The boys are back in town, eccolo, lo squarcio vocale dei Thin Lizzy che irrompe sui titoli di coda.
"Back, sì, puoi dirlo forte, amico!" urlerebbe allora di (sguaiato) rimando uno qualsiasi degli imbolsitamente testosteronati (Jet Li a parte), incerottati, vario(di)pinti e tamarri action heroes raccattati qua e là da Sly per la sua ultima, autocompiaciuta ma anche (e ne siamo più che sicuri) sudatissima fatica registica, tale da far impallidire (persino) il proverbiale topos sudoriparo delle sette camicie.
E sono giustappunto sette, tra giganti cicatrizzati inclini al tradimento in puro stile mercenario (lo svedesone 'russian ad honorem' Dolph Lundgren, l'Ivan Drago di Rocky IV) e tatuagisti pantofolai ormai "fuori dal giro" (Rourke), gli affil(i)ati dell'oleosa, maciullata armata Branca-Stallone, al secolo Barney The Schizo Ross, assoldato da Mr.Church (un Bruce Willis fulmineo e dall'onomastica improvvisata) per (ri?)prendere le redini di una fictionale isoletta in quel del Sudamerica e farne 'evaporare' Garza e l'agente della Cia Munroe (Eric Roberts), rispettivamente il generale locale e il plutocrate dittatore 'poi non così occulto' che tiene in piedi la baracca coi soldi americani (elemento quest'ultimo che di sottecchi avvolge il soggetto firmato David Callaham di spicciolo e gustoso antipatriottismo, cornice ideale per Sly e i suoi mercenari posti ai margini e non più esposti ai megabbacinanti riflettori di un tempo).
La missione a Vilena (questo il nome esotico scelto per l'isola), in apparenza di prammatica e 'liscia' come l'olio che inumidische i machi stalloniani, si complicherà però in seguito alla 'sincera' (come si capirà definitivamente nel finale kissless) affezione di Ross per Sandra, accorata e burrosa neopatriota figlia del generale; ed é proprio per salvare lei che il capomastro borchiato e pizzuto sguinzaglierà il suo squadrone di vecchie canaglie, in un tripudio di splatterstick, humour d'annata sghignazzato sotto i baffi e tonnellate d'esplosivo pronte ad esplodere&provvidenzialmente sbucate dal nulla sotto il palazzo/paniere.
"The Expendables", titolo originale che allude ad un vecchiume solo in teoria non più commerciabile e tutt'altro che corporalmente macilento, é di fatto una "carrambata-reunion" di (quasi tutti) i volti più peculiarmente riconoscibili del cinema d'azione (post)moderno, o forse si tratta più propriamente di una "tesaurizzazione cameistica" di genere (l'apparizione di Schwarzy é giuggiolosamente brodosa nel suo metarealismo/citazionismo cinefilo). Un corpulento defilé che di scena in scena diventa sempre più smaccata (ri)proposizione dei dettami (sparuti) del glorioso action anni '70 e '80, adeguatamente aggiornati alla vena high-tech dei giorni nostri, tra armamenti gargantueschi e sibillini sms (s...che?). In fin dei conti, onesta, autocompiaciuta rispolverata ad uno stantio immaginario spigolosamente impolverato per alcuni (i vecchi compagni di ring Stallone & Lundgren su tutti), mera riproposizione di mossette e inflazionate scazzottate per altri (i divi 'odierni', dal Christmas dell'inglesone Jason Statham, scandagliato coprotagonista, al già citato "chicco di riso" Jet Li, un mingherlino pienamente a suo agio con la propria 'non stazza'). Il tutto con la bonaria, quasi tenera integrità di chi é solo un (tutt’altro che super)hero d'azione, un duro (?) fatto di carne&sangue, tra malinconiche nostalgiche rievocazioni (del buono e cattivo) tempo (andato) e nobilitanti timori per gli spettri di una vecchiaia incombente e in grado di opacizzare persino la più risolutamente luminosa delle icone.
In quanto a spessore psicologico non saremo dalle parti de "Quella sporca dozzina" o "I magnifici sette", e neache de "I mastini della guerra" con un Christopher Walkin, pellicola che è tra i testi ispiratori del film di Stallone. Ma Sly ci prova, a tratti, a buttare il cuore oltre l'ostacolo, oltre i propri stessi limiti, oltre il mero involucro di megagiocattolone ad incorniciare i suoi action men. E a giudicare dal baluginante, bluastro, lacrimoso monologo del Tool di Mickey Rourke, tatuatore filosofo e neocantore delle anime straziate, bisogna dire che (quasi) ci riesce.
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