
xdeex
|
martedì 22 marzo 2011
|
il cinema
|
|
|
|
Film che lascia davvero tanto..in maniera discreta
Composizione , studio estetico,ritmico, fotografia , regia come non se ne vedeva da decenni ...
Per me l' opera migliore di Bela Tarr.
La musica ipnotica e in continuo loop ti porta in un mondo sconosciuto, dove la bellezza si nasconde anche dietro al quotidiano, al nostalgico, al dolore per la rinuncia e la fame.
E' in parte riflessione filosofica su Nietzsche, e in parte un grande regalo fatto dal maestro ungherese al Cinema tout court, alle cinematografie globale nella storia.
Riscrive le sorti e le possibilità estetiche del farsi del film, come forse solo Godard ha fatto e ci ha insegnato a fare..
Carrelli a precedere e a seguire che non ti lasciano nemmeno dopo la visione, pianisequenza che ti lasciano abissato nel set con le tue domande, che invece di andare verso l' ambiguo si giocano nel campo dello splendore, dello stupore per il meraviglioso.
[+]
Film che lascia davvero tanto..in maniera discreta
Composizione , studio estetico,ritmico, fotografia , regia come non se ne vedeva da decenni ...
Per me l' opera migliore di Bela Tarr.
La musica ipnotica e in continuo loop ti porta in un mondo sconosciuto, dove la bellezza si nasconde anche dietro al quotidiano, al nostalgico, al dolore per la rinuncia e la fame.
E' in parte riflessione filosofica su Nietzsche, e in parte un grande regalo fatto dal maestro ungherese al Cinema tout court, alle cinematografie globale nella storia.
Riscrive le sorti e le possibilità estetiche del farsi del film, come forse solo Godard ha fatto e ci ha insegnato a fare..
Carrelli a precedere e a seguire che non ti lasciano nemmeno dopo la visione, pianisequenza che ti lasciano abissato nel set con le tue domande, che invece di andare verso l' ambiguo si giocano nel campo dello splendore, dello stupore per il meraviglioso.
Scrivo questo commento quasi tre mesi dopo la visione, e devo dire che ho ancora negli occhi le immagini in bianco e nero e la musica di questo capolavoro.
Inutile dire che è quasi impossibile vederlo nelle nostre sale cinematografiche... sarebbe un piatto di haute cuisine messo tra i banchi di un fast food ...(e la metafora culinaria, con ironia, ci stà tutta .. per chi vedrà il film capirà..)
[-]
|
|
[+] lascia un commento a xdeex »
[ - ] lascia un commento a xdeex »
|
|
d'accordo? |
|
|