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Source Code, la fantascienza a portata d'uomo

Duncan Jones e Jake Gyllenhaal presentano in Italia il loro ultimo progetto.
di Ilaria Ravarino

Jake Gyllenhaal in una scena del film Source Code, thriller diretto da Duncan Jones.
Jake Gyllenhaal (43 anni) 19 dicembre 1980, Los Angeles (California - USA) - Sagittario. Interpreta Colter nel film di Duncan Jones Source Code.

mercoledì 6 aprile 2011 - Incontri

Capita raramente che un film sia applaudito al termine di una proiezione per la stampa, e il successo riscosso in sala da Source Code, bel thriller fantascientifico di Duncan Jones al cinema dal 29 aprile in 300 copie, si ripercuote sull’incontro con l’autore e il suo interprete, Jake Gyllenhaal, generando un clima di festosa convivialità. Jones, al suo secondo film dopo l’acclamato Moon, si presenta ai giornalisti in t-shirt e pantaloni sdruciti, con tutta l’aria di ignorare l’ottimo risultato che il film ha già registrato in America, 15 milioni di dollari al botteghino per un budget di appena 5. Gyllenhaal, che sulle spalle porta la responsabilità di aver scovato la sceneggiatura e poi arruolato nel progetto Jones, pare molto più a suo agio in questo ambiente che nei panni del blockbuster man alla Prince of Persia. Si ride molto, in sala, i due si scambiano qualche battuta: pare evidente che presto, molto presto, torneranno a lavorare insieme. «Ho pronto un nuovo progetto con Jake – dice Jones – un progetto a lunghissimo termine».


DUNCAN JONES: la fantascienza è nelle persone

Quali differenze tra la sua fantascienza e quella da blockbuster hollywoodiano?
Jones: Io cerco di concentrarmi sui personaggi, perché la fantascienza che reputo migliore, cioè quella con cui sono cresciuto, parla di individui e di come essi vengano influenzati dal mondo in cui vivono. I miei film non badano alla tecnologia ma alla persona, a come il personaggio affronta il mondo.

Quali sono i suoi autori di fantascienza preferiti?
Jones: Sono un lettore appassionato di Dick e Ballard, due autori importantissimi, capaci di combinare una panoramica visionaria sul futuro all’introspezione dei personaggi.

Nei suoi film sembra particolarmente ossessionato dalla claustrofobia. Perché?
Jones: No, non lo sono affatto: la claustrofobia è semplicemente una conseguenza dettata dalla necessità. Avevo solo 5 milioni per realizzare il film, ho dovuto inventare un piano d’attacco e stilare una lista di cose assolutamente indispensabili. E visti gli esigui fondi di cui disponevo, potevo permettermi un solo protagonista e ambienti piccoli. Non potevo poi certo dipendere dal variabile meteo inglese, e quindi ho dovuto girare tutto negli studios. Poi certo, il fatto che sia stato Jake a presentarmi la sceneggiatura, significa che evidentemente aveva capito che si sarebbe adattata al mio modo di fare film.

Perché l’ha attirata questo progetto?
Jones: la sceneggiatura di Ben Ripley non solo aveva il pregio di utilizzare con rispetto molti temi cari alla fantascienza, ma riusciva a mescolare quel genere con tanti altri: il film è un mistery, un thriller, ha persino certi aspetti da commedia. Per un regista è il massimo, come dare a un giocoliere 6 palline da far girare fra le mani.

È un film anti-militarista?
Jones: No, il film non esprime un giudizio nei confronti dei militari. Anzi, io ho rispetto per chi ritiene di doversi impegnare per la protezione della gente. Del resto è inevitabile, la mia famiglia è divisa a metà: metà sono artisti e metà militari.


JAKE GYLLENHAAL: ritorno a Donnie Darko

Lei ha presentato il progetto a Jones e ha recitato nel film: altri contributi?
Gyllenhaal: Qualche idea qua e là nelle scene, piccole cose, ho proposto molte idee. Duncan ne avrà usate un quarto.

Quali difficoltà ha incontrato nell’interpretare questo ruolo?
Gyllenhaal: Non direi che sia stato difficile. Sapevo che avrei dovuto affrontare la ripetizione di molte scene, e che la ripetizione avrebbe avuto successo solo se avessimo anche leggermente variato le scene. In generale è stato molto divertente, soprattutto quando recitavo nella capsula: sentivo appena la voce di Vera Farmiga, ero davanti a uno schermo verde e ho dovuto fare ricorso a tutta la mia fantasia, un po’ come quando ero bambino. La cosa più difficile era cercare di immaginare come il pubblico avrebbe reagito al film.

Lei cosa farebbe se avesse un ultimo minuto di vita a disposizione?
Gyllenhaal: Chiamerai la mia famiglia, poi proverei a farmi una risata. L’umorismo ti tira fuori da qualsiasi situazione. L’umorismo e un piatto di pasta.

Donnie Darko, Prince of Persia, Source Code: sarà ormai abituato ai salti temporali…
Gyllenhaal: Il concetto di salto temporale è un tema che contiene una grande carica narrativa ed è di conforto per un attore sapere che nella scena esiste già una tensione simile, indipendentemente dalla sua performance. Trovo in questo film più di un punto di contatto con Donnie Darko, che ho fatto 10 anni fa: li ho amati entrambi e li ho affrontati con lo stesso stato d’animo. Darko è stato per me il passaggio dall’infanzia all’adolescenza, con tutte le stranezze del caso. Source Code è la transizione dall’adolescenza all’età adulta, con i compromessi che porta con se. In Darko c’era un coniglio, qui no: ma il coniglio in qualche modo mi perseguita, visto che il film è uscito in Usa in contemporanea a Hop.

Come sceglie i film?
Gyllenhaal: Per istinto. Se leggendo la sceneggiatura mi viene voglia di essere in quel film, lo faccio. Dopo 20 minuti di Moon ho capito che dovevo lavorare con Duncan.

Ama la fantascienza?
Gyllenhaal: mi piace, ma non sono un fan sfegatato. Per me l’autore di riferimento è Orwell. Di questo film mi ha attirato l’aspetto psicologico-onirico, il tema della morte e della rinascita, qualcosa che ha a che fare più col buddismo che con la fantascienza. Ho amato l’idea di una persona che viene fatta continuamente saltare in aria, finché non recepisce un certo messaggio.

Che ne pensa del tema del film, crede che i militari possano sviluppare una tecnologia di quel livello?
Gyllenhaal: Premetto che non ritengo la violenza necessaria. Mi piacerebbe che esistessero programmi che ci permettessero di tornare indietro nel tempo, per fermare gli aerei dell’11 settembre, per bloccare la centrale nucleare giapponese, per bloccare qualche leader politico. Ripeto: la violenza, per me, non sarà mai necessaria.

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